CAPITOLO VI:
CAPACITA’ DI GIUDIZIO

/Strange wings – Savatage /
E’ partita con quel dannatissimo tesserino di Langer, l’agente che per un periodo è stato al posto di Tony e che poi è sembrato essere proprio la spia che cercava Leon.
Quando Tony mi ha tirato fuori per caso quel tesserino rimasto incastrato nel suo cassetto ed io ho visto di che si trattasse per pura curiosità (cosa che mi esce solo quando riguarda lui poiché di norma me ne guardo bene dall’osservare i fatti che non sono miei), mi è tornato in mente lui e quella strana sensazione di quando ho realizzato che la spia era lui.
Ora Vance vuole che giudichi col mio istinto qualcun altro per lui ma io onestamente non ho più intenzione di farlo.
Mi aveva chiesto un parere su Langer, Lee e l’altro agente assegnatomi come probabile sospetto, ma non sono stato in grado di rendermene conto in tempo e questo per un semplice fatto.
Langer era uno di quelli che avevo raccomandato io stesso all’NCIS poiché in passato mi era capitato di lavorare con lui e mi aveva fatto una buona impressione. Mi era sembrato a posto, in gamba e adatto a questo lavoro. Così quando mi chiese una raccomandazione per entrare nell’agenzia, gliela feci subito.
Fra tutti ero quello più sicuro che non fosse coinvolto in quella dannata storia.
Invece era proprio lui, o così venne fuori quella volta.
Ma la verità è che adesso non mi fido più della mia capacità di giudizio.
Come ho potuto sbagliarmi tanto?
Per tutta la giornata non ho fatto altro che pensare a questo e quando mi son trovato di nuovo a dover dare un mio parere su qualcuno, mi sono rifiutato rendendomi comunque conto, alla fine della giornata, che in realtà avevo ragione come è sempre stato per chiunque mi trovassi ad osservare.
Solo Langer.
Lui l’unico mio errore, l’eccezione che non ha fatto altro che sbattermi fuori fase.
Non è davvero possibile che io abbia toppato così.
Non dopo oggi.
Oggi che ho avuto la conferma, invece, di potermi fidare di me stesso, del mio istinto e della mia capacità di giudizio.
Non ho la minima intenzione di passare così i prossimi giorni della mia vita, se penso di non potermi più basare su me stesso è finita. Devo avere la massima certezza di quel che penso e sento ed è questo che intendo fare da ora in poi.
Mai più un solo dubbio, potrebbe rappresentare la differenza fra la vita e la morte non solo per me ma anche per chi mi sta vicino.
Non voglio trovarmi sulla coscienza qualcuno.
Voglio dire qualcun altro.
E arrivato a fine giornata, dopo averci pensato a lungo fino a diventare matto, questa è la mia conclusione.
Sulle persone non mi sono mai sbagliato, questo fatto non è cambiato certo ora.
Quindi il risultato è solo uno.
Mi siedo sul solito sgabello come quasi ogni sera, davanti al bancone del bar.
A volte è il ritrovo di tutta la squadra ma spesso lo è solo mio e di Tony. Una sorta di passaggio fra l’ufficio e casa che ci permette di finire le ultime cose da sbrigare per lavoro e ritrovarci insieme per andare via.
Conviviamo e per la maggior parte ci muoviamo con una sola macchina solo che facciamo in modo che nessuno ci veda venire ed andare insieme. Poi entrambi ci fermiamo sempre a fare qualcos’altro prima di entrare od uscire dall’ufficio, per cui non ci vedono quasi mai varcare quell’ascensore in coppia la mattina o la sera.
Questa volta sono io quello che ha finito un po’ prima ma l’ho fatto di proposito.
Prima che arrivi voglio tirare da solo le mie conclusioni.
Il barista stranito mi chiede se io sia solo visto che di norma è Tony quello che arriva qua prima e mi aspetta, quando non facciamo rispettivamente troppo tardi e ci vediamo direttamente a casa nel caso siamo in due macchine diverse per svariati motivi.
Io borbotto che non lo sono ma non aggiungo altro, quindi mi versa da bere il solito e capendo che non è aria, mi lascia in pace.
Il più delle volte lo trovo a chiacchierare amabilmente con Tony. Mi chiedo che cosa sappia di noi ma onestamente non è certo una cosa che mi interessa davvero.
Col bicchiere d’alcolico davanti, tiro fuori il tesserino di Langer che questa giornata mi ha fatto tanto pensare e mettermi in discussione, cosa che avevo solo rimandato da quando è stato ucciso.
Osservo il suo volto nella foto accanto ai suoi dati e ci rifletto attentamente un ultima volta.
Che io mi sbagli su qualcuno non è raro bensì un fatto unico ed onestamente, dopo oggi, non credo che sia ancora successo.
Non ho prove di alcun tipo e nulla di speciale mi ha fatto pensare che in circolazione ci sia ancora una spia, è solo un fatto di istinto.
Ho questa sensazione e non andrà via finchè non l’accetterò.
Così soppeso un ultima volta la mia bilancia personale e realizzando pienamente ciò che significa giudicarlo innocente, mi alzo dallo sgabello alto e mi dirigo al muro del locale dove sono appese tutte le foto degli agenti morti da eroi.
È così che sotto tutte quelle che ci sono, senza dire mezza parola, ci aggiungo la sua.
Quando torno a sedermi prendo il bicchiere e lo alzo in sua direzione, quindi brindando a lui come anche per scusarmi a modo mio, bevo senza staccare gli occhi di dosso.
Il liquido familiare e amaro mi brucia la gola andando giù subito, quindi dopo il primo sorso rimetto giù il bicchiere sentendo nello stesso momento una pacca amichevole sulla schiena, poi il viso di Tony mi sorride salutandomi.
- Ehilà capo! Tutto solo questa sera? – Si siede accanto a me, quindi io lo guardo torvo chiedendomi che novità ci sia.
Certo a volte ci sono anche gli altri della squadra ma non è proprio una consuetudine.
E lo sa bene che è più facile vedermi solo da qualche parte piuttosto che in compagnia!
Ma al suo ghigno capisco che la sua era pessima ironia, quindi distolgo lo sguardo già irritato.
- Brutta giornata? – è una domanda sciocca anche questa poiché sa bene come è stata la mia giornata, lui più di tutti gli altri dal momento che sta con me e mi capisce con un solo sguardo anche senza che io gli dica nulla.
Ormai è abituato a comprendere tutto al volo visto che se aspetta una mia spiegazione sta fresco!
Sento ancora il suo sguardo divertito che fissa il mio profilo basso mentre stringo il bicchiere che cerco di non tirargli addosso. Non è certo il momento di battute del cavolo, cosa che non ha ancora fatto apertamente ma io so sta per fare. Quando è così spiritoso finisce sempre che me ne spara una peggio delle altre!
Il barista lo saluta allegro e amichevole quindi senza chiedergli cosa voglia, gli dà il suo solito drink che sorseggia piano.
Sta in silenzio solo un attimo, poi riprende la parola e sono già pronto a fulminarlo con lo sguardo ma con mia somma sorpresa sa ancora stupirmi e non avrei dovuto dubitarne in effetti.
- Cosa guardavi quando sono arrivato? – Gira la testa verso la parete e nota al volo il tesserino di Langer che stamattina aveva tirato fuori dal suo cassetto. Deduce che sono andato a vedere di cosa si trattava e che me lo sono pure intascato!
Dal fatto che non ne spara più capisco che è serio e che sta pensando a Langer e all’accaduto durante la sua assenza.
Non gli è mai andato giù la sua sostituzione nemmeno per nobili motivi importanti quali poi erano.
Credo che non perdonerà mai Vance.
Però ora ha la sorprendente reazione di stare in silenzio a fissare la foto insieme a quelle degli ‘eroi’ dell’NCIS.
Quindi alzo la testa e appoggio gli occhi su di lui, lo penetro e lo scruto a fondo per un attimo. Ha quest’espressione seria dove le labbra abbozzano una lontana piega indecifrabile. Se per me non si sa mai a cosa pensi, lui non è tanto meglio con tutte le maschere che si mette su.
- La spia è ancora a piede libero? – Chiede allora dopo averci riflettuto anche lui. Lo chiede consapevolmente e senza nessuno scetticismo. Sa che se io lo penso non può che essere così. Lui ragiona in questo modo e mi conforta sapere che comunque vadano le cose, per lo meno avrò sempre un sicuro alleato in lui. Qualunque cosa io tiri fuori.
È qua, a questo pensiero, che mi sembra di tornare a respirare di nuovo dopo una giornata in apnea.
Mi sono tormentato fino allo sfinimento e arrivare ad una decisione accettata ad occhi chiusi dal mio compagno, è una sorta di premio che mi prendo a piene mani.
Torniamo a spostare gli sguardi su ciò che beviamo, quindi io rispondo cupo ma meno seccato di prima:
- Si. – Non ha bisogno di chiedermi come mai lo pensi e da cosa l’abbia dedotto, sa come funziono e si fida ciecamente della mia capacità di giudizio.
Gliene sono grato poiché anche se io per caso dovessi dubitare di nuovo di me come mi è capitato oggi, lui non lo farà mai.
- Lee o l’altro? – Si riferisce a quello che sostituiva McGee e a quella che sostituiva Ziva.
Non abbiamo bisogno di molte altre parole per approfondire l’argomento di cui parliamo, ci capiamo bene anche se siamo così criptici. Del resto il discorso è davvero delicato e ad ogni modo è meglio che nessuno sappia a cosa ci riferiamo.
Ma non è solo questo.
Certe cose sono così gravi ed importanti da non dover essere perse in un vortice inutile di parole e lui lo sa che mi darebbe fastidio parlarne troppo.
Per questo è criptico come me e va subito al punto.
Certo, mi somiglia molto, ma mi conosce ancora meglio.
- Lee. – è solo questo ciò che dico. Nessuna spiegazione, nessun perché. Nulla.
Solo il suo nome, colei che era sembrata la vittima, quella che si era salvata per un pelo, una sorta di eroina che se l’era vista davvero brutta.
Ma lui non replica e non chiede. Beve il nome insieme al suo drink che finisce. Io faccio altrettanto col mio, rimaniamo entrambi assorti in pensieri nostri che so sono simili, tutti rivolti a Lee che entrambi ci siamo trovati a comandare come super visori per un periodo. Alla fine, però, senza dare voce a queste riflessioni e ai ricordi che la riguardano, senza motivare questa affermazione, confutarla o avvalorarla, ci alziamo insieme e alziamo gli occhi l’uno sull’altro. Ci guardiamo da abbastanza vicino. Seri. Pensando a ciò che significa quello che ci siamo detti.
Quindi non lo esprimiamo a voce limitando a comunicare molto di più così.
Già.
Da ora inizia la parte più difficile.
Stanare una spia senza uno straccio di prova se non l’istinto, una spia che per di più si trova a piede libero e creduto innocente da tutti, non sarà certo una passeggiata.
Ci aspetta un altro periodo duro e delicato!
Però sono i suoi occhi che, con sorpresa, si spostano sulla foto di Langer dietro di noi che mi danno risposta.
Per lui lo dobbiamo fare.
Glielo dobbiamo.
Non deve essere morto invano.
È con determinazione, la stessa che leggo in Tony, che usciamo dal locale per andare a casa.
Qualunque cosa succeda, l'affronteremo a testa alta con decisione.”