AMBIENTAZIONE: prequel di Follia omicida a NY, quindi la fic si colloca prima delle stagioni di CSI NY. Anche se in realtà la si può considerare l'inizio di tutte le mie fic di questo telefilm...
NOTE: non è scritto da nessuna parte il loro incontro e scrivendo Follia omicida a NY mi era venuta su un ideuzza niente male su come si fossero trovati, così ora la sviluppo in una fic di non lunga durata, penso che ci saranno 3 capitoli su per giù, non so ancora bene di preciso.
So che ho promesso altre storie e non dovrei iniziarne di nuove, seppure corte, ma quando ho l’ispirazione per qualcosa di particolare la seguo. Abbiate pazienza, non mi sono dimenticata di niente!
Ho trovato alcune foto di Danny che mi hanno ispirato in modo particolare, quindi ve le mostro cosicché anche voi possiate capire perché sono così ispirata!
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Ad ogni modo auguro a tutti buona lettura. Baci Akane

PRIMA DELLA LUCE

CAPITOLO I:
INCONTRO-SCONTRO

/ Till i collapse - Eminem /
Quella volta non se lo poteva lasciar sfuggire…
Fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto, quel ragazzino gli era scappato già una volta da sotto il naso facendolo cadere dalle scale e procurandogli delle botte non indifferenti.
Come poteva pensare di scappargli ancora?
Già fargliela una volta non era facile, il solo fatto che lui ci fosse riuscito significava solo una cosa: che la seconda non gli sarebbe andata bene!
Con aria concentrata ed ogni parte di sé rivolta ad inseguirlo e prenderlo, lo rincorreva a rotta di collo per le strade malfamate di quel quartiere che il giovane sembrava conoscere fin troppo bene, a giudicare da dove si infilava per scappare.
La prima volta era stato molto sveglio a defilarsi prima che lui potesse anche solo parlargli, ma ora era riuscito ad averlo davanti e nonostante il suo scatto invidiabile e la velocità con cui si era allontanato, Mac si era preparato e con la testardaggine che solo lui riusciva a tirare fuori in certi momenti, era sicuro che l’avrebbe preso!
Del resto era il suo sospettato numero uno, specie dopo quei due inseguimenti!
Dopo aver saltato alcuni ostacoli non identificati nella foga del momento ed essere stato investito da dei bidoni che gli procurarono l’ennesimo bernoccolo in fronte, Mac salì su un muretto e correndoci sopra per un tratto come se si stesse allontanando, decise di darci un taglio.
Era ora di mettere a cuccia i randagi!
Si era detto questo con tenacia e fastidio, quindi con uno scatto prima dell’ultima decisiva curva saltò letteralmente e spericolato afferrando per le spalle il ragazzo sbilanciato per la corsa. Sentendosi inaspettatamente placcare da un peso in volo, il randagio in questione non poté che piegarsi e farsi schiacciare dall’altro, seppure fra ringhi ed insulti da premio oscar!
Nonostante l’intontimento per la botta, il ragazzo cercò di divincolarsi dalla sua presa e nemmeno la pistola premuta con forza contro la nuca ed il suo piede sulla schiena, l’aveva fatto desistere.
L’impressione che Mac ebbe mentre lo ammanettava con una certa soddisfazione, fu che quel tipo fosse un vero diavolo!
La forza di cui si mostrò padrone non era trascurabile e quando lo ebbe sotto il suo controllo lo girò per fissarlo dritto negli occhi.
Lo avvicinò e faccia a faccia si scrutarono seri e decisi. Tante domande c’erano in uno quanto odio nell’altro.
Il detective se lo chiese… da cosa scaturiva tutta quell’energia inesauribile e quell’odio senza pari? Odio per cosa, poi? Era lui il criminale, semmai doveva essere Mac ad odiarlo eppure sembrava proprio il contrario.
Ciò che vide in quegli occhi azzurri tendenti ad un grigio tempestoso, lo colpì molto in profondità ma si limitò a dire sostenuto ed incisivo:
- Finalmente… me ne hai dato di filo da torcere… - Solo allora il giovane sembrò notare le botte che l’uomo aveva in viso, a partire dalla più recente.
Lo sputo che gli arrivò sulla camicia fu la sua risposta.
“Ma cosa lo muove fino a questo punto?”
Il pensiero che gli attraversò la testa poco prima di lasciarlo all’agente di scorta che l’aveva raggiunto, non l’avrebbe mollato per molto.

- Cosa ne pensi? - La voce di Stella arrivò a Mac interrompendo le sue riflessioni mentre fissava penetrante ed intenso il ragazzo appena arrestato al di là del vetro. La sala interrogatori sembrava una gabbia che teneva rinchiusa una tigre feroce.
- E’ irrequieto… - disse allora sempre assorto senza distogliere gli occhi da lui, al di là del vetro.
- Lo credo bene… - Fece la collega guardando anch’egli il biondo dai capelli spettinati e l’aria truce che si mordeva le labbra con rabbia. - è nei guai fino al collo… -
- Si ma non solo per questo. Non so, c’è qualcosa che… non riesco ad inquadrare bene… - fu strano sentirglielo dire considerando che la sua dote migliore era proprio quella di inquadrare tutti al primo sguardo. Vederlo così disorientato colpì Stella più di quello sguardo feroce.
Non disse nulla, lo vide entrare nella sala con la sua solita sicurezza. Sicurezza che nascondeva, questa volta, una serie di dubbi che ancora non riusciva a capire bene.
Era solo una sensazione…
 
Mac si sedette con calma al tavolo dietro cui stava il sospettato. Un contrasto incredibile fra i due.
L’osservò meglio per un attimo prima di iniziare. Non era poi così giovane come aveva creduto all’inizio.
Piegò la testa di lato continuando a studiarlo, allora l’altro si drizzò dalla posa scomposta in cui era e colpendo la superficie del tavolino con i pugni, si protese ringhiando selvaggio:
- Non avete un cazzo contro di me! Io non ho fatto nulla, non potete tenermi qua! -
Il detective della scientifica si decise allora ad interagire per provare a capire chi fosse davvero.
Imperturbabile e composto come non mai, chiese freddo:
- Ah no? E perché scappavi allora? -
I vestiti del ragazzo erano logori e strappati, di jeans, tipico abbigliamento di strada. Sembrava che da un po’ non gli importasse nulla di sé stesso…
- Perché tu mi inseguivi, sbirro! - Rispose ancora a denti stretti fissandolo come se potesse ucciderlo.
Mac alzò un sopracciglio.
- Se non hai fatto nulla non serviva tu scappassi. - Era semplice e lineare ma non per l’altro, a quanto pareva.
- Se non ho fatto nulla non serviva tu mi inseguissi con una pistola! - Anche la sua era una logica abbastanza inoppugnabile, dal suo punto di vista.
- La legge prevede di interrogare i sospettati di un crimine nonostante non ci siano ancora prove certe contro di loro. - Disse quindi sempre mantenendo il suo controllo l’uomo.
- La legge della strada prevede di scappare se un piedi piatti vuole parlarti! Anche se non hai fatto nulla! - E lui aveva sempre la risposta astiosa contro. Ancora teso continuava ad afferrare il bordo del tavolino di ferro per non tirarglielo addosso. Sapeva che non era una buona idea…
- So come ragionate voi teppistelli, ma non lo condivido. Se avete la coscienza pulita… - Ma l’altro lo interruppe brutalmente:
- …c’è sempre qualcuno che vuole incastrarti, che abbia il distintivo o meno! - Mac cominciò a comporre il mosaico della persona che aveva davanti. Mantenne freddezza e tranquillità, quindi continuò cercando di metterlo un po’ più a suo agio.
- Lo capisco. - Sicuramente aveva passato la vita a guardarsi le spalle da un sacco di gente che aveva cercato continuamente di incastrarlo. - Io mi chiamo Mac Taylor, sono della polizia scientifica. Tu chi sei? - non aveva voluto dirlo agli agenti che l’avevano portato in centrale per registrarlo e non avendo documenti con sé doveva iniziare da zero.
- Che te ne frega? - Sbottò malamente. Così dicendo tirò fuori il suo pacchetto di sigarette come d’abitudine quando era al colmo del nervosismo. Si mise una sigaretta fra le labbra e muovendola con la lingua su e giù si tastò le altre tasche, vuote. - Hai da accendere? -
Naturalmente non si poteva fumare in centrale, ma Mac capì che per accattivarselo almeno un po’ avrebbe dovuto fare uno strappo, così tirò fuori un accendino e gliel’accese. L’altro tirò una boccata e tenendosi il fumo dentro per un po’ chiuse gli occhi cercando di calmarsi. Quando lo ributtò fuori sembrava più in sé di un milionesimo; era pur sempre qualcosa, si disse.
- Allora, ti va di dirmi il tuo nome, ora? - Non avrebbe mollato. Non era sicuro che fosse davvero la persona che cercavano.
Il giovane sbuffò ancora del fumo, quindi tirandosi giù la camicia della felpa nero sbiadita col cappuccio, dando così segni di caldo, si decise a rispondere seppur di malavoglia e guardando da un’altra parte:
- Danny Messer. - Non perse tempo a dirgli falsi nomi o farsi pregare per ottenere quello completo. Tutto sommato quel Taylor non poteva essere peggio di quelli che dovevano essere suoi compagni.
Mac brillò brevemente ed impercettibilmente per quella piccola vittoria.
Intravide il fisico da sotto la felpa aperta e la canottiera bianca attillata. Un filo di cuoio si perdeva sotto di essa.
Non poteva essere un ragazzino…
- Quanti anni hai? -
- Abbastanza! - Ringhiò tornando a perdere la pazienza.
- Allora, Danny… perché pensi di essere qui? -
- Non lo so, dimmelo tu visto che mi hai inseguito come un dannato! Io non ho fatto niente! - Gli occhi ancora carichi di odio, la sigaretta stretta fra l’indice e il pollice, tutto il busto proteso verso di lui.
Mac non si fece toccare da questi atteggiamenti ostili e con diplomazia continuò:
- Mi sei stato indicato durante un caso di omicidio fra gang. Forse tu conosci questa persona. - Allora dal fascicolo tirò fuori la foto del ragazzo trovato morto nel suo quartiere. Si sapeva che faceva parte di una banda e che quella banda a sua volta aveva come nemica un paio di altre.
Danny lo guardò di malavoglia ma appena inquadrò la persona morta vi si soffermò sorpreso, identificandolo.
- E’ Joy e non so che… lo chiamano ‘lo scorpione’. - Era ovvio il motivo, dato il grande tatuaggio sulla schiena che spuntava sul collo raffigurante uno scorpione, per l’appunto.
- Ora posso andare? - Fece per alzarsi ma Mac lo spinse di nuovo sulla sedia. Danny allora si rimise la sigaretta fra le labbra guardando di nuovo da tutt’altra parte, impaziente e nervoso.
- Devo farti altre domande, ho bisogno di sapere alcune cose… -
- Ed io se rispondo alle tue cazzo di domande sono fottuto, non so se mi spiego… - Sapeva che aiutandolo sarebbe finito nei guai con il suo gruppo, ma al momento non aveva altro che lui. E non era stupido, sapeva bene che non poteva essere lui il colpevole, sarebbe stato troppo facile.
- Devi convincermi che non sei stato tu ad ucciderlo, Danny. Altrimenti ti arresto per il suo omicidio. - Semplice e logico. Il ragazzo lo guardò male come per fulminarlo. Come poteva dire quelle cose in tutta calma e tranquillità? Sembrava gli stesse chiedendo che gusto di gelato preferiva!
Non gli andava giù… e poi era uno sbirro!
- Non l’ho ucciso io! - Fece con finta ironia.
- Parlami di lui. Era un tuo amico? - Danny sospirò impaziente, quindi dopo aver vagliato i pro e i contro del parlare, si decise a scagionarsi per farsi lasciare andare, quindi rispose:
- No, era di una banda opposta a quella di mio fratello. Gli Scorpions! - La luce di scetticismo a quel nome gli fece capire cosa pensava: - Si, che originali, vero? Ma al capo, il tipo morto, gli piacevano gli scorpioni. E poi era velenoso anche lui! -
- Allora tuo fratello di che banda è? - Questo sarebbe stato troppo. Era come venderlo. Non poteva farlo. Non era nemmeno ancora dei loro…
- Scordatelo! Non te lo vendo! - Mac cominciava a perdere la pazienza.
- Vuoi o no scagionarti? Non penso proprio che ti vada di finire in prigione al suo posto, no? - Il biondo si morse il labbro, poi tirò una boccata, cambiò posizione un paio di volte ed infine come un’anima in pena, consapevole di cosa stava andando incontro, disse marcando la voce sulle sue parole a denti stretti. Di nuovo i pugni sbattuti sul tavolo, di nuovo teso verso l’altro, di nuovo l’espressione feroce:
- Ascolta amico… io non so se mio fratello e il suo branco di spostati di merda, di cui io per inciso non faccio parte, hanno ucciso o no quel tipo, so che si odiavano cordialmente e che Joy stesso progettava qualcosa contro di loro. Magari si sono solo difesi, magari non c’entrano nulla! Che ne dici di scoprirlo da solo, scienziato dalle mille lauree? - L’idea che Mac dava era uno che aveva studiato molto e nonostante non fosse del tutto corretto decise di non puntualizzare quel fatto. - Ti ho già dato un sacco di spunti su cui lavorare, no? Ora se non ti dispiace io me ne andrei! Ho già detto troppo! - Il moro capì che più di così non avrebbe potuto tirargli fuori e non avendo prove contro di lui non poteva che lasciarlo effettivamente andare.
Ma un pensiero l’attraversò lasciandolo non poco preoccupato.
- Passerai dei guai per quel che mi hai detto… -
Danny parve calmarsi e sorprendersi di quel piccolo gesto di premura nei suoi confronti. Si rilassò sulla sedia, finì il mozzicone e lasciandolo cadere a terra lo pestò con lo scarpone. Poi fissandolo serio, senza la minima rabbia, disse quasi rassegnato:
- I guai li sto già passando, fra te e mio fratello. E non c’è giorno da quando sono nato in cui non ne passi, onestamente! Ci sono abituato. -
Non sapeva perché l’aveva detto, sembrava quasi volesse tranquillizzarlo e scaricargli la coscienza ma non era così, per lo meno le sue intenzioni non erano state quelle.
Mac rimase ancora più colpito da quel ragazzo pieno di problemi che alla fine aveva smesso di attaccarlo e mentre chiamava l’agente per accompagnarlo fuori e lasciarlo andare, si disse che di certo non era lui il colpevole ma solo una vittima. Una vittima che presto avrebbe trovato con un buco in fronte, probabilmente.
- Se ti viene in mente altro che potrebbe essermi utile… o se… ti serve una mano per qualcosa… - E con questo i suoi occhi intesero chiaramente ‘contro i veri colpevoli’ - chiamami. - Detto questo gli lasciò il suo biglietto da visita col numero di telefono.
Danny lo prese una volta in piedi davanti a lui, lo penetrò con uno sguardo pieno di tormento e consapevolezza e chiedendosi se potesse davvero fidarsi, se lo mise in tasca senza dire altro.
- Quel ragazzo finirà male. - mormorò fra sé e sé guardandolo andarsene.
“Specie perché ha tutta l’aria di uno che non molla finché non crolla. E quando crollerà sarà solo perché qualcuno l’avrà finito.”

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