AMBIENTAZIONE: prequel
di Follia omicida a NY, quindi la fic si colloca prima delle stagioni
di CSI NY. Anche se in realtà la si può
considerare l'inizio di tutte le mie fic di questo telefilm...
NOTE: non
è scritto da nessuna parte il loro incontro e scrivendo
Follia omicida a NY mi era venuta su un ideuzza niente male su come si
fossero trovati, così ora la sviluppo in una fic di non
lunga durata, penso che ci saranno 3 capitoli su per giù,
non so ancora bene di preciso.
So che ho
promesso altre storie e non dovrei iniziarne di nuove, seppure corte,
ma quando ho l’ispirazione per qualcosa di particolare la
seguo. Abbiate pazienza, non mi sono dimenticata di niente!
Ho trovato
alcune foto di Danny che mi hanno ispirato in modo particolare, quindi
ve le mostro cosicché anche voi possiate capire
perché sono così ispirata!
http://img51.imageshack.us/img51/8788/carmine.png
http://img138.imageshack.us/img138/2214/carmine2.png
http://img13.imageshack.us/img13/8236/carmine3.jpg
http://img710.imageshack.us/img710/1619/carmine18.jpg
http://img526.imageshack.us/img526/4065/carmine20u.jpg
http://img37.imageshack.us/img37/521/carmine21.jpg
Ad ogni modo
auguro a tutti buona lettura. Baci Akane
PRIMA DELLA LUCE
CAPITOLO
I:
INCONTRO-SCONTRO
/
Till i collapse - Eminem /
Quella volta non se lo
poteva lasciar sfuggire…
Fosse stata
l’ultima cosa che avrebbe fatto, quel ragazzino gli era
scappato già una volta da sotto il naso facendolo cadere
dalle scale e procurandogli delle botte non indifferenti.
Come poteva
pensare di scappargli ancora?
Già
fargliela una volta non era facile, il solo fatto che lui ci fosse
riuscito significava solo una cosa: che la seconda non gli sarebbe
andata bene!
Con aria
concentrata ed ogni parte di sé rivolta ad inseguirlo e
prenderlo, lo rincorreva a rotta di collo per le strade malfamate di
quel quartiere che il giovane sembrava conoscere fin troppo bene, a
giudicare da dove si infilava per scappare.
La prima volta
era stato molto sveglio a defilarsi prima che lui potesse anche solo
parlargli, ma ora era riuscito ad averlo davanti e nonostante il suo
scatto invidiabile e la velocità con cui si era allontanato,
Mac si era preparato e con la testardaggine che solo lui riusciva a
tirare fuori in certi momenti, era sicuro che l’avrebbe preso!
Del resto era
il suo sospettato numero uno, specie dopo quei due inseguimenti!
Dopo aver
saltato alcuni ostacoli non identificati nella foga del momento ed
essere stato investito da dei bidoni che gli procurarono
l’ennesimo bernoccolo in fronte, Mac salì su un
muretto e correndoci sopra per un tratto come se si stesse
allontanando, decise di darci un taglio.
Era ora di
mettere a cuccia i randagi!
Si era detto
questo con tenacia e fastidio, quindi con uno scatto prima
dell’ultima decisiva curva saltò letteralmente e
spericolato afferrando per le spalle il ragazzo sbilanciato per la
corsa. Sentendosi inaspettatamente placcare da un peso in volo, il
randagio in questione non poté che piegarsi e farsi
schiacciare dall’altro, seppure fra ringhi ed insulti da
premio oscar!
Nonostante
l’intontimento per la botta, il ragazzo cercò di
divincolarsi dalla sua presa e nemmeno la pistola premuta con forza
contro la nuca ed il suo piede sulla schiena, l’aveva fatto
desistere.
L’impressione
che Mac ebbe mentre lo ammanettava con una certa soddisfazione, fu che
quel tipo fosse un vero diavolo!
La forza di cui
si mostrò padrone non era trascurabile e quando lo ebbe
sotto il suo controllo lo girò per fissarlo dritto negli
occhi.
Lo
avvicinò e faccia a faccia si scrutarono seri e decisi.
Tante domande c’erano in uno quanto odio nell’altro.
Il detective se
lo chiese… da cosa scaturiva tutta quell’energia
inesauribile e quell’odio senza pari? Odio per cosa, poi? Era
lui il criminale, semmai doveva essere Mac ad odiarlo eppure sembrava
proprio il contrario.
Ciò
che vide in quegli occhi azzurri tendenti ad un grigio tempestoso, lo
colpì molto in profondità ma si limitò
a dire sostenuto ed incisivo:
-
Finalmente… me ne hai dato di filo da torcere… -
Solo allora il giovane sembrò notare le botte che
l’uomo aveva in viso, a partire dalla più recente.
Lo sputo che
gli arrivò sulla camicia fu la sua risposta.
“Ma
cosa lo muove fino a questo punto?”
Il pensiero che
gli attraversò la testa poco prima di lasciarlo
all’agente di scorta che l’aveva raggiunto, non
l’avrebbe mollato per molto.
- Cosa ne
pensi? - La voce di Stella arrivò a Mac interrompendo le sue
riflessioni mentre fissava penetrante ed intenso il ragazzo appena
arrestato al di là del vetro. La sala interrogatori sembrava
una gabbia che teneva rinchiusa una tigre feroce.
- E’
irrequieto… - disse allora sempre assorto senza distogliere
gli occhi da lui, al di là del vetro.
- Lo credo
bene… - Fece la collega guardando anch’egli il
biondo dai capelli spettinati e l’aria truce che si mordeva
le labbra con rabbia. - è nei guai fino al collo…
-
- Si ma non
solo per questo. Non so, c’è qualcosa
che… non riesco ad inquadrare bene… - fu strano
sentirglielo dire considerando che la sua dote migliore era proprio
quella di inquadrare tutti al primo sguardo. Vederlo così
disorientato colpì Stella più di quello sguardo
feroce.
Non disse
nulla, lo vide entrare nella sala con la sua solita sicurezza.
Sicurezza che nascondeva, questa volta, una serie di dubbi che ancora
non riusciva a capire bene.
Era solo una
sensazione…
Mac si sedette
con calma al tavolo dietro cui stava il sospettato. Un contrasto
incredibile fra i due.
L’osservò
meglio per un attimo prima di iniziare. Non era poi così
giovane come aveva creduto all’inizio.
Piegò
la testa di lato continuando a studiarlo, allora l’altro si
drizzò dalla posa scomposta in cui era e colpendo la
superficie del tavolino con i pugni, si protese ringhiando selvaggio:
- Non avete un
cazzo contro di me! Io non ho fatto nulla, non potete tenermi qua! -
Il detective
della scientifica si decise allora ad interagire per provare a capire
chi fosse davvero.
Imperturbabile
e composto come non mai, chiese freddo:
- Ah no? E
perché scappavi allora? -
I vestiti del
ragazzo erano logori e strappati, di jeans, tipico abbigliamento di
strada. Sembrava che da un po’ non gli importasse nulla di
sé stesso…
-
Perché tu mi inseguivi, sbirro! - Rispose ancora a denti
stretti fissandolo come se potesse ucciderlo.
Mac
alzò un sopracciglio.
- Se non hai
fatto nulla non serviva tu scappassi. - Era semplice e lineare ma non
per l’altro, a quanto pareva.
- Se non ho
fatto nulla non serviva tu mi inseguissi con una pistola! - Anche la
sua era una logica abbastanza inoppugnabile, dal suo punto di vista.
- La legge
prevede di interrogare i sospettati di un crimine nonostante non ci
siano ancora prove certe contro di loro. - Disse quindi sempre
mantenendo il suo controllo l’uomo.
- La legge
della strada prevede di scappare se un piedi piatti vuole parlarti!
Anche se non hai fatto nulla! - E lui aveva sempre la risposta astiosa
contro. Ancora teso continuava ad afferrare il bordo del tavolino di
ferro per non tirarglielo addosso. Sapeva che non era una buona
idea…
- So come
ragionate voi teppistelli, ma non lo condivido. Se avete la coscienza
pulita… - Ma l’altro lo interruppe brutalmente:
-
…c’è sempre qualcuno che vuole
incastrarti, che abbia il distintivo o meno! - Mac cominciò
a comporre il mosaico della persona che aveva davanti. Mantenne
freddezza e tranquillità, quindi continuò
cercando di metterlo un po’ più a suo agio.
- Lo capisco. -
Sicuramente aveva passato la vita a guardarsi le spalle da un sacco di
gente che aveva cercato continuamente di incastrarlo. - Io mi chiamo
Mac Taylor, sono della polizia scientifica. Tu chi sei? - non aveva
voluto dirlo agli agenti che l’avevano portato in centrale
per registrarlo e non avendo documenti con sé doveva
iniziare da zero.
- Che te ne
frega? - Sbottò malamente. Così dicendo
tirò fuori il suo pacchetto di sigarette come
d’abitudine quando era al colmo del nervosismo. Si mise una
sigaretta fra le labbra e muovendola con la lingua su e giù
si tastò le altre tasche, vuote. - Hai da accendere? -
Naturalmente
non si poteva fumare in centrale, ma Mac capì che per
accattivarselo almeno un po’ avrebbe dovuto fare uno strappo,
così tirò fuori un accendino e
gliel’accese. L’altro tirò una boccata e
tenendosi il fumo dentro per un po’ chiuse gli occhi cercando
di calmarsi. Quando lo ributtò fuori sembrava più
in sé di un milionesimo; era pur sempre qualcosa, si disse.
- Allora, ti va
di dirmi il tuo nome, ora? - Non avrebbe mollato. Non era sicuro che
fosse davvero la persona che cercavano.
Il giovane
sbuffò ancora del fumo, quindi tirandosi giù la
camicia della felpa nero sbiadita col cappuccio, dando così
segni di caldo, si decise a rispondere seppur di malavoglia e guardando
da un’altra parte:
- Danny Messer.
- Non perse tempo a dirgli falsi nomi o farsi pregare per ottenere
quello completo. Tutto sommato quel Taylor non poteva essere peggio di
quelli che dovevano essere suoi compagni.
Mac
brillò brevemente ed impercettibilmente per quella piccola
vittoria.
Intravide il
fisico da sotto la felpa aperta e la canottiera bianca attillata. Un
filo di cuoio si perdeva sotto di essa.
Non poteva
essere un ragazzino…
- Quanti anni
hai? -
- Abbastanza! -
Ringhiò tornando a perdere la pazienza.
- Allora,
Danny… perché pensi di essere qui? -
- Non lo so,
dimmelo tu visto che mi hai inseguito come un dannato! Io non ho fatto
niente! - Gli occhi ancora carichi di odio, la sigaretta stretta fra
l’indice e il pollice, tutto il busto proteso verso di lui.
Mac non si fece
toccare da questi atteggiamenti ostili e con diplomazia
continuò:
- Mi sei stato
indicato durante un caso di omicidio fra gang. Forse tu conosci questa
persona. - Allora dal fascicolo tirò fuori la foto del
ragazzo trovato morto nel suo quartiere. Si sapeva che faceva parte di
una banda e che quella banda a sua volta aveva come nemica un paio di
altre.
Danny lo
guardò di malavoglia ma appena inquadrò la
persona morta vi si soffermò sorpreso, identificandolo.
- E’
Joy e non so che… lo chiamano ‘lo
scorpione’. - Era ovvio il motivo, dato il grande tatuaggio
sulla schiena che spuntava sul collo raffigurante uno scorpione, per
l’appunto.
- Ora posso
andare? - Fece per alzarsi ma Mac lo spinse di nuovo sulla sedia. Danny
allora si rimise la sigaretta fra le labbra guardando di nuovo da
tutt’altra parte, impaziente e nervoso.
- Devo farti
altre domande, ho bisogno di sapere alcune cose… -
- Ed io se
rispondo alle tue cazzo di domande sono fottuto, non so se mi
spiego… - Sapeva che aiutandolo sarebbe finito nei guai con
il suo gruppo, ma al momento non aveva altro che lui. E non era
stupido, sapeva bene che non poteva essere lui il colpevole, sarebbe
stato troppo facile.
- Devi
convincermi che non sei stato tu ad ucciderlo, Danny. Altrimenti ti
arresto per il suo omicidio. - Semplice e logico. Il ragazzo lo
guardò male come per fulminarlo. Come poteva dire quelle
cose in tutta calma e tranquillità? Sembrava gli stesse
chiedendo che gusto di gelato preferiva!
Non gli andava
giù… e poi era uno sbirro!
- Non
l’ho ucciso io! - Fece con finta ironia.
- Parlami di
lui. Era un tuo amico? - Danny sospirò impaziente, quindi
dopo aver vagliato i pro e i contro del parlare, si decise a
scagionarsi per farsi lasciare andare, quindi rispose:
- No, era di
una banda opposta a quella di mio fratello. Gli Scorpions! - La luce di
scetticismo a quel nome gli fece capire cosa pensava: - Si, che
originali, vero? Ma al capo, il tipo morto, gli piacevano gli
scorpioni. E poi era velenoso anche lui! -
- Allora tuo
fratello di che banda è? - Questo sarebbe stato troppo. Era
come venderlo. Non poteva farlo. Non era nemmeno ancora dei
loro…
- Scordatelo!
Non te lo vendo! - Mac cominciava a perdere la pazienza.
- Vuoi o no
scagionarti? Non penso proprio che ti vada di finire in prigione al suo
posto, no? - Il biondo si morse il labbro, poi tirò una
boccata, cambiò posizione un paio di volte ed infine come
un’anima in pena, consapevole di cosa stava andando incontro,
disse marcando la voce sulle sue parole a denti stretti. Di nuovo i
pugni sbattuti sul tavolo, di nuovo teso verso l’altro, di
nuovo l’espressione feroce:
- Ascolta
amico… io non so se mio fratello e il suo branco di spostati
di merda, di cui io per inciso non faccio parte, hanno ucciso o no quel
tipo, so che si odiavano cordialmente e che Joy stesso progettava
qualcosa contro di loro. Magari si sono solo difesi, magari non
c’entrano nulla! Che ne dici di scoprirlo da solo, scienziato
dalle mille lauree? - L’idea che Mac dava era uno che aveva
studiato molto e nonostante non fosse del tutto corretto decise di non
puntualizzare quel fatto. - Ti ho già dato un sacco di
spunti su cui lavorare, no? Ora se non ti dispiace io me ne andrei! Ho
già detto troppo! - Il moro capì che
più di così non avrebbe potuto tirargli fuori e
non avendo prove contro di lui non poteva che lasciarlo effettivamente
andare.
Ma un pensiero
l’attraversò lasciandolo non poco preoccupato.
- Passerai dei
guai per quel che mi hai detto… -
Danny parve
calmarsi e sorprendersi di quel piccolo gesto di premura nei suoi
confronti. Si rilassò sulla sedia, finì il
mozzicone e lasciandolo cadere a terra lo pestò con lo
scarpone. Poi fissandolo serio, senza la minima rabbia, disse quasi
rassegnato:
- I guai li sto
già passando, fra te e mio fratello. E non
c’è giorno da quando sono nato in cui non ne
passi, onestamente! Ci sono abituato. -
Non sapeva
perché l’aveva detto, sembrava quasi volesse
tranquillizzarlo e scaricargli la coscienza ma non era così,
per lo meno le sue intenzioni non erano state quelle.
Mac rimase
ancora più colpito da quel ragazzo pieno di problemi che
alla fine aveva smesso di attaccarlo e mentre chiamava
l’agente per accompagnarlo fuori e lasciarlo andare, si disse
che di certo non era lui il colpevole ma solo una vittima. Una vittima
che presto avrebbe trovato con un buco in fronte, probabilmente.
- Se ti viene
in mente altro che potrebbe essermi utile… o se…
ti serve una mano per qualcosa… - E con questo i suoi occhi
intesero chiaramente ‘contro i veri colpevoli’ -
chiamami. - Detto questo gli lasciò il suo biglietto da
visita col numero di telefono.
Danny lo prese
una volta in piedi davanti a lui, lo penetrò con uno sguardo
pieno di tormento e consapevolezza e chiedendosi se potesse davvero
fidarsi, se lo mise in tasca senza dire altro.
- Quel ragazzo
finirà male. - mormorò fra sé e
sé guardandolo andarsene.
“Specie
perché ha tutta l’aria di uno che non molla
finché non crolla. E quando crollerà
sarà solo perché qualcuno
l’avrà finito.”