CAPITOLO IX:
PER LA PRIMA VOLTA


Quando la mattina dopo Hisashi si era risvegliato nel suo letto con la banda che gli suonava in testa, con le ossa tritate, i muscoli indolenziti e la bocca impastata in uno stato dolorosamente confusionale, si chiese che diavolo ci facesse là se l'ultima cosa che ricordava erano le birre della sera precedente.
Ci impiegò un considerevole tempo per riprendersi almeno un po' ma non ebbe molto successo, dunque sforzandosi riuscì a ritrovare nei meandri della sua mente senza senso qualcos'altro sulla festa di Sakuragi.
Sendoh.
Da quando era arrivato era come uscito di senno e da lì i ricordi si facevano sempre più radi e distorti.
Eppure perché aveva la sensazione di aver dimenticato qualcosa di estremamente importante?
Cercò di pensarci ancora ma il dolore al cranio aumentò a dismisura, così decise di prendersi una pausa e riprovarci più tardi.
Avrebbe comunque potuto chiedere a Ryota...
Dunque... la seconda domanda era: chi mi ha portato a casa?
Non si sa perché ma quando ci si sveglia la mattina coi postumi di una sbronza colossale che ti impedisce addirittura di ricordare cosa hai fatto la notte, QÐa delle domande che ti fai è proprio chi ti ha portato a casa, anche se fra tutte è la meno importante.
Anche a quello non trovò risposta, così decise di continuare a dormire sotto la doccia calda per provare a stare meglio. Più tardi avrebbe pensato ad un modo per ricordare tutto o per lo meno saperlo.
Così decidendo fece forza, e violenza, su sé stesso e cominciò a fatica a muoversi. Fu un trauma maggiore del risveglio in sé ma una volta riuscito a trascinarsi sotto il getto bollente e ristoratore della doccia, lasciò il compito all'elemento liquido di ridonargli un po' di forze ed energie nonché del benessere.
Si fece comodamente coccolare da essa senza alzare un braccio, appoggiato alla parete in piastrelle, vicino ai rubinetti, infine dopo diverso tempo senza far troppo caso a ciò che faceva, lasciò che le sue mani agissero da sole per lavarsi almeno un po' anche se a casaccio.
Del resto lavarsi i capelli con il bagnoschiuma e il corpo con lo shampoo non è segno di grande attenzione e cura in ciò che si fa!
La mente ancora spenta e martellante.
Quando finalmente si rese conto che era il caso di chiudere i rubinetti e l'acqua smise di cadergli addosso, di nuovo la grancassa gli perforò i timpani spingendolo, nudo e bagnato, a tapparsi le orecchie lamentandosi con una smorfia in viso.
Dopo altro tempo ed un paio di nuovi concerti, riuscì a capire che il suono non veniva da dentro la sua testa ma dall'esterno e nella fattispecie si trattava del campanello di casa!
- Cazzo, c'è qualcuno alla porta... - Fu allora che lo comprese, quindi cercando di sbrigarsi, camminando comunque come una lumaca che si trascina affaticata lasciando una scia bagnata dietro di sé, andò all'ingresso aprendo al misterioso soggetto che a quell'ora ignota di quell'ignoto giorno voleva entrare in casa sua.
Sempre che fosse casa sua.
In realtà non aveva controllato mica...
Bè, Mitsui non se ne rese conto ma lo spettacolo che diede di sé fu da premio oscar!
A goderne e apprezzare trattenendosi stoicamente dal fare apprezzamenti vocali come normalmente avrebbe fatto, fu, ovviamente, Sendoh.
Non c'era bisogno di dire che era passato a vedere come stava.
Il suo desiderato compagno gli stava davanti appoggiato allo stipite della porta con gli occhi mezzi chiusi ed una smorfia di sforzo sul viso ancor più inselvatichito e stralunato, tutto bagnato con un asciugamano lungo intorno alla vita. I capelli neri e corti erano spettinati intorno al viso e sulla fronte mentre mille gocce correvano lungo la sua pelle, sui suoi muscoli scoperti ed evidenziati, sul torace in bella mostra di sé, sulle spalle larghe e sulle braccia forti.
Era addirittura scalzo.
Sendoh inghiottì a vuoto dicendosi che anche se doveva venir punito per tutto quello che aveva combinato, quel modo era davvero crudele.
Non sarebbe riuscito a trattenersi a lungo!
- Ma che giorno è?! - Chiese inizialmente Mitsui pensando di stare sognando.
L'altro abbozzò un vago sorriso cercando di distrarsi, quindi l'assecondò pensando intanto al modo migliore per farlo riprendere.
- Domenica, non c'è scuola. E, se lo vuoi sapere, sono le tre del pomeriggio. - A quel punto si chiese dove potesse essere la madre visto che di lei non c'era chiara traccia. Non lo domandò ed anzi si ricordò che non era venuto a mani vuote.
Dunque illuminandosi e cercando di concentrarsi con quanta più decisione possedeva sugli occhi mezzi chiusi del ragazzo da ergastolo per non guardare l'invitante bacino coperto per poco, alzò il sacchetto di carta dicendo sorridente e gentile come suo solito:
- Ho portato alcuni rimedi per i postumi. - Non aveva mai dovuto affrontarne uno sulla sua pelle ma era passato nella farmacia di turno chiedendo cosa fosse indicato, così gli aveva portato qualcosa.
Mitsui rimase in silenzio e corrugò ulteriormente la fronte quindi disse ancora roco e stranito:
- Ma tu sei Sendoh! - A questo punto il giovane più piccolo di un anno si sentì più grande di dieci, ma si trattenne ancora stoicamente dal ridere e dal fare qualunque altra cosa che non fosse guardarlo in viso.
- Ehm... se mi fai entrare ti faccio anche un caffè doppio. -
Un mugolio in risposta gli fece capire che poteva farsi avanti ma non vedendolo spostarsi dovette appoggiare una mano sul suo braccio nudo e bagnato dove la pelle lucida lo rendeva ancor più sexy di sempre, una scarica elettrica da mille Wolt attraversò entrambi, quindi spingendolo delicatamente trattenne il respiro. Riuscì a spostarlo e a chiudere la porta dietro di sé ma fu lì che Mitsui finalmente spalancò gli occhi di botto e si svegliò di soprassalto esclamando shockato:
- Ma sei davvero qua, non sto ancora dormendo! - La sincerità con cui lo disse impedì ancora ad Akira di trattenersi ed il risultato fu uno scoppio di risa come da tempo non gli succedeva più.
Mentre rideva piegandosi in due davanti a lui, tenendosi addirittura la pancia per le convulsioni, non riusciva a pensare più a nulla. Ogni tensione e domanda fu cancellata come se la sua presenza lì fosse normale e quelle scene le vivessero ogni giorno.
Si sentì bene, sereno, tranquillo.
Non ricordava da quanto non ci si sentiva.
Nemmeno il bacio della sera precedente era paragonabile.
Era stato fantastico, certo, ma diverso poiché pieno di sentimenti contrastanti fra loro, pieno di dubbi, di tensioni, di sensi di colpa, di rimorsi... ora, lì, invece, era sereno e disteso. Non sentiva nessuna pressione, nessun'agitazione, nessun problema.
Era tutto perfetto.
Andava bene.
Ogni cosa andava bene così.
- Bè, che hai? - Chiese seccato Hisashi cominciando a riprendersi alla svelta davanti alla sua risata esplosiva e contagiosa. Sapeva di essere lui il centro del suo ridere ma voleva capire perché, si sentiva un po' il pagliaccio della situazione, un po' il Sakuragi di turno, insomma, e non gli piaceva molto.
Anche se... anche se stare lì con Sendoh così felice e rilassato era splendido, così come lo era il suo sorriso, quel viso illuminato a festa, quell'aria così limpida e sincera.
Dove e quando vi aveva letto finzione ed ipocrisia?
Improvvisamente aveva dimenticato tutto.
Quando anche le sue labbra imbronciate si piegarono in un mezzo sorriso, Sendoh si drizzò cercando di smettere ma con l'espressione ancora incrinata verso un altro scoppio, lo fissò diretto. Era più sveglio e comunque sembrava già stare meglio. Ok, ma a ridonargli il sollievo autentico non furono queste cose bensì quel mezzo sorriso che gli vide.
Probabilmente non ricordava nulla di ieri sera né del perché fossero sul piede di guerra, ma sembrava sentire che in qualche modo le cose si erano sistemate.
A quel pensiero si calmò davvero decidendo di chiarirlo anche da sobri e a voce.
Era ora di parlare, in fondo.
E per davvero, aprendosi completamente fino in fondo, fino all'anima.
Come non aveva mai fatto in vita sua.
Sarebbe stato strano, certo, ma giusto.
- Dai, vestiti mentre ti faccio il caffè. Posso, vero? - Chiese educato aspettando che Mitsui avesse l'iniziativa.
- Non ti piaccio così? - Chiese senza pensarci nemmeno un istante. Come spesso accadeva faceva prendere aria alla bocca senza attivare del tutto il cervello. Quel pomeriggio era comunque inservibile per i postumi finché non avesse almeno bevuto quel famoso caffè.
Akira si fermò, alzò il sopracciglio scettico e altrettanto spontaneo e malizioso come sua norma, non si fece problemi a squadrarlo da capo a piedi senza la minima riserva, soffermandosi particolarmente sul bacino ostinatamente coperto, dove la linea dell'inguine si mostrava facendogli venire l'acqulina in bocca.
Lo snudò con gli occhi penetranti che mostravano tutte le sconcerie che pensavano, ma si limitò solo ad un basso ed enigmatico:
- Anche troppo! E' per questo che devi cambiarti, altrimenti finisce che non parliamo ma passiamo direttamente ai fatti. Ed io prima voglio parlare! -
Sentirgli dire queste parole fu sconcertante e funse da ulteriore sveglia per Hisashi che finalmente si decise a darsi una mossa.
"Però... qualunque cosa io non ricordo di ieri deve essere davvero incredibile se l'ha fatto cambiare così! Del resto io stranamente non mi sento più arrabbiato con lui. Come se inconsciamente ricordassi tutto e mi comportassi già di conseguenza. La mia mente non ricorda nulla ma la mia coscienza sa come comportarsi perché qualcosa è già successo. Bene, in questo caso sarà più facile. E poi... bè, finalmente riusciamo a parlare! Sarà memorabile! Chissà com'è Akira Sendoh che parla. Che parla veramente, intendo. Sono curioso!"
Pensò dunque il proprietario di casa andando a cambiarsi.
Sendoh si diede dello stupido a non aver approfittato di quella meravigliosa situazione, ma sapeva che non poteva sempre ragionare con gli organi genitali maschili e che qualche volta il cervello doveva usarlo anche per fare cose che stranamente gli venivano difficili, ovvero parlare di sé e dei suoi sentimenti.
Chiedendosi cosa e come dirgli di preciso, quando il caffè stava ormai venendo su la voce meno rauca ma comunque non squillante di Mitsui lo distrasse facendolo voltare.
- Mi hai portato tu a casa, stanotte? - Chiese come sapendo già la risposta, capendolo dalla sua presenza lì. Sendoh notò che anche da vestito ma coi capelli comunque bagnati e scompigliati stava benissimo, ma si morse la lingua e si concentrò sulle parole.
- Si. - Bè, come inizio faceva schifo. Oltre a un 'sì', doveva magari metterci altro vicino!
Non era abituato, decisamente no!
Sarebbe stato più complicato del previsto.
Mitsui si sedette alla sedia vicino al tavolino lasciando fare al compagno gli onori di casa sua anche se l'aveva vista appena una volta. Bè, due contando la sera precedente!
- Non ricordo nulla di ieri sera... potresti raccontarmi cosa ho fatto? -
Il moro allora versò il caffé e mettendoglielo davanti insieme ad un bicchiere d'acqua con una pastiglia contro i famosi postumi, si sedette davanti a lui, in angolo per la precisione.
Sospirò e grattandosi la nuca dove i capelli scuri gli stavano sparati in aria, decise di buttarsi ed essere quanto più onesto potesse.
Quindi accarezzò Mitsui con lo sguardo e guardandolo sorseggiare il fumante liquido scuro, iniziò a parlare con aria confidenziale cercando una delicatezza che non aveva mai pensato di possedere.
- Eri ubriaco e dopo aver preso a pugni un poveretto che non c'entrava nulla ti sei fiondato addosso a me. Penso volessi colpirmi ma non ci sei riuscito. Mi hai detto solo di non prendermi gioco di te. Poi ti sei allontanato. Prima che potessi fare altro Rukawa ti ha portato fuori, ti sei seduto a terra contro il muro col ghiaccio sul viso e... - Lì esitò arrossendo all'idea. E Akira Sendoh che arrossisce è di per sé un evento. Del resto parlare di un momento pieno di sentimenti come quello non era raccontare delle stupidaggini! - Mi sono avvicinato, non c'era nessuno. Tu mi hai sentito, forse, comunque... bè, ci siamo baciati. - Lasciò un po' di silenzio guardando come il colore passò anche sulle sue, di guance. Era contagioso, eh? Di nuovo un sospiro, quindi riprese con più forza nella voce: - A quel punto eri completamente andato così prima che vomitassi e ti addormentassi del tutto, ti ho accompagnato a casa. Mi ha aperto tua madre che poveretta ho svegliato. Mi ha chiesto di metterti a letto, io l'ho fatto e sono andato via. Non è successo nient'altro, anche perché c'era lei lì... Sei crollato subito appena messo la testa sul cuscino. - Imbarazzante oltre ogni dire e fastidioso per il fatto che non ricordasse il bacio, momento importante!
Il silenzio fu lungo e pesante. Che dire?
Che pensare?
Mitsui andò un attimo in confusione cercando di immaginare tutto, poiché ricordare era impossibile, poi conoscendosi si disse che comunque era tutto molto probabile.
Sendoh lo lasciò terminare il caffé e prendersi la pastiglietta, quindi quando pensò che di tempo per ponderare e digerire ne avesse avuto abbastanza, riprese con coraggio dopo essersi mordicchiato l'interno delle guance con nervoso. Si sentiva come un novellino che gioca la prima partita. Un po' come si doveva essere sentito Sakuragi entrando in campo la prima volta.
Tutta la sicurezza che normalmente lo caratterizzava, tutto il suo modo di fare tranquillo e pacato... dove era finito?
Certo se era agitato e nervoso non lo dava a vedere nemmeno un po', dall'esterno continuava ad apparire come sempre, come se non avesse alcun problema al mondo.
Sospirò.
Era una sciocchezza in realtà, darsi troppa pena per una cosa simile non ne valeva la pena.
O si?
Mitsui gli aveva cambiato molti modi di fare e pensare, da quando ci aveva avuto a che fare. Si era messo in discussione, si era guardato dentro...
Non ci pensò e decise di buttarsi. quindi disse quel che mancava col sorriso sereno e docile sulle labbra:
- Mi sto innamorando di te. La verità è questa. Me ne sono reso conto ieri sera vedendoti nello stato in cui eri. Mi sono anche sentito in colpa ma è un altro discorso. - Ennesimo sospiro dopo essersi passato le mani sul viso e poi fra i capelli appuntiti ed in aria, gli occhi bassi a cercare le parole nella sua mente confusa: - Non mi è mai successo. Sai... mi hai fatto riflettere molto con le tue accuse. - Quindi alzò lo sguardo tornando a posarlo diretto sul suo che lo fissava attento e serio cercando di non farsi sfuggire una sola sillaba: - Non sono uno stronzo, ma mi rendo conto di averlo fatto. Non mi sono mai chiesto chi io fossi e se quel che facessi potesse dar fastidio a qualcuno o essere recepito male. Come non ho mai pensato di ferire qualcuno. Non credevo che qualcuno potesse star male per colpa mia. Semplicemente ho sempre fatto quel che volevo per i miei interessi, come un po' tutti immagino. Solo che quel che volevo era non annoiarmi, divertirmi così come io pensavo fosse il divertimento. Solo ora, grazie a te, ho visto che il mio divertimento ha ferito qualcuno. - Iniziò allora a contorcersi le dita delle mani e a dondolare i piedi sempre più nervoso. Parlava guardandolo in faccia, ora, ma era come se stesse guardando dentro di sé. Non lo vedeva realmente. Si stava leggendo per dire tutto ciò che gli passava per la testa, il risultato del suo continuo pensare di quei giorni. E mentre lo faceva non si rendeva conto di quanto meglio cominciasse a sentirsi: - Mi hai detto se eri un ripiego. Si, lo sei stato. Hanamichi mi ha rifiutato per Rukawa e dopo essermi divertito ad aiutarli a mettersi insieme mi son trovato di nuovo solo. Non mi piaceva così mi sono guardato intorno cercando un nuovo passatempo, qualcosa che riempisse le mie giornate ad eccezione del basket e della pesca. E ho notato te. Ti ho trovato via via sempre più interessante, sia fisicamente che come tipo. Ho seguito i miei bassi istinti, non volevo gran ché, non ti ho puntato con uno scopo preciso, non volevo intraprendere una storia. Forse volevo solo portarti a letto. Poi tu mi hai chiesto perché lo facevo e lì non ho saputo rispondere. Perché lo facevo? Eri solo un ripiego? Non ho saputo che dire ed ho preferito non provare nemmeno a parlarne per evitare il problema. Il problema di guardarmi dentro. E' stato difficile arrivarci. Vedendomi coi tuoi occhi ho capito che mi sono comportato da meschino egoista ed egocentrico e mi dispiace. Credimi. Non pensavo di essere così. Ma la risposta è si. Sei stato un ripiego, all'inizio, ma poi sei cambiato, sei diventato ben altro. Ora sei tutto ciò che desidero con tutte le mie forze, come non ho mai desiderato e voluto davvero nulla in vita mia. E mi sconvolge volere qualcuno così. - Lasciò ancora del silenzio, riprese a mordicchiarsi l'interno delle guance quindi si rese conto che il respiro era tornato normale come i suoi battiti e che era finalmente rilassato. Non aveva più l'inferno ad agitarsi dentro. Ora l'esterno era come l'interno. Calmo. Come se parlarne ed ammettere ad alta voce quel che era e sentiva, fosse la cura migliore in assoluto. Così riprendendo la luce d'enigma che lo contraddistingueva, disse con decisione: - Quindi la conclusione è quel che ti ho detto all'inizio. Mi sto innamorando di te. Non lo sono mai stato ma penso che quel che mi sta succedendo abbia questo nome. E la verità è che non posso cambiare quel che è stato e che ho fatto, né il perché è partita, ma posso dirti come stanno adesso le cose. -
Non trovò un finale migliore.
Appena concluso cominciò solo a sperare che ora andasse bene, che fosse valsa la pena fare quella fatica ed aprirsi a quel modo. Che non andasse tutto lo stesso a quel paese.
Sperò con tutto sé stesso che Mitsui guardandolo così serio e accigliato facesse qualcosa e non lo lasciasse oltre un secondo sulle spine.
La tensione riprese a martellargli dentro e nonostante si fosse calmato parlando, ora era di nuovo al punto di partenza.
Del resto non sapere cosa pensava l'oggetto dei suoi desideri non era una passeggiata.
Si sentì come un bambino, Akira, aspettando una sua reazione e proprio come il maestro dà il verdetto finale ad un interrogazione, Hisashi finalmente si mosse e alzandosi senza foga ma nemmeno con una lentezza troppo esasperante, si appoggiò con una mano al tavolo e con l'altra sul ginocchio del compagno seduto che sospese ogni funzione vitale a partire dal respiro, si chinò e raggiungendo il suo viso, arrivato a pochissimi centimetri di distanza sussurrò serio come non era mai stato, suadente:
- Grazie, ora mi sento meglio visto che anche tu a me piaci allo stesso modo. Non c'è notte che non sogni di fare sesso con te. - Non trovò altro da aggiungere e pensando che così fosse tutto finalmente perfetto e che ogni cosa fosse a posto, annullò anche quella brevissima ed esasperante distanza rimasta appoggiando di sua iniziativa le labbra sulle sue.
Erano morbide e mentre le fondeva con le sue in tanti piccoli baci sempre più profondi, le sensazioni che provò gli riportarono i ricordi perduti della sera precedente, quando si erano già baciati.
Allora aprirono le bocche ed accogliendo le rispettive lingue si trovarono approfondendo il 'discorso'. Un 'discorso' più cosciente e consapevole del primo.
Chiusero gli occhi e lasciandosi completamente andare alle sensazioni elettriche e calde che provarono, Sendoh alzò la mano posandola delicatamente sulla guancia di Mitsui per capire se fosse davvero lì davanti a lui a baciarlo.
Toccandolo capì che non era un sogno e che poteva aprirsi anche fisicamente e non solo interiormente.
Ora alle parole poteva far seguire i gesti, cosa che di gran lunga preferiva e prendendo completamente il controllo della situazione come era solito fare, si alzò lentamente dalla sedia, quindi lo prese sicuro per le spalle e si spostò con agilità fino a farlo sedere sul tavolo. A quel punto, più comodi, poterono giocare meglio con le loro bocche e le loro lingue, succhiandosi, prendendosi, dandosi e ricevendo.
Un turbine cominciò a girar loro intorno portandoli presto via da un'altra parte, molto distanti da lì, senza ridar coscienza di loro stessi, lasciando che la loro testa girasse ed il loro corpo si concentrasse su quello dell'altro e su ciò che veniva sapientemente stimolato dalle dita dell'altro.
Dita che si mossero davvero esperte e veloci su di loro.
Dita che spogliarono il compagno in un soffio facendo cadere i vestiti su una sedia ed a terra.
Dita che carezzavano in profondità ogni parte altrui.
Dita che stimolavano l'intimità.
Dita che provocavano gemiti sempre più evidenti e forti.
Akira fu il primo ad agire sfilando la maglietta ad Hisashi, ma lui gli andò subito dietro senza farsi il minimo problema.
Poteva finalmente attuare i sogni che faceva la notte.
Voleva vederlo, toccarlo, sentirlo, accarezzarlo, averlo...
Le braccia cingevano entrambi stringendosi a vicenda mentre le mani immerse fra i capelli durante quel lungo bacio che diventava sempre più acceso ed audace, cominciarono a scendere sulle spalle, sulle schiene, sui fianchi, sui capezzoli duri, sulla cintura dei pantaloni. Slacciarono e si sfilarono via a vicenda ciò che ancora indossavano, successivamente liberi da ogni strato di troppo che li separava, si premettero l'uno sull'altro riabbracciandosi, strofinando eccitati le loro parti intime scoperte che, a contatto l'una con l'altra, reagivano ulteriormente mandando i cervelli in orbita lontano da lì. In stato completamente confusionale ed eccitati come non lo erano mai stati, si staccarono dalle bocche ed Akira scese sul collo di Hisashi lasciando scie umide di piacere, andò così ad assaggiare i capezzoli mentre l'altro si lasciava scivolare giù steso sul tavolo, non riuscendo più a stare dritto, privo di forze. Un brivido su ogni parte del corpo sapientemente stimolata o dalla sua bocca o dalle sue mani. Mani che ora si erano sostituite sul suo bacino e facevano proprio quello che lui avrebbe voluto fargli. Decise di lasciarlo fare godendosi quei massaggi esperti e profondi, quindi allargando le gambe per lasciargli un miglior accesso si fece avvolgere da quel piacevole caos meraviglioso.
L'eccitazione crebbe e l'idea di avere il corpo nudo del fulcro dei suoi desideri notturni a portata di mano gli fece scattare la voglia di assaggiarlo a sua volta. Il bisogno di toccare il suo membro arrivò come un ondata gigantesca e potente, così seguendola si alzò in fretta e senza staccarlo dal proprio inguine, fece altrettanto con lui prendendogli il suo sesso a piene mani. Cominciò a massaggiare con decisione e ritmo crescente immergendosi in quello che era il suo mondo. Lo sentì 'indurirsi' sempre più fino a diventare quasi intrattenibile e mentre si stimolavano a vicenda in quel modo erotico e caldo, come caldi e pulsanti erano i loro bei corpi nudi e tesi, le loro bocche avevano ripreso a baciarsi, succhiarsi e possedersi.
Lontano era il litigio dei giorni precedenti, l'ubriacatura della sera prima, il discorso che si erano appena fatti. Tutto era lontano, come l'idea che la madre di Mitsui potesse entrare di lì a poco.
Erano solo loro, i loro corpi, i loro piaceri, i loro gemiti, le parti che sentivano sotto le mani, sotto la pelle, sotto la lingua...
Loro due e basta.
Quindi quando Sendoh non ce la fece più, completamente stralunato, si piegò su di lui obbligandolo a stendersi di nuovo e a lasciare la sua parte intima per un altra cosa. Il giovane si stese accaldato ed eccitato sul tavolo allargando le braccia, con le mani vicino al suo viso, quindi appoggiò i piedi sul bordo allargando le gambe e lasciandogli libero accesso sentì le dita del compagno prepararlo insieme alla sua bocca. Ci mise tutto il tempo necessario mentre i suoi sospiri riempivano la stanza. I muscoli guizzavano contorcendolo, il petto si alzava e abbassava veloce ed il cuore gli galoppava dentro come un matto. Sapeva cosa stava per succedere e quando finalmente fu abbastanza pronto sentì Akira ricoprirlo di nuovo, piegato su di lui. La bocca sul suo orecchio che baciò leggero, quindi la voce sussurrò carica di desiderio:
- Ti farà male lo stesso... - Disse riferendosi alla preparazione adeguata ed esperta.
- Lo so ma vieni... - Disse quindi Hisashi con un'evidente nota di bisogno nella voce. Non ce la faceva più, doveva averlo.
Così Sendoh lo baciò lieve sulle labbra e tenendole adagiate sulle sue, scivolò in lui.
Il mondo si fermò ed in realtà fra l'eccitazione alle stelle insieme al piacere che l'aveva fatto impazzire e la buona esperienza del compagno, Mitsui non sentì un dolore così lancinante da impedirgli di provare anche del piacere.
Inizialmente rimase spiazzato e sbalzato via dal suo corpo, ma poi quando il compagno cominciò a muoversi lento in lui, si riprese tornando lì, concentrato sul suo sesso che aveva dentro e su ogni minima sensazione fisica. Sia di dolore che di piacere.
Brividi di ogni natura da ogni parte.
Cinse il suo collo con le braccia e con forza l'attirò a sé più che potè circondando la sua vita con le gambe che gli allacciò intorno.
Per Sendoh fu semplicemente il paradiso più incontaminato che potesse esistere.
Su ogni centimetro di sé aveva un calore innaturale portato da scariche elettriche eppure l'unica parte che la sua mente registrava, che ad occhi stretti si vedeva, che continuava ad esistere, era il proprio membro dentro Mitsui, sentirlo stretto dalla sua carne che quasi lo inglobava, spingerlo e poi ritirarlo e poi rimetterlo e poi ritoglierlo fino ad essere di volta in volta sempre più in lui. Crescendo il ritmo. Andando più veloce. Diventando una cosa sola con lui. Possedendolo.
Amandolo.
Avendolo.
Impazzendo ma sempre insieme a lui.
Lui che gemeva sempre più forte, che lo stringeva, lo abbracciava, lo graffiava, lo mordicchiava, lo chiamava.
Piangeva.
Non sapeva se era tutto dolore o anche piacere ma sapeva che era bello.
Era bello perché erano insieme davvero ed in ogni senso.
Si erano aperti tutti e due, si erano visti ed accettati ed ora potevano dimostrare tutto ciò che provavano. Potevano completare quel discorso.
Potevano dirsi coi corpi che volevano stare in ogni modo possibile insieme.
Le spinte crebbero insieme alle loro voci che gemevano e con ogni sensazione indescrivibile addosso, raggiunsero il culmine dell'atto più bello che potessero fare.
Lo raggiunsero insieme così come ogni altra cosa, di lì in poi, avrebbero ottenuto.
Semplicemente lasciandosi andare.


FINE