CAPITOLO
V:
SVEGLIARSI
/Auto rock
– Mogwai /
“Guardo
il campanello del cancello della sua casa circondata da un giardino
immenso ed un campo da tennis, inghiotto. Sbircio fra le finestre di
quella che dovrebbe essere la sua camera ma non vedo movimento.
È
mattina presto, sono uscito prima del senpai per poter avere tutto il
tempo che voglio per parlare con Ryoma, ma ora che sono qua mi sento
così idiota.
Il
coraggio per un istante mi manca.
Se
lui arrivasse ora sarebbe tutto più facile in fondo.
Sospiro. Nella vita le cose facili mi annoiano, l’ho sempre
detto… lo dimostra il fatto che mi sono scelto uno come
quella testaccia dura!
Mi
do uno schiaffo sulla guancia per riprendermi e senza sentire un gran
dolore schiaccio il campanello con sguardo concentrato e determinato.
Ce
la posso fare, nonostante tutte le parole che sono volate nel nostro
litigio, nonostante vorrei solo stare con lui e non concedergli tempo,
nonostante…
-
Si? – Una voce femminile di quella che potrebbe essere una
governante mi risponde un po’ assonnata e sottovoce, credo
che dormano ancora tutti… ma è davvero
così presto?
-
Salve. Scusi tanto per l’ora, ma per caso Ryoma è
già sveglio? Sono un suo amico… - Mi prenderanno
per un pazzo ma poco importa. In questa agitazione che mi cresce dentro
non sento nemmeno un po’ di imbarazzo per quel che sto
combinando!
Sono
troppo sfacciato?
Lo
so, grazie!
-
No, Ryoma stasera ha dormito da un suo amico, un compagno del club di
tennis… - Cavolo!
Questa
proprio non me l’aspettavo!
Da
chi diavolo può essere andato?
Chi
mai si oserebbe ospitarlo?
Anzi,
da chi si abbasserebbe ad andare se non da me?
-
Ok, grazie, non fa nulla… -
Così
dicendo mi giro e me ne vado trascinando la mia solita bici.
Che
stress… dov’è? Non riesco proprio ad
immaginare da chi possa essere andato… non è con
nessuno in buoni rapporti tanto da chiedere ospitalità. Non
è da lui!
Che
gli è successo?
Mentre
mi incammino senza nemmeno montare sulla bici, mi avvio verso la scuola
sperando di trovarlo là ad allenarsi… magari
è stato a giocare a tennis tutta la notte ed era solo una
scusa quella del compagno.
Spero
quasi sia così.
A
quest’ora non ci sarà nessuno nemmeno
là, meglio così.
È
rimasto così scosso da non tornare a casa?
Non
sono stato male solo io, allora. Avrei dovuto immaginarlo e andare
subito da lui a cercarlo, chissà cosa ha combinato. Si
sarà messo nei guai, avrà attaccato briga con
qualcuno di sicuro.
Sarà
pieno di bugne in un angolo della città!
Vabbè,
lui con la sua racchetta e la sua pallina sa difendersi bene, non
è il caso di preoccuparsi così, lo so bene, ma
vorrei ugualmente sapere dov’è, averlo trovato
subito… voglio parlargli, voglio dirgli se mi può
scusare per avergli messo fretta ed essermi comportato da egoista senza
considerare affatto lui ed il suo punto di vista, ho peggiorato da solo
la situazione ed ora magari non vorrà più
parlarmi.
No,
non voglio che sia così.
Anche
se voglio stare con lui, assurdamente, sono disposta a dargli tempo. Mi
costa, mi brucia, mi pesa, ma mi pesa ancora di più chiudere
del tutto ogni rapporto con lui per aver sbagliato ed affrettato le
cose.
Se
vuole dormire ancora un po’ che dorma, ormai sa cosa provo,
aspetterò… anche se mi è difficile,
sarà una sfida, anzi, una tortura, ma non è
impossibile. Posso farcela se voglio davvero stare con lui. Glielo
dirò.
Glielo
devo dire.
E
mentre giro per le vie come se fossi passato sotto ad un treno,
l’ansia cresce in me. Penso a lui, a cosa voglio dirgli, a
quanto farò fatica a non fare quel che vorrei davvero. Non
ce l’ho ancora qui e lo vorrei...
C’è
come una tensione nell’aria, qualcosa di vago e di strano,
non saprei proprio definirlo.
Alzo
gli occhi al cielo e lo vedo terso, il sole comincia lentamente a
salire diventando più chiaro e splendente rispetto al rosato
di prima. Non c’è un atmosfera suggestiva, gli
uccelli cinguettano come sempre e sembrano allegri ma il mio umore
è davvero in tempesta. Sono così teso…
come se un ritmo crescesse battendo in me, nella mia testa, nel mio
animo.
Quando
lo vedrò riuscirò a dirgli tutto?
O
seguirò come al solito il mio istinto e
l’abbraccerò?
Voglio
toccarlo… ne sento il bisogno.
Ieri
sera avevamo degli sguardi così scuri ed arrabbiati. Ci
siamo feriti.
Non
voglio che sia più così fra noi.
Mai
più.
Dopo
di questo voglio che in qualche modo le cose si sistemino.
Ryoma,
dannazione, sbrigati a farti trovare!
Imbocco
il cancello già aperto della scuola e vado a posare la mia
bicicletta. Eccomi qua… mi drizzo con il borsone degli
allenamenti in spalla e mi giro verso i campi da tennis e gli
spogliatoi, dietro l’edificio scolastico che si staglia
innanzi a me.
Se
lui è là finalmente lo vedrò e
potrò parlargli, così questa sensazione terribile
che mi fa impazzire se ne andrà. Qualunque cosa esca da
queste mie labbra non sarà peggio di quanto ho
già fatto fin’ora. Spero… spero che ci
sia… anche se all’idea di rivederlo dopo tutto
quanto successo, mi crea un ulteriore nodo.
Nemmeno
per una partita difficile sto così, sono proprio ridicolo!
Andiamo,
razza di idiota, fatti valere!
Sii
il solito Momo!
Hai
una reputazione da difendere!”
“Sono
sgattaiolato via dalla casa del capitano Tezuka molto prima
dell’alba e passato da Momo, la madre assonnata mi ha mandato
a quel paese dicendo che non ha dormito là.
Bè,
lui poteva aver dormito da mille persone, è amico di mezzo
mondo… l’idea di fare una caccia al tesoro mi ha
scocciato e così sono venuto subito qua, a scuola, a
sciogliere questa dannatissima tensione che mi divora e mi fa impazzire.
Gioco
a tennis, che altro dovrei fare?
Non
so fare altro.
O
dormo, o mangio, o provoco qualcuno, o gioco a tennis.
Ora
gioco a tennis.
E
lo faccio da molto, la pelle è madida di sudore, la
maglietta tutta attaccata alla schiena ormai è strafonda
come i miei capelli che gocciolano sul mio viso imbronciato e tetro.
Scaravento
di continuo la pallina contro il muro sempre più veloce, in
una maniera quasi micidiale, nemmeno si vede il mio braccio, a momenti,
per la forza e la velocità che ci metto, sembro un pazzo e
faccio crescere il ritmo di proposito man mano che i miei battiti
aumentano l’agitazione per Momo.
Penso
a ciò che dovrei dirgli ed ho buio, penso che
però non voglio non dirgli nulla, non voglio che rimaniamo
arrabbiati, non mi piace aver litigato con lui, non voglio che
smettiamo di parlarci, voglio che riprendiamo a rivolgerci la parola e
a giocare insieme e a fare tutto quel che facevamo prima. Non voglio
che cambi nulla, da prima, ma forse ormai è tardi, ci siamo
detti qualcosa di troppo ed in malo modo.
Forse
ormai abbiamo disfatto tutto.
E
quando arrivo a questo punto la contrarietà e
l’angoscia si impadronisce di me. Non voglio che sia
così.
Non
deve essere così.
Voglio
rivederlo e dirgli…
E
dirgli…
Che
cavolo gli voglio dire?
Torniamo
come prima?
Ma
come eravamo prima?
Mi
è piaciuto il suo bacio, mi ha fatto piacere, in fondo, la
sua dichiarazione, il mio ego ne ha gioito. Ma io?
I
miei sentimenti?
Ne
ho anche io, come tutti?
È
il momento di guardarli e ascoltarli?
Davvero?
Non
ho mai pensato seriamente a questa eventualità, preferivo
giocare a tennis.
Ed
ora che lo sto facendo e che non trovo pace in queste assurde azioni di
colpire una stupida pallina in continuazione con una stupida racchetta,
mi sento proprio io, lo stupido!
Uno
stupido che fa la cosa sbagliata ed io odio fare la cosa sbagliata!
Voglio
che non mi manchi nulla di ciò che voglio, voglio lottare
per raggiungerlo ed un giorno afferrarlo con le mie mani, grazie ai
passi che ho mosso con le mie gambe, con le mie forze. Ma cosa cazzo
voglio?
Cos’è
che voglio?
Si
tratta solo di capire questo…
Che
qualcuno mi illumini.
E
la tensione aumenta insieme al ritmo, a questo martellare, a questi
battiti, a quest’ansia, a questo tutto.
Poi
la figura a bordo recinzione mi fa fermare ogni ritmo, ogni tensione,
ogni ansia, ogni tutto.
Perdo
la pallina che schizza via lontano da me e la racchetta scivola nel
terreno dalla parte opposta mentre il mio corpo si raggela bloccandosi
all’istante.
Sembro
una statua e l’espressione del mio viso dev’essere
quella di un fantoccio con gli occhi troppo grandi e sproporzionati.
Li
sgrano oltre l’inverosimile ma penso di avere un
allucinazione mentre sto qua fermo e lo guardo.
Lui
è lì.
Momo.
Non
è vestito, non ha una racchetta in mano e nemmeno una
pallina. Nulla.
Sta
solo lì a guardarmi con un aria seria e concentrata. Cosa
pensa?
Cosa
prova?
Vuole
ancora stare con me?
Perché
me lo sto chiedendo?
Mi
sembra così importante saperlo… se lui vuole
ancora stare con me allora io potrei… magari…
Lo
realizzo mentre lo vedo ora, dopo ieri, dopo stanotte, dopo ora.
E
mi rendo conto di non aver respirato da molto!
Forse
sono impallidito anche per questo.
Lascio
che le goccioline di sudore percorrano il mio viso ed il mio collo,
dimentico tutto e lo vedo camminare con passo sicuro verso di me.
È
il momento.
È
davanti.
Ci
guardiamo dritti negli occhi ed il cuore mio sembra impazzito. Ha tutto
ripreso a correre come un matto, in me, specie la mia mente che spara
mille parole al secondo senza farmene capire nemmeno una.
Io
devo parlargli, dirgli qualcosa. Volevo vederlo, stamattina,
l’ho cercato. Volevo che ieri sera fosse stato lui a salvarmi
e quando ho visto che così non era mi sono sentito deluso.
Questo.
Posso partire con questo.
E
poi dove vado?
Ho
la gola atrofizzata, non si muove nemmeno un muscolo, mi pare anche di
andare a fuoco.
Non
mi sono mai sentito più stupido di così.
Volevo
vederlo e parlargli ed ora che finalmente ce l’ho qua a pochi
centimetri da me, so solo guardarlo con questa faccia da pesce lesso!
Sono
un imbecille!
Ma
finalmente lui parla. Apre la bocca ed io ho un ansia micidiale. Cosa
sta per dirmi? Mi sta scaricando? Non vuole più nulla da me?
No,
non voglio che sia così.
È
solo un pensiero istintivo ma penso che sia la mia risposta a tutto.
-
Ryoma, volevo scusarmi per la fretta che ti ho messo in questi giorni,
non avrei dovuto fare nulla di tutto ciò che ho fatto, ma
ormai è successo e quindi vorrei che per lo meno ci pensassi
seriamente alla possibilità di… ecco, provare a
stare con me, tutto qua. Ti do tutto il tempo che ti serve per pensarci
e abituarti all’idea. Però voglio che smettiamo di
piantarci il muso, non ne posso più… - ha esitato
molto nonostante la sicurezza e la chiarezza delle sue parole, ci ha
pensato tutta la notte, sapeva cosa dirmi ed ha avuto il coraggio di
dirmelo. Gli brucia non imporsi e non fare quel che vuole, come ha
sempre fatto.
Oddio,
ma io da quando lo capisco e lo conosco così bene?
Arrossisco
violentemente.
Sono
proprio un idiota.
Per
quanto tempo non ho visto ciò che era chiaro davanti ai miei
occhi?
Mi
metto una mano sulla bocca senza pensarci mentre realizzo che lui vuole
provarci ancora, con me, che non si è stufato, che non
l’ho ferito troppo, che mi aspetta… un momento.
Aspetta
cosa?
Io
ho già capito quel che cercavo di capire.
Ho
aperto gli occhi, sto vedendo, sto comprendendo, è
così cristallino che quasi mi metto a ridere per la mia
idiozia.
Il
rossore aumenta e mentre un tremore strano invade ogni cellula del mio
corpo, lui nota questa specie di scoppio che sta per avvenire e
impallidisce preoccupandosi.
Si
chiederà se non sto per impazzire.
Però…
non sono molto bravo a parole, preferisco mostrare quanto valgo coi
fatti.
In
questo settore non ho esperienza, non sono affatto bravo, ma voglio
davvero cimentarmi, ora più che mai.
È
arrivato il momento e non vedo con chi altri se non con lui.
-
Non vorrei nessun’altro che te. – Lo dico seguendo
il mio pensiero, cosa che lui non conosce. Quindi irrigidendosi alza un
sopracciglio interrogativo.
-
Che stai dicendo? –
Tolgo
la mano dalla bocca e smaschero un sorriso che mi viene spontaneo da
dentro, qualcosa che forse non ho mai fatto e le mie labbra non
ricordano proprio. Mi sembra strano, è un sorriso sciocco ma
mi vene naturale.
-
Non vorrei nessun’altro che te per addentrarmi in questo
nuovo campo sconosciuto. – Per me è una
considerazione chiarissima, ma forse per lui no.
-
Ryoma, sei stato tutta la notte ad allenarti? Sei sonnambulo? Sragioni?
Che stai dicendo? – Oppure è lui
l’idiota che non è molto sveglio come
sembra…
Spegnendo
subito il sorriso scemo che mi era affiorato sulla bocca, lo guardo
minaccioso, sembra riconoscermi e darmi più affidamento
così, quindi prendendolo per il colletto della maglietta lo
avvicino a me abbassandolo. L’ho davvero a pochissimi
centimetri, sentiamo i nostri respiri addosso.
Occhi
negli occhi.
La
sua luce maliziosa non c’è ancora ma presto
tornerà.
-
Voglio provare a stare con te, brutto idiota! –
Così forse lo capisce.
Anzi,
senza nessun forse.
Sta
zitto.
Elabora
immobile, poi ecco finalmente che si illumina ed il suo sorriso
surclassa il mio di prima facendomi arrossire di nuovo peggio di un
aragosta. Questo si che è imbarazzante!
Ma
quando mi abbraccia sollevandomi da terra mi rendo conto che
c’è qualcosa di peggio.
-
Momo! – L’ammonisco cominciando a prenderlo a
pugni, senza successo, sulla schiena, cercando quindi di staccarmi per
farmi mettere giù!
Non
le sopporto queste cose, dannazione!
Se
ci vedessero, poi!
Ride,
la sua risata è rumorosa e viene dallo stomaco e scuote ogni
parte di sé. È davvero imbarazzante.
Smettila
di essere così felice, cretino!
Ma
lentamente mi accorgo di smettere di respingerlo ed anzi mi sorprendo a
circondare il suo collo con le mie braccia e a sprofondare imbarazzato
ma contento il viso sereno nell’incavo.
È
bello.
È
una bella sensazione.
Lui
che mi stringe così la vita sollevandomi, essere
completamente fra le mani di un altro e fidarsi ciecamente, sentirsi
apprezzati, voluti, desiderati per quello che si è e non
perché si è i migliori o lo ho battuto in
qualcosa.
Qua
non ci sono vincitori o perdenti ed è bellissimo
così, mi sembra strano, fuori da ogni logica ma è
bello.
Non
pensavo che innamorarsi fosse così.
Magari
non lo sono ancora, magari sono solo sulla strada buona, ma per prima
cosa voglio provare a fare una cosa.
L’idea
mi riempie ancora di rosso le guance, le orecchie, la fronte, il mento
ed ogni parte di me, ma lo faccio.
Con
timidezza alzo il viso e lui si ferma, non ride e mi guarda senza
spegnersi, quindi capendo cosa voglio provare a fare mi lascia. Sta
immobile, non si perde un centimetro di me, come se io fossi la cosa
migliore che gli potesse capitare.
Questo
mi dà una buona spinta. Non penso di esserlo davvero, vista
la mia inesperienza e il fatto che più belli di me ce ne
sono, ma lui mi vede così e non mi mentirebbe mai, nemmeno
quando doveva farlo non ne è stato capace.
Con
la fiducia piena annullo i miei pensieri e anche se mi vergogno molto,
lo faccio.
Appoggio
le labbra sulle sue così come ha fatto lui con me quella
volta ed imitandolo in tutto, aspetto che le dischiuda insieme alle
mie, le combaciamo ulteriormente girando i volti e quando abbiamo un
miglior accesso, titubante infilo la lingua e in breve trovo la sua ad
accogliermi a metà strada, con dolcezza mi accarezza e mi
insegna a muovermi dentro le nostre bocche.
Ho
chiuso gli occhi e sono completamente concentrato sul bacio, non
considero più nulla dell’esterno, non so nemmeno
in che stato sono, cos’altro sto facendo, dove sono le mie
mani. Oh, non so davvero nulla, solo che le nostre lingue si stanno
muovendo insieme, lentamente, senza fretta, con dolcezza e calma.
Siamo
diversi dal solito, è nuovo, strano ma terribilmente bello.
Penso
che se fosse qualcun altro mi farebbe schifo ma l’idea di
farlo con lui, lui che mi stringe ancora e non mi lascia andare, mi da
pace e non mi agita, anzi.
Devo
dire che mi scalda.
È
un calore che parte del basso ventre e si espande in ogni angolo di me
stesso.
È
solo un bacio, ma le forze mi abbandonano peggio di una partita intera.
Il
sudore si era asciugato ma mi sembra di essere accaldato più
di prima e l’affanno non mi fa respirare regolarmente.
Ecco
di nuovo quello che diceva il senpai Fuji.
Come
se avessi fatto una partita stancante e massacrante.
Lo
stato in cui sono e mi sento è quello.
Sfinito
ma appagato.
Sudato,
senza forze, agitato, col batticuore, tremante e assetato, ma felice.
Completamente felice e soddisfatto.
Caldo,
un caldo mi avvolge dentro e fuori, sto bene, non vorrei altro, non
vorrei che finisse.
Sarà
un cammino fatto di passi, ma quando giungerò in cima sono
sicuro che nulla sarà meglio di quello che
proverò là.
Nulla.
Sono
contento.
Mi
sono svegliato, finalmente.
Grazie
Momo, proviamoci insieme. “
“Ma
che vincessi io non c’erano mica dubbi!
Chi
ne aveva? Io no!
Mi
dico tante cretinate mentre con gioia e desiderio finalmente lo bacio e
l’abbraccio, ne avevo una voglia matta e non ne capisco il
motivo, tutti perdono la testa per il capitano Tezuka o per Fuji, io
invece per uno più piccolo di me, non sono affatto normale
ma mi piace anche così.
Quando
questo bocciolo fiorirà me lo invidieranno tutti, ma
sarà solo mio poiché l’avrò
‘accudito’ io facendolo sbocciare meravigliosamente!
Non
so come sia possibile, cosa mi abbia attirato di lui, perché
e come. Semplicemente è successo e quando pensavo non
sarebbe mai accaduto nulla fra noi, che avrei dovuto aspettare un
eternità il suo risveglio, lui ha aperto gli occhi.
Finalmente.
Ed
ora non posso far altro che gioirne ed essere profondamente felice,
come non mi ci sono ancora sentito.
Strano,
è davvero strano.
Spero
solo che duri a lungo, ancora.
Mi
è piaciuto un sacco che avesse voluto baciarmi lui,
provarci, io l’ho lasciato fare e poi l’ho condotto.
Sarà
sempre così, il nostro rapporto, fino a che non gli
avrò insegnato tutto e lui potrà applicare da
solo. Allora io me la godrò ancora di più e
sarà fantastico!
Con
un sorriso interiore poiché non voglio interrompere il
bacio, mi muovo andando verso il muro accanto alla recinzione di rete,
quindi ci appoggiamo e scivolo seduto a terra, me lo sistemo fra le
gambe che si chiudono intorno a lui, quindi più comodi e in
disparte, continuo a baciarlo senza interromperci.
È
l’inizio e non vedo l’ora che prosegua, onestamente!
Finalmente
il cucciolo addormentato si è svegliato!”
FINE