CAPITOLO
13:
UN
POSTO PER LA MIA TESTA
/Guardo
come la
luna
è seduta nel cielo nella notte scura
splendendo
con la luce del sole
il
sole non dà vita alla luna sperando
che
la luna gliela dia indietro/
-
Linkin Park -
Il
silenzio regnava sovrano ormai in quel posto rumoroso e popolato fino
a poche ore fa.
Non
c’era quasi nessuno a parte i tecnici che sistemavano tutto.
“Tanto
so dov’è… stavolta non mi frega come le
altre, ora lo
conosco e so dove andrebbe ad aspettarmi!”
Alexander
stanchissimo dopo una settimana di notti insonne, stress, lavoro e un
concerto simile, si aggirava ancora come un fantasma per i corridoi
semi bui della costruzione ampia, però andò a
colpo
sicuro.
Conoscendo
Alex non si sarebbe mai messo a girovagare a vuoto per un luogo
sconosciuto e solitario, si sarebbe certamente seduto fuori una delle
uscite a fumacchiare aspettandolo impaziente.
Così
infatti era.
Lo
trovò subito dove lo aveva immaginato, seduto a terra, gambe
piegate e larghe, testa all’indietro a guardare il cielo con
qualche nuvola, a prendersi aria fresca.
Alexis
se lo vide arrivare incontro in quello stato e per un momento si
trovò a trattenere il fiato.
Sudato
e arrossato per la stanchezza, viso chiaramente provato coi lividi
che si intravedevano ancora e spiccavano su quei lineamenti felini e
selvatici, occhi lunari ma da gatto stanco, decisamente poco
presenti, capelli neri scomposti, gocciolanti e appiccicati al capo e
alla fronte, camicia nera slacciata che lasciava scoperto il suo
torace, pantaloni a vita e cavallo ultra basso che rivelavano i boxer
stretti e scuri, scalzo. In una mano teneva la sigaretta mezza
consumata, nell’altra c’era la bottiglia marrone
scuro della
birra anch’essa quasi del tutto finita.
Si
scosse a forza tirando una boccata profonda dal suo mozzicone e
cercando di essere indifferente disse:
-
Hai finito? -
Lui
appoggiò le spalle all’uscio del portone ed
incrociò
i piedi. Si, definirlo affascinante era nulla!
-
Direi di si… -
Era
stanco e si vedeva in ogni cellula, ogni cosa di quel che era
accaduto in quei giorni l’aveva distrutto, specie il finale,
un
concerto così potente ma bello allo stesso tempo.
Da
non rifare nella stessa settimana.
-
Sai… non ti sei mai scoperto tanto come in questa notte! -
Le
sfuggì questa esclamazione che gli fece inarcare un
sopracciglio, così a voce ormai roca ma sensuale ugualmente
disse:
-
Tutto qua quello che ti ha colpito stasera? -
Lasciò
andare un mezzo sorrisino e si preparò a dire la sua sul
concerto:
-
Vuoi sapere che ne penso? - Un silenzio eloquente la incitò
a
proseguire: - Beh… è stato… come dire?
Orgasmico, no? Si
dice così. Ora so cosa si prova quando si
‘viene’! -
Chiara
e schietta. A modo suo era un gran bel complimento. Aveva detto che
era stato come fare l’amore con la musica, la folla, il
cantante ed
ogni cosa che componeva quel concerto. Aveva voleva dire questo, con
quell’affermazione particolare e poco fine che con poche
parole
aveva reso perfettamente l’idea di un concerto intero.
-
Dillo, dai… voglio sentirtelo dire! -
Provocante
Alexander con sguardo strafottente le si avvicinò chinandosi
su di lei ancora seduta a terra.
-
E va bene, sei stato bravo, mi sei piaciuto, tu e il tuo cavolo di
concerto! -
Un
sorriso sornione accolse questa ammissione, un sorriso che somigliava
molto anche ad un ghigno, a dire il vero.
-
E come premio? -
Spalancò
gli occhi azzurri vedendolo così vicino. In un nano secondo
si
rese conto:
A-
di quello che aveva detto lei stessa (che le era piaciuto).
B-
quello che aveva detto lui (il premio).
C-
che se fosse stato un rapporto normale di uomo-donna avrebbe potuto
semplicemente baciarlo scherzando.
D-
che il loro rapporto era uomo-ragazzino e che non avrebbe mai potuto
fare quello che avrebbe voluto.
Ed
infine: E- che si era scoperta troppo e che quei pensieri erano
comunque pericolosi!
Prima
di arrossire violentemente si calò il cappellino sulla
faccia
per nascondersela il più possibile, finì poi con
un
pugno amichevole sul petto per allontanarlo e un pestone sul piede
nudo.
Quest’ultimo,
ovviamente, fu causa di dolore per il moro.
-
Cazzo, e questo è il premio? -
-
Certo idiota, che ti credevi? -
-
Ma non so, una coccola di riconoscenza, dopotutto ti ho fatto
assistere gratis al concerto dalla prima fila! -
-
Ma quale coccola, pervertito! Appena lavoro ti ripagherò
anche
per questo, allora! Non voglio avere debiti con te! -
Quando
lui si fu ripreso dal dolore, si fermò osservandolo
indecifrabile, poi disse:
-
Tranquillo, questo te l’abbono! - Poi serio aggiunse: -
Così
ti è piaciuto! -
Alexis
sospirò, questi suoi repentini cambiamenti la spiazzavano
sempre. Ricomponendosi cercò di stargli dietro altrettanto
sincera:
-
Si, è stato il mio primo concerto e devo dire che
è
stata anche la prima volta che ascoltavo veramente e seriamente della
musica. La tua ammetto mi ha conquistato. Si è vista la tua
anima; sai, io non me ne intendo molto, ma si capiscono due cose! -
Incuriosito
dal discorso riflessivo lui chiese cosa fossero:
-
Che sei nato per questo e farai moltissima strada! -
Terminato
ciò Alexis si stupì notando la sua espressione:
lui
sorrideva sinceramente, senza malizia, ironia o strafottenza,
sembrava non esserci nulla dietro, non l’ombra di cattiveria
o di
ironia. Era la prima volta che lo vedeva così e rimase
stupita
una volta di più.
Lui…
aveva un sorriso bellissimo ma al contempo triste. Molto triste.
Sentì
una forte malinconia dentro sé stessa quando se ne rese
conto.
Alexander
non sorrideva mai con gli occhi, non lo faceva mai. Quella volta
sembrava sul punto di riuscirci ma i suoi occhi argentati rimasero
come sempre, con quella luce malinconica perenne, freddi e metallici
quasi… inarrivabili.
Quindi
l’insieme delle due cose, di un sorriso, qualunque esso
fosse, e di
quello sguardo, era veramente impressionante eppure intrigante.
Cosa
avrebbe dato per vedere quegli occhi mutare e diventare espressivi
oltre che meravigliosi?
Si
sorprese nuovamente quando vide che tendeva la mano per aiutarla ad
alzarsi.
-
Andiamo in albergo, sono stanchissimo… -
-
Non devi festeggiare ed ubriacarti? -
-
Oh, questa volta cedo il passo… sono umano! Sta settimana
non ho
dormito, letteralmente. Sono stato superstressato per un sacco di
motivi e questo concerto mi ha distrutto! -
La
ragazza, a questo punto, si trovò inconsciamente a
dispiacersi
perché fra le cause di ciò, in buona parte,
c’era
lei. Tuttavia l’importante era che fra i due tutto si fosse
sistemato.
Ora
erano addirittura più vicini di prima, in fondo, e di
parecchio.
Aveva
certamente fatto bene ad entrambi ammettere di essere innamorati
l’uno dell’altro, anche considerando il fatto che
nessuno dei
due, teoricamente, era stupido. Sarebbe stato inutile ignorare la
realtà.
Così
ora andavano molto più d’accordo e il loro
rapporto era
cresciuto ulteriormente. Lento, silenzioso ed inesorabile.
Lei
infine prese la mano tesa e si alzò.
-
Vieni, devo prendere le mie cose poi andiamo. -
Il
contatto delle loro mani fredde e sudate lo notarono entrambi, fu una
piccola scarica elettrica. Stavano sempre attenti a non toccarsi o
sfiorarsi, ora con leggerezza l’avevano fatto e si erano
sentiti
strani ma bene. Indubbiamente. Però per lo scambio di
sguardi
in contemporanea al contatto, non erano ancora pronti infatti fecero
attenzione ad evitare gli occhi dell’altro. Anche
così,
comunque, risultò intenso. Staccarsi fu penoso ma
atteggiandosi a uomini duri si separarono come niente fosse ignorando
i battiti di quel muscolo involontario che stava nel petto a pompare
sangue a tutto andare!
Appena
arrivarono lui fece subito una doccia, lei ebbe così tempo
di
prepararsi per la dormita. Ormai era praticamente l'alba e avrebbero
riposato per tutto il giorno... per lo meno lui!
Quando
uscì dal bagno era ancora un po' bagnato coi capelli
gocciolanti sugli occhi. Si buttò subito sul letto
così
com'era.
In
quel momento vedendolo così abbandonato in quelle
condizioni,
non ci volle molto ad Alexis per sentire una forte attrazione
completamente fisica; tuttavia si impose di controllarsi
così
spostò la sua attenzione su possibili cose da dire... serie
possibilmente, ma fu lui a parlare per primo:
-
Che bella sensazione! - Era la notte delle scoperte, Alexander la
stupiva sempre più. - Si, è bello, ci sono poche
cose
che amo ma la musica è fra queste. E questa sensazione. -
Stette in silenzio a guardare il soffitto, il petto si alzava e
abbassava regolare, nonostante il sonno e la stanchezza aveva ancora
cose da dire. - Dopo un concerto che ti prende ogni energia, dopo
aver cantato tutta la notte e aver perso l'anima, dopo aver sentito
negli orecchi musica e urla fortissime... dopo tutto l'immaginabile
e oltre che si passa in un concerto... essere così, stanco
ma
realizzato, nel silenzio assoluto che ti perfora i timpani, ti sembra
ancora di sentire applausi e incitamenti. A questo punto hai la
sensazione del secolo. È come essere l'ultimo sopravvissuto
alla fine del mondo. È così che mi sento. -
Semplicemente
aveva troppo dentro di sé per tenerselo senza esprimerlo.
Aveva solo bisogno di parlare. Fu colpita dalla loquacità
del
ragazzo che finalmente pareva lasciarsi andare, ma per prima cosa fu
colpita da quella malinconia di fondo che persisteva.
-
Allora perché mentre dici cose così belle i tuoi
occhi
sono sempre uguali? Distinti e freddi, come quelli di un robot.
Perché non dimostri coi tuoi occhi quanto dici? È
tutto
così stonato... -
Calò
un lungo silenzio in cui nessuno guardò nessuno, poi lei si
alzò sedendosi al bordo del letto dove era coricato lui, poi
in tono basso e confidenziale disse:
-
L'ho notato anche prima, sai? Tu non sorridi mai con gli occhi. Hai
un bel sorriso quando vuoi, ma i tuoi occhi sono sempre
così.
Tu fai tutto mantenendo quello sguardo. Provochi, odi, ami, affronti,
stuzzichi… tutto con quegli occhi. È triste da
vedere, sai?
-
Ancora
silenzio. Alexis si era tolta il cappellino senza paura di mostrarsi
un po' di più del solito. Quando gli stava così
vicino
cercava di nascondersi il più possibile, ora non le
importava.
Lui
spostò le iridi argentate con la medesima espressione di
sempre, in quelli acquatici di lei.
-
Lo so che sono così, ma non so che farci. Sto aspettando. La
mia cosa speciale, un posto a cui appartenere, un luogo dove ficcare
la mia testa strana… Prima di trovare 'quello'
sarò sempre
così. Spero di non essere troppo brutto, ma non dipende da
me!
-
In
poche parole lui cercava amore. Amore da dare e da ricevere.
Incondizionato.
Non
era seccato o arrabbiato per l'intrusione nella sua
intimità,
non si capiva come si sentisse ma certamente non sembrava seccato.
La
ragazza sospirò dandogli un buffetto sulla fronte, lieve
senza
mostrare la timidezza improvvisa che l'aveva pervasa. Odiava quel
sentimento... la incatenava, non era libera come voleva quando si
intimidiva. In quei momenti si sentiva così
donna… era
insopportabile!
-
Sai che sei bello, non dire stupidate! E poi da chi vuoi che dipenda
se non da te, idiota? Credi che io invece sia in pace con me e col
mondo? -
-
No, infatti non ti ho mai visto ridere o sorridere... -
-
Infatti... io sono sincero e coerente! -
-
Ognuno ha il suo modo di essere sincero e coerente! -
-
Massì, non me ne importa molto... non sono la persona
più
indicata per dare consigli. Il fatto è che ognuno ha il
proprio modo per vivere. Tanto almeno fra noi due non ci
giudichiamo... -
Lasciò
in sospeso la frase poi si stese accanto a lui con noncuranza
apparente dopo che Alexander le aveva fatto posto e indicato di
mettersi lì.
Forse
era troppo stanco per rendersi conto di quel che faceva.
-
Ma fattelo dire, sono sincero... mi lasci malinconia. Solo questo.
Non è un giudizio o un accusa, solo una sensazione! -
-
E tu mi lasci rabbia, voglia di riscatto... di vivere... e
qualcos'altro che non riesco a decifrare. -
L'ultima
cosa la disse abbassando stancamente le palpebre mentre la sua bella
voce si impastava sempre più scemando in qualcosa di
incomprensibile. Lento le braccia di Orfeo se lo presero.
Erano
più uguali di quanto pensassero. Due anime sole scontente di
loro stessi e del mondo marcio che li circondava, lo stesso mondo in
cui cercavano il loro posto.
Che
succedeva se due così si incontravano e finivano per vivere
insieme per sbaglio?
Fu
con lui addormentato che lei si azzardò ad accarezzarlo non
più intimidita sicura del suo sonno profondo. Toccandolo si
sentì libera di essere quello che era nel profondo. Una
ragazza innamorata.
"Ma
come cazzo non ti accorgi che sono una femmina? Sei un alieno? Va
bene che sono piatta e a femminilità sto a zero... e che il
mio viso non ha proprio nulla di bello dal punto di vista di un uomo
che cerca una donna... però, insomma... bene o male donna ci
sono e tu non te ne sei ancora accorto, dopo tutto quello che ci
è
capitato. Non so proprio che fare con te!"
Una
riflessione veloce fatta a cuor leggero senza l'intenzione di vedere
le colpe di entrambi. Lei non aveva mai fatto nulla per mostrarsi per
quel che era, anzi... era bravissima come ragazzo.
Alexis,
tuttavia, avrebbe passato tutto il resto della notte e della mattina
a guardare Alexander dormirgli vicino. Persa in quei lineamenti
dannatamente belli, provò ancora qualcosa che non seppe
decifrare fino in fondo. La verità era che si detestava, era
solamente una stupida che aspettava che le cose le cadessero dal
cielo. In fondo era una donna, no?
Sarebbe
mai riuscita a cambiarsi come voleva?
Già,
il punto era riuscire a capire almeno quello che voleva!