CAPITOLO
15:
NIENTE
ALTRO IMPORTA
/Così
vicini non importa quanto lontani
Non
poteva essere molto di più dal cuore
Abbiamo
per sempre fiducia in chi siamo
E
niente altro importa
Non
mi sono mai aperto così
La
vita è nostra, la viviamo a modo nostro
Non
dico solo tutte queste parole
E
niente altro importa
Cerco
la fiducia e la trovo in te
Ogni
giorno qualcosa di nuovo per noi
Mente
aperta per un opinione diversa
E
niente altro importa
Non
mi è mai importato quello che fanno
Non
mi è mai importato quello che sanno
Ma
so
Così
vicini non importa quanto lontani
Non
poteva essere molto di più dal cuore
Abbiamo
per sempre fiducia in chi siamo
E
niente altro importa
Non
mi è mai importato quello che fanno
Non
mi e' mai importato quello che sanno
Ma
so
Non
mi sono mai aperto così
La
vita è nostra, la viviamo a modo nostro
Non
dico solo tutte queste parole
E
niente altro importa
Cerco
la fiducia e la trovo in te
Ogni
giorno qualcosa di nuovo per noi
Mente
aperta per un opinione diversa
E
niente altro importa
Non
mi è mai importato quello che dicono
Non
mi sono mai importati i giochi che fanno
Non
mi è mai importato quello che fanno
Non
mi è mai importato quello che sanno
Ma
so
Così
vicini non importa quanto lontani
Non
poteva essere molto di più dal cuore
Abbiamo
per sempre fiducia in chi siamo
No,
niente altro importa /
-
Metallica -
Come
se fosse tutto ovattato. Si sentiva ogni suono lontanissimo.
Sembrava
di essere in una stanza enorme dove c'è una pessima acustica
che fa rimbombare tutto. La sua voce le arrivava con mille echi
distanti.
Era
una cosa così strana.
Quel
senso di nausea che le attanagliava la bocca dello stomaco era sempre
più forte.
Il
corpo indolenzito, informicato. I capelli che lasciavano gocce a
terra creando prima scie trasparenti sulla pelle bianca e bagnata. Le
pupille ristrette in un puntino nero in mezzo ad un azzurro
immacolato e spaventato.
Il
viso dai lineamenti, in quel momento, inconfondibilmente femminili
che solitamente assumevano espressioni dure e maschili, ora era di
pietra.
Fischi.
Fischi
negli orecchi che non le permettevano di sentire bene le urla furiose
di Alexander; al loro posto flash come lampi davanti agli occhi che
non le permettevano di vederlo chiaramente mentre sfasciava la
camera.
Invece
ricordi.
Ricordi
strani, non suoi. Di qualcun altro. Di un infanzia che non era
sicuramente la sua perché quelle immagini, quelle scene, non
potevano essere state vissute da lei.
Lei
non ricordava cosa aveva passato da piccola. Non sapeva... era
rimasta muta a lungo e poi aveva scordato. In quel periodo di mutismo
aveva fatto molte analisi, sedute con psicologi e quant'altro, ma
nulla. Quello fu come un periodo di black out totale dove la mente e
il corpo non rispondevano più, assenti in un altro mondo.
Cosa
le fosse successo in quel momento nessuno l'avrebbe mai saputo,
neppure lei. Difesa mentale, la chiamavano.
L'unica
cosa certa per Alexis era quel momento del passato di mutismo e nero.
Da lì le partivano i ricordi.
Però
succedeva che ogni volta che stava male fisicamente con febbre alta
tanto da avere allucinazioni e delirare, negli incubi tornavano
ricordi strani, sicuramente non suoi... e ogni volta che qualcuno le
urlava contro in modo rabbioso, le sembrava di tornare a fare quei
sogni deliranti che mai ricordava chiaramente. Era solo una vaga
sensazione. Vaga ma debilitante.
Strani
ricordi sconosciuti.
Non
poteva centrare nulla, lei, con quella bambina violentata... era
così
piccola... e a placare quei tuoni nella mente arrivò anche
quella volta un conato di vomito.
Accadeva
ogni volta che iniziava a rivedere quelle cose e dopo aver
rigurgitato tornava l'oblio ad accoglierla per difesa mentale.
Afferrò
il cestino della carta che era ribaltato ai suoi piedi e vi
buttò
dentro l'anima.
Sudata,
fredda, bagnata, nauseata, stanca, sfinita, terrorizzata. Tutto.
In
quelle condizioni sentì una chiara parola sopra tutto:
"BASTA!"
Come
una chiave nitida, a quel punto i pensieri le tornarono a fluire come
un tempo, le tornarono anche le idee, le reazioni, gli impulsi e le
riflessioni.
Forza
di lottare e contraddire ancora il suo destino sciocco.
Era
tornata in sé e non avrebbe mai lasciato che tutto crollasse
per uno stupido equivoco. Non più. Perché non
voleva.
Strinse
i pugni, le pupille tornarono dilatate e poi normali, il suo animo
incendiato come sempre.
Riprese
colore e piena volontà.
Che
casino era quello?
Ok,
aveva sbagliato ma aveva avuto i suoi motivi... ma al di là
di
ogni cosa nulla aveva più importanza in quel momento.
Voleva
solo che tutto tornasse come prima e che lui non la cacciasse
schifato.
Voleva
solo che lui non cambiasse mai nei suoi confronti, che non la
guardasse male, che tutto questo si fermasse... che... che...
Livida
di rabbia anche lei gli andò davanti artigliandolo per le
braccia nude e cominciò a gridare fuori di sé
contrastandolo.
-
COSA C'E’? LA VUOI FINIRE? COSA CREDI DI ME?! MI PRENDI PER
PUTTANA
SOLO PER UNA COSA SIMILE? -
Lui
ribatté accendendosi l'ennesima sigaretta in cerca di un
autocontrollo ancor lontano, tirò una lunghissima boccata:
-
TU CREDI DI SAPERE COSA PENSO IO? CON CHE DIRITTO, DOPO QUELLO CHE MI
HAI FATTO, MI URLI? -
-
DIRITTI? NESSUN UOMO HA DIRITTI AL MONDO... ALTRIMENTI MOLTE MERDATE
NON ACCADREBBERO! PENSI DI AVER VISSUTO SOLO TU UN VITA SCHIFOSA E DI
POTERTI INCAZZARE COSI’? -
Non
era questo quello che voleva fare per calmarlo, così
otteneva
solo l'effetto opposto.
-
TU VUOI SAPERE COSA PENSO IO? PENSO CHE MI HAI PRESO PER IL CULO
DALL'INIZIO E CHE E’ UNA COSA CHE DETESTO DA MORIRE, PENSO
CHE NON
SONO MAI CONTATO UN CAZZO PER TE, CHE AVEVI PIANIFICATO TUTTO, CHE IO
SONO UN COGLIONE AD AVER PENSATO, FATTO, CREDUTO TUTTE QUELLE COSE! -
Le
stava facendo malissimo, non poteva credere ai suoi orecchi.
Si
passò furente una mano fra i capelli bagnati che
buttò
all'indietro. Le stava sfuggendo tutto di mano ed invece era ora di
smetterla. Perché lui era andato oltre ogni limite e aveva
disinserito il cervello. Non pensò più nemmeno
lei.
Azioni,
non parole, l'avrebbero fermato.
In
fin dei conti era sempre la stessa persona con cui aveva litigato e
passato belli e brutti momenti.
"Cazzo,
maledette distinzioni, hanno così importanza?"
Senza
rendersene conto fino in fondo di quel che stava per fare, si
slacciò
la cintura dell'accappatoio aprendoselo del tutto, facendoselo
scivolare fino ai gomiti.
Il
silenzio calò improvviso davanti alla sua totale
nudità:
-
SI... SONO UNA STUPIDA DONNA! PORCA TROIA! E ALLORA? COSA CAMBIA?
SONO SEMPRE ALEX! IL CARATTERE E’ UGUALE, IL MIO ANIMO
ANCHE...
IO... SONO IO... QUELLO CON CUI HAI PASSATO UN SACCO DI TEMPO
DIVERTENDOTI.
COS'E’?
ORA CHE SONO UNA DONNA NON MI VUOI PiU’ CON TE? NON SONO ALLA
TUA
ALTEZZA? NON TI VADO PiU’ BENE COME AMICO?
MA
CAZZO! HA COSI’ IMPORTANZA AVERE UN BUCO IN MEZZO ALLE GAMBE
E DUE
TETTE?
COSA
IMPORTA VERAMENTE? EH, ALEX?
PERCHE’
NON MI CONSIDERI PERSONA INVECE CHE MASCHIO O FEMMINA? SONO SEMPRE
IO... E COSA ALTRO IMPORTA? -
Finalmente
si zittì respirando affannata. Il silenzio calò
mentre
la scena si cristallizzava davanti ai loro occhi.
Si
accorse del proprio corpo nudo solo per lo sguardo che aveva lui.
Occhi
sgranati in un espressione spiazzata, smarrita... come se si fosse
svegliato solo ora e non capisse che succedesse.
Con
la sigaretta fra le dita a mezz'aria, i capelli spettinati
schiacciati sulla fronte, il torso muscoloso e sudato per la furia
che aveva scatenato .
Impossibile
non fissare quel piccolo corpo minuto e femminile.
Magra,
sottopeso, pelle bianchissima solcata da cicatrici e brutti segni
vecchi di gomme e cinture, due piccoli seni e le cosce dai fianchi
pronunciati e morbidi, infine il fulcro della sua
femminilità.
Eppure
quello che l'aveva colpito di più erano i suoi occhi... non
piangeva, era solo come scandalizzata.
"Cambia
tutto... cambia che non sono gay, che non devo cambiare, mettermi in
discussione, ragionare, riflettere, pensare... e che se ti volessi
baciare non mi sentirei in colpa scontrandomi con dei fattori tipici
dell'omosessualità!
Ma
al di là di questo credo abbia ragione, eppure non doveva
tenermelo nascosto e prendermi in giro. Non ha avuto fiducia in me ma
ha preteso un sacco di cose. Mah, non so, sono confuso ora... non
capisco più come devo sentirmi, cosa devo fare... cosa devo
fare di lei!"
Ricominciando
a pensare connettendo normalmente, non gli ci volle molto per
riacquistare il sangue freddo. Si scosse sbattendo le palpebre
più
volte, facendo tornare come prima anche gli occhi, distanti con quel
solito fondo di malinconia inconsapevole e rabbia contro il mondo, il
destino, la gente.
-
Rivestiti, ne riparliamo di là. -
Senza
aggiungere altro uscì dalla stanza lasciandola sola.
Erano
fuori affacciati ad un terrazzo e la notte inoltrata cominciava a non
essere fredda. L'uno accanto all'altro senza guardarsi. In silenzio.
Gli occhi sul cielo nero e sulle stelle, la mente su un discorso
lasciato in sospeso. Parlò lei in risposta alla muta domanda.
-
Non è che volevo tenertelo nascosto. Semplicemente mi sono
successe delle cose che mi hanno portato a vestirmi da uomo, una
scelta di sopravvivenza, ma non contro di te, contro la gente in
generale. All'inizio ancora non ti conoscevo e poi... è
tutto
andato avanti veloce, da solo... - Sospirò. Sapeva che non
gliel'avrebbe chiesto ma glielo doveva. - ... così non ci ho
mai pensato, in seguito. Mi è venuto naturale presentarmi
come
ragazzo a te ancora sconosciuto. È stato solo un grosso
equivoco involontario. -
Silenzio,
doveva finire il discorso. Sentiva Alexander accanto a sé
assorbire ogni parola. Era sfinito dopo la sfuriata inaudita di poco
prima ma aveva bisogno di sapere.
-
Come avrai capito dal mio corpo, mio padre adottivo, l'ultimo che ho
avuto, mi picchiava, così arrivata al limite ho maledetto il
mio essere donna. Se fossi stata uomo non mi sarebbero successe molte
cose. Odio le donne. Sono deboli, fragili, inutili... vengono
chiamate puttane e sanno solo pavoneggiarsi... e soffrire. Sono
impotenti ed io sono così stupida... odio essere donna, ma
odio anche gli uomini con la sola differenza che loro sanno
difendersi e difficilmente subiscono soprusi. Anzi, sono loro a farli
agli altri! -
Il
respiro le tremò come anche le sue mani. Chiuse gli occhi al
ricordo del suo precedente inferno. Poi riuscì ad aggiungere.
-
Ma sai una cosa? Credo che non importa se siamo maschi o femmine. Non
importa quante stronzate e litigi facciamo. Dobbiamo avere fiducia in
chi siamo. Ci sono anche momenti belli e sono stati quelli passati
con te, gli unici della mia vita. Quindi per questi nuovi momenti che
arriveranno e che spero saranno ancora più belli, devo saper
mettere da parte le cose brutte. Mi hai dato tanto e quindi poi che
altro importa? A me basta vivere qua con te ancora un po', ci sto
bene ed è la prima volta. Perdona il mio egoismo ma non
cacciarmi... n ancora. -
Non
avrebbe detto altro e finito il coraggio abbassò lo sguardo
sulla città e pregò perché il vento
portasse via
i tristi pensieri. Poi senti Alexander scuotere la testa e dire:
-
Stupida, non mi è mai venuto in mente di mandarti via,
nemmeno
quando stavo per ucciderti! -
Posò
la mano sulla nuca di lei spettinandole un po' i capelli scuri ancor
bagnati e pettinati, ora sciolti. Finalmente sciolti. Liberi.
Rilassati.
Era
tutto a posto. Ora si. Poteva tornare a respirare.
-
Già... che altro importa? Maschio o femmina? In fondo sei tu
che ti ci devi sentire, a me non cambia nulla, non più...
anche se prima mi cambiava eccome! Non mi è mai importato
nulla di quello che la gente sa, dice e fa... la vita è
nostra, la viviamo a modo nostro. Tutto qua. Basta. Nient'altro
importa. -
Con
un pugno amichevole al fianco di lui, lei rispose scherzosamente
calma:
-
Cretino, potevi rendertene conto prima... guarda la mia camera che
casino! Ho visto la mia schifosa vita passarmi davanti, è
stato vomitevole! Razza di deficiente! -
Sghignazzarono
in segno che tutto era tornato come prima, di nuovo.
La
scena terminò con la stretta di Alexander intorno alle sue
spalle e in questo semi abbraccio la voce roca e sensuale di lui
chiuse il discorso:
-
La prossima volta dì subito questi piccoli dettagli o taci
per
sempre... preparandoti alla morte se ti scopro in quel caso. Niente
più segreti fra noi! -
-
Che palle, mi sa che faccio prima ad andarmene! -