CAPITOLO
18:
MI
FAI SENTIRE
/Prima
del giorno in cui ti ho incontrato
la
vita era crudele
ma
il tuo amore é la chiave della mia mente
perché
tu mi fai sentire
mi
fai sentire
mi
fai sentire
come
una donna naturale (donna)/
-
Aretha Franklin -
Arrivò
così per lei il momento di andare a trovare la sorella di
Steven, la prima amicizia di Alexis dopo Alexander.
La
casa era un piccolo appartamento al quinto piano, arredato con gusto
in legno color mogano e quadri suggestivi molto belli. Normale di per
sé ma ordinata, accogliente e calda. Ad Alexis non
dispiacque
affatto. Umile rispetto l'abitazione di Alexander, ci si sentiva
molto più a suo agio.
Steven
gli aveva spiegato che la sorella maggiore era stata cacciata di casa
da molto tempo e si era fatta una propria vita lontano dalla
famiglia, mentre quella minore era come una vagabonda che andava e
veniva come le pareva. Oltretutto stavano entrambi per la maggior
parte da Cherikal, la sorella (fratello) maggiore.
Aprì
loro una ragazza giovane sui quattordici anni, la minore che faceva
cintura nera di karate.
Era
di media statura e magra, sottopeso e piatta, un taglio di capelli
sbarazzino, corti sopra con un lunghissimo codino sotto, tinti di un
lilla azzurrino chiaro, grandi occhi azzurri dalle pagliuzze
violacee, abbronzata, inconfondibile stile da metallara, piena di
borchie e catene addosso. Pantaloni neri in pelle, anfibi dalla punta
in ferro, maglia senza maniche con dei lacci sulla schiena.
Aveva
uno sguardo truce che non ispirava la socializzazione, per il resto
non avrebbe fatto molta paura.
Le
tese la mano e senza sorridere disse brusca:
-
Ciao, sono Cry. -
-
Ciao, io Alexis. -
Steven
si sorprese all'udire la presentazione di Alex fatta col proprio vero
nome, era la prima volta che lo sentiva perfino lui.
-
Mangi anche tu qua, oggi? -
Chiese
alla sorella il biondo come al solito ben vestito ed ordinato a
puntino secondo la moda dei giovani.
-
Si, non ho beccato nessuno che mi offrisse il pranzo! -
Disse
lapidaria. Cry non mangiava mai a casa poiché preferiva
starne
fuori quanto poteva, tanto più che i genitori erano sempre
via.
-
Siete arrivati? -
Dalla
stanza accanto arrivò una voce un po' più corposa
ma
dal tono maturo, dolce e gentile.
Subito
dopo si fece avanti una donna adulta alta e bionda, i capelli lunghi
fino a metà schiena erano mossi, la pelle era piuttosto
pallida ed i lineamenti appena più decisi ma comunque
femminili, l’espressione dolce ingannava facilmente e gli
occhi
dall’incredibile ed insolito color viola erano anche
leggermente
truccati con un filo di matita e del mascara. Nulla di volgare o
pesante. La costituzione fisica era piuttosto normale, curve
accentuate ai fianchi, spalle larghe per essere di una donna e seno
non esagerato. Indossava una gonna lunga fino ai piedi e una semplice
maglia lavorata a mano con degli intrecci incantevoli dal collo alto.
Il tutto sui temi del viola e del lilla.
Alexis
rimase sbalordita. Ma era uno scherzo?
Anche
a scrutarla attentamente sembrava solo una bella donna.
Certo,
forse guardandola a lungo per bene… ma il primo pensiero
istintivo
fu se Steven l'avesse presa in giro. Aveva detto di avere un fratello
travestito, ma quella non sembrava affatto un uomo.
-
Ciao, sono Cherikal, tu devi essere Alex... -
Si
trovò a sorridere debolmente, poco convinta.
-
Si, sono Alex, ciao... piacere... -
Non
conosceva molto le buone maniere e si impacciò volendo
essere
educata ma non avendo idea di come fare. Sembrava un aristocratica la
sorella maggiore di Steven.
Ricevette
in risposta un sorriso addirittura più radioso.
I
due avrebbero avuto molto da parlare, specie sentito il chiaro
istinti di invidia di Alexis nei confronti di Cherikal. Lei aveva
trovato la sua identità... ed era più femminile
di lei!
Il
pranzo era passato da un pezzo ed avevano tutti e quattro finito di
mangiare a sazietà. Cherikal era anche un’ottima
cuoca,
anch’esso motivo di profondo stupore da parte di Alexis che
sembrava ormai completamente disorientata.
Erano
ancora seduti al tavolo a parlare del più e del meno quando
Cherikal introdusse il discorso con naturalezza.
-
Allora, Alex... Steven mi ha parlato molto di te, sai? -
La
ragazza inizialmente spiazzata rispose:
-
Ah si? -
-
Si... mi ha detto che all'inizio non andavate affatto d'accordo, ma
poi è successa una cosa inaspettata e ha scoperto il tuo
piccolo segreto. -
Sembrava
disinvolta, Cher, mentre parlava come una madre alla fidanzata del
figlio.
-
Si beh... è successo così... mi ha trovato
impreparato,
ma mi ha stupito anche lui, non pensavo reagisse così. -
Alexis
si sforzava di parlare più apertamente ma non le riusciva
facile e si vedeva, inoltre l’imbarazzo cresceva prepotente.
Non
aveva proprio idea di cosa fare.
-
Sembra un ragazzino insensibile e spaccone, in realtà ha
anche
lui un cuore dovuto ai suoi problemi. Ne ha avuti anche lui... -
-
Si ma non siamo qui per parlare di me! -
Intervenne
Steven evitando il suo di imbarazzo: odiava parlare di sé e
scoprire parti simili di sé. In fondo l’apparenza
che aveva
scelto di dare a tutti aveva un motivo.
Un
sorriso fraterno l'accarezzò gentile, poi riprese:
-
Dice che sei un tipo interessante e rispettabile, mi sono stupita
perché lui non l'ha mai detto di nessuno, fin'ora. -
Alex
interruppe sdrammatizzando, cominciava a non saper più
nemmeno
chi guardare, altro che fare e dire!
-
L'ha detto di voi, però... -
Steven
le tirò un pizzicotto al braccio fine scoperto in parte che
presentava qualche cicatrice vecchia.
-
So com'è fatto, lui lo nasconde ma il cuore ce l'ha! - Poi
ripartì col discorso di prima: - Ho voluto conoscerti. Sei
un
tipo che incuriosisce. Indubbiamente una bella ragazza... con tutto
il rispetto per la tua scelta... -
Lei
rimase un attimo in silenzio. Era la prima che le parlava
così.
In assoluto la prima. Era come se l'avesse vista veramente per come
era ancora prima che lo facesse lei stessa, come se... snudasse gli
altri. Ora non si stupiva del fatto che Steven fosse omosessuale.
“Tutti
possono esserlo, chi lo ammette facilmente è più
ammirabile. Questo discorso vale se ci si innamora della persona e
non del maschio o della femmina, come dovrebbe essere sempre.”
-
Come... -
-
Come faccio a dire queste cose? Non so, a me sembri proprio una
bellissima donna. Sarà che io arrivo a vedere
l'intimità
delle persone al primo sguardo. -
Lei
si grattò nervosa il capo dai capelli neri legati. Essere
vista nell'intimo, all'interno, era snervante, non proprio un bel
pensiero, ma del resto persone che vedevano l'anima degli altri
esistevano.
-
Scusami, so che è imbarazzante... -
-
No, non è proprio così, è che non sono
abituato
a parlarne... cioè, sento che potrei essere capito ma non
è
facile per me aprirmi. -
Vide
Cher sorridere ancora e così Alexis capì che
c'era una
differenza sostanziale fra loro due. Non solo la maturità,
ma
la serenità interiore. La invidiò per questo,
perché
lei aveva ormai il suo equilibrio e riusciva a vivere accettandosi,
aveva capito chi voleva essere.
-
Non riuscirai a capire tutto subito, ma ascoltami. Il tuo corpo non
è
solo un mezzo con cui vai avanti, è vivo e dà i
suoi
segnali per comunicare con te. Devi aver cura di lui e imparare a
sentirlo, solo così imparerai a capire chi vuoi essere, di
cosa tu hai bisogno. -
Si
alzò andando dietro di lei e con delicatezza le sciolse i
capelli facendo attenzione alla sua reazione. La cascata nera
andò
a ricoprirle la schiena, glieli sistemò anche intorno al
viso,
poi la prese per mano e la condusse nella stanza accanto separati
dagli altri due che non li seguirono sapendo che avevano certamente
bisogno di privacy a quel punto.
-
Tu venendo qua volevi sapere e comprendere chi sei veramente e cosa
devi fare. La risposta non ce l'ho io, in fondo non ti conosco, posso
solo dirti che devi avere rispetto per te e per il tuo corpo, sai
già
cosa vuoi; ascoltati, ogni tua parte ti parla. -
Parole
semplici e banali di primo acchito ma che nessuno aveva mai avuto il
buon senso o il coraggio di dirgliele... parole che Alexis aveva
bisogno di sentirsi dire.
La
voce era calda e bassa, la penetrava ammaliandola, sentiva una cosa
singolare e nuova, mai provata per nessuno: poteva fidarsi.
Cherikal,
allora, ancora dietro di lei con le labbra accostate al suo orecchio,
accompagnò quelle parole a gesti inaspettati, lievi carezze
sulle spalle, fra i capelli, lungo le braccia...
-
Senti? Il tuo corpo ti parla... -
Si,
era vero. Trattenne il respiro mentre brividi di piacere la
scuotevano. Non era perché era quella donna a toccarla, ma
per
il gesto in sé. Non aveva mai sentito così tanto
il suo
corpo come in quel momento e gli trasmetteva sensazioni piacevoli.
Trovò il tutto incredibile ma capì anche che non
erano
emozioni destinate ad un uomo. Abbandonandosi ad esse capì
subito che erano per una donna e che lei desiderava solo riceverle da
una persona specifica. Eppure se lei per prima non si vedeva donna
come poteva pretendere che LUI la trattasse come tale? Erano stati
chiari nel patto. Il rispetto reciproco consisteva nel non violare
l'intimità dell'altro e nel trattarsi come il compagno
desiderava essere trattato.
Si
chiese come Alexander accarezzasse ed abbracciasse una donna, come
l'avrebbe fatto con lei.
Cominciò
a pensare a lui, era un uomo bellissimo, selvatico e sensuale.
Sicuramente
sapeva eccitare le ragazze.
Visualizzandoselo
in quel modo nitido, il suo viso in quel momento femminile e delicato
arrossì nettamente. Non voleva più essere un
ragazzo,
aveva bisogno di sentire certe sensazioni sulla pelle che non aveva
mai ricevuto. Non di affidarsi a qualcuno, semplicemente di ricevere
quel tipo di attenzioni.
Eppure
Cheriael non aveva fatto molto.
Girò
la testa di lato e la guardò come se la vedesse davvero per
la
prima volta, come fosse tornata da un viaggio mentale in un altro
posto, con un altro uomo. Allora fece un passo avanti per ricomporsi
e tornare in sé.
-
Io... non so che dire... - Si sentiva spossata e agitata per quanto
accaduto. Era stata bene desiderando di essere una donna. - Ti
ringrazio, sei riuscita dove tutti dalla nascita hanno fallito, me
compresa. Mi hai dato un identità con semplici parole e
pochi
gesti. -
Si
sentiva unicamente diversa dal solito, non capiva esattamente ogni
dettaglio di quel che le capitava e provava, solo che aveva deciso di
accettarlo. Un nuovo lato di sé stessa tornava in
superficie,
il suo cambiamento cominciava da lì.
E
poi venne la sera a casa loro.
Eccolo
lì, ce l'aveva di nuovo davanti. Quel giorno l'aveva
desiderato molto. Troppo.
Alexis
era seduta nel divano con la televisione accesa ma non la guardava
veramente, troppo distratta dalla presenza di Alexander che girava
per casa facendo semplici gesti senza pensarci troppo. Distratto, con
la testa da un'altra parte.
Lei
non solo lo osservava, ma non si perdeva ogni movimento.
Ogni
cosa che faceva la trovava sexy e seducente. Era bello, dannato e
stronzo. Era convinta di non saper provare amore ma... come si diceva
in quei casi? Quando non si desidera altro che essere toccati,
baciati, accarezzati da lui? Le faceva un gran... sesso, vero? Era
così.
Non
sapeva se amava o meno, non lo odiava più a parte qualche
eccezione, però voleva stare con lui.
Lui
con quei suoi capelli neri che sia spettinati, sia ordinati gli
stavano sempre da Dio. Con quei occhi grigi da felino e quel corpo da
favola. Un essere non poteva stare nella sua stessa casa senza
sentirsi terribilmente attratti da lui.
Lei
ci aveva messo un po' per svegliare la sua sessualità ma
finalmente ci era riuscita ed
era
accaduto nel modo più semplice possibile.
Quando
l’ebbe nei paraggi fermo a cercare qualcosa in mezzo alla sua
posta
arretrata, si decise e fingendo indifferenza disse:
-
Sai Alex, ho riflettuto... credo che l'unico blocco che avessi per il
quale non riuscivo ad essere me stessa era semplicemente dovuto al
fatto che nessuno mi aveva fatto provare piacere. Quel piacere
destinato alle donne, che solo le loro in quanto tali possono provare
in quel modo, portandosi dietro desideri femminili. Con questo corpo
di donna avevo provato solo dolore. -
Al
che lui si fermò all’istante drizzando la testa e
dimenticando subito ciò che aveva in mano e cercava. La
sorpresa per quel discorso improvviso ed insolito era il minimo.
Quindi corrugò la fronte e allarmato girò lo
sguardo
attento sulla coinquilina stravaccata nel divano.
-
Perché parli al passato? Cioè, è
successo
qualcosa? Chi ti ha fatto
provare
piacere da donne? -
Se
c’era un rivale quello non poteva essere di certo Steven.
Dunque
chi doveva squartare, ora? La cosa non gli piacque per nulla ed un
impeto di gelosia si fece largo in lui. Un altro gli aveva fatto
capire quello che invece avrebbe voluto farle capire lui. Lui che per
far provare piacere alle donne era il meglio.
Dunque
divorato immensamente e completamente dal fastidio e dalla gelosia,
ascoltò contrariato la sua risposta sbrigativa.
-
Non importa... importa invece che ora non ho più paura di
essere una donna. -
Non
gli andava bene quella risposta. Era contento per lei ma fino ad un
certo punto!
-
Ma dimmi... ti deve essere successo qualcosa per forza! –
Insistette lui ostinato, avvicinandosi a lei come una tigre in
gabbia.
Lei
sbuffò. Che insistente che era, perché voleva
saperlo a
tutti i costi?
-
Ho incontrato una persona che ha avuto il mio stesso problema solo
che lui era un ragazzo. Mi ha aiutato molto dicendomi le cose che
avevo bisogno di sentire e nessuno mi aveva mai detto. -
Lui
tornò indietro ripetendosi mentalmente le parole appena
udite,
quindi corrugando la fronte pensò ad alta voce:
-
Era un ragazzo? Se ha il tuo stesso problema... -
Poi
realizzò e lei confermò brusca e stufa:
-
E’ un travestito, idiota! -
A
quel punto lui rimase ovviamente di stucco e senza parole.
Ultimamente Alexis incontrava sempre gente strana che lo lasciava
shockato!
Del
resto lei non le sapeva dare, le notizie!
-
Ma tu gente normale non la incontri? – Iniziò
tornando alla
posta di prima: - Ok che la normalità non è di
questo
mondo e che tu per prima sei strana ma insomma... -
-
No che non incontro gente 'normale'... ho incontrato te! – Lo
sistemò dunque la poco dolce fanciulla più
soddisfatta
che mai per il battibecco vinto.
Uno
a uno palla al centro!
Non
serve dire che Alexander rimase senza parole, di nuovo. Ultimamente
succedeva spesso e la cosa non gli piaceva molto. Questa volta,
però,
doveva ammettere di essere più sollevato delle altre.
Andava
tutto bene, nessuno gliel'aveva portata via.
Senza
rendersene conto, i due avevano preso a parlare di lei al femminile.