CAPITOLO
23:
OCCHI
DELLA TIGRE
/Che
tu in cambio di gloria svendi la tua passione
Non
dimenticare mai i tuoi sogni del passato
Devi
combattere per tenerli vivi.
E'
l'occhio della tigre.
E'
il fremito del combattimento
Che
cresce per la sfida con il nostro rivale /
-
Survivor -
Fu
semplicemente shockante per tutti vedere il loro amico, creduto un'
lui', vestito ora da donna. Cioè... non solo vestito da donna: lui era
PROPRIO una donna!
Arrivarono
a rate e già i primi rimasero decisamente male nel non trovare Alex il
loro amico ma una ragazza che si allenava con Alexander, il cantante
che era stato fra loro per un certo punto della sua vita; ogni tanto lo
faceva: stava in borghese e si svagava in quel campetto in cambio di
pace.
Lei
aveva lunghi capelli neri e lisci, sciolti, sopra la testa solo un
cappellino da baseball con la visiera all'indietro, il volto si vedeva
completamente: lineamenti femminili classici, un po' grezzi ma
piuttosto carina senza dubbio, soprattutto gli occhi spiccavano, di un
azzurro veramente incredibile che contrastava con i capelli scuri. Il
corpo dalle curve per nulla esagerate era evidenziato da vestiti
estivi: una canottiera con un nodo allo stomaco, dei jeans corti
sgambati e sfilacciati. Abiti che lasciavano vedere gran parte della
sua pelle attraversata da cicatrici.
Colpì
per molte cose, dall'aspetto notevole alla compagnia con cui stava, ai
lividi vecchi che aveva e soprattutto per la sua bravura nel
basket.
Assistettero
alla scena notando che in lei c'era qualcosa di familiare, ma senza
capirlo interamente.
La
ragazza si asciugò dalla fronte il sudore che gliela imperlava, aveva
un'espressione contrariata:
-
Senti, devi essere più cattivo! Sei un uomo, mettici la tua forza
bruta! Sei una frana nel basket e questo l'abbiamo appurato... ma
almeno sii cattivo! -
Alexander
rispose annoiato lasciando che invece le goccioline di sudore gli
cadessero ai lati del viso. Con aria fintamente delicata e sorniona
rispose senza guardarla:
-
Io sono delicato, mica una bestia come te! -
Di
rimando uno sguardo scettico ed una spinta poco gentile:
-
Non fare il beone! Dove hai messo la tua delicatezza quando mi hai
demolito la camera quando mi hai scoperto? Oppure quando hai pestato
come un folle quelle persone quando ci siamo incontrati la prima volta?
O quando mi sei piombato in camera pieno di bugne la sera prima del
concerto (e non voglio indagare su cosa tu abbia fatto)? O anche... -
-
ZITTA! VA BENE FACCIO SUL SERIO O MI FAI PERDERE LA FACCIA! -
Disse
alzando la voce. Dopo di che apparentemente deciso, la fronteggiò con
uno sguardo di sfida; non era poi così fiammeggiante come quello della
ragazza che, mani ai fianchi e gambe divaricate, pensava fermamente che
gliela avrebbe fatta pagare per tutte le umiliazioni che le aveva
inflitto!
Era
convinta che lui non sapesse giocare basket, del resto non
l'aveva mai visto prima d'ora in campo e dopo la piccola prestazione di
soli due minuti prima dove si era dimostrato piuttosto pietoso, era
certa di questa linea di pensiero. Alexander era tutto muscoli e niente
bravura... nonché niente cervello anche se a volte sembrava furbo... ad
ogni modo pensava non sapesse dimostrare grande utilità. Fu lì che
cominciò a credere di non aver avuto una grande idea a chiedergli di
allenarla, ma il lato positivo era che così poteva umiliarlo come
desiderava!
Lui
dal canto suo voleva solo divertirsi un po', farle credere di essere
una frana per poi tirare fuori quel che sapeva veramente fare:
Alexander era cresciuto in mezzo alla strada, ad un certo punto della
sua vita, quindi fra risse, sfide e basket. Era diventato lentamente un
autentico portento e a dire suo e di tutti era addirittura imbattibile,
il fatto che non lo praticasse più così spesso non lo penalizzava e
l'avrebbe dimostrato. Prenderla in giro era l'occupazione migliore che
avesse mai potuto trovare!
Si
piantò in faccia la sua aria saccente e superiore da gatto e con un
sorrisino inquietante si posizionò in difesa in una posa scomoda che
fece pensare:
"Principiante...
non ci si mette così... "
Ovviamente
non potevano sapere la bastardaggine di cui era padrone, no?
Alexis
alzò le spalle ed ignorò l'espressione poco rassicurante che quel
meraviglioso viso aveva, cominciò a palleggiare esternamente
con la destra, abbassò il bacino mantenendo la posizione lievemente
piegata in avanti del busto, testa dritta, corpo di profilo rispetto ad
Alexander. Sentiva i suoi occhi addosso, quel grigio così strano ed
imbarazzante… cacciò indietro il rossore per concentrarsi sperando che
almeno a qualcosa, tutto quell'allenamento, sarebbe servito.
"Sarà
facile, messo così non riuscirà mai a fermarmi... forse dovrei
suggerirgli di farmi fallo altrimenti per me è inutile questo
pomeriggio con lui... bè, non che lo sia completamente, in fondo è
sempre bello stare insieme anche se assassina seriamente la mia sanità
mentale! Sto stronzo ha in mente qualcosa!"
Mosse
i primi passi verso di lui per un semplice aggiramento dell'ostacolo e
sgomberò la mente da ogni cosa concentrandosi su quel che avrebbe
fatto, in quel momento lo sguardo azzurro divenne fine e tagliente,
molto assorto, il labbro inferiore se lo mordeva e divenne padrona di
un fascino selvatico.
Stava
per sorpassarlo quando fra le mani non trovò più la sua palla, spalancò
gli occhi dallo stupore guardando sé stessa e poi il suo avversario...
la palla ce l'aveva lui, ma quando gliel'aveva presa? Corrugò la fronte
senza capire:
-
Ma come... quando... cioè... Alex?! -
Non
era sicura che fosse stato lui veramente!
Rimase
inebetita a guardarlo mentre si rigirava la sfera di cuoio fra le mani,
non solo mostrava sicurezza nel palleggio e nelle altre azioni, ma non
commetteva un errore!
Dopo
essersi impossessato della palla, Alexander si mise in posizione
d'attacco e donò il suo sguardo, ora più decifrabile, a lei che non
capiva come avesse fatto.
-
Allora provo io a segnare, vediamo se ho imparato... -
Fingendosi
uno che non aveva mai tirato in vita sua, partì con un palleggio
inizialmente insicuro, procedendo verso di lei diventò sempre più
deciso e preciso fino a che Alexis si trovò davanti una persona
chiaramente esperta.
-
Bè? Non mi marchi? -
Alexis
lo fissava ormai a bocca aperta ed imbambolata chiedendosi dove fosse
finito l'imbranato di poco prima: lo vide palleggiare davanti a lei e
girargli intorno ignorando di primo acchito il canestro, esercitava fra
i più classici passi famosi che facevano perno sullo stesso piede,
cambi veloci di posizione e mancavano solo le giravolte di brake dance!
Fu
encomiabile l'espressione di Alexis che non credeva a quanto stava
assistendo, naturalmente lui sapeva che si sarebbe arrabbiata di
brutto, quindi rendendosi conto che non sarebbe riuscito a placarla
facilmente decise di tagliare corto, in fondo si era divertito
abbastanza. La sorpassò del tutto e si avviò al canestro per
schiacciare, ma un grido o meglio un ruggito dietro di lui lo fermò:
-
BRUTTO BASTARDO! MI HAI PRESO PER IL CULO! -
Si
sentì in un certo senso sollevato di sentire che lo insultava di nuovo,
era tornata fra i vivi: per un attimo aveva pensato di averla ammazzata
involontariamente!
Si
girò scoccandole un'occhiata ironica ma non disse nulla, forse ora
avrebbero fatto entrambi sul serio e lo sperava poiché il pomeriggio di
vacanza non era certo pagato, anche se nel suo lavoro si sapeva come
funzionavano le cose!
Alexis
acquistò un'aria seria e incazzosa allo stesso tempo, non lo guardava
in faccia ma solo la palla e le sue mani, al minimo errore l'avrebbe
sopraffatto... il punto era che nell'attacco esercitava al contempo una
difesa perfetta, si chiese come potesse giocare così e non essere
famoso per questo ma solo per il canto!
Glielo
avrebbe proposto di darsi al basket!
La
rabbia per l'umiliazione le scemò via lasciando il posto ad un forte e
sano spirito di competizione: era preparato, il primo esperto che aveva
tecnica e forza… ne fu semplicemente felice poiché quello sport era una
delle poche cose che avrebbe potuto fare per tutta la vita ed essere al
settimo cielo!
Immersa
nelle azioni e in quel che faceva, mosse il suo corpo in funzione
dell'altro e si rese conto che sembrava facessero una specie di danza a
ritmo sempre crescente, come se l'hip hop avesse preso forma su di
loro, sulla pelle lucida e madida di sudore illuminata dal sole caldo,
sui capelli appiccicati alla fronte e spettinati di lui e disordinati
sulla schiena di lei, sulle espressioni immerse e concentrate, sulle
gambe piegate ed attraversate da cicatrici più o meno evidenti di lei e
coperte da jeans vecchi e strappati di lui, sulla vicinanza che
portavano l'uno verso l'altra, su quella palla che a volte in mezzo a
volte esterna a volte come trasparente viaggiava diventando un
allungamento della mano del ragazzo.
Rimasero
tutti di stucco a guardarli invidiandoli, affascinati e speranzosi che
quell'azione non finisse mai.
Lei
guardava il corpo di Alex e le sue mani, ma lui, i suoi occhi sottili e
penetranti, erano fissi in quelli sfuggenti e azzurri dell'avversaria,
studiava il suo volto non facendo molta attenzione ad altro, lasciando
che il suo corpo si muovesse da solo nel gioco. Gli piaceva. Tutto.
Quello che stavano facendo, come, perché... lo sguardo di tigre
grintoso che aveva e lei stessa. Gli piaceva tutto ed ormai riusciva ad
ammetterlo senza problemi e vergogne, giocava su questo e sentiva un
benessere mai provato veramente.
Era
sereno, era un periodo così sereno che pareva strano ad entrambi, come
un sentore di qualcosa, una nube peggiore delle altre… le vere
difficoltà della vita dovevano forse ancora arrivare?
Avevano
superato molte cose ma forse... forse c'era dell'altro che stava
arrivando.
Questo
cupo pensiero sfuggevole fu cacciato dalle labbra inclinate in un
sorrisino ironico, Alexander se le leccò soddisfatto e pensò solo:
"Molto
bene... adesso conclusione!"
Solo
questo e semplicemente saltò, fra lui e il canestro si frappose Alexis
come aveva immaginato e in posizione di tiro notò la grinta con cui lo
fissava questa volta negli occhi, diceva che l'avrebbe fermato ad ogni
costo e anche se non l'aveva detto a voce era chiaro. Quella piccola
tigre feroce ormai era un libro aperto per lui!
Mise
la bocca a cuore per prenderla un po' in giro e con uno sguardo che non
era più freddo o sornione, si concentrò e diventando finalmente serio
si godette l'atto dell'allungare il braccio, fare un gancio perfetto
che superava la mano della marcatrice per poi concludere il canestro
perfetto che bruciava la retina.
Aveva
vinto.
Tornò
così padrone di tutta l'ironia e la malizia che possedeva mentre una
piccola ovazione si alzava per loro, cosa che fu ignorata a dire il
vero poiché troppo immersi l'uno nell'altra. I ragazzi che li avevano
visti, dopo aver riconosciuto Alexander, si ripromisero di fare le
persone normali e non farlo scappare, del resto era da molto che non
passava da lì, erano felici di rivederlo e forse avrebbe anche giocato
un po' con loro come ai vecchi tempi!
Per
i due protagonisti invece una cosa importante era successa, al di là
dello scontro, vittoria, perdita e del basket in sé: si erano
divertiti, erano giunti a qualcosa di vicino e molto simile alla
felicità senza fare nulla di particolare, solo stare insieme e
lasciarsi andare in qualcosa di piacevole. Stare bene così e basta,
essendo in fin dei conti irriconoscibili rispetto a sempre.
Lo
realizzarono entrambi nello stesso momento e poco prima che lei
riprendesse coscienza di sé, si scambiarono uno sguardo significativo,
una sorta di muto ringraziamento reciproco.
Infine
tutto tornò come al solito:
-
BRUTTO STRONZO! MI HAI PRESO PER IL CULO TUTTO IL TEMPO! PERCHE’ NON
HAI DETTO SUBITO CHE ERI COSI’ BRAVO? MALEDETTO! SEI DA NBA A MOMENTI!
MA COME HAI IMPARATO? -
Alexander
sospirò facendo la parte del delicato personaggio dello spettacolo, si
portò la mano alla fronte e si massaggiò le tempie, infine si portò i
capelli all'indietro spettinandoli per toglierli dal volto dove si
erano appiccicati bagnati, infine con la maglia si asciugò via il
sudore e rispose con finta melodrammaticità:
-
So che adori urlare ma i miei poveri orecchi vorrebbero sopravvivere
ancora un po'! -
Si
beccò uno spintone ma lui non si destabilizzò, rimanendo completante
nella parte della 'prima donna', prese la palla in mano e cominciò a
palleggiare facendosela passare sotto le gambe più volte:
-
Si, lo so che sono da NBA, in effetti mi hai scoperto, vengo proprio da
lì... -
Alexis
non gradì il fatto di essere ancora presa in giro così gli andò addosso
con irruenza e prendendolo per il colletto della larga maglietta
lasciando che la palla rotolasse sotto canestro, lo guardò irosa da
vicino per poi gridare, tanto per cambiare:
-
IDIOTA! SMETTILA DI FARE IL COGLIONE E PARLA SERIAMENTE! DOVE HAI
IMPARATO? -
Alexander
la fissò alzando il classico sopracciglio ma non si concesse altro,
anche lì lei si rese conto di quanto fosse dannatamente bello e
pericoloso così vicino, quindi onde evitare sbalzi di istinti e voglie
pericolose si staccò subito dandogli un calcio negli stinchi senza
motivo. A quel punto lui si massaggiò leggermente irritato, così si
sedette a terra ignorando la polvere del campo di cemento e gli sguardi
curiosi, poi rispose:
-
Ma Alex, sei scema? Dove vuoi che abbia imparato? Dai 10 anni in poi
sono cresciuto in mezzo alla strada, dove vuoi che abbia imparato? Come
hai imparato tu! Solo che io ho più talento e sono più bravo! -
Stette
un attimo zitta per elaborare il concetto, cercava di capire in
definitiva dove fosse finito il ghiacciolo Alexander!
Quello
era ironico, certo, ma da un'ora a quella parte era tutto un continuo
scherzo... non se ne capacitò e rimase shockata più per questo
cambiamento repentino che per la sconfitta. Certo, il suo smisurato
orgoglio aveva subito un grosso colpo ma era stata solo la sorpresa a
sopraffarla:
-
La prossima volta non andrà così! -
Tornò
in sé con aria risoluta e puntandogli il dito contro ribadì il concetto
che la sua mente aveva espresso accantonando il 'dove è finito il
ghiacciolo?', in fondo andava bene così.
Dopo
questo simpatico scambio di battute che sfociò nell'isteria per lei e
nel puro divertimento per lui, dopo che comunque si poté constatare che
Alexander non riusciva ancora a ridere veramente anche con gli occhi,
dopo un bel po' di cose… notarono la folla che si era riunita intorno a
loro e la notarono per la risata sguaiata e fastidiosa di un ragazzo.
Alexis si voltò di scatto con le dita ad artiglio e gli occhi da T-Rex.
L'aveva
riconosciuto:
-
L'emorroide sadomaso... eccolo là! -
Alexander
si voltò incuriosito ma si controllò, voleva fare un certo effetto e
giudicare da come lo odiava Alexis poteva essere un rivale temibile in
amore, in fondo il sentimento che ora li univa era partito esattamente
dall'odio!
Il
rosso stava in piedi in una delle sue pose spaccone con le mani ai
fianchi e la testa all'indietro, rideva di gusto in mezzo ad altri
ragazzi, quel giorno indossava i soliti jeans attillati ed una
maglietta che evidenziava piuttosto bene il suo fisico possente.
Alexis
si fece largo fra tutti arrivandogli davanti, cercò di resistere alla
tentazione di mettergli le mani al collo e stringere, per cui si limitò
a gridargli:
-
CHE DIAVOLO TI RIDI? -
L'altro
si fermò improvvisamente e cominciò a scrutarla, in quell'istante e
solo lì lei si rese conto che tutti la stavano fissando allo stesso
modo: avevano appena capito che si trattava di quell'Alex!
-
Tu sei quello di ieri?! -
La
voce bassa e sorpresa le parlò e sentì che era giunto il momento delle
spiegazioni:
-
Da cosa l'hai capito? -
Lo
spirito battagliero scemò quando cominciò a riflettere sul modo
migliore per spiegarsi... ammesso che dovesse farlo!
Gli
occhi verdi si mostrarono e fu così che anche Alexander sentì un forte
scossone dentro di sé, senza poterselo spiegare. C'era qualcosa che non
andava, no, anzi, non che non andava... qualcosa di importante, come se
una vita d'attese stesse per giungere al suo culmine.
Il
giovane seduto a terra si alzò spolverandosi i pantaloni con
disinvoltura, mantenne il suo sangue freddo con facilità anche se non
capiva esattamente cosa gli era successo, sapeva che subito avrebbe
ricevuto le sue risposte, ne era sicuro. O per lo meno ci sperava.
-
Da come mi hai chiamato... e poi dai tuoi occhi... e diciamo più
concretamente dalla furia che ti contraddistingue! -
Ammise
che era una domanda un po' sciocca. Alzò le spalle e aprì la bocca per
dire qualcosa ma non sapendo più 'cosa' si voltò e tornò verso il
compagno che guardava in silenzio la scena.
-
Non hai nulla da dire? -
Chiese
uno di loro, lei mantenne le spalle ma si decise a parlare, era come
amareggiata, non le piaceva parlare di quelle cose:
-
No. Io sono Alexis, conosciuta come Alex. Eventi particolari della mia
vita mi hanno spinto a travestirmi da ragazzo, ora ho deciso di essere
me stessa. Chi pensa di essere stato preso per il culo può venire qui e
affrontarmi apertamente, basket o pugni non me ne importa! -
Non
era una situazione che le piaceva molto ma lasciare liberi i suoi
capelli era un gran regalo, in cambio di quel peso di cui si stava
sciogliendo.
Accanto
a lei Alexander l'osservava con attenzione, l'aveva fatto a modo suo ma
era stata la cosa giusta.
Fra
tutti si fece avanti proprio il rosso che aveva conosciuto solo il
giorno prima ma che già detestava con tutte le sue forze, aveva
l'espressione sicura di sempre ed uno strano sorrisino aleggiava nella
sua bocca, il moro spostò i suoi occhi su di lui e lo squadrò da capo a
piedi. Si, ora che l'aveva vicino ne era quasi certo.
"Potrebbe
essere proprio lui... Yu, mio fratello... possibile che non abbia
memoria di me? Del resto ci siamo separati che eravamo molto piccoli, è
impossibile che si ricordi... ma vuoi che sia un caso? Che mi abbia
trovato per sbaglio? Non credo sappia nulla, non fa niente, non dà
segni.
Innanzi
tutto devo accertarmi che sia veramente lui e dopo, solo dopo posso
pensare alle altre ipotesi e al daffare definitivo e concreto.
Calmo,
stai calmo.
Eppure
quel che sento è diverso dalle altre volte che ho creduto di avere
davanti lui. Questa volta lui fra tutti ci somiglia a quella foto di
quel bambino piccolo, folte sopracciglia, capelli rossi, occhi verdi.
Devo rimanere in me, non lasciarmi andare, tranquillo.
Il
fatto che non riesco a staccargli gli occhi di dosso non significa
nulla, è solo perché ho realizzato che su tutti è quello che potrebbe
essere... eppure come potrei decifrarlo?
Cos'è
che mi fa andare il sangue così veloce e la temperatura alzarsi?
Proprio a me, sempre assolutamente padrone di me stesso, salvo in casi
eccezionali.
Credo
sia... qualcosa che ho provato poche volte lontano da un palco...
emozione."
-
Cosa vuoi? Perché ridevi? -
Alexis
si mostrò contrariata mentre voltandosi se lo trovò di fronte,
scontrosa e seccata, sentiva già tutti ricredersi su di lei e mal
giudicarla solo perché ora era un donna, un fastidio le sbocciava da
questa idea, che il sesso contasse così tanto… così il suo capro
espiatorio sarebbe stato quel tipo che poco centrava con lei!
-
Allora sei tu che sei una schiappa, non io che sono troppo forte! -
Questa
battutaccia funse come da calmante dal momento che si irritò per altro
dimenticandosi lo stato d'animo di solo un millesimo di secondo prima.
-
No, sei tu che sei un deficiente! Io non sono una schiappa ed ora te lo
dimostro! Mettici pure tutta la forza che hai, io ci metto quel che si
chiama talento! -
A
quella parola le venne in mente, tuttavia, Alexander lì accanto che non
era più intervenuto. Quello che poteva chiamarsi davvero un talento era
lui, quando lo vide notò che il suo insolito ottimo umore era già
sparito tornando quello di sempre... anzi, più buio ed indecifrabile!
Il
rosso guardò a sua volta l'altro e fu come se lo vedesse bene per la
prima volta, come se lo riconoscesse, si illuminò per poi rabbuiarsi
subito ma mutò ancora facendo buon viso a cattivo gioco, allungò la
mano verso di lui e con un aria poco raccomandabile si presentò:
-
Io sono Yan, non ti avevo riconosciuto prima, così malconcio... tu sei
Alexander, la giovane rivelazione della musica... -
All'altro
quindi non rimase che prendere la mano e stringerla a sua volta, si
chiese come mai tanta formalità, non se lo sarebbe aspettato da uno
così. Il contatto creato fu come una piccola scossa che andò lungo la
loro spina dorsale, gli occhi grigi furono come delle calamite per
quelli verdi e viceversa, in un istante tutti sparirono e i brusii che
si erano creati era come se nemmeno ci fossero. Una linea naturale,
ecco quello che si era teso fra loro.
In
altre parole dicasi feeling!
-
Ehi? Vi siete innamorati? -
Erano
entrambi immersi l'uno nell'altro, le mani non si staccavano e come
ipnotizzati non riuscivano a muoversi e parlare, seguivano i loro
pensieri e diventati così improvvisamente seri perfino Alexis si sentì
messa da parte:
- E
poi come mai tu l'hai riconosciuto? Io sono l'unica che non lo
conosceva? -
Sembrò
iniziare un lungo monologo da sola, fu tuttavia interrotta in tempo
dall'indifferenza dei due interlocutori che per la prima volta da
quando li aveva conosciuti, non l'avevano irritata e presa in giro!
-
Si, io sono... chiamami Alex... - Aveva un tono vago e confuso, come se
non fosse veramente in sé, se non capisse bene cosa accadesse e
soprattutto sembrava smarrito, stranissimo per lui. Alla fine continuò
col medesimo tono: - io vorrei sapere... cioè... vedere come te la
cavi... -
- A
basket? -
Yan
turbato quanto il moro non mollò la presa e il moto incontrastato di
gelosia crebbe a dismisura in Alexis che decise di non intervenire per
vedere fin dove sarebbero andate avanti le cose.
-
Si... -
Non
si spiegò minimamente il proprio comportamento, tanto meno lo stato
d'animo in subbuglio, dopo quel momento ne era sicuro.
Era
Yu, suo fratello.
A
partire dall'istinto di abbracciarlo e stringerlo. Per uno come
Alexander provare una cosa simile era inaudito…
A
partire da lì accantonò i seguenti pensieri logici e coerenti su come
in teoria avrebbe dovuto sentirsi e su cosa la sua affermazione
significasse.
-
Anch'io... ti ho visto giocare, vorrei affrontarti... -
Non
si poteva minimamente immaginare cosa significava in realtà per il
moro, certo, però nemmeno per il rosso. Uno focoso come lui
cosa aveva per la testa? L'unica cosa che si capiva era che sembrava
letteralmente in un sogno, personalità e mente lontani, solo istinto e
una sensazione particolare.
Solamente
una cosa era sicura, né Yan né Alex sembravano loro e questo derivava
dall'importanza che il momento aveva per entrambi, anche se in modo
diverso.