SPRECANDO
L’ODIO
CAPITOLO
I:
SCONTRI
ED INCONTRI
Il
rumore del mare contro gli scogli che circondavano l’isola,
il verso dei gabbiani che volavano su nel cielo terso sgombro di
nuvole, il sole che illuminava il paesaggio circostante riscaldando i
lavoranti che non si fermavano; una giornata come tante, piuttosto
bella, per la verità, dove l’odore principale che
si sentiva era di salsedine e di natura, quella immediatamente oltre
gli scogli che divideva la stessa dalla cittadina.
Quella
sarebbe dovuta essere una giornata comune a tante altre, per la gente
dell’isola, e così in effetti per loro era stata
ignari di tutto quello che a nord, in riva al mare, stava accadendo.
Nonostante
ci fossero molte cose belle di cui godere, in quella zona pareva
proprio di trovarsi in un'altra dimensione. Una dimensione dove non
v’erano profumo di mare ma puzza di fumo, né si
udiva il rumore delle onde o dei gabbiani, bensì il suono
delle armi che tintinnavano forti e decise accompagnate da armi da
fuoco, pestaggi allo stato puro e voci concitate.
Yoel
sembrò non perdersi d’animo quando si
trovò intorno tre uomini di una certa stazza, nonostante la
sua fosse esattamente la metà in quanto a corporatura ed
altezza. Con sguardo aggressivo e concentrato e pieno di odio, li
fissò uno ad uno desiderando solo di cancellare in fretta
quei visi nauseanti. Non erano brutti, non si trattava di questo.
Erano
solo pirati e questa era la loro unica colpa.
Non
li avevano nemmeno attaccati per primi, in fondo quegli uomini si
stavano solo difendendo da quella banda di ragazzi che, senza dare
spiegazioni o avvertimenti, si erano messi a lottare contro di loro.
Non
avevano chiesto come mai fossero sbarcati su quell’isola, non
si erano accertati sulle loro intenzioni.
Semplicemente
erano venuti loro addosso con la chiara ed unica intenzioni di farli
fuori.
Senza
pietà.
Oltre
a Yoel, il gruppo contava altri otto membri e sembravano tutti
cavarsela alla grande, come se non facessero altro che combattere dalla
mattina alla sera.
Bè,
effettivamente era proprio questo quello che facevano, oltre ai soliti
lavoretti per mantenersi.
I
tre uomini si prepararono a dare il colpo di grazia a quella persona
che sembrava avesse il demonio dentro per come si batteva. Erano sicuri
di farcela, del resto non avevano ancora sperimentato la sua vera
potenza.
Non
era stata nemmeno colpa loro.
Semplicemente
non sapevano.
Yoel,
senza pensarci oltre, aveva afferrato con la mano la lama della spada
che stringeva e con un aria a dir poco spaventosa, l’aria di
chi guarda dei morti che ancora non sanno di essere tali,
pronunciò solo tre parole.
Quelle
due parole a loro non dissero nulla, sul momento, solo poi avrebbero
capito che erano il preludio della loro fine.
-
Mat-Mat Spada! – Dopo di ché fu semplicemente
veloce.
Molto
veloce.
Da
che Yoel era normale, a che cominciò a cambiare colore alla
velocità della luce fino a mutare visibilmente consistenza
sotto i loro occhi, indurendosi sempre più.
-
Ma che… - Fecero in tempo a dire, poi la trasformazione fu
completa e solo un soffio trascorse fra questo e l’azione
successiva. Un soffio in cui compresero che il loro nemico era
diventato come una spada, una continua lama affilata luccicante dalle
fattezze umane; a quel punto buttandosi con le mani a terra ed
eseguendo una perfetta verticale con le gambe larghe,
infilzò due degli uomini che la guardavano shockati ed
esterrefatti.
I
suoi piedi appuntiti e duri come delle armi da taglio trafissero da
parte a parte i due pirati risparmiando il terzo che, spaventato,
cominciò a sparargli contro facendo rimbalzare i proiettili.
Non
ebbe nessun effetto e ritirando le gambe dai corpi agonizzanti, si
rialzò con un balzo agile giungendo proprio davanti al
superstite che cercava di capire cosa fosse successo e come potesse
reagire per non fare la stessa fine degli altri.
Però
anche quel lasso di tempo fu troppo breve per pensare lucidamente a
qualcosa di utile, si perse solo in quello sguardo metallico pieno di
odio incontaminato.
Non
una parola.
Solo
un azione e anche lui si ritrovò con lo stomaco trafitto da
quello che prima era stato il suo braccio ma che ora era solo una lama
senza pietà.
Nessun
respiro, nessun pensiero.
Solo
una sensazione.
Quella
di non aver più nulla da fare.
Nulla.
Poi
crollò a terra senza emettere alcun suono.
Yoel
che brillava sotto il sole per la materia che il suo corpo aveva
acquisito, non sentì nessuna sensazione tattile, nemmeno il
sangue di quegli uomini che colava addosso gocciolando a terra. Aveva
sporchi entrambe le gambe ed il braccio sinistro.
L’espressione
che assunse in quella frazione di secondo, guardando il proprio lavoro,
non fu di pietà ed un unico pensiero alberò nella
sua mente prima di tornare volontariamente come prima.
“Se
lo meritano, dannatissimi pirati portatori di morte e
distruzione!”
Disprezzo
profondo.
Deconcentrando
la sua attenzione da quelli che ormai non erano più i suoi
avversari, lasciò che il suo corpo tornasse come prima,
fatto di carne e ossa, per poi voltarsi e, impugnando le proprie armi
con decisione, buttarsi nel resto della mischia. Nel tornare come
prima, il sangue dei pirati uccisi rimase su di sé.
Affrontare
quei fondi di magazzino con il proprio potere, era solo uno spreco.
Pensò
questo con una certa presunzione portata dal risentimento che provava
per quella gente.
Però
in realtà non calcolò che probabilmente dopo la
sua dimostrazione di forza eccessiva gli altri pirati rimasti, un
numero non trascurabile, avrebbero preso le dovute precauzioni.
Non
ci pensò minimamente, del resto Yoel era d’azione,
non di ragionamenti o di tattica.
Quelli
erano il compito di Nail.
Peccato
che al momento, Nail, fosse troppo impegnato per esprimere il suo
parere.
Fu
quindi molto veloce, un lampo e successivamente il rumore secco di uno
sparo che, distinto dagli altri per qualche motivo sconosciuto, fece
provare a Yoel uno dei dolori più acuti e violenti che non
avesse mai sentito.
Ne
aveva subite di ferite, nella sua vita, ma decisamente una pallottola
in corpo non l’avrebbe augurata a nessuno se non hai suoi
nemici.
Improvvisamente
un’ondata di gelo l’invase insieme al dolore che si
sentì comunque un secondo più tardi rispetto allo
sparo effettivo.
Successivamente
il buio e mentre crollava a terra senza fiato, forze e incredibilmente
nemmeno volontà, udì solo una voce sopra le altre.
Un
grido dilaniante che pronunciava il suo nome.
“Nail
che grida così è un evento… vorrei
proprio vedere la sua faccia, dev’essere sfigurata
dal… da che cosa? Cos’è che prova
mentre mi chiama così straziante? Non dirmi che è
paura, Nail non può avere paura. Non
può… qualunque cosa pensi mi stia succedendo.
“
Poi,
semplicemente, si lasciò cullare da quel torpore che
risucchiò via la sua anima. L’odore e il sapore di
sangue fu l’ultima cosa che sentì concretamente
mentre ogni cosa si ovattava.
Era
il suo sangue.
Buio.
Quando
armeggiarono la Thousand Sunny a nord dell'isola in un insenatura
particolarmente comoda, si chiesero se non fosse deserta. Da quella
posizione non si vedevano villaggi ma solo vegetazione subito oltre la
scogliera. Probabilmente circumnavigando l’intero territorio
prima di fare scalo, avrebbero scoperto il mistero trovando un porto a
sud, ma pensando di non dover stare comunque molto si fermarono subito.
Giusto
il tempo di far registrare l'isola per puntare a quella successiva.
I
primi a decidere di scendere furono Rufy, Usop e Franky per esplorare
un po' il posto, a seguirli a ruota furono anche Nami per tenere fuori
dai guai quei tre combina guai, Sanji per seguire Nami e Chopper per
cercare alcune erbe medicinali.
Gli
altri rimasero sulla nave a sorvegliarla, fra cui Zoro che dormiva
della grossa.
-
Vedete di non attirare cataclismi! - Li ammonì svelta la
ragazza guardando i suoi compagni severa. Era sicura che comunque
avrebbero avuto il tempo di cacciarsi nei guai ma il tentativo lo
faceva sempre.
Trovando
una strada fra gli scogli alti che portava verso la vegetazione, la
presero raggiungendo presto uno spiazzo di terriccio che divideva la
parte rocciosa da quella erbacea. Il sentiero sembrava poi continuare
in mezzo al bosco ma ciò che attirò la loro
attenzione all'istante, furono dei corpi stesi a terra pieni di sangue,
apparentemente tutti privi di vita.
-
Ma che cosa è successo? - Esclamò Usop
bloccandosi con una certa tensione crescente. Guardò i
quattro corpi fra cui tre di uomini adulti uno vicino all'altro e
l'ultimo di un ragazzo che sembrava decisamente diverso. Era un po'
più distante ed aveva le gambe ed un braccio coperti di
sangue, tuttavia ciò che si notò maggiormente fu
la ferita al fianco che ricopriva l'addome completamente di rosso.
-
Deve esserci stata una lotta! - Asserì in fretta Franky
arrivando all'unica logica deduzione.
-
Ed anche da poco! Il sangue è fresco... - Aggiunse Nami
incerta se avvicinarsi o meno ai corpi. Prima di decidersi, comunque,
Chopper l'aveva già fatto per lei tuffandosi sul corpo del
ragazzo più giovane, capendo al primo sguardo che era ancora
vivo. Ormai il suo occhio clinico era più che sufficiente
per analizzare un paziente. Mise da parte l'agitazione constatando che
intorno a loro sembrava non esserci anima viva, quindi toccando il
collo del giovane privo di sensi, esclamò teso ma sicuro:
-
E' vivo! -
-
Davvero? - Dissero quasi tutti sorpresi e speranzosi di poterlo salvare.
-
Puoi curarlo, vero? - Aveva quindi chiesto ansioso Rufy fiondandosi
accanto al suo medico di bordo. Si accucciò osservando le
mosse veloci di Chopper che come sempre era molto esperto e
professionale. Sembrava quasi che Rufy capisse cosa stesse facendo il
suo amico, peccato che non era proprio così. Per lui erano
gesti uguali a tanti altri, solo che sapeva bene quanto lui fosse bravo
a salvare la vita altrui, quindi si fidava desideroso di poter parlare
al più presto con quel superstite e soddisfare la sua
curiosità.
Cosa
era successo?
Sembrava
grave... magari un assalto, gli uomini morti sembravano proprio
pirati... in questo caso sicuramente un avventura interessante e
divertente gli si sarebbe prospettata davanti, lo sentiva.
Dal
punto di vista degli altri, quella non rappresentava decisamente
nessuna occasione di avventura, solo una buona opera di salvataggio.
Quando
Chopper comprese che il danno era solo al fianco, si chiese come avesse
fatto a macchiarsi in quel modo del sangue che, a occhio e croce,
sembrava proprio degli altri tre uomini morti a pochi metri da loro.
Non lo svestì del tutto, solo il necessario per curare
quella parte di corpo ferita.
Aveva
una pelle abbronzata ma dai lineamenti particolari sembrava avesse
origini straniere, un po' latine. Chopper mentre estraeva la pallottola
con grande esperienza, notò l’aspetto lontanamente
effeminato che si poteva ammirare nonostante la brutta cicatrice sul
viso che gli aveva portato via l’occhio e
l’orecchio sinistri. Come ragazzo era ugualmente un bel
tipo…
Anche
il taglio dei capelli neri era strano, tutto sommato… li
teneva corti nella parte superiore della testa, i quali stavano anche
spettinati ricadendo sulla fronte in modo scomposto, mentre la parte
inferiore era molto lunga, tutta trattenuta in una treccia stretta.
Decisamente
nell’insieme era molto ambiguo, non si poteva stabilire con
sicurezza se fosse maschio o femmina visti i molti strati di vestiti
ampi che indossava.
Una
volta chiusa la ferita e curata nel modo corretto, Chopper
fasciò l’addome ricoprendolo e lasciandolo
tranquillo fino al suo risveglio che sarebbe sicuramente avvenuto fra
un po’ di tempo. Aveva subito un duro colpo e perso parecchio
sangue ma era sicuro che si sarebbe ripreso.
-
Ce la farà? – La voce calda e pacata di Sanji lo
riscosse dal suo mondo di medicamenti, quindi quando portò
la sua attenzione sul biondo cuoco che sedeva poco distante da lui,
appoggiato ad un albero a fumare una delle sue solite sigarette,
notò che erano rimasti solo loro due:
-
Si, ora sicuramente dormirà per un po’ ma non
credo che ci siano seri pericoli, il proiettile non aveva lesionato
nessun organo, è stato fortunato. È svenuto per
il dolore e perché ha perso molto sangue. – Poi si
avvicinò al cuoco guardandosi intorno cercando i suoi
compagni spariti: - Dove sono andati gli altri? –
-
Ad esplorare la zona qua intorno per vedere se trovano i responsabili
di tutto ciò. – Rispose sempre estremamente calmo
ma con un fondo di gentilezza. Ovviamente con le donne la marcava
maggiormente al contrario di quando aveva a che fare con gli uomini coi
quali, invece, non si sforzava per nulla. La piccola renna non si
agitò grazie al fatto che non l’avevano lasciato
solo, però si chiese come mai l’amico non fosse
attaccato a Nami, stava per chiederglielo quando notò che i
tre corpi privi di vita erano spariti.
-
E loro tre? – Chiese quindi.
-
Li hanno seppelliti un po’ distante da qua. –
Chopper non rimase sorpreso del gesto, erano fatti
così… come non era rimasto sorpreso del fatto che
Rufy non era riuscito a rimanere fermo intanto che lui curava lo
sconosciuto.
-
Vado sulla nave a prendere una coperta per lui, torno subito!
– Avvertì poi il piccoletto saltellando svelto
verso la Thousand Sunny nascosta dietro agli scogli.
Sanji,
rimasto solo, rivelò solo un vago senso di confusione che
gli attraversò il viso leggermente più cupo di
prima. Sembrava estremamente assorto nell’osservare
attentamente il corpo addormentato del giovane a pochi metri da lui. Da
lì lo vedeva bene e con intensità si
sforzò di non farsi domande che avrebbero sicuramente
turbato il suo equilibrio.
Però
qualcosa che non andava sicuramente c’era.
Ecco
perché non aveva voluto andare con gli altri e proteggere
Nami, perché aveva sentito istintivamente che non poteva
lasciare sola quella persona appena trovata.
Senza
capacitarsene non si era mosso da lì continuando a fissarlo
con insistenza.
Il
suo radar speciale aveva captato delle onde che, provenienti da un
uomo, non avevano assolutamente senso arrivassero.
Soffiò
una nube di fumo che si disperse nell’aria per poi non
lasciare più traccia, lì la sua concentrazione
seriosa fu interrotta dai movimenti dello stesso che stava osservando e
lasciando la sigaretta a mezzaria si protese verso di lui per guardarlo
meglio. Si stava svegliando, non c’erano dubbi.
Non
immaginava che uno con un fisico così esile potesse avere
una ripresa così veloce.
Si
spostò sedendosi proprio accanto a lui, senza staccargli gli
occhi chiari di dosso. Assorbì a fondo ogni singolo
dettaglio del suo viso un po’ selvatico ed un po’
delicato. Aveva un aria sciupata e malaticcia ma riuscì a
scorgere un indubbio lato femminile. Quest’idea la mise
subito da parte: solo perché un ragazzo era bello non doveva
per forza essere una donna. Non stava scritto da nessuna parte.
“Ma
allora perché ne sono così attratto? “
Pensò
disturbato mantenendo la sua espressione controllata. Avvicinandosi lo
capitì più chiaramente.
Lo
sguardo si soffermò con una certa insistenza sulla profonda
ed impressionante cicatrice che gli partiva dalla fronte per poi
scendere sull’occhio sinistro ed infine arrivare fino alla
parte in cui un tempo c’era stato l’orecchio non
più presente. Quella parte del suo viso faceva decisamente
impressione pur essendo una ferita molto vecchia.
Quando
finalmente aprì gli occhi vide che erano uno nero come la
pece in cui non si distingueva nulla in quel mare buio, mentre
l’altro, il sinistro, era bianco, senza né iride
né pupilla. Ovviamente non poteva vederci da quella parte
con lo sfregio che aveva…
Tuttavia
nonostante facevano una certa impressione, avevano un delizioso taglio
leggermente a mandorla e pur fossero arrossati e piuttosto assenti e
confusi, donarono al suo viso un tocco di inavvicinabile. Aveva
l’aria di un animale selvaggio.
Capendo
che cercava di parlare senza successo, lo precedette spiegando subito
chi fosse:
-
Non sforzarti, non vogliamo farti del male. Ti abbiamo trovato ferito
da un colpo di pistola e ti abbiamo curato. Ti sei svegliato
presto… hai delle ottime riprese. – Si sorprese ad
essere gentile quasi come lo era con le donne. Si sorprese e se ne
turbò sempre più. Non era una cosa che
controllava, quella.
Come
non controllava il suo sorriso. Era uno di quei sorrisi che riservava a
pochi eletti. Un sorriso che sul suo bel viso aristocratico stava molto
bene.
-
Io mi chiamo Sanji. Riesci a dirmi il tuo nome? – Chiese
mantenendo quel tono delicato.
Lo
vide stringere le palpebre in uno sforzo non da poco, poi facendo tanti
brevi respiri veloci per il dolore al fianco, tornò a
guardarlo e fissandolo negli occhi, rispose con un filo di voce:
-
Yoel. – Sanji accentuò il suo sorriso incapace di
fermare tanti modi riguardevoli che quasi lo sconvolgevano, quindi
aggiunse dolcemente:
-
Bene, Yoel. Non sforzarti, riposati e cerca di rimetterti.
Andrà tutto bene. –
Quando
lo vide seguire il suo consiglio sentendosi effettivamente stanco e
senza forze, il biondo buttò il mozzicone ormai finito per
prendere un'altra sigaretta; accendendosela il suo sguardo si
rabbuiò.
Decisamente
qualcosa che non andava in lui c’era.
Inutile
ignorarlo.