STATI UNITI
Un
mondo a parte.
Un
intera razza diversa da quella del resto del globo terrestre, quella
degli statunitensi.
C’era
di tutto ma quel tutto era completamente differente da quel che
c’era altrove, negli altri stati o continenti.
Era
un luogo ricco, ricco di qualunque cosa possibile ed immaginabile,
lì i sogni diventavano realtà, quelli di
chiunque, qualunque essi fossero ed era probabilmente il posto
più vivo di tutta la Terra.
Gli
Stati Uniti.
Un
tutto che non si trovava altrove, come non si trovava
quell’orgoglio, quel patriottismo,
quell’egocentrismo, quell’energia e quella fierezza
di essere americani.
Un
tutto che spesso sorprendeva, spesso shockava, spesso schifava, spesso
piaceva ed in contemporanea disgustava.
Non
c’erano poche parole per descriverlo, un libro intero non
sarebbe bastato.
Come
parlare di quel luogo così vivo e pieno di
diversità ed esagerazioni?
Di
favole reali e di estremismi sconvolgenti, di vittorie e sconfitte, di
forze e debolezze?
Non
c’era contraddizione in quel Paese, come poteva esserci in
molti altri del mondo, lì era tutto molto coerente.
Era
come se ci fossero altre leggi, altre aspettative, altre visioni, altre
vite… era tutto un continuo ‘altro’.
Per
capirla, l’America, bisognava solo viverla ma non per poco,
bensì per tanto ed alla fine nonostante i pregiudizi che si
avevano si finiva per amarla ed assorbirla.
Se
eri un visitatore osservavi tutto con occhi sgranati ed illuminati da
una luce d’ammirazione ed emozione.
Come
essere nei film tanto guardati.
Era
proprio così come veniva dipinta ma all’ennesima
potenza.
Una
sorta di bomba in continua esplosione, un cancro in metastasi, un sole
che di giorno in giorno splendeva sempre più caldo, un
dipinto con ogni volta colori sempre nuovi e sempre più
carichi.
Non
si esauriva mai ma a renderla così strana ed unica erano le
persone che ci vivevano.
Persone
che potevano vivere solo lì e che se venivano sbalzate in
altri continenti morivano per la diversità delle vite che si
trovavano a condurre.
Era
davvero una popolazione a parte che viveva tutto con un incoscienza
disarmante, un incoscienza portata dalle vite estreme che bene o male
tutti conducevano. Si trovava gente di ogni tipo ma tutti concomitanti
con un'unica base fissa: la diversità rispetto al resto del
mondo.
C’era
gente estremamente cattiva ed ignobile e gente estremamente buona e
umile. Ma tutti orgogliosi del sangue che scorreva loro nelle vene,
tutti felici di quella diversità che sapevano di avere e che
coltivavano. Una diversità di cui andare fieri ma che ad
essere obiettivi non rendeva migliori o peggiori di nessuno.
Solo
di un altro pianeta, molto affascinante in realtà.
Là
c’era un energia tale che non si trovava in nessuno, un
energia che nonostante le brutture sempre peggiori che si vivevano
vista l’enorme numero di abitanti, non faceva mai esaurire la
voglia e la forza di ricominciare.
Si
ripartiva spesso da zero, spesso dopo aver affrontato casi estremi
incredibilmente shockanti, però si ripartiva,
l’orgoglio di essere di quel Paese non finiva mai,
l’energia, la forza, la luce.
Lì
ogni giorno ed ogni notte si brillava superando quelli precedenti,
dando del meglio per continuare a stupire, a differenziarsi senza
rendersi in realtà conto di quanto fossero tutti ancora
più uguali di prima.
Qualcosa
di incrollabile che mai si sarebbe spento.
Si
trovava di tutto, davvero, ogni tipo di gente ed un numero spropositato
di persone che non si fermava.
Le
città non morivano mai, non dormivano mai, continuavano a
bruciare e bruciare gonfiandosi ed ingigantendosi sempre
più, senza mai arrivare ad un limite, trovando il posto per
ognuno, sempre e comunque.
Bastava
cercare e si trovava il proprio rifugio, la propria persona, la ricerca
di una vita.
Si
trovava.
Bastava
non arrendersi mai, non fermarsi, andare sempre avanti.
E
lì tutti erano così.
Anche
David ed Angie erano così, non ne facevano eccezione.
David
era un gran bel ragazzo, fisico atletico invidiabile che chiunque,
guardandolo, ne sarebbe rimasto incantato. Viso dai lineamenti regolari
e decisi non particolarmente angelici o tentatori, ma nemmeno che
passavano inosservati. Era il classico bel ragazzo che tutti si
fermavano ad osservare la cui bellezza non era esagerata e nemmeno
gonfiata, era l’ideale di ognuno, non infastidiva, non se la
tirava e non pensava di essere quello che era. Andava avanti per la sua
strada senza basarsi sul proprio aspetto.
Ma
il suo forte erano gli sguardi, lanciava degli sguardi penetranti a
chiunque che snudavano coloro su cui si posavano imbarazzando il
destinatario di tali occhi sottili e profondi. Occhi verde bosco. Si
curava, certo, i castani capelli ricci erano corti e sempre a posto
così come i vestiti sportivi che non gli davano mai
l’idea di scapestrato.
Era
un tipo ordinato e pignolo, estremamente razionale.
Angie
gli somigliava molto caratterialmente, quasi che fossero
l’uno la copia del sesso opposto dell’altro:
razionale, ordinata e pignola. Entrambi introversi e taciturni, poco
festaioli ed esuberanti. Tipi molto tranquilli che al momento giusto e
all’occorrenza tiravano fuori il loro lato allegro e
carismatico. Ma al momento giusto.
Lei
come molte americane amava mangiare ed i fast food erano la sua croce
visti i bulbetti ai fianchi. Non erano dei chili esagerati, non si
notavano più di quelli di tante altre ragazze come lei. Non
era una bestia rara, era normale per chiunque avere qualche chilo di
troppo.
A
lei non stavano poi così male specie considerando che grazie
a quelli aveva un seno abbondante da urlo, apprezzato da chiunque.
Evidenziava i suoi punti forti.
Aveva
un viso nella norma, naso dritto e regolare, lineamenti piuttosto dolci
e morbidi, sopracciglia abbastanza folte per essere quelle di una
donna, ma che non le stavano comunque male dandole un aria un
po’ più selvatica di molte altre, grandi occhi blu
e lunghi capelli mossi color mogano. Era una bella ragazza anche se non
splendida che veniva notata e apprezzata soprattutto per i punti forti
che sapeva evidenziare, come occhi e seno.
Loro
due erano amici, ma non i migliori amici l’uno
dell’altro, si conoscevano grazie alla ragazza di lui che era
una buona amica di lei. Anche se non quella che conosceva da una vita.
Una
di quelle che andavano prese a piccole dosi, che a lungo andare
risultavano pesanti ma che prese bene e poco erano molto piacevoli e
coinvolgenti. L’anima delle serate, l’allegria
fatta persona, la vita più spumeggiante che potesse
esistere, un energia inesauribile.
Questo
quando prendeva i suoi anti depressivi.
Lei
era molto egocentrica, per sopportarla ed andarci d’accordo
bastava parlare di lei o lasciare che accentrasse
l’attenzione in qualche modo su di sé. Non era
cattiva, solo che era fatta così. Se si parlava di altro o
di altri finiva per annoiarsi e spegnersi, si accendeva solo quando era
lei al centro, l’anima, la gioia e le risa di chiunque.
Quando
non li prendeva non usciva nemmeno di casa sparendo per un
po’, permettendo così agli amici di ricaricarsi.
Era
una persona particolare che però per andare avanti aveva
bisogno di avere accanto uno a cui stesse bene stare costantemente
all’ombra e che la illuminasse per non farla mai spegnere.
Qualcuno che non si aspettava e non pretendeva nulla di particolare,
che gli stava piuttosto bene assecondarla e vegetare.
Questo
qualcuno inizialmente era stato David finché non si era
logorato spegnendosi troppo e perdendo ogni propria vitalità
ed aspirazione, ogni proprio desiderio ed obiettivo.
Quello
che lentamente David era diventato accanto a lei era un automa che
l'accontentava sempre e comunque senza percorrere più la sua
strada.
Prevalentemente
spento, gli unici momenti in cui si accendeva erano le serate con gli
amici fra cui anche Angie che pareva capirlo visto che finiva per
spiegare involontariamente all’amica e fidanzata, Kris, le
motivazioni di dati suoi comportamenti. Kris si confidava molto con
Angie anche se non erano le migliori amiche l’una
dell’altra. Angie le spiegava perché secondo lei
lui faceva così e colà e David, sentendola
casualmente, si sollevava sentendosi capito.
Così
si riaccendeva un po’ facendosi aiutare da un po’
d’alcool che non guastava mai.
Finivano
che lui ed Angie facevano sempre a gara di chi beveva di più
reggendo e alla fine il bello era che vinceva lei!
Si
divertivano molto e quel suo lato di un tempo, quel lato coinvolgente e
vivo, si affacciava ridonandogli serenità.
Però
poi quelle serate finivano, spesso con la testa castana di lui rivolta
ad un water a vomitare tutto l’alcool ingurgitato, e
ritrovava la sua annoiata ed infelice realtà di ombra.
L’ombra
di Kris che stava sempre peggio di lui, che se l’era vista
sempre peggio e che peggio sarebbe sempre stata ma che grazie alle sue
forze, e non all’aiuto del suo ragazzo, ce la faceva ed
andava avanti.
E
grazie agli anti depressivi.
No,
Kris non era una persona cattiva ma sbagliava il modo di aiutarsi,
visto che per risalire (o illudersi di farlo) faceva affondare ancor di
più colui che l’affiancava.
Forse
probabilmente avevano solo dato e preso tutto quel che potevano
l’uno dall’altro e la relazione era finita senza
che se ne rendessero conto, chi poteva dirlo.
Anche
se erano molto diversi e di norma gli opposti si attraevano, il punto
cruciale era che per una che per stare su aveva bisogno di anti
depressivi, non poteva stare con uno che di natura non era la creatura
più esuberante del mondo.
Stessa
cosa valeva per lui ovviamente.
Uno
così serio e tutto d’un pezzo aveva bisogno di uno
che lo capisse e lo spalleggiasse incoraggiandolo a tirarsi su e a
brillare, non di una che per splendere gli rubava la sua luce senza
capirlo e condividere nulla con lui.
Era
stata una relazione molto bella all’inizio, si erano dati
tanto, ma quel che avevano era finito ed esaurito ed ormai non rimaneva
che riconoscere le sconfitte ed i limiti.
La
fine.
Semplicemente
la fine.
Una
fine che arrivò un po’ da parte di entrambi.
Tutti
e due sapevano da molto tempo che non si amavano più e che
non potevano continuare così, a stare insieme.
Infatti
senza che nessuno facesse nulla, senza che nemmeno lui si rendesse
conto che ormai non si eccitava più per Kris ma per il seno
di Angie e che non faceva da mesi l’amore con lei ma sognava
di farlo con la sua amica, decisero di comune accordo di lasciarsi.
Lei
gli disse che aveva bisogno di uno più vivo, lui le disse
che aveva bisogno di una che non gli succhiasse via ogni energia
calpestandolo a quel modo.
Prosciugandolo.
Così
finì.
Senza
nessun tradimento reale, senza nessuna litigata, senza nessun rimpianto.
Smisero
anche di frequentare gli stessi locali con la fortuna che lì
ce ne erano uno ad ogni angolo di città. L’unica
cosa che non mancavano erano quelli.
Lei
evitò accuratamente ogni luogo che sapeva lui frequentava da
sempre e lui non si sprecò a fare nemmeno quello,
consapevole che sarebbe stata lei ad evitarlo.
Così
a continuare a vedersi non furono come tutti si sarebbero aspettati
Angie e Kris ma bensì Angie e David.
Come
fu possibile?
Semplicemente
entrambi erano terribilmente abitudinari e non avrebbero mai cambiato
le loro routine e i loro giri per nulla al mondo. La ragazza si disse
che avrebbe visto Kris di proposito fuori da lì, mettendosi
d’accordo, cosa che poi non avvenne, Kris preferì
cambiare anche il giro degli amici per non correre il rischio di
rivederlo.
Aveva
bisogno di risollevarsi, di cambiare, di riprendersi, di
rinascere… di nuove energie vive intorno.
Così
non si rivide più lì al solito locale.
Fu
molto difficile per David che prese a bere ancor più di
prima e più si chiedeva perché diavolo bevesse
per una storia che aveva desiderato con tutto sé stesso
finisse, più beveva.
Era
un ragazzo che tutto sommato reggeva bene l’alcool, anche se
non come Angie, come tutti gli americani dopo tutto, però in
quel periodo particolarmente auto distruttivo non resse più
nulla ed una sera raggiunse l’apoteosi del suo affondo.
Affondo che fu anche la sua fortuna, tutto sommato. Poiché
trovò la sua salvezza.
Una
salvezza dai lunghi capelli mossi sciolti sulla schiena e da un top
primaverile leggero decisamente troppo scollato, come al solito del
resto, che evidenziava un seno invidiato da molte donne siliconate e
desiderato da molti uomini.
Bè,
avere dei piccoli chiletti di troppo aveva i suoi vantaggi…
Come
al solito quella sera Angie si era diretta al suo locale preferito per
vedere chi vi avrebbe trovato.
Era
sola ma sapeva che nel giro che frequentava il posto c’erano
quasi tutti i suoi amici, quindi non aveva bisogno di mettersi
d’accordo con loro per trovarsi.
Quando
entrò non era poi tanto presto poiché aveva
cenato con tutta la calma del mondo dai suoi, quindi era passata da
casa sua, abitava da sola, per cambiarsi e sistemarsi, poi si era
avviata al locale. Le piaceva perché non era troppo casinaro
ma nemmeno troppo deprimente. Una via di mezzo ideale.
Però
nonostante non fosse nemmeno troppo tardi, quel che vide le fece subito
capire cosa era successo.
Non
l’aveva visto in giro per un po’ e non aveva
più visto nemmeno Kris.
Aveva
saputo da lei che si erano lasciati, si erano viste altrove un
pomeriggio, Kris si era sfogata come al solito facendosi spiegare i
comportamenti di David e poi con la promessa di rivedersi non era
più successo.
Angie
non l’aveva cercata perché non era tipo che
cercava qualcuno e poi non le era piaciuto come si era comportata con
lui. Fra i due quello che capiva maggiormente era proprio David.
David
che aveva finalmente rivisto quella sera, appoggiato al bancone, a bere
e ridere ubriaco con chiunque capitasse.
O
per lo meno lei pensò fosse ubriaco visto che non
l’aveva mai visto ridere tanto, nemmeno con lei quando
entrambi erano di luna buona.
Sospirando
titubante gli si avvicinò con un sorriso di saluto sulle
labbra come sempre poco truccate, quindi lo salutò dandogli
una piccola pacca sulla spalla sudata dove la maglietta si attaccava
alla pelle. Fu un piccolo contatto ma bastò per sentire i
suoi muscoli guizzare al suo breve tocco.
David
si girò e quando la vide lì accanto a lei gli
sembrò come se tutto gli apparisse chiaro. Chiaro
più di quanto mai non avesse visto qualcosa in vita sua e
sorrise in maniera lucida e sobria.
Ricambiò
il saluto in maniera semplice spostandosi per farle posto accanto a
sé. Lo sguardo che si scambiarono fece capire ad Angie che
non era davvero ubriaco ma solo molto diverso dal solito. Con una
grande volontà di perdere il controllo per toccare il fondo
e provare finalmente a risalire.
“Sembra
che non ha ancora capito che strada vuole percorrere. Ora che non
è costretto a seguire quella di qualcun altro e
può decidere da sé, è confuso e non sa
bene cosa vuole. Però penso sia sulla buona strada per
capirlo, non so perché ma sento che è
così. “
Subito
dopo quello scambio di sguardi molto penetrante e significativo, serio
come poche volte era stato, lui tornò a fare la parte
dell’ubriaco disorientandola, continuando a bere a ruota
libera e a far bere anche lei.
Molti
altri del giro si avvicinarono a loro facendo come sempre festa,
ridendo e scherzando, ma lei non si sentì di allontanarsi da
lui nemmeno un secondo. Non capiva se fosse davvero partito o se
l’impressione di prima fosse giusta.
Non
capiva fino a che punto lo faceva e fino a quale lo era.
Nel
dubbio preferì non mollarlo poiché sapeva bene
che anche se molti gli erano intorno, pochi gli avrebbero sostenuto la
testa nel water o riaccompagnato a casa.
“Già…
peccato che nemmeno io so dove abiti! Vabbè…
intanto bisogna capire se è davvero ubriaco oppure se lo
fa!”
Pensò
la ragazza che con disinvoltura lo assecondava facendolo comunque
divertire non poco.
Era
contenta.
Nel
dispiacere per i suoi due amici, era stranamente contenta di averlo
lì e di non avere invece Kris.
Non
se lo seppe spiegare, era così e basta.
Come
spesso era capitato che si fermasse ad osservarlo di nascosto pensando
che fosse davvero un bell’uomo.
Non
le passò lucidamente per la testa che ora era libero e
disponibile e che se voleva poteva anche ammettere che in fondo le
piaceva. Per quanto razionale fosse, preferiva tenere sotto controllo
anche i suoi istinti primordiali, come lui.
Ma
per quanto ce l’avrebbe fatta?
La
serata si concluse tardi, quando ormai il locale si avviava lentamente
alla chiusura e tutti i loro ‘amici’ se ne erano
andati. Come da lei previsto lui si trovò apparentemente
incapace di guidare, così quando il barista aveva chiesto se
ci pensava lei o se doveva chiamare un taxi, ad Angie era venuto
spontaneo dire che l’avrebbe accompagnato lei.
Solo
dopo aveva pensato (cosa strana per lei visto che prima pensava e poi
parlava, di norma) che non sapeva dove abitava.
“E
mo’ dove lo porto?”
Si
trovò dietro di lui a giocherellare con le chiavi della
macchina, mentre pensava al da farsi, quindi quando lo vide barcollare
pericolosamente verso un lato si affrettò istintivamente
verso di lui prendendolo e sostenendolo. Lo cinse con un braccio
portandosi il suo intorno alle spalle e tenendogli la mano per
impedirgli di scivolare a terra si dimenticò di considerare
il suo tasso alcolico per assicurarsi che fosse davvero ubriaco.
-
Non posso nemmeno chiamare Kris per chiederle dove abita
David… - Cominciò a lamentarsi ad alta voce
mentre lo conduceva con una certa fatica verso il proprio abitacolo.
Lui
parve non ascoltarla, come se fosse in uno stato catatonico. Non diceva
più cazzate, non rideva più, non biascicava
nemmeno. Si faceva sostenere da lei e con un aria seria e assente
pensava a chissà cosa senza fare nulla.
-
Sei sicuro di essere 'andato'? Non è che fai solo finta?
– Poi si rispose da sola, senza aspettare lui: - Si,
bè, e perché dovresti fare finta? Sei idiota ma
fino a questo punto non penso… - Dopo questa considerazione
che non fu apparentemente calcolata dall’interessato,
aprì la macchina e la portiera del passeggero, quindi
appoggiandolo contro di essa attese prima di infilarlo dentro. Riprese
fiato e si sistemò i capelli, quindi continuando a
sostenerlo con una mano per evitare che scivolasse a terra, lo
guardò da quella posizione piuttosto ravvicinata. Lo
osservò così come di norma faceva lui con tutti,
anche con lei. Ma non in quel momento. In quel momento la guardava,
certo, e lo faceva con quei suoi occhi verdi sottili molto penetranti,
ma sembrava andarle attraverso. Come se vivesse un'altra
realtà.
-
Sembri un drogato, altro che ubriaco! – Commentò.
Poi sospirò osservando come la sua pelle imperlata di sudore
lo rendeva ancor più attraente del solito.
Nell’abbraccio forzato aveva evitato di far caso a
com’era toccare quel bel corpo atletico, però
sapeva che non avrebbe potuto farne a meno ancora a lungo e quando ci
avrebbe fatto caso, la sensazione che avrebbe provato non sarebbe stata
facilmente dimenticabile. Lo sapeva.
-
Va bene, vieni da me, non posso nemmeno mollarti in un
albergo… poi magari domani ti svegli e nemmeno sai dove sei.
– Però la domanda continuava ad assillarla. Era
davvero ubriaco? O quello sguardo in realtà significava
molto di più? Un 'molto' che ancora non era in grado di
decifrare? Una cosa era certa, ancora una volta le metteva i brividi ed
erano sempre più intensi e piacevoli.
Aveva
sempre un modo di guardare gli altri che metteva soggezione ed
incantava al tempo stesso.
Rimase
inebetita a fissarlo per un po’, poi scuotendo il capo lo
infilò poco gentilmente nel veicolo, nel sedile anteriore.
Lui non si lamentò e non oppose resistenza.
Appoggiò la testa all’indietro e tirando
giù il finestrino guardò fuori, il cielo che non
si vedeva, facendosi colpire in viso dall’aria inquinata
della città notturna. Era abbastanza fresca da riportarlo in
qua.
Quando
giunsero a destinazione e sempre con abbracci forzati furono in casa,
lo adagiò provvisoriamente seduto sul proprio letto correndo
in fretta a preparare il divano per farlo dormire lì.
L’avrebbe
anche ficcato in bagno con due dita in gola per farlo tornare presto in
sé, ma preferì evitare lo spiacevole evento
decidendo che una dormita gli sarebbe stata più che
sufficiente.
Alla
fine quando il divano fu pronto per la notte, tornò da lui
in camera sua, nella stanza adiacente divisa solo da un piccolo
corridoio. Lì si fermò interdetta a fissarlo.
David
era ancora seduto così come lo aveva lasciato, immobile, con
la schiena leggermente ricurva e lo sguardo assorto perso nel vuoto.
A
cosa pensava con quell’aria così poco ubriaca ma
nemmeno davvero lucida?
Decifrarlo
sarebbe stato impossibile perfino per lei che di norma lo capiva sempre.
Erano
molto simili, si limitava a chiedersi cosa penserebbe lei se fosse al
suo posto e trovava sempre le risposte giuste, ma lì, in
quel momento, non ne fu in grado. Si sentì incredibilmente
diversa da lui e ne fu quasi contenta, non se lo spiegò
molto.
Allora
mosse qualche passo nella sua direzione e rimanendo in piedi
lì davanti, dopo alcuni secondi di silenzio e
contemplazione, glielo chiese con un sussurro:
-
Ma perché stai così? Non ti meritava…
- E nel momento in cui lo disse si rese conto di averlo sempre pensato
ma di non aver mai avuto il coraggio di ammetterlo. Si rese anche conto
di aver appena detto qualcosa di irrazionale e non ponderato. Di nuovo.
Quante
altre cose pensava e non aveva mai avuto il coraggio di dirsele?
Quanto
sarebbe uscito fra loro quella notte?
Un
brivido l’attraversò e si intensificò
quando il suo sguardo si posò su di lei. Quello sguardo
penetrante che spogliava e che ora era anche più
indecifrabile del solito. Lì lo capì.
Non
era per nulla ubriaco.
Semplicemente
aveva voluto con tutto sé stesso stare solo con lei.
Ma
non si sentì ingannata, non le dispiacque, anzi, tutto al
contrario.
-
Volevo capire cosa desideravo, perché stando con lei avevo
messo tutto da parte. Stasera l’ho capito e non ho trovato un
modo migliore per realizzarlo. – Parlò con un tono
di voce roco e basso ma completamente chiaro e lucido. Angie
inghiottì a vuoto presa da una forte emozione, quindi non
capì più nulla quando sentì la sua
mano prendere la propria per poi attirarla a sé, abbassarla,
prenderla anche per l’altro braccio ed infine farla
inginocchiare sul letto a cavalcioni su di lui. Lui che si stese con la
schiena sul materasso portandosela giù con sé.
Lento
e con una sensualità innata.
Dopo
di che scivolando con una mano dietro alla sua nuca, immergendo le dita
fra i lunghi e morbidi capelli mogano, attirò il viso al suo
e finalmente poté poggiare le labbra sulle sue. Erano
entrambe morbide e calde, pulsanti, umide e piene di desiderio. Un
desiderio che si rivelò interamente solo in quel primo
contatto impensato.
Solo
le loro labbra dapprima si fusero assaggiandosi, successivamente,
quando i loro battiti andarono accelerando insieme ad ogni altro senso,
si trovarono ad aprire le bocche e a cercarsi con le lingue fino a
trovarsi e fondersi insieme. Giocarono con sensualità,
muovendo appena le teste per unirsi ulteriormente aiutati dalle loro
mani che da sole si mossero esplorando il corpo altrui.
Lui
fu il primo a scendere sulla sua schiena, a carezzarla, ad infilarsi
sotto la maglia, a toccare la sua pelle calda e liscia e poi a scendere
sul fondoschiena morbido e pieno, sempre sotto i vestiti, continuando
quel contatto via via più intimo e seducente.
Lei
in seguito si decise a sconnettersi del tutto lasciandosi finalmente
andare a ciò che provava istintivamente, proprio come si era
deciso a fare lui. E scivolò con le mani sotto la sua
maglietta alzandola e scoprendogli il petto. Finalmente si concesse di
toccarlo liberamente assaporando con i polpastrelli quei muscoli
cesellati che a lungo aveva immaginato di toccare senza osare
ammetterlo da sveglia.
Sentì
i suoi addominali, i suoi pettorali, i suoi capezzoli e poi le sue
spalle, ogni parte che poteva essere esplorata da lì. Poi
proprio mentre lui risaliva di nuovo spostandosi sul suo seno, lei
scendeva alla sua vita slacciandogli i jeans che gli fasciavano molto
bene le gambe. Con l’anticamera del cervello si chiedeva che
diavolo stesse facendo, come potesse e con che giro mentale fosse
arrivata lì, ma poi ogni ragionamento finiva cancellato da
quel piacere fisico che si stavano concedendo e trasmettendo.
Lui
le slacciò il reggiseno potendo finalmente toccare a piene
mani il suo seno prosperoso che lo riempì togliendogli il
fiato, lei non riconoscendosi più per l’audacia
infilò la mano sotto i suoi boxer cominciando a toccargli e
carezzargli la sua intimità. Non l’aveva mai
fatto, non così per lo meno, non buttandosi a quel modo, non
a luci così rosse, non senza la minima
razionalità.
Eppure
pensare di esserlo in momenti simili era pura utopia.
Fai
l’amore con qualcuno perché lo desideri
intimamente e non c’è ragione o
razionalità in ciò.
Nasce
da dentro, dal basso ventre, dal petto, ma non dalla testa.
Se
ci ragioni perdi tutto.
Ecco
perché abbandonarono ogni remora per lasciarsi completamente
andare fra le loro braccia.
David
le sfilò il top insieme al reggiseno, quindi la
lasciò nuda sulla parte superiore e staccando le loro bocche
si tirarono su seduti, l’alzò in ginocchio ed una
volta all’altezza giusta l’attirò di
nuovo a sé prendendo ancora i seni fra le mani ma questa
volta per prenderli fra le labbra. Succhiò tormentando i
capezzoli, dandole piacere con esperienza e desiderio, quindi dopo
averlo eccitato abbastanza sfilò la mano dai suoi pantaloni
e gli sfilò dalle braccia la maglietta, continuando ad
accarezzargli la schiena, sentendo le linee dei suoi muscoli che
guizzavano eccitati ai suoi tocchi leggeri ed esplorativi.
I
respiri erano sempre più corti così come i
desideri e la pelle accaldata, dopo un nuovo bacio che andò
in crescendo, più veloce ed eccitato del primo, si tolsero
vicendevolmente il resto degli indumenti e David ribaltò le
posizioni mettendola stesa sotto di sé, dopo di che scese
sul suo corpo lasciandole un’umida scia di baci languidi fino
a finire in basso, allargando le sue gambe e a leccare il suo piacere.
Le trasmise delle scariche elettriche che la sconnessero ulteriormente
facendole premere la testa all’indietro sul materasso e
afferrare il lenzuolo sotto di sé. Non era la prima volta
eppure le sembrava che lo fosse. Che nessuno l’avesse toccata
così a fondo, dandole delle sensazioni così
speciali e profonde. Come se cominciasse a vedere un altro universo.
I
suoi sospiri strozzati si levarono nella stanza e quando il suo cuore
fu abbastanza al limite, come anche i rispettivi desideri
incontenibili, lui risalì a ricoprirle il corpo col suo
forte e teso, quindi baciandole le labbra fino ad approfondire con le
lingue che danzarono nuovamente con più audacia e frenesia,
succhiandosi e possedendosi, lui lentamente e dolcemente si
accostò a lei e come se fosse qualcosa di terribilmente
delicato e al contempo incredibilmente desiderato, entrò in
lei così come aveva a lungo sognato di fare, come da molti
mesi non faceva perché non desiderava più Kris da
tempo.
Gli
parve di essere di nuovo in uno di quei suoi sogni insensati e
proibiti, gli parve di essere in una dimensione irreale, gli parve di
stare troppo bene per essere al mondo. E con un sospiro di piacere
smise di muovere la lingua nella sua bocca, lasciando solo un appannato
contatto di labbra. Lei sentì un certo dolore nonostante la
sua preparazione precedente l’avesse fatta bagnare
completamente persa nell’eccitazione, quindi
affondò istintivamente le unghie nel collo di lui fino a
scivolare nelle spalle e lì affondare ulteriormente. Questo
incontrollato gesto di passione e dolore trasmise una forte scossa di
desiderio in lui che prese a muoversi più preso di prima,
chiudendo gli occhi e tirandosi su per poi ridiscendere, uscendo e
rientrando, prendendo quel ritmo che lentamente si intensificava grazie
anche al piacere che usciva dai loro corpi come scariche elettriche.
Partirono
insieme e non seppero dove si ritrovarono ma capirono di essere ancora
insieme, così Angie semplicemente sciolse le dita dalle sue
spalle per cingere il suo collo in un abbraccio che
l’aderì a sé, pieno di sentimento e di
istinto.
Lo
sentiva. Lo sentiva così tanto che una lacrima
scivolò dai suoi occhi chiusi e stretti.
Come
si poteva privarsi di un tale momento d’indescrivibile follia
ma profondamente bello e perfetto?
Capì
facendolo che l’aveva desiderato a lungo ma che semplicemente
non aveva mai avuto il coraggio di ammetterlo a sé stessa
per onestà, capì che non era possibile lottare
contro qualcosa che superava di un milionesimo le proprie forze.
Capì anche di non aver mai lottato davvero ma di aver solo
segretamente sperato che qualcosa per sé stessa accadesse.
E
che fosse quello.
Quando
raggiunse l’apice anche lui, fu un po’ come se lo
trovasse anche lei nonostante fosse successo prima di
quell’unione totale, e stretti l’uno
sull’altro non capirono più nulla tendendosi e
cercandosi, volendosi, premendosi e chiamandosi.
Persero
completamente il contatto con la realtà per un bel
po’, poi semplicemente si trovarono stravolti l’uno
sull’altro, abbracciati, sudati, accaldati e felici.
Incontaminata felicità.
Meritata.
Dopo
un po’ in quello stato lui cercò le sue labbra e
trovate le baciò leggero e dolce, quindi adagiando la testa
sul suo seno morbido mormorò roco:
-
Era questo che desideravo. Lo vuoi anche tu? –
Fare
una domanda simile dopo aver fatto l’amore era un
po’ insolito, qualcosa non da lui, però
così fu e mentre lei si chiedeva se fosse serio, la sua
parte razionale tornò prima di quella di David, infatti
rispose:
-
Oh bè… vediamo come va… - Il meglio
che si potesse pretendere da una come lei!
Decisamente
quel Paese era un posto vivo e diverso, dove l’anormale
diventava normale con una facilità disarmante.
E
la razionalità veniva vinta dall’istinto.