CAPITOLO II:
PRESA DI COSCIENZA

/Forever - Papa Roach/
Lo scroscio della doccia copriva ogni altro suono, così come il vapore dell'acqua bollente impediva alla vista di vedere bene forme e colori.
Il piacere di quel momento portato dalle gocce che gli ricadevano addosso spazzando via ogni pesantezza, era come sempre impareggiabile.
Poteva arrivare a fine giornata stanco morto senza la forza di reggersi in piedi ma la doccia non se la toglieva mai, la faceva sempre per poi rinascere e riprendersi almeno in parte.
Il resto lo faceva il proprio letto ed un bel sonno completo.
Peccato che per qualche tempo avrebbe dovuto accontentarsi del letto di qualcun altro, così come della doccia.
Casa sua, un piccolo appartamento utilizzato solo per dormire e per lavarsi, era purtroppo fuori gioco e probabilmente lo sarebbe stato per un bel po' di tempo dal momento che si era rotto tutto l'impianto elettrico e che per rifarlo da cima a fondo non ci sarebbe voluto un attimo!
Quelle sfortune potevano capitare solo a lui ma era anche vero che quella dove sarebbe stato per quel mesetto, non era una casa estranea. Ci aveva vissuto da piccolo fino a che non aveva potuto andarsene per conto suo, stare lì era come un ritorno alle origini.
Sarebbe stato strano ma non troppo, ci passava comunque molto tempo per stare con suo padre e suo fratello, inoltre se non mangiava lì tendeva ad evitare il pasto, quindi i suoi familiari preferivano vederlo con loro piuttosto che saperlo a digiuno!
Don non si curava mai molto di sé stesso.
Con l'acqua calda che scivolava sulle curve perfette e muscolose del suo corpo adulto e ben formato, lavando via la schiuma, si passava le mani addosso soffermandosi in modo particolare sui capelli scuri più lunghi di quanto non li avesse mai avuti.
Si era chiesto se fosse il caso di tagliarseli ma sentendo un apprezzamento scherzoso di Charlie riguardo a quel suo look aveva deciso di lasciarli così com'erano, un poì più lunghi del suo solito e spettinati come volevano stare.
La sua mente, tuttavia, era completamente rivolta alle parole del suo superiore.
Il ricordo di poche ore prima, quando si era trovato nel suo ufficio a concludere quello che poi si era trasformato in una specie di interrogatorio, era ancora vivo e l'aveva lasciato spiazzato.
Era iniziato tutto per difendere Charlie e raccomandarlo al capo in modo che gli ritornasse le sue autorizzazioni, era poi finita per essere lui quello preso di mira.
Quel bastardo che si era sempre finto amico di Don, altro non era che probabilmente colui che lo detestava nel modo più accanito.
Mandare via Charlie era stato solo un modo per colpire lui e spingerlo ad andarsene.
Il colloquio pro Charlie si era trasformato in una specie di inchiesta contro Don!
Aveva addirittura chiesto a tutti i membri della sua squadra cosa pensassero del proprio super visore e che modi di lavorare avesse. Fortuna che l'avevano tutti difeso e che di loro, lo sapeva ad occhi chiusi ora, poteva fidarsi.
Sapeva bene che in alcuni momenti aveva calpestato lui stesso la legge esagerando non poco per ottenere i suoi risultati che, per quanto buoni fossero, non giustificavano i mezzi.
Un esempio eclatante era tato il rapimento di Megan, quando per farsi dire dal complice della rapitrice dove la tenesse, chiuso nella sala degli interrogatori senza video e coi vetri oscurati l'aveva picchiato a sangue facendolo finire in ospedale!
Il caso si era risolto bene e Don si era addirittura trovato ad uccidere anche la donna che aveva rapito Megan, non era stato preso un provvedimento serio se non che poi lui era stato mandato dallo psicologo!
Il fatto che il suo capo ce l'avesse con lui e cercasse in tutti i modi di mandarlo via calpestando addirittura Charlie, lo mandava naturalmente in bestia.
Non erano quelli i modi, non era giusto.
Se ce l'aveva con lui doveva lasciare in pace suo fratello e ridargli quelle dannate autorizzazioni. Anche se aveva fatto qualcosa che non doveva, non era un vero pericolo per l'FBI e per nessun'altro.
Alla fine della giornata, dopo che aveva visto i propri uomini interrogati uno ad uno su di lui, era entrato nel suo ufficio e aveva concluso con decisione e determinazione dicendo che senza Charlie non poteva lavorare e che si sarebbe dimesso se non fosse stato riammesso come consulente nella sua squadra.
Non aveva aggiunto altro.
Era stato Carl, il suo capo, a dirgli che lui e suo fratello erano dannatamente uguali!
Lo stupore che l'aveva colpito si era dimostrato in un sorriso di sorpresa che gli aveva illuminato il viso.
Uno di quelli rari che non sfoderava facilmente.
Aveva risposto contento che nessuno glielo aveva mai detto e se ne era andato. Non aveva mai pensato di essere né simile né uguale a lui ma ne era estremamente felice.
Sapere di esserlo gli aveva ribaltato la giornata del tutto dandogli un buon umore che non aveva avuto per tutto il tempo.
Non se lo era spiegato, si era sentito così e basta.
Ora sotto la doccia, chiudendo il rubinetto, si chiedeva cosa avrebbero deciso i piani alti dopo il rapporto di Carl. Era fortunato che non spettasse a lui l'ultima scelta ma non era molto confortante, in fondo.
Lo voleva chiaramente fuori e quella era un ottima opportunità.
Bastava non accettare Charlie e lui se ne sarebbe andato!
Sospirando con la fronte aggrottata si obbligò a ripensare al paragone con suo fratello.
Erano così diversi... in cosa erano uguali?
Forse anche Charlie l'aveva difeso nel suo colloquio... non se lo immaginava ma non poteva che essere così. In fondo era quello ciò che aveva fatto, niente di più.
Con ancora molte domande nella testa, Don uscì dal box della doccia fatto di piastrelle e vetri smerigliati, quindi prese un asciugamano rosso e se lo avvolse alla vita sentendo le gocce corrergli e solleticargli il corpo bagnato e lucido.
Si passò in fretta le mani fra i capelli per scrollarseli dall'acqua, quindi li lasciò spettinati e non più attaccati alla testa ed uscì dal bagno.
Lo stomaco gli brontolava non poco, solo quando era lì gli veniva fame!
Ma ciò di cui aveva più bisogno in quel momento era un birra fresca. Con quella pensava meglio!
Lasciando dietro di sé una scia di pozze mentre scalzo si dirigeva verso la cucina, ignorando la decenza che gli diceva di doversi asciugare e vestire prima di prendersi un accidente o di incontrare qualche ospite consueto girare per casa Eppes, giunse in sala da pranzo dove trovò chino sul tavolo suo fratello alle prese con dei fogli pieni di numeri e calcoli. Non vi si soffermò oltre e salutandolo entrò subito in cucina per prendersi la sua birra.
Sapeva che suo padre quella sera era fuori quindi quando era arrivato trovandosi casa vuota, era andato subito a mettere giù il borsone coi suoi cambi e a farsi una doccia. Charlie non era ancora arrivato.
Il giovane matematico lo salutò distratto e subito dopo alzò la testa di scatto come una molla con un espressione interrogativa e corrugata.
Ma ho visto bene?”
Si chiese avendo intravisto appena la figura del fratello mezzo nudo e bagnato passargli dietro.
Si girò accigliato verso la porta che dondolò una seconda volta rivelando nuovamente Don proprio come gli era parso un secondo prima.
Mezzo nudo e bagnato!
Dimostrando ulteriore stupore, sgranando gli occhi e lasciando aperta la bocca, per un attimo la sua testa piena di nozioni divenne una lavagna nera e vuota. Uno dei suoi terrori, in effetti, considerando che era un matematico che lavorava con le lavagne!
Don si appoggiò con una sola mano al mobile davanti a lui, al di là del tavolo dietro cui era seduto, incrociò le gambe e si mise a sorseggiare la birra che si era appena preso ed aperto.
Con una muta domanda nello sguardo gli chiese cosa avesse e Charlie con un altrettanta muta risposta si strinse nelle spalle scuotendo energicamente la testa senza avere la minima idea di che cosa dire.
- Papà non te lo ha detto? - Charlie ancora non riuscì a dire nulla, quindi l'altro riprese: - Ho l'impianto elettrico rotto, ci vorrà un mese per rifarlo tutto così starò qua intanto. -
A quello ci potevo arrivare da solo, ma la mia domanda era: che fai mezzo nudo e bagnato?”
Pensò con le corde vocali atrofizzate e la gola secca. Cominciò a mordicchiarsi le labbra a disagio e questo fu indicativo per Don.
- Qualcosa non va? - Chiese quindi rimanendo tranquillo lì facendo sfoggio di sé e del proprio bel corpo. Per lui non c'era niente di male, a casa girava sempre mezzo nudo e gli piaceva stare un po' così prima di vestirsi. E poi loro erano come fratelli, che problema ci poteva essere a ritrovarsi in quelle condizioni?
Certo, sapeva che Charlie era un po' pudico poiché da piccoli mentre lui gironzolava come niente fosse senza maglietta per giocare a baseball o a basket, quello sembrava essere un tutt'uno coi propri vestiti!
Non si era quasi mai spogliato davanti a lui e forse era perché non l'aveva mai considerato un vero fratello.
Non si era comunque posto il problema.
- Charlie, hai problemi se giro così? Io lo faccio sempre a casa, anche quando vivevo qua lo facevo quindi... ma se ti dà fastidio mi vesto subito! - Questo slancio di gentilezza nei suoi confronti lo spiazzò di nuovo e come se non fosse abbastanza senza parole, si trovò ad imporsi sulla sua testa che non gli dava più ordini di alcun tipo se non quello di fissarlo come un alieno.
Ma quando provò a dire qualcosa il rossore colpì le sue guance dimostrandolo chiaramente imbarazzato:
- N-no, n-non p-preoccuparti. F-fa come s-sempre. -
A Don non parve molto convinto ma del resto se non glielo diceva non poteva costringerlo!
Quando non avrebbe più voluto vederlo così, semplicemente l'avrebbe avvertito, si disse dimenticandosi di nuovo che anche se uno su mille gli aveva suggerito che erano uguali non era vero in ogni campo!
- Sai una cosa? - Iniziò così senza spostarsi da lì, in modo da essere ben visibile nella sua interezza. - Carl oggi mi ha detto che siamo uguali io e te. Che si vede che siamo fratelli. - Con quello l'attenzione di Charlie si spostò dal corpo quasi nudo che aveva davanti, un corpo atletico e ben formato, per guardarlo stupito in viso.
- Davvero? - Don annuì con un mezzo sorriso appena accennato. Al giovane piacque trovandolo sensuale al cento per cento! - Ma sa che non lo siamo in realtà? - La domanda fu insolita, si sarebbe aspettato una cosa tipo ' ma dove ci vede simili?', suo malgrado rispose dopo aver bevuto un altro sorso:
- Nel mio file c'è tutto su di me ma non credo si sia dato pena per leggerlo. La maggior parte ci crede davvero fratelli. -
Il giovane rimase assorto a fissare il suo viso ormai asciutto dove quell'ombra di malizia era passata. Sforzandosi di non guardare di nuovo il resto del corpo si concentrò sul discorso, quindi continuò giocherellando nervoso con la matita che aveva in mano:
- E in cosa siamo uguali? - Finalmente chiese.
Qua, il maggiore tornò nuovamente a fare quel cenno di sorriso divertito da qualcosa che l'altro non riusciva ad immaginare, quindi lo sentì parlare ancora stringendosi nelle spalle, facendo fare ai muscoli delle braccia un guizzo che catturò come una calamita il suo sguardo chiaramente teso:
- Non lo so... devi aver detto o fatto qualcosa che ho fatto anche io... -
Pensa, Charlie. Pensa e non fissargli le braccia e le spalle! Pensa e guardalo negli occhi!”
Si impose il moro dai capelli ricci tutti intorno al viso. Gli occhi di Don erano castani simili ai suoi e lo fissavano con la solita intensità con cui faceva con chiunque. Penetrava le persone, non le osservava e basta come faceva lui!
- Io... - Si trovò di nuovo con la gola secca e le corde vocali dure, tossicchiò, inghiottì a vuoto e continuò: - Io gli ho solo detto che tu eri indispensabile per la squadra e che se si aspettava che ti calpestassi per poter riavere le autorizzazioni si sbagliava di grosso, piuttosto ne facevo a meno! -
Questa volta fu Don a stupirsi delle sue parole e spegnendo quel cenno dalle labbra dimostrò l'incredulità nell'espressione di norma tenebrosa:
- Davvero? - Chiese credendo lo prendesse in giro.
Qua Charlie si drizzò sulla sedia lasciando perdere la matita, quindi colto sul vivo rispose più deciso, dimenticandosi finalmente del suo imbarazzo:
- Certo, Don! Non potevo consegnarti a quello squalo! Lui ti vuole fuori ed era disposto anche a metterci l'uno contro l'altro pur di riuscirci! Ma ha sprecato il suo tempo! Piuttosto rinuncio alle consulenze per l'FBI! -
Questo discorso fatto con aria sostenuta e lievemente offesa per lo stupore che albergava negli occhi del fratello che non lo credeva capace di una cosa simile, colpì molto Don che non gli staccò lo sguardo di dosso come se quello mezzo nudo fosse lui, ora!
E Charlie si sentì effettivamente così... come se lo stesse spogliando!
All'idea divenne paonazzo e si alzò di scatto dalla sedia passandosi agitato le mani sul viso e poi fra i ricci, ingarbugliandoli ulteriormente. Don continuava ad osservarlo senza parole, quindi lui non avendo idea di che cosa fare si costrinse a non scappare, conscio che non avrebbe avuto senso e non avrebbe saputo spiegarlo!
L'altro a quel punto si staccò dalla propria postazione e cominciando a camminare lentamente e casualmente, dopo aver quasi finito la bottiglia, gli arrivò davanti e lì si fermò impedendogli una possibile fuga, quindi serio e imperscrutabile disse:
- Anche io ho detto una cosa simile. - Non specificò cosa e malgrado Charlie morisse dalla voglia di saperlo, non gli chiese nulla ritrovandosi per la millesima volta in poco tempo con la gola arsa. Si limitò a scrutarlo col fiato evaporato dai polmoni e occhi sgranati ben puntati in quelli altrettanto castani che aveva a poca distanza da sé. Cosa pensava?
Si trovò a domandarselo mentre l'ansia più assurda mai provata saliva alle stelle.
Perché non faceva mai capire ciò che provava?
Gli altri potevano solo immaginarlo ma erano sempre certi di non riuscire ad arrivargli nemmeno lontanamente vicino. C'era poco da fare.
Don per lui era sempre stato un mistero, tutto quel che poteva fare era continuare a rincorrerlo cercando di raggiungerlo.
E comunque non si accorgerà mai di niente...”
Concluse a sé stesso con una delusione crescente.
Il cuore però continuò a battergli all'impazzata nel petto fino a fargli credere fermamente che anche quello che in realtà non era suo fratello, potesse sentirlo.
Rimasero a fissarsi così per un istante, in piedi l'uno davanti all'altro, poi Don finì la birra senza staccare gli occhi dai suoi e posò la bottiglia vuota sul tavolo a fianco.
Rimanendo nel silenzio più completo, infine, se ne andò per vestirsi.
Non disse altro sull'argomento.
Rimasto solo, Charlie si sentì come se gli tagliassero i fili e cadde sfinito sulla sedia dietro di sé nascondendo il viso fra le mani di nuovo, questa volta non si mosse a lungo pensando stralunato alla micidiale sensazione che aveva provato fra l'averlo lì in quelle condizioni e le cose che gli aveva detto.
Aveva praticamente ammesso che non voleva lavorare senza di lui, che voleva continuare a stare con lui e che l'aveva difeso e protetto col suo capo a scapito della propria carriera!
O almeno quello gli rimaneva da immaginare con la sua logica, secondo ciò che gli aveva solamente accennato l'altro.
Cosa sta succedendo? Pensavo si trattasse solo di raggiungere quello che ho sempre considerato un fratello.
Pensavo fosse solo la ricerca di... di Don!
E di questo si tratta ancora, in effetti, ma non per le stesse motivazioni di quando ho iniziato... ora c'è ben altro.
Ora... sembra che si sia tutto trasformato.
È più un raggiungerlo per entrargli dentro, fargli capire che ci sono anche io, che gli voglio stare vicino in ogni modo, essere qualcuno per lui...
E' più un... un amore non corrisposto... e non un amore fraterno... “
Realizzando ciò, ricordandosi chiaramente quando era stato con Amita trasformando l'amicizia in amore e dimenticando quando poi era finita, si disse che non era uguale ma molto, molto più forte ora.
E che a differenza di quando vivevano insieme da bambini e ragazzini, c'era il desiderio.
Desiderio di essere guardato, considerato un uomo e non un consanguineo o peggio un fastidio.
Desiderio di lui.
Lui nella parte più intima, profonda e completa.
Quando lo capì grazie alla sua mente analitica che elaborava alla velocità della luce ogni cosa, il panico lo avvolse.
- Se sono fortunato mi considera appena come un fratello... - Mormorò sconvolto.

Chiuso in quella che un tempo era stata la sua camera da letto e che ora l'avrebbe ospitato di nuovo per un mese almeno, Do si stava rivestendo con noncuranza svelto e assente. La testa da tutt'altra parte.
Al discorso appena avuto.
Quando Charlie aveva puntualizzato che in realtà non erano fratelli aveva sentito un moto di stizza mescolato a un vago senso di sollievo.
Da una parte gli dava fastidio sapere che per lui era vitale specificare sempre che non avevano reali legami di sangue, dall'altra ne era contento perchè significava che non lo vedeva in quel modo e questo da un lato poteva essere triste ma dall'altra aveva i suoi vantaggi.
Anche se lì per lì non li comprese affatto, ecco perchè focalizzò unicamente il fattore negativo.
Perché specificare che non erano veri fratelli?
Charlie era sempre troppo preciso...
Eppure era strano da parte sua. Aveva passato la sua infanzia a sottolineare in ogni modo il fatto che lui non era davvero figlio di Alan e Margaret, poi improvvisamente il fatto che Charlie lo tenesse presente lo feriva, quasi.
Scrollò le spalle rifiutandosi di andare oltre con quei pensieri, quindi una volta vestito con comodi abiti da casa uscì dalla camera tornando di sotto con l'unico pensiero di non rovinare quello che avevano costruito con fatica dopo anni di lontananza e silenzi.
Quello che ora aveva con quel ragazzo non lo si poteva definire con un semplice affetto fraterno poiché non l'aveva mai visto così, però c'era, finalmente, ed era forte.
Ci teneva.
Ci teneva davvero e non avrebbe permesso a niente e nessuno di rovinarlo.
Però, si disse anche, non c'era logicamente bisogno che altri sapessero di questo tesoro che voleva conservare a tutti i costi.
L'importante era che lo sapesse lui e lui soltanto, così l'avrebbe protetto meglio!