CAPITOLO V:
GELOSIA
/Wolf
like me – Tv on the radio/
Quando Charlie rientrò in
casa era sera inoltrata e suo padre era a cena fuori con Milly, ormai
succedeva anche troppo spesso di trovarsi solo. Bè, non era
esatto.
Proprio solo no.
L’auto parcheggiata fuori
nel vialetto indicava che Don era in casa e il sorriso che
illuminò il suo viso appena l’aveva realizzato era
stato inconfondibile. Si era però subito spento vedendo la
presenza di un'altra macchina subito dietro. Aveva ospiti?
Non riconobbe il veicolo come uno di
quelli dei ragazzi, quindi si chiese curioso chi potesse essere.
Appena messo piede dentro si
guardò intorno cercandoli ma nonostante la luce accesa che
confermava la presenza di qualcuno, il deserto lo accolse.
Con una certa delusione addosso
cominciò a chiedersi dove potessero essere.
Mise giù chiavi e borsa
distrattamente, quindi storse le labbra contrariato e si
grattò il capo senza capire:
- Eppure deve esserci… e
non è solo… se ha un ospite dove vuoi che sia, se
non in soggiorno o in sala da pranzo? – Cominciò a
parlare da solo ad alta voce, voleva calmare l’ansia che
cominciava ad affacciarsi. Ansia stupida ed incomprensibile.
Analizzandola non avrebbe certo avuto
motivo di esistere… suo fratello era lì con
qualcuno, non era nei paraggi ma c’era… e allora?
Andò dunque in cucina,
aprì il frigo sforzandosi di essere naturale e fare finta di
nulla, ma dopo un istante che fissava il contenuto senza vederlo
davvero, lo richiuse e si precipitò su per le scale,
seguendo la scia di un’altra luce accesa, quella del
corridoio di sopra.
Era ora di cena e non cenava. Normale
per Don. In casi normali avrebbe pensato di trovarlo a farsi una doccia
e ci sarebbe stato accuratamente alla larga, ma sapendo della presenza
di un misterioso qualcun altro quella che si ostinava a chiamare
semplice curiosità si ingigantiva sempre più in
lui.
Mordicchiandosi il labbro inferiore
andò dritto davanti all’unica porta chiusa con una
luce aperta all’interno.
La camera di Don.
Giunto lì davanti divenne
sempre più nervoso e serio. Si ostinava a darsi
dell’imbecille per ciò che faceva, niente di male
in effetti, ma non si muoveva.
Stava là e guardava la
porta chiusa.
Il silenzio della casa era quasi
completo, però quando sospese i suoi respiri leggermente
affannati non poté fare a meno di sentire le voci che
provenivano da dentro la stanza.
Era con un uomo.
Charlie corrugò subito la
fronte, poi si diede dello stupido. Era positivo che fosse con un uomo,
dopo tutto se fosse stato con una donna, trattandosi di Don, poteva
significare solo una cosa che non gli sarebbe piaciuta. Ma era con un
uomo. Sicuramente solo un suo amico.
Tornò a trattenere il
respiro e ad ascoltare quasi attaccato all’uscio chiuso.
“E poi se volesse fare sesso
ormai potrebbe aspettare… a giorni torna a casa
sua… “
Non era contento che se ne andasse,
dopo un mese di convivenza, anche se con suo padre intorno, si era
abituato a stare con lui, gli era piaciuto davvero nonostante i momenti
di imbarazzo.
Però sarebbe tornato ogni
sera o quasi, l’avrebbe rivisto lo stesso. Anche se non mezzo
nudo e tutto bagnato.
Assunse un espressione contrariata a
questo pensiero ma fece ancora una grande attenzione maniacale. E
finalmente distinse i loro discorsi.
L’altro non lo conosceva ma
sembravano in rapporti amichevoli.
Don lo stava ringraziando di essere
venuto lo stesso anche se non era a casa sua o in un posto
più adatto. L’altro stava dicendo che non aveva
importanza e che per lui faceva questo ed altro. Inoltre quel letto
andava bene lo stesso anche se era basso e morbido.
Charlie impallidì e
sgranò gli occhi sperando di possedere una vista a raggi X
per vedere attraverso il legno.
Cosa stavano dicendo?
Ma soprattutto… cosa
stavano facendo?
- Se sei pronto comincio… -
Sentì dire lo sconosciuto. Il giovane sentì solo
un ‘si’ da suo fratello e subito
l’istinto di entrare lo colse. Avrebbe voluto irrompere e
bloccarli prima che cominciassero… già, ma a fare
cosa?
Quello che pensava?
Però a fermarlo furono i
gemiti di Don.
No, non poteva davvero essere quel che
sembrava… davvero, no!
Però la sua voce si fece
sempre più alta e sofferente, man mano che procedevano
diventava più intensa. A tratti sembrava gli stesse facendo
molto male ad altri invece che gli provocasse piacere. O per lo meno
sembrava così.
In realtà i soli gemiti e a
volte quasi urli di Don non erano sufficienti a farsi un quadro
perfetto. Ma anche parziale a lui andava bene…
c’era poco da vedere, con dei versi simili!
Da bianco divenne rosso acceso mentre
immaginava l’uomo di cui si stava innamorando e che
desiderava sempre più, fare sesso con un altro. Uomo per di
più.
Però il momento delle
fantasie durò poco visto che poi si fece subito strada lo
shock più nero.
Altro che speranze… quello
lo sotterrava direttamente a sei metri nel terreno!
La forza di muoversi per un lungo
momento non l’ebbe e la sua mente si paralizzò
proprio come il suo corpo e la sua espressione. La bocca aperta.
Sconvolto. Non sapeva cosa pensare, il suo cervello non gli rimandava
niente. Spento. Scollegato.
Però gli bastarono alcune
frasi ansanti di Don per riaccendersi:
- Ecco ecco, lì…
è proprio lì che mi…
ooohhh…. Sei davvero il migliore… - No, questo
era troppo. Quella era pur sempre casa sua, dopo tutto, e quello che
faceva sesso con un altro era l’uomo di cui si era
innamorato. Un po’ di amor proprio ce lo aveva. Non poteva
permettere che lo facessero fesso e lo ferissero a quel modo.
Come potevano?
Non ragionò più.
In quell’istante la mente di
Charlie andò per i fatti propri e abbandonandolo nel caos e
nella rabbia più totale, si ritrovò semplicemente
ad aprire la porta di scatto.
Quando fu dentro con la bocca aperta
ed espressione furente pronto per dire di tutto a loro, si
bloccò immediatamente come in un ferma immagine del
videoregistratore.
La scena che si trovò
davanti, dopo tutto, non era nemmeno lontanamente paragonabile a
ciò che aveva immaginato… e ce ne aveva messa di
fantasia!
Don era steso a pancia in
giù sul letto, completamente nudo con un asciugamano bianco
sul fondoschiena.
L’altro uomo era quasi di
venti anni più grande ed era in piedi chino su di lui con le
mani sulle sue spalle a massaggiarlo.
L’odore di creme e olii
aromatici lo investì permettendo al suo cervello di tornare
attivo e logico.
La comprensione gli arrivò
immediata, ma troppo tardi.
- Charlie… - Disse smarrito
ed incredulo Don guardandolo con le sopracciglia aggrottate senza
capire che volesse. Aveva una tale espressione di shock… -
è successo qualcosa? – Chiese preoccupato credendo
che suo padre si fosse sentito male.
Si tirò su sui gomiti per
alzarsi ma Charlie arrossì violentemente e si
paralizzò cominciando a balbettare, senza staccargli gli
occhi di dosso.
- N-n-no… s-si…
c-cioè…i-io p-pensavo che t-tu stessi…
m-ma ho c-capito male… m-mi sono s-sbagliato. S-scusate
l’interruzione. C-continuate pure! – Poi non
sapendo nemmeno ciò che aveva detto si voltò e
sparì di corsa per il corridoio.
Fece in realtà poca strada
perché in un attimo si sentì afferrare il polso
da una presa ferrea e facilmente riconoscibile.
Possibile che quell’uomo
fosse così veloce e forte?
- Cosa c’è?
– Gli chiese di nuovo da dietro costringendolo a voltarsi.
Charlie obbedì, lo
guardò di nuovo e… non l’avesse mai
fatto!
La prima cosa su cui i suoi occhi
caddero era la sua vita su cui quel ridicolo asciugamano minuscolo
avvolto frettolosamente, ora era caduto.
Don parve non accorgersene e non
curarsene, ma il rossore divenne un incendio, nel viso di Charlie, che
se ne accorse eccome.
La sua completa nudità lo
colpì come un pugno in pieno stomaco.
Gli tolse il fiato e di nuovo gli
scollegò il cervello.
L’altro
l’osservò meglio, quindi si piegò
leggermente per vederlo negli occhi che cercava di sfuggirgli, per cui
disse stranito:
- Charlie tu… hai pensato
che stessi facendo sesso?! – La varietà di colori
che a quel punto aveva assunto il più giovane fu curiosa ed
indefinita. Lo prese per un sì, allora aggiunse incredulo: -
Ma non hai sentito che ero con un uomo? – Qua Charlie si
riaccese parlando confuso, alzando gli occhi sui suoi:
- E che male c’è
con un uomo? E poi tu gemevi e… - Fu Don a sgranare gli
occhi senza poter credere a quel che sentiva:
- Gemevo?! Si, di dolore! Oggi ho
preso un colpo tremendo alla schiena e alle spalle, visto che mi faceva
male anche la gamba ho chiamato Kevin che è un mio amico, mi
mette a posto quando mi succedono queste cose! Ecco cosa mi stava
facendo! Mi massacrava… per rimettermi a posto! E tu hai
pensato che facessimo sesso? A casa tua? – Charlie non sapeva
più come sentirsi, un verme, in profondo imbarazzo oppure
stizzito. Forse tutti e tre insieme.
- C’è bisogno di
essere così espliciti? – Si riferì al
fatto che continuasse a dire che pensava avessero fatto sesso. Poi
vedendo i suoi occhi fiammeggianti ma non arrabbiati, li
riabbassò e quando stava per dire qualcos’altro si
ritrovò di nuovo con le sue parti intime bel belle in
mostra, come fosse la cosa più naturale!
L’imbarazzo vinse: - D-Don, ti prego… v-vestiti!
– Per non scoprirsi troppo non glielo avrebbe mai detto, ma
lì non poté resistere. Era troppo continuare ad
averlo in quello stato dopo quel che era successo!
Don allora si guardò e
parve accorgersene solo lì, peccato che non lo vide come un
problema. Suo malgrado lo lasciò andare e borbottando uno
sbrigativo: - Ne riparliamo dopo. – Sparì in
camera per vestirsi e scusarsi col suo amico.
Charlie fu ben contenti di poter
sparire a nascondersi!
Quando Kevin se ne fu andato, Charlie
non era ancora nei paraggi. Don scuotendo la testa aveva deciso di
andare a cercarlo senza aspettare che si facesse vivo. Ovvio che non
sapeva attendere!
Andò dritto in camera del
fratello sapendo benissimo che poteva essere solo lì o al
massimo chiuso a chiave in bagno.
Bè, a dire il vero c'era
una forte probabilità che potesse essere in garage a
lavorare a qualche problema irrisolvibile di matematica... si calmava
in quel modo.
Però il suo istinto lo
condusse lì e come spesso accadeva, aveva ragione.
Bussò una volta giusto per
prassi, ma non attese la risposta quindi aprì la porta ed
entrò.
Lo trovò seduto davanti
alla scrivania sommerso fra qualche libro della sua materia preferita a
tentare di leggerlo. Si vedeva che non capiva ciò che
scorrevano i suoi occhi.
Charlie alzò di scatto la
testa e guardò spaventato Don che, con suo sollievo, era
vestito. Sollievo e al contempo un po' di dispiacere. Non era certo un
brutto vedere...
- Charlie, dobbiamo parlare... - Lo
disse senza riflettere e spedito come un carro armato si sedette sulla
scrivania davanti a lui, facendo cadere incurante alcuni libri che
precari la sommergevano. Ora erano vicini l'uno davanti all'altro.
Quello seduto più in basso, sulla sedia, cercò in
tutti i modi di sfuggire allo sguardo penetrante e diretto dell'altro
più in alto che con le braccia conserte lo fissava
implacabile.
L'imbarazzo tornò
più di prima.
- Ah si? - Chiese distratto sperando
di riuscire a buttarla in qualche modo sullo scherzo... Per un momento
desiderò di essere una di quelle persone buffone che
scherzavano su qualunque cosa. Sarebbe stato facile affrontare una cosa
simile, ora... sarebbe riuscito a sviarlo quando voleva!
Invece sapeva bene che a condurre il
discorso scomodo sarebbe stato Don, come faceva ogni cosa nella sua
vita.
A volte sembrava un agente anche nel
privato!
Ma l'agente in questione non si fece
deviare da quel debole tentativo.
Non ce l'aveva con lui, non era
arrabbiato, ma voleva capire perchè aveva avuto quella
reazione... anche se avesse fatto davvero sesso?
Cosa gli cambiava a lui?
Era la sua camera; certo, in casa di
Charlie, ma un minimo di intimità aveva il diritto di
averla. In fondo dopo un mese di convivenza sarebbe stato normale voler
fare un po' di sesso... a lui non era successo ma non per
volontà. Bensì per mancanza di materia prima. La
voglia ce l'aveva eccome... anzi, anche troppa ultimamente. Proprio da
quando si era momentaneamente trasferito lì...
Forse era il pensiero di non poter
avere privacy... non sapeva spiegarselo bene.
Sciolse le braccia e cercò
di fare un espressione meno dura, con pochi risultati. Ormai conosceva
solo quelle!
- Anche se avessi fatto davvero sesso,
era quello il modo di interrompere? Sono grande, ho diritto alla mia
privacy anche se non ho ancora casa mia... no? -
Non lo capiva bene nemmeno lui
perchè gli premesse tanto chiarire questa cosa. In fondo non
era stato nulla di grave, no?
Però voleva sapere...
voleva sapere perchè quella reazione esagerata. L'aveva
visto dapprima arrabbiato, poi sconvolto ed infine terribilmente
imbarazzato.
Charlie boccheggiò un po'
alla ricerca di una risposta sensata e soddisfacente. Anche lui ebbe
scarsi risultati visto che la risposta c'era, ma era quella vera che
non gli avrebbe mai dato!
Ed ecco il suo problema più
grande. Sin da piccolo non era mai riuscito a mentire. Ce l'aveva
sempre messa tutta ma se si trattava di nascondere era una cosa, poteva
anche farcela, seppure con fatica, ma al momento di mentire... no, non
ce l'aveva mai fatta.
Si morse il labbro mentre di nuovo i
colori di prima imporporarono la sua pelle. Era in visibile
difficoltà, a Don dispiacque ma non si placò.
E quella vicinanza dopo averlo visto
nudo, non lo aiutava di certo... non doveva nemmeno sforzarsi per
rivederlo in quelle apprezzate sembianze, la visione di prima tornava
comunque davanti ai suoi occhi impanicati!
- Io... - Iniziò con la
gola secca. Tossicchiò e si grattò la nuca
ingrovigliandosi ulteriormente i ricci neri, poi riprese non sapendo
come giustificarsi: - non so... ho agito d'impulso... -
A questo Don sgranò gli
occhi castani mostrando tutta la sua incredulità, si
piegò addirittura in avanti e disse:
- Cosa? Tu che agisci d'impulso? Ma
cosa dici! - Aveva ragione... era raro che lo facesse... doveva essere
ben sconvolto per farlo...
- Ecco... - Ora doveva cercare una
giustificazione anche per quello. Si strinse nelle spalle e lo
smarrimento fu totale. Non sapeva proprio cosa dire se non la
verità.
Lo sapeva bene il perché e
non era né matto né scemo. Aveva un senso preciso
quel che aveva fatto e creduto. Anzi. Aveva talmente senso che
qualunque altra giustificazione sarebbe sembrata sicuramente una
cavolata!
“Don è un agente...
ed anche molto bravo, è un capo squadra. Anche se dice che
senza di me spesso sarebbe nei guai coi casi, lui arriva lo stesso alle
cose. Ha un istinto infallibile e pensare di farla proprio a lui
è pura utopia.
Io, per giunta, che non sono
nemmeno un agente come lui. L'unico che è riuscito a
fregarlo alla grande è stato Colby, ma vuoi mettere me con
Colby? Lui è stato un marine e poi un agente federale sotto
copertura, si è passato per spia; insomma, non è
una passeggiata quel che ha fatto. È ovvio che solo lui fra
tutti poteva fregare Don.
Ma io... cosa spero di
riuscire a fare con lui che è sempre stato un mistero per me?
Forse la cosa giusta
è la verità, come sempre. Tanto lo verrebbe a
sapere lo stesso, in qualche modo. Lui è Don... se qualcosa
non lo convince riesce a scoprire cos'è. È stato
grazie a questa sua caratteristica che poi è riuscito ad
aiutare e salvare Colby mentre tutti gli altri volevano solo
dimenticare.
Don è
così. Non dimentica e se c'è qualcosa che non gli
quadra non molla. Assolutamente mai. E alla fine la scopre.
Nel mio caso se venisse a
sapere da solo quel che io ora gli nascondessi, ci rimarrebbe male.
Penso che... dopo tutto... ma
si... forse è l'occasione giusta. Perchè no.
Non era nei miei piani
dirglielo, pensavo di poterne fare a meno per l'eternità, ma
visto che ci sono... sempre meglio di come sto ora, spero.
Boh...”
I pensieri di Charlie non erano mai
stato più confusi, insicuri ed indecisi!
- Io... la verità
è che non lo so. - Don fece un espressione più
attenta e continuando a guardarlo diretto quando invece l'altro aveva
abbassato lo sguardo amareggiato sul libro che aveva ancora in mano,
glielo tolse buttandolo in parte sopra gli altri libri accumulati in un
angolo della scrivania su cui era seduto.
- Charlie, non sai cosa? - La cosa si
stava mettendo in un modo strano. Però il tono usato era
quasi delicato. Quasi.
Il giovane strinse le labbra
contrariato ed in difficoltà, quindi sospirò e
inghiottendo prese coraggio:
- Cosa provo per te. - In
realtà lo sapeva bene...
Il più grande continuava a
non capire.
- Spiegati meglio. - Lo
esortò deciso. Aveva quel modo di fare a cui non si riusciva
ad opporsi.
“Dai, Charlie... fatti forza e
diglielo! A questo punto non ti rimane altro!”
Fu quando Don gli alzò il
viso con un dito appoggiato sul mento, per vederlo in viso e farsi
guardare, che si decise.
Con quella scarica elettrica data da
quel contatto.
- Io mi sto innamorando di te, Don. So
che per te io sono solo tuo fratello ma per me non è
così. Per me tu sei molto di più. E quando me ne
sono accorto sono stato contento di non avere reali legami di sangue
con te. - Aveva voluto ricordargli che non erano veri consanguinei.
Fu il turno di Don di rimanere
spiazzato.
Così non lo era mai stato.
O per lo meno era da molto che non ci
si sentiva.
Aveva aperto la bocca per dire
qualcosa d'istinto, ma non gli era uscito assolutamente nulla. Era
rimasto in silenzio a fissarlo con la mano a mezz'aria appena ritirata
dal suo mento. Occhi sgranati e bocca schiusa. Senza fiato e
probabilmente con qualche battito mancato.
Non capì dove si trovasse e
per un attimo si concentrò così tanto sulle sue
parole, che credette di aver capito male.
- Tu sei... - Ma non riuscì
a finire la frase. La voce un sussurro.
- Si. - Invece quella di Charlie
più sicura e determinata. Ora che aveva finalmente sputato
il rospo si sentiva meglio, ovviamente.
- ... di me? - continuò
vago.
- Si. È stata una cosa che
mi ha sorpreso immensamente, ma ne ho preso atto e non potevo
più far finta di nulla. Prima ero geloso marcio. - Lo ammise
con una tale naturalezza che non sembrava più lo stesso di
prima.
E nemmeno Don visto che non sapeva
più cosa dire e fare.
- Io non so cosa dire. - infatti lo
ammise con la sua onestà sempre pronta. Non aveva tatto nel
dire le cose, le diceva e basta.
Charlie l'aveva immaginato, quindi si
alzò con calma e tirando i muscoli come se avesse dormito
per mesi, si sentì stranamente meglio. Leggero.
Senza quel peso che lo schiacciava da
giorni.
- Non dire niente. Non ti chiedo
nulla. È solo che non volevo mentirti. Non l'ho mai fatto.
Nasconderti le cose si, ma mentirti mai. Mi avevi fatto una domanda, ho
dovuto rispondere. Non ti chiedo nulla, non pretendo mi ricambi.
Continua la tua vita esattamente come hai fatto fin'ora. E se puoi non
cambiare nei miei confronti. So che sarà difficile, ma se ci
riesco io penso che possa farcela anche tu. -
Detto questo l'accarezzò
con lo sguardo raddolcito e maturo senza osare toccarlo.
Avrebbe voluto farlo ma si trattenne
conscio che forse non avrebbe più potuto farlo, conscio che
non era sicuro di essere stato considerato da lui nemmeno un fratello,
figurarsi di più.
Però la verità
era questa.
Quindi vedendolo inebetito e
proverbialmente sotto shock uscì dalla propria camera
dandogli il tempo che gli serviva per ritornare al mondo.
Eppure lo sapeva.
Da ora sarebbe stata dura, anche se in
modo diverso da prima.