CAPITOLO 15:
ROSSO

All’inizio non erano in tre, proprio come alla fine.
Eppure non sarebbero più stati soli. “

/ Numb – Linkin Park /

Il volto premuto sul petto squarciato dove il sangue usciva ancora caldo fuori dalle mani che cercavano di fermarlo, era anch'esso ormai coperto di quel colore così rosso da sembrar vivo.
Eppure era solo la sfumatura della morte.
Non nero.
Non bianco.
Non grigio.
Rosso.
Il colore più acceso di tutti.
Ed ora imbrattava i vestiti, le mani ed il viso dagli occhi chiusi e serrati di Matt.
Dopo l'urlo straziante innanzi alla morte di Jude, il silenzio era brevemente calato per poi tornare a sparire grazie ai borbottii dei curiosi e della gente accorsa intorno per vedere cosa fosse successo.
Ryan ancora immobile ammutolito lì accanto. Non una lacrima, non un cenno. Gli occhi sbarrati puntati su quei due corpi, uno morto ed uno vivo addosso all'altro.
A lui non arrivavano ancora i rumori dell'esterno.
Era morto?
Davvero era morto?
Jude?
Il suo Jude?
E Matt non era riuscito a salvarlo?
Veramente era finita così?
Quell'incubo aveva avuto una fine così tragica?
Forse nemmeno quelle domande vorticavano nella sua mente.
- Oh mio Dio... io... io non l'ho visto... lo giuro... non l'avevo proprio visto... è spuntato dal nulla... si è praticamente buttato sotto le mie ruote... non potevo fare nulla per... -
E forse una scusa per far scattare Matt, l'autista che aveva investito Jude non avrebbe dovuto dargliela.
Più veloce di un pensiero e di un lampo stesso, il moro all'udire quelle parole pietose di una giustificazione che non poteva pretendere di avere, si alzò dal corpo inerme e ormai freddo e con quel viso normalmente bello sporco di sangue in alcuni punti, si rivoltò spaventosamente irriconoscibile contro quell'uomo.
Lo afferrò per la maglia e senza dargli tempo di alzare le braccia per difendersi né realizzare ciò che stava facendo, cominciò a colpirlo ripetutamente con lo stesso pugno chiuso, un pugno che lasciava quelle impronte rosse sul viso dello sconosciuto che gridava e chiedeva aiuto.
Sbilanciati entrambi Matt si trovò subito a cavalcioni a terra sopra di lui e continuando a percuoterlo con forza, rabbia, disperazione e velocità, ci mise tutto il suo peggio, tutto ciò che da dentro gridava per uscire, gridava a più non posso, ogni singola cellula di sé stesso, tutto lo spirito che possedeva, ogni straccio di sanità mentale che aveva potuto conservare fino a quel momento.
Lì, in quell'attimo imprecisato ed inafferrabile, seppur gli altri intorno cercarono subito di fermarlo invano, riuscì a ridurre il viso dell'autista piuttosto male e il sangue che gli usciva dai punti colpiti non si capiva se fosse suo o di Jude, trasferito dai pugni di Matt.
Se non l'avessero fermato, ci vollero tre uomini, probabilmente avrebbe anche potuto ucciderlo riversando in lui tutta la sua rabbia, come se la morte di Jude fosse davvero solo colpa di quella persona.
Dopo che l'ebbero bloccato e rialzato attesero un paio di minuti per lasciarlo, quando sembrò essersi calmato lo mollarono senza trovare una sola parola da dire.
Cosa sarebbe stato all'altezza di quel dolore così rosso, espressivo, spaventoso e sconvolgente?
Guardarono Ryan ancora lì in piedi come catatonico a fissare il giovane privo di vita e non trovarono nulla da dire nemmeno a lui. Così, semplicemente, aiutarono l'autista ad alzarsi dandogli dei fazzoletti per ripulirsi.
Il sole continuava a splendere mentre sia Matt che Ryan sprofondarono nel buio più nero senza aver idea di quando sarebbero tornati alla luce.

/The funeral – Band of horses/

I giorni trascorsero e sia Matt che Ryan non dissero nulla per molto tempo, nemmeno al funerale.
Entrambi evitarono il lavoro.
Vivevano come dei fantasmi nella stessa casa, in un oblio continuo, dimentichi che un tempo erano stati in due, che quel terzo non era sempre stato con loro.
Sforzandosi di non rivedere sempre tutte le scene che lo riguardavano, sforzandosi di pensare a qualcosa di sensato. Sforzandosi, senza riuscirci.
Sebbene Matt aveva ampiamente sfogato il suo dolore sul momento, non si era sentito meglio. Provava ancora un potente ed insopportabile senso di oppressione addosso, una sorta di bomba ad orologeria che, insieme a Ryan che non aveva avuto alcun esternamento in assoluto, quando sarebbero esplosi sarebbe stato forse pericoloso.
I due non si erano più né parlati né guardati.
Estranei, fantasmi in casa.
Nella penombra giravano evitando accuratamente quella che era stata la camera di Jude.
Quando quella notte il biondo tormentato da un sonno che non riusciva a venire si alzò per andare a bere qualcosa, passò davanti alla stanza ancora chiusa del suo ex ragazzo.
Si fermò nel semi buio. Le luci dei lampioni esterni entravano dalle finestre aperte ma non un refolo d'aria a dare sollievo in quell'estate sempre più afosa.
Si fermò.
I capelli mossi allungati e selvaggiamente lasciati intorno al viso e sugli occhi ancora assenti, senza l'ombra di un'espressione.
Nulla.
Però com'era scuro il suo viso, nonostante il volto di pietra.
Gli occhi dorati da gatto randagio non si staccarono dalla maniglia e quando cominciò a sentire prurito al palmo della mano, senza lasciar libero nemmeno mezzo pensiero, l'alzò e la posò su di essa per aprirla.
La porta si schiuse silenziosa e un odore di polvere lo invase.
Non lo sentì davvero.
Quel che cercava lui, mettendo lentamente un piede davanti all'altro, era l'odore di Jude.
Guardò ogni centimetro della stanza da cui ora entrava la flebile luce delle finestre del corridoio.
Era tutto come l'aveva lasciato.
Parzialmente disordinato.
Si avvicinò al letto e vi si sedette come in trance, non sapeva davvero quel che stava facendo ma quando venne a contatto con quel materasso ancora dalle lenzuola sfatte, gli venne alla mente la sensazione di tutte le volte in cui era stato lì ed avevano fatto l'amore.
E da lì i pensieri cominciarono a fluire incontrollati come il ruscello che nasceva dalla montagna e lentamente scendeva giù ingrandendosi sempre più, unendosi ad altri più grandi.
Di questa portata furono i suoi pensieri, seduto e ricurvo, con la schiena nuda, avvolto solo da dei boxer neri attillati, i soliti che portava, che piacevano tanto a Jude. La pelle pallida imperlata di sudore.
E' stato un fulmine a ciel sereno. Un tornado che ha rivoluzionato tutte le nostre vite tranquille e placide.
È arrivato e ho dovuto combatterlo, combattere quella sua sensualità, quella sua bellezza di strada, quella tentazione continua. Poi quando ho capito che non potevo farcela mi ci sono arreso.
È stata dura calpestare Matt, in tutta la mia vita ho fatto un solo giuramento, che non avrei mai fatto del male a lui, invece l'ho fatto.
Per Jude.
E nonostante non lo volessi non sono stato capace di trattenermi.
È stato Matt a lasciarci liberi.
Ho visto quella sua piccola luce pura e spaventata dal mondo, ferita e confusa.
Jude era maschera su maschera e togliendole tutte non sapevo mai quale fosse la sua vera faccia. Eppure mi piacevano tutte, nonostante all'inizio l'odiavo.
Però il non riuscire a capire quale fosse il vero Jude mi turbava sempre più. Fino a che non abbiamo cominciato a fare l'amore pensando solo a Matt.
A Matt che si era sacrificato per noi, a Matt che si era messo da parte nonostante i suoi sentimenti. A Matt che amavo.
Si... devo essermelo detto, è vero.
Credo di averlo sempre saputo in realtà.
Non ci ha mai lasciato davvero soli.
Quel che ha fatto Jude è stato farci aprire gli occhi per guardare i sentimenti che ci univano, non erano d'amicizia ma davvero di più.
E non lo posso immaginare qualcosa di più prezioso.
Ma cosa abbiamo fatto noi per lui?
Noi... l'abbiamo solo... ucciso...
E' questo che abbiamo fatto con la nostra confusione, il nostro tira e molla, la nostra ottusità... se avessimo capito prima cosa volevamo lui non ci sarebbe mai andato di mezzo.
Ed ora per un tradimento che loro avevano fatto a me quando io a loro ne ho fatti molti, col cuore, l'anima e la mente, Jude è morto.
L'abbiamo ucciso noi... se non ci avesse incontrato, se Matt gli avesse solo salvato la vita quella volta in ospedale e basta, lui sarebbe ancora vivo e magari addirittura felice.
Se... non avessi mai ceduto a quel caos micidiale... “
- L'abbiamo ucciso noi. - Mormorò flebile finalmente, dopo giorni che non parlava più.
Le mani a coprirgli il viso, i gomiti appoggiati sulle ginocchia, gli occhi brucianti, un nodo che continuava a salire sempre più a causa dell'odore che era su quel letto.
L'odore di Jude.
Ma non solo...
- E' così... - La voce altrettanto sussurrata di Matt gli fece trattenere il fiato dalla sorpresa, quindi quasi spaventato alzò la testa posando gli occhi arrossati, sgranati e segnati da profonde occhiaie su colui che aveva appena parlato, anche lui dopo molti giorni di silenzio.
Matt era sulla porta rimasta aperta.
Quando i loro occhi dello stesso tormento si incrociarono, non furono più capaci di staccarsi e capendosi come non mai, quel nodo salì ancora in entrambi.
Un nodo puro, sano, giusto, naturale… un nodo altrettanto rosso.
Rosso di dolore.
Vedendo Ryan in quelle condizioni che stava per piangere, raccolto in sé stesso, quasi piccolo in quel momento, a Matt si strinse il cuore e al tempo stesso un ondata calda lo invase da dentro salendo pericolosamente sempre più.
La stanza di Jude.
Il suo odore in mezzo a quello della polvere e del chiuso.
Il suo letto ancora sfatto dove sicuramente lui e Ryan avevano fatto l’amore mille volte.
E nella mente del suo amico i vividi ricordi di quel bacio fra loro due, una pugnalata, un tradimento, un qualcosa che non avrebbe mai dovuto permettere.
Eppure dirsi che quando era successo non gli importava più di nulla, non era sufficiente.
Se avesse avuto la forza di rifiutarlo e fare la cosa giusta come ogni santo giorno sulla Terra aveva fatto…
Se non l’avesse preso con sé dopo avergli salvato la vita in ospedale…
Se fosse andato a vivere in un'altra casa lasciandoli soli nel loro amore…
Se… tanti se…
Se non l’avesse rovinato.
Sentirsi in colpa per Jude, avere il cuore stretto in una morsa per Ryan ora solo nel suo dolore, vedere quella luce che rifletteva delle lacrime che sarebbero scese di lì a poco, fu per Matt deleterio e cadendo di nuovo nel caos non capì cosa successe di lì in poi.
Arrivò da lui e inginocchiandosi davanti gli prese i polsi fra le mani togliendogli le sue del tutto dal viso.
Si guardarono alla stessa altezza.
Cercava di trattenersi.
Entrambi in effetti.
Ma il risultato fu solo più terribile di prima.
Quel tocco a cui erano fuggiti a lungo, quello scambio di sguardi così ravvicinato e nudo, quei battiti che acceleravano in entrambi, quei ricordi che bruciavano la loro ragione facendo vedere tutto rosso.
Come il sangue di Jude che non era più andato via dai vestiti di Matt che non aveva avuto nemmeno il coraggio di buttare ancora.
- Mi dispiace, Ryan… di aver rovinato tutto… di avertelo portato via… di non essere stato capace di salvarlo… di non aver mai avuto la forza di fare la cosa giusta dall’inizio… - Mormorò Matthew con quel nodo che ora era arrivato proprio dietro gli occhi.
Poco per uscire.
Esattamente come Ryan che udendo quelle parole di scuse così sincere, smarrite e sentite si sentì nel medesimo modo. Avrebbe voluto dirgli che l’avevano rovinato insieme, che non era stata solo colpa sua, che alla fine l’amore che provava non era per Jude ma per lui. Ma non gli riuscì altro che di aprire la bocca per provare a rispondere. Solo fiato.
Quindi richiuse le labbra, se le morse, strinse i pugni fra le mani del compagno davanti, così vicino da sentire il suo respiro sul viso, e le lacrime finalmente gli uscirono insieme alle uniche parole che gli vennero:
- L’abbiamo ucciso in due… -
Vedendo quelle scie trasparenti e quasi scintillanti al chiaro di luna che penetrava appena dalla porta aperta, anche le guance di Matt cominciarono a bagnarsi allo stesso modo e mentre il loro pianto iniziava, quella famosa sicura scattava facendoli esplodere. Esplodere a modo loro.
Esplodere nel dolore, nella disperazione, nel rimorso, nel rimpianto.
Tornando indietro tante cose non le avrebbero fatte e per cominciare sarebbero stati onesti con loro stessi da subito. Appena cominciarono a piangere insieme, Matt allargò le braccia poggiandole strette e protettive attorno al compagno che vi si rifugiò con disperazione, mentre il senso di colpa si ingigantiva in lui perché in quella situazione non poteva far altro che abbandonarsi al suo amore per lui proprio nel letto di Jude.
Conoscere il vero stato d’animo del giovane che ormai non c’era più li avrebbe aiutati, conoscere il suo caos di quegli ultimi giorni, sapere della sua pace attuale… ma così non potè essere e nell’abbraccio a cui si abbandonarono i loro cuori cominciarono a pulsare sempre più forti e veloci, mentre ogni particella di loro stessi andava a fuoco provocandogli da dentro un potente bisogno impellente.
Un bisogno che ormai non potevano più ignorare e controllare, qualcosa che ormai aveva preso il sopravvento facendoli muovere come avrebbero dovuto dall’inizio.
E con i respiri corti e affannati, sentendosi al punto da non farcela più, capendo quanto lo volessero, senza più la ragione dalla loro, solo col dolore per Jude a l’amore per l'altro, in una guerra allucinante e delirante fra le loro coscienze, si staccarono il necessario per cercare e trovare contatto con le labbra.
Quando si unirono si aprirono e non si staccarono più, fondendosi e cercandosi con le lingue che diventarono un tutt’uno in una spirale che li fece cadere sempre più in un oblio di piacere, rimorso, sentimenti contrastanti e confusione.
Ma sempre di bisogno.
Trovando un assurdo e colpevole giovamento da quel bacio che crebbe, le loro mani si trovarono a cercare un maggiore contatto col viso dell’altro fino a che, con ogni senso impazzito, il moro si alzò spingendo il biondo a stendersi dietro di sé, sul materasso, inginocchiandosi sopra, a cavalcioni, continuando a baciarlo fra le lacrime e quel pianto silenzioso ma disperato.
Frenesia sempre più crescente.
Follia.
Nessun pensiero poteva più abitare le loro menti perse in labirinti di spirali incomprensibili.
Solo le loro lingue che si fondevano, le bocche che si succhiavano e finalmente le mani che carezzavano i loro corpi.
Fuoco.
Un fuoco rosso acceso divampò in entrambi prendendoli insieme e fondendoli come ferro rovente.
Le dita corsero ad abbassare i boxer di entrambi facendoli scivolare via in fretta, mentre quelle di Ryan in più gli sfilavano dall’alto la canottiera bianca intima trovandoselo presto di nuovo sulla sua bocca a divorarlo.
Sempre senza smettere di baciarsi, coi respiri affannati in un tutt’uno, cominciarono a toccarsi intimamente strofinandosi l’uno sull’altro, provocandosi piaceri incontaminati di un livello inimmaginabile. Trovandosi a respirare, seppur affannati, per la prima volta.
In quello scambio le lacrime si sospesero e nemmeno se ne accorsero.
Tutto andò nell’oblio e solo in quei momenti in cui si toccavano, si accarezzavano, si leccavano e si assaggiavano, parve loro di non aver mai perduto niente.
Parve come di non essere mai finiti all’inferno e credettero addirittura di vedere finalmente la luce, dopo tanto buio ininterrotto.
Proseguirono verso quelle sensazioni, quel sole che si affacciava loro e videro un dorato rosso che diventava sempre più forte ed acceso man mano che i loro gesti si facevano sempre più profondi.
Il più grande si staccò dalla bocca del ragazzo sotto di sé proseguendo sul collo, succhiando i punti in cui le vene pulsavano donando maggior piacere, poi scese sui capezzoli tormentando con la lingua ed infine percorrendo il ventre scolpito dalle ore di danza che aveva fatto sin da piccolo, giunse all’inguine già eccitato in precedenza e continuò succhiando ed assaggiando quella parte di lui pulsante e viva, piena di voglia che non chiedeva altro che quello.
E man mano che l’eccitazione saliva e i gemiti di Ryan si levavano nella stanza, Matt cresceva il suo ritmo non riuscendo a staccarsi.
Fu il biondo, con difficoltà e tormento, a trovare una fragile forza di separarlo da sé attirando la bocca alla sua, assaggiando il suo stesso sapore, giocando con la sua lingua ed implorando un maggiore contatto, uno completo, totale, che gli leccasse via quelle lacrime che ancora sporcavano le sue guance, che lo consolassero, che gli chiudessero le ferite di quei giorni, che asciugasse quel dannato senso di colpa trattenuto ed ora esploso così.
Incontrollato.
Inavvertito.
Sbagliato eppure giusto.
- Non ce la faccio più… sto morendo... ti prego… - Una preghiera chiara anche se non conclusa che Matt capì benissimo, continuò ad accendersi e il suo delirio divenne un tutt’uno con quello dell’altro.
Allora gli alzò le gambe piegandole, premendole fra loro due, e con le dita cominciò svelto a prepararlo rendendosi conto che era davvero già molto dilatato e che forse, comunque, il dolore fisico avrebbe potuto aiutarli riportandoli alla realtà.
Una realtà che era sfuggita loro di mente, che non gli faceva più comprendere che diavolo stessero facendo, perché fosse così bello fare l’amore e non sembrasse più un errore impareggiabile.
Perché non l’avevano mai fatto?
Perché avevano aspettato tanto?
Jude era morto e quel fatto non l’avrebbero mai dimenticato, così come tutto quello che quel ragazzo aveva fatto volontariamente o meno per loro, aiutandoli a rendersi conto dei reali sentimenti.
Però lì, in quel momento, mentre Matt scivolava silenzioso in Ryan e le lacrime riprendevano a scendere dai loro occhi, mentre cercavano le labbra senza approfondire alcun bacio, stando solo così le une sulle altre fondendosi anche nei respiri corti e nei gemiti, proprio lì mentre i corpi si univano completamente e cominciavano a muoversi prendendo via via sempre più ritmo, velocità e profondità, capirono che probabilmente quello era in realtà l’unico modo per rendere omaggio a ciò che Jude aveva donato loro col suo sacrificio.
Quell’amore l’uno per l’altro.
E sprecarlo per un rimorso e del rispetto storpiato, sarebbe stata sì la cosa più sbagliata di tutte.
Una profanazione, in realtà, della preziosità che la sua vita aveva avuto per loro.
E con quell’illuminazione nei loro animi intrecciarono strette le dita mentre Ryan stringeva gli occhi nascondendo il viso nell'incavo del collo del compagno che, appoggiandosi e alzandosi per poi spingere e ripetere il movimento in continuazione, incurvava la schiena ed il bacino in una danza sensuale e meravigliosa.
Il collo su cui il viso del giovane era nascosto si bagnò non solo di sudore ma anche di lacrime, come il lenzuolo su cui Matt premette la fronte e gli occhi chiusi in un tormento ancora visibile, piegando la testa verso quella del compagno che faceva altrettanto.
Non dissero che si amavano, le loro voci non riuscirono più a sciogliersi grazie a quel secondo pianto liberatore di ringraziamento, ma quel colore rosso che videro seppero interpretarlo nel modo giusto, quella volta.
Non era più né morte né rabbia né dolore, ma solo amore.
Finalmente la giusta tonalità nella loro vita.
Amore fra loro ma anche per Jude che li aveva cambiati al punto da renderli ciò che ora erano.
Completi.
E l’orgasmo arrivò insieme per entrambi regalando alla memoria di Jude davvero il più bel lutto a cui chiunque possa aspirare.
L’accoglimento e la cura dell’amore che aveva donato loro come segno ultimo della sua gratitudine per la vita che gli avevano salvato nell’unico modo un uomo possa ricevere la salvezza.
Finalmente la pace fluì negli animi di tutti e tre, uniti in un'unica entità in quell’istante infinito che mai avrebbero dimenticato.
All’inizio non erano in tre, proprio come alla fine.
Eppure non sarebbero più stati soli.