NOTE: è ambientata nel finale
della terza stagione e inizio quarta. Sono ispirata, non posso farci
nulla. Questa l'avevo progettata da tempo ed ora l'ho fatta. Ma non
temete, finisce in modo che io possa fare presto il seguito. So che me
lo chiederete perché è sospesa ma volevo farla
così. È piuttosto triste visto il periodo in cui
è ambientata, povero Tony, ma saprò riscattarlo!
Mentre scrivevo mi chiedevo come far coincidere la missione segreta di
Tony con queste storie, poi mi è venuta un illuminazione a
cui assisterete nelle prossime one shot. Non anticipo nulla. Vi invito
solo a seguirmi se volete saperlo. Bene. Buona lettura. Baci Akane
DEDICHE: a Taila, Parsifal, Yukino e tutte
le fan di questa coppia e di questa serie
TROUBLE
/Trouble
– Coldplay/
Quel
giorno sono morto.
Quando
quel posto è esploso con Gibbs dentro ho creduto di morire
ma è successo davvero quando sono entrato e l’ho
visto in quelle condizioni.
Lui.
Il mio
uomo.
Dio,
come mi sono sentito.
Il
cuore mi si è fermato, sono rimasto in apnea e tutte le mie
funzioni corporee sono svanite, non so per quanto. Per troppo.
Era
come se non avessi più il mio corpo. Vivevo in catalessi e
bruciavo, bruciavo e bruciavo insieme a lui che forse non avrei
più rivisto. La mente costante su colui che amavo e che
stava morendo. So di non essere mai stato così male. Lo so.
Pensavo di diventare matto eppure è stato solo un secondo.
Solo un secondo ho potuto essere me stesso. Mentre lo portavano via per
soccorrerlo e salvargli la vita. Poi, quando lui non
c’è più stato, ho solo potuto fingere
di essere ancora vivo, di prendere le redini della squadra in mano e
portare avanti il caso senza di lui.
Lui
che intanto lottava per svegliarsi in ospedale.
Volevo
stargli vicino ed invece ho potuto fare solo quello che dovevo.
Dovevo
continuare con l'indagine, scoprire chi aveva fatto saltare in aria
Gibbs, chi altri c'era con lui, che diavolo è successo...
Continuare.
Continuare
mentre ero semplicemente morto e non pensavo ad altri che lui, a come
stava, se si sarebbe svegliato, se l’avrei riabbracciato,
baciato, accarezzato...
Sono
riuscito a vederlo una volta, era ancora in coma.
C'era
Jenny.
Non
c'erano molte speranze se non che era ancora vivo e che stava sognando,
segno che il suo cervello era salvo.
Ma
è sempre stata solo una speranza.
La
certezza non l'abbiamo mai avuta.
L'ho
visto e non sono mai potuto stare solo con lui, quindi ho solamente
immaginato di poterlo toccare e sussurrargli all'orecchio quello che ci
diciamo quando facciamo l'amore.
Non ho
potuto fare nulla se non guardarlo e trattenermi fino allo spasmo. Non
mi sono avvicinato.
Sono
solo rimasto lì inebetito, sotto shock a sperare che fosse
un incubo.
Ma non
mi sono svegliato e quando lui l'ha fatto, mentre io cercavo di
risolvere quel dannato caso, ha aperto gli occhi dandomi la prima
pugnalata.
Se
quando mi hanno detto che si era svegliato ho creduto di resuscitare,
quando hanno aggiunto che aveva perso parzialmente la memoria e che
credeva di essere ancora in guerra e non si ricordava di noi, sono di
nuovo morto. Questa volta pugnalato.
Non ho
avuto il coraggio di andare da lui e parlargli, dirgli cosa eravamo,
cercare di fargli ricordare.
Non ce
l'ho avuto perché l'avrei sentito dire 'chi sei tu?' e
allora non avrei retto.
Non
avrei retto e avrei gridato chi ero, fra le lacrime l'avrei fatto
sapere non solo a lui ma a tutti e sarebbe finita per un sacco di altri
motivi.
È
sempre stata la nostra regola numero uno. La regola del nostro rapporto.
Il
rapporto è nostro, di nessun'altro. Nessuno deve venirne a
conoscenza o la nostra pace va nel cesso.
Però
se l’avessi visto non me ne sarebbe importato nulla,
l’avrebbero saputo tutti.
Volevo
solo riuscire a fare la solita parte, il buffone che alleggerisce tutto
ma non mi veniva in mente nemmeno un film.
Nemmeno
uno.
Stavo
male.
Malissimo,
tanto che poi sono tornato nel mio vecchio appartamento. Non potevo
rimanere là a casa nostra.
Non ce
la facevo a dormire nel nostro letto, vedere tutti i luoghi in cui
l'abbiamo fatto, sentire l'odore di legno lavorato e di bourbon senza
di lui.
Sono
riuscito solo a far finta di essere lui.
Mi
sono chiesto cosa avrebbe voluto io facessi, cosa avrebbe fatto. Poi
l'ho attuato.
Mi
sono comportato come lui per avere polso sulla squadra sconvolta, ho
portato avanti il caso in un buon punto e poi niente.
Ho
aspettato che lui tornasse per restituirgli il suo posto.
Ma
siamo arrivati ad un punto morto.
Morto
perché solo lui aveva la chiave della risoluzione.
Lui e
la sua memoria perduta.
E
onestamente, mentre ho capito che senza di lui comunque non avremmo mai
potuto farcela, non me ne è importato nulla.
Al
diavolo, mi sono detto.
Al
diavolo...
Senza
di lui non aveva senso nemmeno risolvere un caso importante come quello.
E
poi... Ziva è andato a riprenderlo, ha fatto la magia.
Lei
l'ha fatta, non io.
Io non
ne sono stato capace.
Non ho
avuto il coraggio di andare da lui e guardare come con gli occhi non mi
riconosceva. Non ce l'ho fatta. Lei invece si ed un giorno la
ringrazierò.
Quando
mi ha detto che Gibbs aveva ricordato tutto mi è sembrato di
tornare in vita ed è stata una sensazione incredibile. Gli
occhi mi sono bruciati e tutti i muscoli si sono intirizziti. Lui stava
tornando da me.
Guardandomi
si sarebbe ricordato di me...
Di
ciò che eravamo.
Di
ciò che provavamo.
Però
lui è venuto, ha risolto il caso come pensavo e quando le
cose sono andate comunque male perché una cosa simile non
poteva finire completamente bene, visto cosa c'era in ballo,
è venuto da noi.
Noi
tutti riuniti insieme ad aspettare lui, una sua parola, un suo sguardo,
un qualunque cosa che ci dicesse che sarebbe tutto tornato come prima e
che potevamo tornare a vivere.
Ma non
è stato così.
Non lo
è stato perché è venuto davanti a me,
io gli ho dato il suo distintivo e la sua pistola, lui l'ha guardata e
puntando i suoi occhi sui miei, così vicino che potevo quasi
allungarmi e baciarlo davanti a tutti, me li ha restituiti posandomi
solo una mano sulla spalla. Il punto in cui mi ha toccato è
andato a fuoco. Poi mi ha detto che ero adatto e che mi affidava la
squadra.
Quando
ho capito cosa stava facendo sono di nuovo morto e questa volta
è stata peggio delle due precedenti.
Il
cuore mi si è fermato, il sangue si è raggelato e
il viso è diventato una maschera di pietra. Incredulo.
Cosa
stava dicendo?
Cosa
stava facendo?
Solo
un istante per farmi capire che quel suo sguardo sul mio era
sì pieno di ricordi, sapeva chi ero ma non fino in fondo.
Non completamente.
Qualcosa
ancora non andava.
Non
andava o non mi avrebbe lasciato le sue redini così davanti
a tutti senza dirmi nulla, senza sussurrarmi un 'ci vediamo a casa'
come faceva sempre.
Non me
l'ha detto.
E si
è rivolto a McGee, a Ziva, ad Abby e ha chiesto a Duky di
accompagnarlo a casa.
Ha
chiesto a Duky.
A me
non ha detto più nulla.
Nulla.
Mi ha
lasciato così in ufficio davanti a tutti con il suo
distintivo e la sua pistola, affidandomi il suo ruolo, dandomi fiducia,
dicendomi silenziosamente che era contento di me anche se non me lo
aveva mai detto.
E mi
ha lasciato.
Lasciato
morto.
Lasciato
in ogni senso un uomo può essere lasciato.
Credo
di non aver respirato, detto e fatto nulla per molto.
Di
essere rimasto agghiacciato fermo immobile in piedi a guardare il suo
distintivo e la sua pistola.
Credo
di essere definitivamente sceso all'inferno.
E
lì sono sprofondato specie quando sono passato a casa sua,
casa nostra, e ho visto che aveva fatto le valigie e di lui non c'era
traccia.
In
Messico.
Da
Franks.
Via da
me.
Senza
una parola.
Una
spiegazione.
Nulla.
Mi ha
solo lasciato.
Semplicemente
ora io e lui non stiamo più insieme ed il perché
rimarrà un mistero.
Giorno
dopo giorno seduto alla sua scrivania sono sprofondato in quell'inferno.
Mi
sono inabissato cercando di prendere in mano la squadra, la sua
eredità, abbandonando casa nostra e l'idea che lui potesse
tornare da me.
Mi
sono dato da fare con ancora la morte dentro.
Non ho
mai pianto, non ho mai gridato di rabbia, non mi sono mai sfogato.
Ho
solo cercato di far finta di essere vivo perché lui, come
capo, aveva affidato a me ciò che aveva.
Ma
come mio fidanzato non mi aveva lasciato nulla di nulla.
E sono
andato avanti facendomi aiutare da quella che ora chiamo Jenny,
appoggiandomi di più a Ziva e Duky.
Sono
andato avanti facendo una gran bella parte.
Senza
smettere di pensare a lui.
Lui
che mi ha mollato senza dirmi nulla.
Non
c'è stata notte in cui io non ci abbia pensato.
Che
non abbia soffocato quel senso di oppressione, quel dolore lancinante,
quel vuoto, quel freddo, quella voglia di urlare, piangere, chiamarlo,
andare da lui.
Ma ce
l'ho fatta e nonostante io non abbia mai ceduto non c'è
stato secondo in cui io non abbia pensato a lui, a cosa avrebbe detto,
fatto, pensato, perché, come e soprattutto se mai sarebbe
tornato.
Però
questo non era vivere e presto o tardi avrei ceduto.
Per
questo mi sono concentrato sulle missioni di Jenny sulla Granuille. Per
questo ho accettato di impersonare il fidanzato di Jeanne, una ragazza
che so essere fantastica.
Per
allontanarmi dal pensiero fisso di Gibbs.
Solo
per quello.
E
lentamente mi sono illuso di avercela fatta.
Di
essere rinato anche solo per un po'.
Di
aver ripreso a respirare.
Mi
sono convinto bene di non essere ancora in mezzo al fango e di stare
bene.
Dimenticarlo.
Ho
sempre voluto illudermi che fosse possibile.
Quando
l'ho sentito e rivisto, però, ho capito che mi ero solo
ingannato e sono andato nel caos.
Da una
parte ero contento di riaverlo qui, dall'altra ero arrabbiato. Non
sapevo come pormi e improvvisavo, andavo a seconda del momento. E la
mia mente non mi ha dato tregua. Penso di non aver mai riflettuto tanto
in vita mia cambiando idea ogni istante!
All'inizio
mi sono obbligato a far finta di nulla, così come lui aveva
fatto quella volta.
Volevo
solo ripagarlo con la sua stessa moneta.
Era
tutto ciò che pensavo fosse sensato, in mezzo al rancore per
come mi aveva abbandonato.
Non ci
siamo parlati, abbiamo fatto bene la parte del vecchio capo e
sottoposto ma la verità è che speravo solo che
tutto potesse tornare come prima.
Quando
ho creduto fosse esploso di nuovo e non avevo sue notizie, mi sono dato
dell'imbecille per tutto.
Per
averlo lasciato fare, per essermi illuso che nonostante tutto potesse
tornare come prima, che avrei potuto dimenticarlo, che...
però poi l'ho rivisto ancora, sempre vivo là,
davanti a me. E non ho più capito nulla.
L'ho
solo abbracciato.
Ecco
cosa ho fatto.
L'ho
abbracciato ringraziando mentalmente non so chi di preciso che me lo
aveva restituito e mentre lo stringevo svelto con forza, ho sentito
tutti i brividi ripercorrermi e rendermi gelatina. Ho sentito la vita
attraversarmi ancora e ho capito la differenza fra ciò che
ero prima in sua assenza, quando mi auto convincevo di avercela fatta,
ed ora, che lo toccavo ed era di nuovo lì con me.
Ho
dimenticato che mi aveva lasciato e tutti i problemi che abbiamo avuto,
come anche tutto ciò che mi ero ripromesso.
Ho
solo sentito le sue mani che ricambiavano brevemente il mio abbraccio
facendomi ricordare che c'era Duky e che eravamo all'NCIS. Non potevamo
fare certe cose e comunque non dovevamo. Nemmeno in privato.
Mi
aveva lasciato.
Me lo
sono ricordato come se ricevessi uno schiaffo.
Però
lì ho voluto essere contento di averlo vivo.
Non
importava se non voleva tornare con me, non importava come mi aveva
mollato.
Tutto
ciò che contava era che fosse vivo.
E lui
lo era.
In
seguito, però, a mente più calma e ponderata, mi
sono trovato a pensare che illudersi andava bene per i poppanti e che
era ora di crescere una volta per tutte.
Stavo
con Gibbs, convivevamo, avevamo una bellissima relazione. Mi ha
lasciato senza spiegarmelo.
Se ne
è andato.
Stop.
Io
dovevo ricominciare.
Accettarlo
una buona volta e ricominciare con o senza di lui.
Voleva
tornare in squadra?
Bene.
Allora
che tornasse.
Rivoleva
il suo posto?
Bè,
per il momento non ce l'aveva.
Io ero
il capo. Doveva sottostare a me, rispondere ai miei ordini.
Lavoro.
Solo
lavoro.
Se non
voleva altro che quel tipo di rapporto professionale, l'avrebbe avuto.
E non
una spiegazione. No, non io che non ne avevo ricevute da lui.
Dovevo
prendere atto di tutto ed andare avanti. Ogni cosa al suo posto col
giusto peso.
Nessuna
illusione.
Gli ho
detto di ricordarsi che aveva mollato e che ero io quello col
distintivo, lui mi ha dato il cellulare in testa dicendomi di prendere
McGee che ci saremmo ritrovati in macchina insieme.
Bè.
L'aveva
capito anche lui che si doveva andare avanti accettando i rispettivi
ruoli e rapporti e situazioni.
Così
l'ho di nuovo ammonito da bravo agente federale e gli ho fatto un mezzo
sorriso andandomene.
Non so
perché l'ho fatto.
Mi
è uscito spontaneo.
Forse...
forse dopo tutto non riuscivo ad odiarlo.
Forse,
dopo tutto, avercela con lui anche se mi aveva fatto tutto quello, era
pura utopia.
Perché
quando si ama a questo modo non si può vivere nel rancore,
altrimenti non sarebbe vero amore.
Non
so, a questo punto sono confuso.
Ricordando
tutto quello che è stato per l'ennesima volta, cercando di
analizzarmi il meglio possibile, mi rendo conto che non riesco a
capirci molto.
Non so
cosa voglio davvero, cosa dovrei fare con lui.
Non lo
so... vorrei solo tornare con lui e capire perché mi ha
lasciato a quel modo.
Vorrei
solo capirlo...
Però
mi limito a cambiare idea ed umore ogni minuto senza decidermi su cosa
voglio e come devo comportarmi.
Avere
a che fare con lui è davvero la cosa più
complicata della mia vita.
Al
confronto, la peste polmonare è stata una passeggiata!
Così
una volta che lo vedo deciso a tornare attivo in squadra, guardo la mia
vecchia scrivania con sopra le mie cose ammucchiate da Gibbs che si
è ripreso la sua. Si è tagliato un po' la barba
ed i capelli lasciandosi i baffi. È sconvolgente coi baffi,
credo gli tolgano la sua cattiveria ma avrò tempo di testare
questa cosa.
Mi
limito a fare un sorrisino incerto che non sa se essere contento o
cosa, e a sedermi.
Bè,
qualunque cosa io decida di fare lui è tornato e questa
volta definitivamente.
Lui
sarà di nuovo il mio capo ed io il suo sottoposto.
Non so
se dire che lo sapevo o no. Mi ha buttato così fuori strada
con quel che ha fatto che non sapevo dove sbattere la testa.
Ora...
ora credo che in effetti un minimo di spiegazione me la debba dare.
Un
minimo di confronto dovremo averlo visto che ci vedremo di nuovo ogni
giorno.
Arriva
il momento di dare la mia risposta a Jenny sulla proposta di andarmene
per avere una squadra tutta mia visto il mio buon lavoro di questi mesi.
Ci ho
pensato tutto il giorno e non ho ancora avuto modo di chiarire due o
tre cose con Gibbs, ma quando le dico che preferisco stare ancora qua
per assistere Jethro che non mi sembra ancora in forma, mi mordo la
lingua realizzando che l'ho chiamato per nome!
Fortuna
che è Jenny... non lo chiamo quasi mai per nome appunto
perché poi finirei per farlo automaticamente anche a lavoro
e allora apriti cielo!
Cerco
di chiamarlo Gibbs in privato e capo a lavoro.
Però
dovrò stare attento.
A
parte questo lei mi lancia uno sguardo eloquente e malizioso che parla
molto. Decisamente molto. Mi fa capire che sa tutto anche senza che io
glielo spieghi, specie che se rifiuto non è certo solo per
aiutare Gibbs a rimettersi in sesto ma semplicemente per non lasciarlo
più, così mi permette di andare avvertendomi che
è un occasione che potrebbe non tornare.
È
semplicemente qua che capisco.
Capisco
molto bene ma succede grazie a lei, forse, e a come mi guarda.
Quale
caos?
Io so
già cosa voglio.
Voglio
Leroy Jethro Gibbs!
E
qualunque cosa sia successa mesi fa può essere risolta.
Devo
solo parlare con lui e capire, fare di tutto, per una volta, per
entrare nella sua dannata testa!
È
solo questione di momenti.
Troverò
quello giusto.
Non ci
sono dubbi.
E
mentre esco pensando a ciò, tutto il dolore di questi mesi
comincia ad evaporare lentamente mentre, altrettanto lentamente mi
rendo conto di non essere più morto ma di nuovo vivo.
Finalmente.
L’incubo
è finito, l’anima è di nuovo nel mio
corpo, ogni funzione vitale a posto, il cuore ed il respiro sono
regolari.
Non
sono mai stato così bene e questo perché so
già come andranno le cose.
La
sensazione che ho è che tutto andrà a posto e ce
l’ho anche se in linea teorica lui mi ha mollato dimostrando
di non voler più stare con me.
Penso
che mi fiderò del mio istinto.
FINE