AMBIENTAZIONE: La puntata 7 della
quarta serie, quando si trovano davanti a quel videogioco reale,
Primacy. Il momento che prendo in esame è in particolare
quando Colby è con Amita e Charlie che stanno cercando un
indizio per procedere nel gioco, e lui viene trasportato via dalla
corrente. A quel punto Charlie riesce a recuperarlo e a salvarlo.
NOTE: Ebbene vedrete
perché per me quella parte è DonXColby e non
ColbyXCharlie… ad essere onesti me l’ha fatto
notare mia sorella Yukino che vedendo di nuovo la puntata con me mi ha
detto che potevo sfruttarla per bene e farci una fanfic in
cui… bè, non posso dirvi lo spunto che mi ha dato
ma devo ammettere che è stato un colpo di genio a cui io non
avevo pensato! Cioè io arrivo a vederci slash ovunque, e lo
sapete, ma questa mi mancava! È bello che laddove la mia
mente non arriva, ci va comunque quella di qualcun altro che mi
illumina! Fantastico! Ok, quindi a voi questa fanfic… auguro
a tutti buona lettura. Baci Akane
DEDICHE: a Mikako
naturalmente… e a tutti quelli che apprezzano questa coppia!
VOGLIO
ESSERCI
/Magnificent – U2/
Non
poteva essere.
Non
poteva assolutamente essere.
Sempre
a lui!
Da
che Charlie lo conosceva, ed ormai erano due anni, almeno per ogni
indagine Colby si trovava sempre in qualche guaio o comunque finiva per
avere la peggio su qualunque cosa potesse fare…
Cercava
qualcuno per interrogarlo? Questo scappava o comunque reagiva
costringendolo ad inseguirlo a volte buttandosi giù da piani
alti o spesso addirittura a tuffarsi nel classico fiume, mare o piscina
lì nei dintorni. Quando non doveva addirittura affrontarlo
in un corpo a corpo sicuramente non sempre facile e piacevole!
Ispezionava
un posto per cercare prove o simili? Sicuramente qualche trappola
gliela faceva vedere brutta costringendolo a darsi da fare per
cavarsela ed ottenere quel che cercava.
Teneva
d’occhio un sospettato seguendolo di nascosto? Questi era
certo che lo scopriva e che doveva, come detto prima, inseguirlo a
rotta di collo per qualche percorso pericoloso. Il più delle
volte si trovava anche a dover schivare pallottole!
No,
decisamente era quasi inverosimile...
Come
poteva essere che una sola persona attirasse tutte quelle
calamità?
I
guai succedevano a tutti, era vero, persino a lui o a suo fratello Don,
ma Charlie era sicuro che non fosse nulla di paragonabile a tutti
quelli in cui si imbatteva Colby.
Facendo
un conto veloce sulle percentuali di guai, era lui quello che
l’aveva più elevata!
Non
erano magari sempre guai seri, a volte erano solo rogne e seccature che
risolveva in fretta… il meglio che potesse succedergli era
quello di inseguire un sospettato e questo avveniva praticamente
sempre, era un classico ormai!
Però
quella volta Charlie se ne stupì.
Fu
comunque solo un lampo, troppo veloce per rifletterci con
più attenzione, quindi si era limitato subito a pensare a
cosa potesse fare!
Questa
volta era lui a doverlo aiutare poiché naturalmente Amita
non poteva far nulla.
Nemmeno
il tempo di ragionarci troppo su… il giovane matematico
solitamente abituato a stare tranquillo davanti ad una lavagna a
sciorinare calcoli e teorie, al momento si era addirittura trovato a
correre come un matto inseguendo la corrente nella quale Colby era
sparito.
Costeggiando
la strada del fiume appena aperto che viaggiava ad una
velocità pazzesca, si trovò a chiamarlo come un
forsennato col cuore in gola.
Solo
una cosa gli parve importante, lì per
lì…
E fu
una consapevolezza che avrebbe elaborato dopo, con calma.
Tutto
quel che contava era salvare Colby, in qualunque modo, non aveva
importanza come. Anche se lui non era suo fratello e di solito era
Colby stesso a cavarsela quando era solo, doveva tirarlo fuori da
lì.
Doveva.
O non
sarebbe mai potuto andare da suo fratello a dirgli che il suo uomo era
annegato nel fiume, portato via dalla corrente potentissima arrivata
improvvisamente, solo perché Colby era sfigato e lui un
solito topo da laboratorio!
Piuttosto
sarebbe stato meglio scappare lui stesso o tuffarsi in quelle acque di
morte!
Ma
sul momento non ragionò sui perché, si
limitò ai come.
Come
salvarlo?
La
sua fortuna era come sempre la sua mente veloce e grazie ad essa
notò il ponte sul quale il fiume si infrangeva, doveva
correre là e prendere Colby al volo, sperando che anche lui
riuscisse ad aggrapparsi ad esso.
Arrivato
in quel punto con suo sollievo vide che era lì con le mani
strette alle sbarre sottili di ferro che scorrevano sotto il ponte.
Pericolante e disperato cercava di non farsi portare ancora via dalla
corrente sotto di sé.
Nemmeno
per Colby ci fu tempo di pensare alla propria sfiga, tutto
ciò che voleva era salvarsi, farcela ancora come sempre,
tirarsene fuori in qualche modo.
Certo,
lui ce la faceva sempre in un modo o nell’altro. Non poteva
che essere così anche ora, no?
Ma
quel che passò Charlie fu davvero un brutto quarto
d’ora!
Saper
di dover assolutamente aiutarlo, di essere lui questa volta a tirarlo
fuori dai guai, e guai anche seri, avere incombente l’ombra
di suo fratello sulle sue spalle e ricordarsi perfettamente la sera in
cui era venuto fuori che quei due stavano insieme e quindi dirsi ancora
e ancora che non poteva assolutamente lasciar perdere, fu una tortura.
Doveva
proprio farcela.
Perché
Colby era un suo amico, certo, ma soprattutto perché era
colui a cui Don teneva di più. Non poteva dire se si
amassero ma già solo il fatto che fosse stato abbastanza
importante da parlargliene, era indice di quanto sul serio in
realtà facessero.
Lui
queste cose le sapeva e lì gli pesarono come non mai.
Quella
responsabilità fu davvero quanto di più grande
avesse dovuto sopportare in quell’ultimo periodo, da quando
aveva preso la confidenza di suo fratello sui suoi sentimenti.
Non
solo la vita di una persona, di un amico, bensì quella
dell’uomo di Don e quindi la sua conseguente
felicità!
Doveva
dunque assistere lui stesso alla sua fine inerme?
No,
nemmeno per idea. Anche se non era tagliato per certe azioni di forza
eroiche, quella volta doveva farcela e darsi da fare, come se non
avesse fatto altro in vita sua!
Come
se fosse lui il Super Eppes e non quello geniale!
Quando
riuscì a prendergli la mano questa gli sfuggì, fu
allora che vide i suoi occhi chiari, il viso già tumefatto
in alcuni punti, lui tutto bagnato che cercava disperatamente di non
mollare, le sue mani scorticate che però cercavano di
resistere… chissà come dovevano fargli male.
E lui
era lì, in salvo, a guardarlo.
“Forza
Charlie, devi farcela!”
Se lo
disse quasi come un grido interiore, uno sprone per uno sforzo
maggiore, quello decisivo.
E
finalmente arrivò.
Riuscì
ad afferrare la sua mano e facendo quanta più forza
possibile lo tirò sperando di averne abbastanza, per una
volta. Sapeva di non essere uno molto muscoloso, non era un tipo
atletico, ma quando ti trovi davanti a certi casi te ne dimentichi e
diventi esattamente ciò che devi essere.
Fu
così che riuscì a tirarlo su e metterlo in salvo!
I
cuori ancora impazziti, Colby steso a pancia in giù col
volto nascosto fra le braccia ed il fiatone per essersela vista davvero
brutta.
I
sensi alterati non gli facevano nemmeno sentire freddo per il fatto che
fosse bagnato fradicio, così come non sentiva ancora tutto
il dolore che quella nuotata gli aveva procurato.
Non
gli pareva davvero di essere ancora al mondo, salvo, steso sul ponte
accanto a Charlie e lui stesso fu investito dalla medesima sensazione,
con ogni tipo di attenzione cancellata, il contatto con la
realtà, col mondo circostante, svanito. Si trovava
lì col corpo ma non riusciva a sentircisi davvero e questo
per la violenta scarica di adrenalina che gli aveva permesso di tirare
su uno muscoloso e possente come Colby.
Aveva
il cuore che pompava a mille e il respiro altrettanto veloce.
Ma
mentre si assicurava col tatto che l’amico fosse ancora
lì con lui e fosse vivo, il primo pensiero che
arrivò loro in mente fu diverso eppure uguale.
“Sono
ancora qua, Don…” Colby, mentre quello
di Charlie:
“Te
l’ho riportato, Don…”
Che
dimostrava ciò che per entrambi contava di più al
mondo in assoluto.
Quando
a Don arrivò la telefonata del fratello che gli diceva
affannato ed agitato cosa fosse successo, gli venne un colpo.
Cercò
di capire cosa dovesse essere accaduto da quella confusa spiegazione,
quindi si fece ripetere in maniera più comprensibile e la
sensazione di prima non migliorò affatto, anzi.
- Ma
è sano e salvo, tranquillo… te l’ho
tirato fuori prima che venisse trascinato via di nuovo! –
Questa
frase funse da calmante, almeno un po’, mentre con la mente
cercava di immaginarsi la scena ritrovandosi di conseguenza a provare
qualcosa di devastante che lo lasciò per un attimo
profondamente scosso.
Non
era facile digerire il fatto che per l’ennesima volta il tuo
uomo ha rischiato in qualche modo la vita e che tu non ci sei potuto
essere per aiutarlo e salvarlo.
Il
fatto che ce l’avesse fatta senza di lui poteva da un lato
tranquillizzarlo ma dall’altro lo sbatteva maggiormente fuori
poiché Don voleva esserci.
Quando
gli fosse successo qualcosa ci sarebbe assolutamente voluto essere,
senza dubbio.
Anche
a costo di assistere alla sua morte.
Non
gli importava.
Doveva
esserci, fare qualcosa per lui, cercare di tirarlo fuori da quella
brutta situazione… e nel caso in cui non ci fosse riuscito
avrebbe voluto comunque assisterlo, stargli vicino in ogni momento,
anche quelli più terribili.
Per
lui separare la vita professionale da quella privata era sempre stato
un problema ovvero era ciò che voleva fare, ciò
di cui aveva bisogno, ma lavorando con Colby, il proprio uomo, non era
certo facile e possibile. Le due cose venivano mescolate e per lui era
molto difficile affrontare le giornate. Sia lavorative che relazionali!
-
Sempre a lui! – Borbottò solamente grattandosi il
capo, cercando di tornare lucido ed in sé.
- Mi
dispiace… - Rispose Charlie dall’altro capo del
telefono non sapendo cosa dire.
-
Tornate subito qua. – Ribatté Don cupo e al tempo
stesso stralunato, non sapendo bene che pesci prendere. Quando il
fratello stava per riattaccare immaginando quanto difficile fosse per
lui ricevere ogni volta notizie simili, lui lo stupì con un
ultimo borbottio. Un grugnito più che altro: - Grazie,
Charlie. –
Il
sorriso che il giovane fece, Don non potè vederlo
né percepirlo.
Appena
lo vide arrivare verso di lui, la prima tentazione che ebbe fu quella
di toccarlo e controllare che fosse tutto interno, quindi poi quella di
stringerlo e baciarlo ma naturalmente si trattenne e seppure fu
difficile. Così concentrandosi sul caso si limitarono ad
affiancarsi aggiornandosi sulle rispettive scoperte e sulle prossime
mosse in compagnia di Megan, Don non si perse nemmeno un particolare,
con lo sguardo attento e penetrante, delle sue ferite. Era
già stato medicato e si era cambiato ed asciugato, ma si
vedeva ogni contusione. Le mani erano addirittura fasciate.
Doveva
essere stata dura.
Non
averlo potuto aiutare gli bruciava. Colby aveva rischiato la vita e lui
non aveva potuto far nulla… davvero in quel momento gli
venne da pensare che erano stati fortunati ad aver avuto Charlie.
Era
strano pensare che per una volta era stato tuo fratello a salvare colui
che conta di più al momento.
Strano
ed insolito.
Fu
lì che di punto in bianco interruppe il discorso
sull’indagine e gli chiese come lui stesse.
Colby
preso alla sprovvista di questo suo insolito slancio di attenzione in
pubblico nei suoi confronti, lo guardò accigliato, quindi
ammorbidendosi impercettibilmente passando solo per stanco, disse che
stava bene e che poteva tranquillamente continuare.
Si
scambiarono uno sguardo significativo anche se breve, quindi
sforzandosi entrambi di non fare ciò che volevano davvero,
distolsero gli occhi l’uno dall’altro e ripresero
da dove avevano interrotto.
Quando
Charlie arrivò da loro dicendo che aveva scoperto come si
poteva far cadere in trappola colui che cercavano tramite il
videogioco, Colby fece la battuta distensiva:
- E
come? Con la forza straordinaria dei tuoi bicipiti? – Qua
Charlie non se ne risentì molto, sapeva che si riferiva al
fatto che lui di norma non era molto forte e che riuscire a tirarlo su
in quel modo era stata una dimostrazione di volontà non da
poco.
Una
volontà solo per suo fratello, in fondo.
-
E’ stata una scarica di adrenalina… -
Puntualizzò come suo solito. Lo sguardo ammiccante di Colby
gli fece capire che quello altri non era stato il suo modo di
ringraziarlo per averlo salvato.
L’accolse
di buon grado senza ribattere, quindi continuò con le sue
spiegazioni inerenti al caso.
/All i want is you - U2/
Il
caso si era concluso ed era andato a buon fine nonostante la grande
paura di Amita che aveva rischiato di beccarsi una pallottola in testa
dal matto di turno.
La
sera era calata fra le case di Los Angeles e nonostante la bella vista
notturna all'esterno, con la solita stanchezza addosso Don e Colby
avevano preferito rintanarsi in casa a riposare.
La
stranezza non fu quello bensì il fatto che fossero andati
diretti a casa del primo.
Non
vivevano insieme ma non era raro che Colby rimanesse comunque a dormire
lì. Il loro bisogno però li portava a staccarsi
l'uno dall'altro finiti i turni di lavoro. Don normalmente andava da
suo padre e suo fratello e cenava con loro mentre l'altro andava a bere
qualcosa con David. Dopo cena si ritrovavano a casa di uno dei due a
finire la serata insieme.
Capitavano
occasioni, però, in cui andassero direttamente a casa, il
più delle volte da Don. Non era molto grande come
appartamento ed era piuttosto in disordine, ma era suo e non ci entrava
nessuno, non era un porto i mare come casa di Charlie. Quando voelva
stare tranquillo e solo andava lì.
Il
motivo per cui quella sera fecero così non fu la stanchezza
fisica, specie quella di Colby, quanto quella morale e mentale.
Non
era stata la giornata più massacrante che avessero passato,
specie in luce di quando l'ex marine era stato creduto una spia cinese,
ma non era stata comunque una passeggiata.
Il
fatto che di nuovo Colby avesse rischiato la vita e che lui, Don, non
ci fosse stato l'aveva scosso anche se non era capace di dimostrarlo
normalmente.
Se
non fosse stato per Charlie, Colby ora sarebbe stato da cercare sul
fondo del fiume, spiaccicato dalla corrente contro qualche roccia!
Quando
era con David era diverso, era un agente abituato all'azione e ai
salvataggi e comunque Colby stesso così come sapeva
cacciarsi nei guai, sapeva il più delle volte anche
tirarcisi fuori da solo. Ma quel giorno era stato diverso.
Non
ce l'avrebbe fatta da solo e non c'era nessuo di abbastanza forte e
abituato a certe cose ad assisterlo. C'era stato solo Charlie, un genio
della matematica per nulla forte e piuttosto poco atletico!
L'idea
però che ce l'avesse fatta l'aveva anche stupito.
Razionalmente non avrebbe potuto farcela se non, come aveva detto lui,
con la scarica di adrenalina portata da un insieme di fattori. Fra cui
la profonda volontà di farcela e tirarlo su.
Ci
aveva pensato tutto il tempo, Don, e arrivato a sera con lo stomaco
chiuso, aveva accompagnato a casa propria Colby che aveva lasciato la
macchina a lavoro.
Non
sapeva bene cosa dire anche perchè non era da lui
chiacchierare di certe cose, era vero, però ne aveva bisogno.
Sentiva
che doveva falo.
Con
lui poteva, erano simili sotto quell'aspetto e andavano d'accordo per
quello. A partire dallo stesso modo in cui vivevano la loro relazione,
staccando i contatti ogni tanto e senza troppe dimostrazioni d'affetto.
Soprattutto senza farlo capire a nessuno, come se fosse una cosa solo
loro.
Certo
anche per questo i motivi erano tanti, erano due uomini oltre che due
colleghi ed amici, far sapere che stavano insieme era come spararsi sui
sacri gioielli di famiglia per due nella loro posizione!
Però
comunque non avrebbero voluto mostrarsi al mondo.
Era
una cosa delicata, strana e soprattutto molto personale.
Non
potevano sbandierarlo.
Avrebbero
davvero rischiato di rovinare tutto.
Entrambi
volevano andarci piano o sarebbero già stati conviventi...
Entrati
in casa si erano messi comodi senza l'intenzione di mangiare.
La
prima cosa che fece Don fu quella di prendere due birre, quindi ne
diede una al compagno seduto sul divano coi piedi allungati davanti a
sé, dopo di ché si mise accanto nella stessa
posizione. Con la stessa espressione assorta.
-
Come ti senti ora? - Chiese di punto in bianco Don elaborando senza
successo un discorso che avesse senso e che non lo mettesse in
imbarazzo. Non sapeva cosa dirgli, sapeva solo che voleva parlarne.
Colby
si stupì un po', quindi iniziando lentamente a sorseggiare
la sua birra gli rispose dapprima stringendosi nelle spalle, poi
piegando la testa di lato, cercando di capire come stesse dopo una
giornata simile!
-
Stanco ma abbastanza bene dai... considerando che sono quasi
affogato... -
Fece
l'allusione di proposito capendo che ne voleva parlare, quindi Don
colse la palla al balzo senza far caso che l'aveva fatto a posta, e
continuò sull'argomento, bevendo a sua volta distratto,
rimanendo concentrato su ciò che doveva dire che non sapeva
ancora bene cose fosse di preciso:
- E'
strano per me sapere che è stato Charlie ad averti
salvato... - Sperò potesse bastargli quello e che lo capisse
meglio di quanto non si capisse lui stesso.
-
Come mai? - Chiese girando la testa verso di lui, si toccavano con le
spalle quindi erano abbastanza vicini da riuscire a scrutarsi per bene.
Il
suo profilo deciso era serio e concentrato, pensava corrucciato a cosa
provava e sapeva quanto fosse difficile per lui esprimerlo, lo capiva
bene...
Fu la
volta di Don di stringere le spalle, quindi bevve ancora e dopo aver
preso altro tempo, sentendosi ugualmente a disagio, parlò lo
stesso con voce bassa:
- Lo
sai, lui non è adatto a queste cose. Se ha dovuto darsi
così tanto da fare per salvarti significa che hai rischiato
davvero. - Silenzio. Però non era tutto qua. Forse poteva
continuare. Colby non lo interruppe lasciandogli il tempo di proseguire
e concludere. Gli avrebbe fatto bene dirlo: - Vedi, dopo quella volta
che ti hanno avvelenato e che ti abbiamo riportato di qua per miracolo,
mi sono reso conto di ciò che provavo per te, lo sai. E da
allora ho realizzato che puoi morire sotto i miei occhi, proprio ora
che provo questo. - Colby cominciò a provare forti ondate di
calore che da dentro si espandevano sempre più insieme a
quel discorso. Non l'aveva mai sentito esprimersi così,
aprirsi a quel modo... non riusciva a staccargli gli occhi chiari dai
suoi che però non lo guardavano e si mantenevano di profilo
a lui. - Io detesto non riuscire a staccare i miei sentimenti dal
lavoro, è una cosa che non sopporto. Ma con te che mi
continui a ficcarti in guai grossi e a rischiare così la
vita non è facile riuscirci... - Si morse il labbro
inferiore, prese un respiro profondo, fissò intensamente il
collo della sua bottiglia fra le mani che stringeva convulsamente,
quindi come se si preparasse ad un azione delicata e difficilissima,
riprese: - Non era scontato che Charlie ce la facesse, anzi.
Tutt'altro. E se non ce l'avesse fatta a tirarti su io me lo sarei
rimproverato per sempre. Perchè non c'ero. -
Fu a
quel punto che Colby si sentì di intervenire. Sapendo che
comunque non sarebbe più uscito nulla dalla sua bocca ora
ben serrata, si girò meglio col busto verso di lui e
toccandogli il viso con due dita della mano fasciata, lo costrinse a
girarsi a sua volta per guardarlo e ricambiare il suo sguardo serio e
penetrante:
-
Don, tu non potrai esserci sempre. So che vorresti e che sei il nostro
super visore e siamo sotto la tua responsabilità,
però tu sei comunque solo un uomo e noi siamo agenti
responsabili di noi stessi in grado di cavarcela da soli. Dobbiamo
esserlo. Quando non ce la faremo non sarà colpa tua
perchè non ci sei stato o perchè non eri
sufficiente, ma sarà semplicemente che le cose hanno fatto
il loro corso. Non sarà colpa di nessuno. -
- Non
è questo il punto. Cioè anche. Ma questo lo posso
concepire. Quel che preme a me è un'altra cosa. - A quel
punto Don prese la mano con cui l'aveva appena toccato e alzandola fra
loro la guardò spingendolo a fare altrettanto. Era fasciata
sulle nocche che gli erano sanguinate cercando di aggrapparsi alla
sparra sottile di metallo mentre la corrente del fiume l'aveva tirato
fortemente per portarselo via. Allo stesso modo si era fatto altre
contusione in viso dove un po' era coperto da cerotti ed un po' si
vedevano per bene i lividi. Don guardò anche quelli con quel
suo sguardo penetrante e cupo, come se li accarezzasse. Dopo aver
contemplato le sue ferite e puntato l'attenzione sulla sua mano, disse
incisivo in un sussurro: - Io ti amo e nonostante tutto quel che ci
metta per riuscirci, non riesco a separare questo fatto mentre lavoro.
-
Colby
boccheggiante era rimasto al 'io ti amo' perdendosi tutto il resto...
il cuore gli era partito per la tangente sentendosi ridicolo quanto un
adoloscente alla prima cotta, il fiato era tornato come quando era
sottacqua e gli altri sensi erano andati per i fatti propri. Che in
realtà fosse ancora sul ponte appena tirato in salvo? La
sensazione era la stessa...
Quelle
parole ebbero per lui il medesimo effetto di quando rischiava la vita
vedendosela passare davanti agli occhi!
Si
rese conto di questo e dopo che il suo viso si era anche colorato per
l'innegabile emozione di averlo sentito dire quelle parole per la prima
volta, cercò di riprendersi lui stesso rispondendogli la
prima cosa che gli venne in mente:
-
Sono contento che non ti dimentichi che mi ami anche mentre lavoriamo!
È un buon segno! -
“Sono
contento che mi ami e basta!” Pensò però
con lo stomaco annodato. Era davvero come tornare ai tempi del liceo...
e dire che non era mai stato troppo romantico... non aveva mai vissuto
in questo modo la sua vita sentimentale, si era sempre per lo
più limitato a storie di sesso, nelle cose serie non era mai
stato molto bravo. Specie considerando che era andato prestissimo ad
arruolarsi come marine e che aveva addirittura combattuto in guerra.
Per
non parlare poi dei due anni come infiltrato!
No,
la sua vita sentimentale aveva subito uno stop forzato da...
bè, probabilmente da sempre!
Fino
a che non aveva messo tutto a posto, non si era fermato ed allora aveva
potuto arrendersi a certi sentimenti che aveva fin ora messo in parte a
forza.
Fino
a che non si era messo con Don.
Era
stata dura fargli capire ciò che provava e farlo aprire, era
dura continuare la relazione e soprattutto era dura lavorare con il
proprio uomo visto il lavoro in questione. Ma non avrebbe mai
rinunciato nemmeno per tutto l'oro del mondo.
Mai e
poi mai.
E
sapere che Don lo amava fu la conferma che andava bene così,
che doveva continuare come stava facendo e che non doveva mollare. In
qualunque modo fossero andate le cose.
Alla
sua risposta il compagno ebbe un guizzo che sembrò di
sollievo, ma subito tornò serio e cupo concentrato su quel
che provava e voleva esprimere ancora. Forse non si era spiegato
bene...
-
Voglio dire che lavorando insieme rischiamo di rovinare la nostra
relazione, visto che non siamo capaci di separare il privato dal
professionale. Ed io non voglio che succeda. -
Anche
queste parole furono per lui molto belle e gli entrarono dentro anche
se il loro significato avrebbe dovuto avere il potere di distruggerlo.
Fu
lì quindi che Colby lo fermò e prendendo il suo
viso fra le mani lo avvicinò a sé ancora, si
sfioravano. Occhi negli occhi. La medesima espressione intensa, solo
che uno era malinconico mentre l'altro sicuro. Estremamente sicuro di
sé, senza nemmeno un dubbio.
-
Vada come vada, Don. Io non voglio separarmi da te nemmeno per il bene
dell'umanità! Io voglio stare con te ora. Stop. -
-
Colby... - Cercò di fermarlo Don simile ad un carro armato.
Siccome non era l'unico ad esserlo l'altro continuò
imperterrito, alzando la voce appena per sovrastarlo e fargli capire
quanto deciso fosse.
- E
mi dispiace solo che lavorando insieme probabilmente mi vedrai
morire... -
Fu
questo probabilmente a fargli capire che stava sbagliando. Fu
lì che sentì ciò che voleva davvero
sopra ogni cosa, di più in assoluto.
E
senza staccare lo sguado dal suo prese a sua volta il viso di Colby
proprio come aveva fatto lui, quindi risoluto e sicuro come quando dava
un ordine in piena azione, disse:
-
Questo è tutto ciò che voglio. Esserci fino
all'ultimo secondo della tua vita. È questo che oggi, fra le
altre cose, mi ha sbattuto tanto fuori. Voglio esserci in ogni momento,
specie in quelli brutti. -
“Charlie
avrebbe potuto non farcela ed io ti avrei perso. Sarebbe stato logico,
normale, visto che era un professore di matematica e non un altro
agente con te. Però ce l'ha fatta e penso che questo forse
possa essere un piccolo miracolo. Adrenalina o no!”
Gli
occhi di Colby divennero lucidi e col nodo ormai salito troppo in alto
per essere trattenuto, si spinse in avanti il necessario per arrivare
alle sue labbra di slancio, le premette sulle proprie e rimase
così fermo con gli occhi chiusi a trattenere il fiato, a
sentire i loro battiti aumentare e l'emozione esplodere.
Se
questo era il modo in cui vivevano le storie gli adolescenti, cosa che
a lui non era mai successa, andava bene così!
Rimasero
fermi a godersi questo contatto di bisogno senza approfondire nulla,
solo le mani di Don si sciolsero dal suo viso scivolando sulle spalle
per tenerlo di più contro di sé e Colby
infilò le proprie sulla sua vita non chiedendo altro.
La
scarica elettrica che percorse entrambi li lasciò sconvolti
per molto.
- Ti
amo anche io. - Disse poi Colby sulla sua bocca prima di approfondire
il bacio andando oltre.
Questo
per Don fu la risposta migliore.
FINE