CAPITOLO VI:
CHIARIRSI LE IDEE

/The sniper at the gates of heaven - Black Angels/
La lama affondava e affondava ancora, ripetutamente, senza mai fermarsi.
Veniva estratta, il sangue nero e fetido schizzava ovunque, anche su di lui, poi si girava per continuare ad infilzarla sugli altri che lo circondavano come un esercito di zombie, più che di demoni, ai suoi occhi solo mostri informi attirati dalla sua luce accecante e dal suo profumo di fuoco.
Le ali ritirate nella schiena avevano lasciato due strappi all’altezza delle scapole, per il resto i suoi vestiti neri e gotici erano ancora interi ma ricoperti della linfa scura che sgorgava dalle ferite che infliggeva agli altri, la stessa che sporcava la sua pelle chiara, il suo viso, le sue mani e le sue braccia.
I muscoli tesi fino allo spasmo facevano mostra di sé su tutto il suo corpo, le vene pulsavano in rilievo prove di una rabbia cieca, il viso contratto in una smorfia d’ira, gli occhi ridotti a due fessure rosso intenso, le iridi appuntite: nell’insieme più un demonio che un arcangelo.
Come se non bastasse aveva una forza incredibile che si scatenava mentre uccideva quelle creature ripugnanti in pieno loro territorio. Le faceva a pezzi con una tale facilità e furia da essere quasi irreale.
L’attaccavano in continuazione ma lui senza mai fermarsi, stringendo la sua enorme spada rossa, li faceva fuori uno ad uno ringhiando come una bestia feroce ferita e furiosa.
All’ennesimo affondo un’ombra più grande lo coprì alle spalle e prima che potesse girarsi e vederla, un ghigno malefico si formò sulle sue labbra.
Era arrivato uno più forte… almeno non si sarebbe annoiato per un paio di minuti.
Noia… magari il motivo di tutto quell’uccidere fosse stata la noia, si disse con amarezza, oscurandosi di nuovo mentre alzava gli occhi accesi di un odio senza pari sulla creatura mostruosa, alta intorno ai tre metri e larga forse il triplo.
Non si soffermò nemmeno per identificarlo, quale che fosse la sua natura non contava… sbavava, era color feci e puzzava da far venire la nausea.
Solo per questo meritava la morte, decise Mikael facendo roteare la spada nella mano, mentre si apprestava ad attaccarlo senza nemmeno una pausa per prendere fiato.
Digrignò i denti e con un salto slanciato si trovò come a volare sopra la sua testa.
Come una saetta che attraversava il cielo prima di infrangersi a terra, rimase un istante nel cielo sospendendo il tempo, il mostro alzò la testa per cercare quel tipo così piccolo e quando lo trovò fu tardi.
Il fulmine arrivò giù con altrettanta velocità e precisione, l’essere deforme poté solo vedere la sua spada arrivargli contro, dopo di ché la sentì conficcarsi fra gli occhi con potenza e decisione.
Lo tagliò in due di netto.
Le due parti caddero sul terreno mentre il sangue schizzò a fiumi investendo chiunque nel raggio di poco.
Mikael fermo ansimante, con la spada stretta nella mano, guardava sprezzante il suo ultimo lavoro mentre le gocce nere fetide scendevano sul suo corpo provocando l’unico rumore nel raggio di kilometri.
Il silenzio l’accolse.
In poco aveva fatto fuori tutte le creature demoniache di quel posto e cosparso della loro linfa vitale e del loro tremendo odore, rimaneva solo in mezzo ad un campo pieno di cadaveri informi fatti a pezzi.
Uno spettacolo raccapricciante.
- Continua così che diventi un perfetto Satana! - La voce allegra ed ironica di Setsuna lo raggiunse un istante prima che atterrasse con un balzo su una montagnetta di corpi morti. Rimase in equilibrio e quando gli occhi ancora rossi di Mikael si posarono sui suoi castani e ridenti, fu come se lento l’odio accecante che l’aveva quasi fatto impazzire, scemasse placandosi momentaneamente.
Anche quando giravano insieme era così… quel tipo aveva lo strano potere di calmare gli animi più infuocati, ma il suo specialmente.
Inizialmente era stato uno scontro tremendo, il loro, ma poi quando avevano iniziato a conoscersi non poteva negare che erano diventati amici e questo perché Setsuna l’aveva capito profondamente, dicendogli esattamente quello che altri avrebbero dovuto dirgli prima. Gli aveva fatto aprire gli occhi e guardare in faccia la realtà. Una realtà che diceva quanto amasse Lucifero.
- Fai schifo, Mikael! - Asserì poi il giovane storcendo il naso davanti a quella visione discutibile. L’arcangelo rosso si guardò alzando le braccia, quindi piegò la testa di lato lasciando libera un’espressione che sembrava dire ‘in effetti…’
Rimase comunque in silenzio, il suo umore non era dei migliori e non aveva intenzione di parlare dei suoi sentimenti, nemmeno con Setsuna!
- Hai fatto una bella strage… non credo che i diavoli saranno contenti di quel che stai combinando… se ti sei unito a loro non dovresti andare contro la tua stessa razza. - A guardarlo sembrava non avere nulla di preciso in mente, ma nella sua improvvisazione prendeva sempre più forma un piano specifico… peccato che Mikael non fosse così sveglio per captarlo, così ci cascò in pieno e con un ringhio indispettito disse:
- Io non sono uno di loro! -
- Ah no? Avevo capito che ti eri unito a tuo fratello, quindi… - Setsuna manteneva un’aria noncurante mentre con le mani dietro la nuca osservava lo sterminio intorno a sé, sembrava tornato indietro nel tempo, quando da ragazzo era venuto lì e senza volerlo aveva aiutato tutti.
- Lucifero è una cosa, le fecce che gli stanno dietro un’altra! - Il rosso era sgarbato e dimostrava una forte stizza. Non gli piaceva essere paragonato a quelle creature ripugnanti che aveva sempre odiato.
- Ma se ti unisci a lui devi prendere tutto il pacchetto! -
- Non sta scritto da nessuna parte! Io faccio quello che voglio! - Sbottò il più basso alterandosi mentre agitava la lama come fosse uno stuzzicadenti!
- Come tutti… -
- Che cazzo vuoi, Setsuna? Cosa sei venuto a fare? - Chiese allora spazientito avvicinandosi al ragazzo, salendo così su un altro cumulo di corpi.
L’uomo dai capelli castani si strinse nelle spalle sfoderando un’espressione vaga:
- Capire da che parte stai. -
- Come se te ne importasse qualcosa… - Borbottò onesto.
- Cosa vuoi dire? -
- Tu hai la tua Sara, del resto te ne sbatti! Anzi, non so nemmeno perché diavolo hai accompagnato Raphael fin qua! - Era insofferente verso tutto ma in realtà ce l’aveva solo con l’arcangelo dell’aria, non certo con lui. Setsuna lo sapeva perfettamente e non si offese delle parole dirette ed infelici che gli rivolgeva, erano da lui, in fondo. Se l’era aspettato ed anzi, in un certo senso ci aveva sperato.
- E’ vero… ma quando moriremo torniamo qua. Cioè, nell’aldilà… e pensandoci bene penso proprio che finiremo dritti all’inferno, visto che siamo fratello e sorella incestuosi! Voglio sapere cosa mi aspetta per quella volta! - Mikael emise uno sbuffo somigliante ad un risolino di scherno ma non aggiunse nulla.  - Allora? - Continuò testardo ma con un sorriso sereno sulle labbra.
- Cosa? -
- Chi sei? - Domanda del secolo… in condizioni normali Mikael avrebbe chiesto se lo prendeva in giro o magari avrebbe risposto nel modo più ovvio possibile, ma lì per lì, con tutto il caos che aveva dentro, non seppe proprio cosa dire.
Rimase in proverbiale silenzio a pensarci, quindi guardò la propria spada rossa ricoperta di sangue demoniaco che ancora gocciolava, si guardò le mani dello stesso colore e nell’unico spazio vuoto sulla sua lama, specchiò il proprio viso.
Macchiato di sangue anche quello. Poteva sentire distintamente il proprio odore non più angelico ma nauseante come quello dei corpi sparsi sotto di lui, ma quella strage parlava altrettanto bene.
Se guardando sé stesso gli veniva da dire ‘diavolo’, guardando tutti quegli arti, quei busti e quelle teste mozzate gli pareva proprio il contrario.
E nell’insieme?
Alzò gli occhi tornati normali, ovvero verde chiaro, quindi con sincero smarrimento, quello che solo Setsuna riusciva ogni volta a tirargli fuori insieme alla verità, disse:
- Nessuno. Né diavolo né angelo. Non sono proprio nessuno. - Setsuna rimase in silenzio, il suo viso ora serio lo fissava capendo perfettamente il suo stato d’animo. Anche lui non si era mai sentito né umano, né angelo, né diavolo. Allora cos’era? Ma la sua risposta l’aveva trovata in Sara. Era uno che l’amava e voleva vivere con lei per sempre. Tutto lì.
- Dove vorresti stare? - Chiese allora con delicatezza e comprensione, sapendo di essere arrivato proprio laddove aveva voluto dall’inizio.
Mikael continuò a guardarlo, non ce l’aveva più con lui naturalmente. Non ce l’aveva mai avuta e se proprio doveva dire le cose come stavano, fra tutti lui era l’unico con cui avrebbe voluto fare quel discorso.
Con suo fratello sarebbe stato difficile, se avesse scelto di nuovo il paradiso non avrebbe avuto la forza di dirglielo, con Raphael, anche se ce l’aveva a morte con lui, era lo stesso discorso.
- Né qua né Lassù… non… non voglio stare da nessuna parte. Non mi importa nulla del Paradiso o dell’Inferno. Io sono venuto qua per Lucifero, i demoni mi fanno vomitare e questo posto pure… però è lo stesso verso gli angeli. Ci stavo perché c’era Raphael, ma quando mi ha tradito e abbandonato ho solo pensato che… - Si interruppe cercando le parole, parole che non aveva mai espresso così sinceramente a terzi, parole che doveva esternare e basta. Con sforzo, continuò: - … che volevo stare con Lucifero. L’ho sempre amato e quando ho saputo che il suo tradimento non era stato per odio o indifferenza verso di me, bè… volevo stare con chi amavo e mi ricambiava. - si vergognava a dire quelle cose ma era più il dolore, quindi andò fino in fondo.
Con un peso in meno, sentendosi stranamente più leggero, conficcò la spada sotto di sé, quindi si accucciò e nascondendosi il viso sporco con le mani altrettanto sporche, mormorò confuso e sconfitto:
- Ma amo anche Raphael e non so cosa fare… lo odio, mi ha fatto male, mi ha tradito, ha scelto un’altra ma io… non ci posso fare niente… - A quello alzò il viso levando gli occhi arrossati ma smarriti, su quelli dispiaciuti di Setsuna: - … lo amo lo stesso… tanto da fare tutto questo per non impazzire di nuovo! -
La mano di Setsuna si posò sulla sua testa, fra i capelli rossi spettinati, quindi si chinò accanto a lui e avvicinando il viso, poggiò la guancia contro la sua, si sporcò ma non gliene importò, quindi mormorò con dolcezza, chiudendo gli occhi:
- Sono due amori diversi, quello che provi per tuo fratello e per Raphael. Ma c’è una sola cosa sensata che tu puoi fare. E la conosci già. Devi solo avere la forza di farla, arcangelo. -
Dicendo il suo grado piuttosto che il suo nome, Mikael capì a cosa alludeva.
Il perdono era un atto grandissimo, prova di una purezza incredibile e di un amore incontaminato.
- L’hai già fatto con Lucifero, sono certo che lo puoi fare anche con lui. -
Il perdono era qualcosa che potevano dare solo gli angeli, quelli veri.
E lui aveva dato, nonostante le apparenze, lungamente prova di esserlo. Forse uno dei pochi.
Mikael lo guardò da vicino.
Poteva davvero perdonare ancora?