CAPITOLO II:
VIVO

/I really want you - James Blunt /
“Serve la morte per farci rendere conto dei nostri sbagli?
Quanto tempo perso dietro a stupidi orgogli feriti… quanti sprechi preziosi… cose che non torneranno più.
Il mondo si interrompe se lui muore.
Il mondo svanisce se lui non lo calpesta ancora.
Nulla ha importanza.
Tu non vivi.
Non vai avanti come niente fosse.
Senz’anima sei un guscio vuoto che forse si muove, forse parla, forse respira ma nessuna reazione concreta lo sveglia, nulla serve, nulla aiuta, nulla cura.
Senza di lui nemmeno l’idea della vendetta ti fa andare avanti, nemmeno quella ti anima.
Io sono morto con lui.
Non mi importa più di niente, nemmeno di trovare i responsabili.
Non mi importa assolutamente di niente e non mi era mai successo, mai.
Ci sono già passato in fondo, l’altra volta lo spirito di vendetta mi ha fatto andare avanti, però una volta ucciso il responsabile il dolore è stato forse più grande.
Credo sia proprio grazie alla mia esperienza precedente che ora non ho nemmeno sete di vendetta.
So che dopo tutto non serve a restituirmi Tony.
Io lo voglio.
Voglio lui.
Voglio lui e basta, non mi importa se mi ha tradito, se è stato a letto con un’altra, se ha finto di amarla… non mi importa del male che mi ha fatto.
Voglio lui.
Davanti alla morte qualunque altra stronzata perde di importanza.
Vorrei averlo costretto a chiudere con quella ragazza e a stare con me, se era vero che mi amava. Avrei dovuto.
Ma non l’ho fatto, l’ho lasciato da solo ed ora è finita.
Ora è finita.
Io senza lui… ora… devo vivere.
Devo?
Ma si può vivere ancora dopo che si è morti ripetutamente?
Animato dalle colpe che mi sento addosso sempre più crescenti, alla ricerca di una rabbia che mi aiuterebbe ad andare avanti un po’, non gestisco nemmeno di un minimo quest’indagine che per assurdo viene portata avanti dagli altri come se io continuassi a dare i miei ordini.
Un fantasma.
È solo questo che mi sento.
Un fantasma e basta.
Mi trascino senza sapere dove, ma infine è solo la voce, e non so nemmeno di chi sia ora come ora, che dice l’unica cosa che poteva riportarmi in vita.
Non registro le esatte parole e nemmeno la motivazione.
Solo un unico concetto mi penetra e mi dà una scossa talmente forte da far ripartire il mio cuore.
Il cadavere là sotto non è di Tony.
I perché li lascio agli altri, ciò che conta è solo questo.
Da qui torno alla vita e la prima cosa che sento è la domanda di Jen:
- Di chi è il corpo in sala autopsie? - Un moto di ribellione torna a caricarmi, il primo dopo la morte che mi aveva colto, dunque mi viene spontaneo puntualizzare seccato:
- E dov’è lui? - Voglio dire, chi se ne frega del tipo là sotto!
Io voglio lui qua e subito!
Rieccomi in vita.”

“Tutto ciò che volevo era vedere il suo viso ed ora che sono finalmente riuscito ad arrivare qua, chi mi ritrovo davanti all’apertura dell’ascensore?
Il brutto viso di quel dannato Kort!
Non mi è mai piaciuto, sto qua!
Mi prende e mi spinge contro le porte aperte, mi minaccia chiedendomi dove sia la Granuille ed io senza il minimo problema o timore rispondo che non ne ho idea e che anche se lo sapessi non glielo direi. Arrivo anche a puntualizzare che preferisce farsi chiamare Reneé, cosa che sembra davvero una provocazione.
Bè, dopo quello che ho passato mi prendo il diritto di dire e fare quello che voglio!
Kort non gradisce la mia faccia tosta e insiste nel minacciarmi, la cosa allora mi diverte ed esibendo uno spontaneo sorriso da damerino che lo manda in bestia, mi limito a spostare gli occhi di lato, verso l’interno degli uffici dove a pochi metri so perfettamente si trovano tutti quelli della mia squadra con le pistole puntate su di lui, pronti a sparare se non mi lascia nell’immediato.
Non esiste che dopo la morte sfiorata due volte in poche ore, qualcosa mi spaventi e mi intimidisca.
Figurati, ne ho passate di peggio, quest’idiota non è nessuno!
Però vederli tutti lì schierati pronti a difendermi, chiedendo solo un pretesto in effetti, mi ricarica ulteriormente. È davvero un gran bel regalo per le pene che ho patito fino a poco fa.
Non sono fiero di quel che ho fatto ma per un momento vederli tutti lì per me mi fa dimenticare ogni cosa, mi sembra di tornare ai vecchi tempi, quando non avevo ancora combinato nessuna rete di inganni e bugie, quando non avevo ancora tradito Gibbs.
Quando finalmente Kort mi lascia ed entra nell’ascensore ho il tempo di scherzare ancora, mi volto e con uno dei miei soliti sorrisi snervanti dico squillante:
- E i palloncini dove sono? - è davvero un momento in cui mi sembra di essere tornato come prima. Sto bene, mi prendo bonariamente gioco di loro che invece mi guardano con tanto d’occhi, curiosi di sapere come diavolo me la sono cavata questa volta.
Le loro complete attenzioni, nessuno sorride, tutti hanno mille domande in testa ma in fondo… in fondo si vede che sebbene sappiano delle mie menzogne, di fronte alla mia presunta morte tutto passa in secondo piano.
È bello sapere che più dei tuoi sbagli, conta il bene che hai fatto e che comunque quando me ne andrò davvero rimarrà quello nei loro cuori.
Un vago senso di rigenerazione mi invade qua con loro ed incrociando gli occhi seriosi di Gibbs il cuore ha uno di quei stupidi sussulti da adolescente.
Non ero davvero disposto a perderlo nemmeno per il mio senso del dovere o di gratitudine.
Per niente al mondo, in fondo.
L’assurda felicità che riesco a provare guardandolo è un lampo e sbaraglia tutti i sensi di colpa che mi sento addosso e non sono pochi.
Ma sono vivo, posso affrontare i miei sbagli e provare a porvi rimedio.
Tutto il resto non conta.
Voglio stare con Gibbs.”

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