NOTE:
questa fic è su Inferno e Paradiso, o Tenjo Tenje. È un manga
finito da diverso tempo, ma che mi è sempre piaciuto molto. Il più
bello, di qualità e coinvolgente che abbia letto. E' complesso e
carico di moltissime cose, ma se ci si prende del tempo per leggerlo
con attenzione ci si innamora. L'ho riletto in questi giorni ed ho
voluto scrivere una fic in conclusione al manga, mi sembrava giusto.
Una delle coppie del manga è composta da Masataka Takayanagi e
Soichiro Nagi. Questi sono loro, dopo le vicende del manga. La
leggenda iniziale è vera per metà. La parte finale l'ho aggiunta
io. Il pezzetto sotto la leggenda, è tratto dal manga, sono le parole che si scambiano Masataka e Soichiro nella gran battaglia.
Buona
lettura. Baci Akane
LA
LUNA
Secondo
una leggenda, Tsukuyomi e Amaterasu, il dio della Luna e la dea del
Sole, erano un tempo molto legati, una cosa sola, inseparabili.
Dopo
però che Tsukuyomi umiliò involontariamente Amaterasu, questa si
separò da lui e non potendo più perdonarlo, se ne andò in un altro
Cielo. Per questo i due non possono più incontrarsi e da qui sono
nati il Giorno e la Notte.
Si
dice anche che, in seguito a questa separazione, Tsukuyomi si legò a
Susanoo, il terzo fratello, il dio della Tempesta e da lì in poi
furono loro ad essere inseparabili.
L'influenza
di Tsukuyomi su Susanoo, infatti, fu positiva in quanto egli cominciò
a controllare meglio i suoi violenti ed imprevedibili sbalzi d'umore.
*.*.*.*.*
“Anch'io
ti voglio bene Nagi...
Mi
sei apparso davanti all'improvviso e ti sei fatto strada dentro il
mio cuore con prepotenza.
Presuntuoso,
arrogante, insaziabile, ma anche onesto più di chiunque altro.
Io
ti ho sempre ammirato.”
-
Ti è arrivato il mio pensiero? -
-
Sì, mi è arrivato il tuo pensiero! -
“Mi
è arrivato il tuo amore...”
*.*.*.*.*
Il
ricordo sfumò, l'ultimo che la sua mente gli aveva lasciato prima
della totale perdita dei sensi.
Dopo
di che, gli parve di vagare in un morbido e candido argento,
cullante, avvolgente sensazione, un profumo di passeggiata notturna.
Masataka,
senza percezione spazio-temporale, rimase così per un periodo
indefinito. Quando aprì gli occhi, gli sembrò d'averli appena
chiusi.
Lentamente
il mondo intorno a sé si mise a fuoco, dal soffitto col neon
riconobbe l'ospedale, era la camera di rigenerazione.
Di
riflesso provò a muovere le mani, ma gli riuscì solo con la destra.
Fu per questo che abbassò lo sguardo verso la sinistra e vide.
In
quell'istante quel piacevole calore che l'aveva cullato, diventò
gelo.
La
mano sinistra non c'era più, l'avambraccio era fasciato e si
troncava prima del polso.
Masataka
strinse gli occhi forte sentendo il fiato mancargli, sentì il panico
invaderlo ma fu un istante brevissimo, il ricordo di come era
successo gli fece aver bisogno di sapere come stava Soichiro.
Era
sicuro che non ce la poteva aver fatta, aveva combattuto tutto il
tempo sapendo che era l'ultima volta che lo vedeva, che non sarebbe
mai e poi mai sopravvissuto, era impossibile.
Ovviamente
nell'ottimistico caso che l'impresa gli fosse riuscita.
Ottimistica,
appunto.
Eppure
lui era lì, apparentemente vivo, senza una mano, ma vivo.
E
Soichiro?
Aprì
di scatto gli occhi a quella domanda e quando lo vide steso in un
letto accanto al suo, si rese conto che se era lì, in quella stanza
di rigenerazione, allora in qualche modo doveva essere vivo.
Ma
come mai era lì? Di solito non mettevano insieme le persone che
usufruivano della terapia di rigenerazione della famiglia Hotaru.
Soichiro
comunque era steso con le canule che passavano sotto il naso, come
sentiva d'avere lui stesso, unico piccolo aiuto per respirare. Per il
resto fisicamente era perfetto, non aveva nemmeno una benda od un
livido.
Era
steso sul letto e dormiva.
I
capelli erano ancora lunghi e chiari fino a sembrare bianchi, ma non
aveva segni e simboli sul corpo, era proprio lui al cento percento.
Per
quanto si potesse capire, in fin dei conti dormiva ancora.
Il
panico scemò, Masataka tornò calmo e con il bisogno di saperne di
più, si girò guardandosi intorno. Poco dopo arrivò la capofamiglia
degli Hotaru in persona.
-
Sono giorni che lavoriamo sul tuo spirito, per un po' sembravi un
corpo vuoto, come che avessi dato fondo a tutte le tue energie, come
Maya. - Masataka capiva cosa intendeva. Se era così, come poteva
essere ora sveglio senza alcun intervento speciale, come quello
ricevuto da Maya per il suo risveglio?
-
E poi? - Chiese con un filo di voce, si sentiva ancora debole, ma via
via stava sempre meglio.
-
Sembrava come che avessi completamente passato il tuo spirito a
qualcuno. Stavo cercando di capire cosa fosse successo quando tuo
fratello ci ha detto cosa hai fatto. Col colpo dei Takayanagi hai
passato tutto il tuo spirito al ragazzino che lo ha assorbito. Così,
vedendo che in qualche modo era ancora vivo, vi abbiamo messo vicini
ed in effetti hai ripreso spirito molto più velocemente. Sembrava
come che lui te lo restituisse... -
Masataka
si ammorbidì, gli vennero gli occhi lucidi in uno strano senso di
commozione. Lui aveva salvato Soichiro e Soichiro aveva restituito il
favore salvando lui?
-
Ma come sta? - Chiese prima di cantar vittoria.
-
Fisicamente sta bene e devo dire che anche il suo spirito è... come
posso dire? Sorprendentemente normale, considerando quello che è
successo. - Masataka corrugò la fronte e voltò la testa verso
Soichiro che non si svegliava.
-
E perchè non si riprende? -
-
Più che ferite dello spirito o del corpo, nel suo caso... sembrano
come ferite dell'anima... -
-
E' lui che non vuole svegliarsi? - Chiese Masataka preoccupato.
-
No, sento chiaramente che lui lotta per svegliarsi. Per tornare. Però
dentro di sé, a livello psichico, ha subito dei duri colpi e questi
si sono riversati sull'anima. È talmente stanca che sembra abbia
solo bisogno di dormire. Non sappiamo quanto resterà in questo
stato, non possiamo fare niente per lui. Può solo riprendersi da
solo. -
Masataka
sospirò, era una situazione molto strana ed aveva bisogno di saperne
di più, sicuramente suo fratello poteva dargli più risposte, di
certo delle idee doveva averne.
Specie
considerando che non si spiegava come mai non era morto ed anzi il
suo spirito era normale. Normale come?
-
E' tornato il Soichiro Nagi normale, uno studente del liceo. I poteri
dell'Esorcista del Male sono svaniti, così come il Vero Guerriero è
completamente morto. In lui non c'è più alcuna traccia di
sovrannaturale. È solo lui e basta. - Come evocato dai suoi
pensieri, Mitsuomi entrò silenzioso in scena, con uno sguardo
d'intesa salutò Hotaru che se ne andò per dare nuove disposizioni
all'equipe. Masataka sentì una sorta di emozione nel risentire la
voce di suo fratello e quando lo vide ebbe voglia di sorridere.
Vederlo lì che gli dava apertamente il suo appoggio era sempre una
cosa incredibile, non poteva abituarsi facilmente.
Mitsuomi
si accostò al suo letto, non ricambiò il suo sorriso ma ammorbidì
leggermente il volto. Masataka sapeva che non era abituato a
sorridere, ma probabilmente era contento di vederlo sveglio.
-
Durante il vostro combattimento esterno, Aya con l'occhio del drago
ha trasportato sé stessa e Maya dentro la psiche di Nagi. Lì Aya ha
raccontato che quando Nagi ha ricevuto il tuo enorme spirito
direttamente dall'esterno, è diventato più forte di Shohaku. Lo
stava per colpire quando Maya si è messa in mezzo ed ha raccolto col
suo potere di Amaterasu quelli del Vero Guerriero in Nagi. Shohaku
esisteva solo grazie a questi, sveniti loro, è svanito lui. A quel
punto la coscienza di Nagi era libera. - Masataka realizzò che
lavoro di squadra incredibile avevano svolto e facendo per sedersi,
si sentì la testa girare. Con una mano Mitsuomi lo rimise poco
gentilmente giù e lui non oppose resistenza.
-
Aya e il capo come stanno? Sono uscite? Tutto bene? Il capo ha
raccolto davvero tutti i poteri di Susanoo e li ha annullati col suo
chakra? - Era incredibile da credere considerando che era stata sulla
morte solo poco tempo prima. Mitsuomi a questo si oscurò come ai
vecchi tempi, sospirò e si girò di lato abbassando lo sguardo. Non
poteva reggere il suo così limpido e assetato di buone notizie.
Notizie che non poteva dare.
Masataka
realizzò che qualcosa non era andato bene, del resto come poteva?
Questa
volta si alzò sul gomito e si protese verso di lui in attesa del
resto, con agitazione chiese:
-
Mitsuomi? Cosa è successo al capo? - Silenzio. - Cosa è successo a
Maya? - Era la prima volta che la chiamava per nome, forse. Era
sempre stata 'capo'.
Mitsuomi
strinse gli occhi e si morse le labbra in una prima vera autentica
dimostrazione di sofferenza. Aveva tenuto duro molto bene fino a quel
momento ed ora era così. Ora che ne parlava con lui era così
difficile, così impossibile non manifestare nulla.
Al
tocco leggero e timido di Masataka sulla sua mano, si chiese perchè
mai dovesse nascondere il suo dolore. Aveva passato gli anni a
controllare tutto per poi rendersi conto che era stato una cosa del
tutto inutile. Masataka aveva sempre vissuto tutto a pieno ed era
arrivato al tanto agognato punto desiderato. Il punto di richiamare
in sé i poteri del divino Tsukuyomi, l'antico dio della Luna.
Forse
era proprio quello che aveva davvero sbagliato.
Lasciò
che Masataka gli stringesse la mano e con un sospiro lasciò andare
le lacrime che aveva trattenuto con ostinazione pensando di non poter
per qualche motivo.
Era
inutile, era completamente inutile non dimostrare dolore e amore,
specie ora che era tardi.
-
Maya è morta, il suo spirito si è dissolto dopo aver compiuto il
suo compito. - Masataka l'aveva capito, ma sentirlo da lui, sentire
la sua voce rotta dal pianto, un pianto silenzioso e composto, lo
torturò.
Il
dolore di Mitsuomi divenne il suo, anche lui voleva bene a Maya, ma
non certo come lui. Sapeva che avevano avuto un passato importante
insieme, una storia mai consumata. Per questo prima di affrontare
Soichiro aveva voluto dichiararsi ad Aya, per non avere lo stesso
rimpianto che suo fratello aveva verso Maya.
Dirglielo
ed ascoltare la sua risposta, gli aveva aperto gli occhi davanti a
Soichiro.
Perchè
era andato a combatterlo nonostante sapesse quanto rischiava di
morire comunque?
Perchè
quel sacrificio?
Solo
perchè lui glielo aveva chiesto quando ancora era sé stesso?
Non
sarebbe stato sufficiente.
C'era
altro. C'era di più e grazie a quel momento con Aya, prima di
rivederlo sul campo di battaglia, aveva capito cos'era.
Aya
gli aveva risposto che gli voleva bene anche lei, ma non nello stesso
modo. Gli aveva detto anche che tutti gli volevano bene, anche
Soichiro. Sicuramente lui gliene voleva ancora di più di tutti.
Questo
l'aveva penetrato, aveva lavorato in lui come un tarlo fino a che,
nello scontro con Soichiro, aveva capito.
Anche
lui voleva bene ad Aya come lei gliene voleva a lui. Come ne voleva
al capo, come ne voleva a Bob.
Ma
per Soichiro era diverso. La motivazione che l'aveva spinto ad
affrontarlo lo stesso nonostante fosse una missione impossibile,
nonostante rischiasse la vita, era l'amore.
L'amore
che provava per Soichiro.
Per
quello stupido, arrogante, presuntuoso, insaziabile ragazzino.
Lui
che l'aveva penetrato dal primo momento che l'aveva incontrato tanto
da respingerlo per non dover ammettere che quel che provava, andava
al di là del normale.
Arrivato
a quel punto, Masataka aveva semplicemente capito che era ridicolo
nascondersi dietro ad inesistenti disappunti, rivalità o
quant'altro.
A
Masataka, Soichiro piaceva e non solo. Gli voleva bene. Ma gliene
voleva nel modo che aveva sempre pensato di volerne ad Aya.
Era
stato lì che aveva capito la differenza.
Il
rifiuto di Aya non era stato così atroce, se l'era aspettato.
L'idea
di rinunciare a Soichiro, lasciarlo a sé stesso, permettere che si
trasformasse in un demone completo... quella era stata inaccettabile
per lui.
Soichiro
veniva prima di tutti, prima di chiunque altro. Prima anche di sé
stesso.
-
Mi dispiace, Mitsuomi... - Mormorò mentre lui stesso piangeva per
Maya, passando per tutto quel che era successo e l'enormità delle
emozioni e dei sentimenti provati dall'inizio alla fine di tutta
quella storia.
In
quel breve ma lunghissimo istante, con la mano su quella di suo
fratello, insieme avevano rivissuto i rispettivi fantasmi, le
rispettive storie, Masataka dallo scontro con Soichiro in poi,
Mitsuomi dall'incontro con Shin fino alla morte di Maya.
Poteva
andare ancora avanti la vita, dopo aver perso così tante persone
importanti, così tante cose importanti? Dopo aver perso anche sé
stesso, dopotutto?
-
Bisogna ricostruire quanto è andato distrutto. - Disse poi
improvvisamente Masataka proprio sulle sue personali e disperate
considerazioni.
Mitsuomi
lo guardò sorpreso, gli aveva letto nel pensiero? Le lacrime si
sospesero, ma le mani rimasero allacciate.
Masataka
sorrise incoraggiante in quel suo tipico modo. Sereno. Sicuro. Calmo.
“La
luna...” Pensò Mitsuomi meravigliato.
-
Dobbiamo ricostruire quello che è andato distrutto e coltivare ciò
che è rimasto. È questo che vorrebbe il capo, ne sono certo. E lo
vorrebbero anche tutti gli altri che abbiamo perso in questa lunga
dolorosa guerra. Perchè, Mitsuomi... - Con questo si alzò piano e
faticosamente, Mitsuomi lo aiutò prendendolo per le braccia,
Masataka si tolse la canula dal viso e guardandolo dritto negli
occhi, disse con maggior sicurezza. - questa maledetta guerra è
finalmente finita! - Sentirglielo dire lo rese davvero reale,
Mitsuomi capì che l'incubo era finito in quel momento e chiudendo
gli occhi abbandonò la testa all'indietro pensando a Shin, oltre che
a Maya. Anche a Bunshichi che lottava per tornare in forze e per
farcela.
“Ce
l'abbiamo fatta, ragazzi...” Pensò fra sé e sé. In quel momento,
un vento caldo l'accarezzò facendolo rabbrividire e aprendo gli
occhi li vide tutti lì con lui, a ridere appoggiati uno all'altro
insieme. Shin e la serenità nei suoi occhi luminosi, nei suoi come
in quelli di Maya che agganciava il suo braccio. E Bunshichi col
gomito sulla spalla di Shin che fumava la sigaretta.
Il
primo autentico club di Juken.
I
primi amici veri, i primi amori. Le prime ragioni di vita.
“Ho
fatto tutto pensando al sistema più sicuro ed imbattibile per
farcela. Volevo risolverlo senza il rischio di fallire e pensavo che
isolandomi in quel modo io potessi proteggerli tutti. Perchè non
volevo che quello successo con Shin si ripetesse. Potevo aiutarlo,
doveva esserci un modo, invece sono andato là per ucciderlo, perchè
volevo liberare Maya, la ragazza che amavo. E mi sono ubriacato della
mia stessa incredibile forza e non solo non l'ho ucciso, ma ho
infierito. Era vero che Shin voleva essere fermato e quindi morire,
era vero che sperava io ce la facessi e per questo mi aveva tenuto
sempre con sé e mi aveva chiesto di battersi con me. Però io non
sono stato in grado di fare nemmeno questo. L'ho torturato e basta. È
lui che si è ucciso in un unico finale momento di lucidità. È lui
che si è fermato. E di mezzo c'è andata Mana che non centrava
nulla.
Per
questo ho allontanato tutti, perchè temevo di non essere in grado di
aiutarli e proteggerli, temevo di poterli ferire e distruggere allo
stesso modo. E ripensandoci ora... un modo per aiutare Shin a
scrollarsi dalla follia che il suo enorme potere gli dava... un modo
c'era? Dopotutto Masataka ha salvato Nagi... e se ha salvato lui,
probabilmente poteva salvare anche Shin. In fondo lui è la Luna...”
Rimpianti
e pensieri si susseguivano in lui e Masataka si rese conto che si era
appena chiuso di nuovo in sé stesso, ermetico coi suoi mille
pensieri pesanti.
Messa
l'unica mano rimasta sulla sua spalla, sospirò con un sorriso
strano.
-
Lascia andare qualcosa. Alleggerisciti, o un giorno non riuscirai più
a fare nemmeno un passo. Smettila di portare tutti con te. -
Mitsuomi, sorpreso del fatto che aveva capito a cosa pensava, lo
guardò senza dire nulla. Allora il fratello sorrise aperto e lui
cominciò a sentirsi meglio.
Lasciare
andare...
-
Sei vivo... vivi per chi hai amato e non chiederti cosa avresti
potuto fare diversamente per salvarli... chiediti cosa puoi fare ora
per renderli fieri. - Fu così che Mitsuomi, lentamente, liberò i
propri numerosi fantasmi che invece di ancorarlo al fondo di una vita
mai vissuta davvero, l'accompagnarono in quel cammino che l'avrebbe
finalmente portato in alto.
Con
un piccolo cenno di sorriso di gratitudine verso Masataka, disse che
Tsumuji avrebbe pensato a costruirgli una mano robotica e che
avrebbero presto sistemato il resto.
Mentre,
con un calore pressochè infinito, pensò:
“La
mia Luna...”
Fu
messo in una camera normale dell'ospedale in attesa che fosse pronto
per essere dimesso. Con lui misero Soichiro, fu lui a chiederlo.
Visto che Soichiro in qualche modo aveva aiutato il suo risveglio,
sperava che il meccanismo fosse possibile anche al contrario ora che
stava bene.
Rimase
così del tempo solo con lui, sembrava dormisse.
Molti
erano passati a trovarli, specie ora che era sveglio. Ad un certo
punto Mistuomi aveva dato ordine ad Isuzu di limitare il flusso di
visite.
Ormai
Masataka era una celebrità, specie perchè era il nuovo presidente
del Gruppo Esecutivo che per due anni era stato di Mitsuomi e prima
ancora di Shin, due personaggi famosi ed entrati nella leggenda
dell'istituto per la loro incredibile forza senza pari.
Del
resto il suo biglietto da visita aveva attirato l'attenzione di
tutti. Era il fratello di Mitsuomi, dopotutto.
La
presentazione era stata degna delle aspettative, in quello che
sarebbe stato ricordato come lo scontro più incredibile mai avvenuto
nel loro liceo.
Il
club di Juken aveva vinto il torneo tenrabu, per cui era stato eletto
come nuovo gruppo esecutivo. Al suo interno era avvenuto lo scontro
per eleggere il presidente.
Masataka
Takayanagi contro Soichiro Nagi. I due più forti del club, esclusa
Maya Natsume che all'epoca si era dimessa.
La
battaglia aveva superato di gran lunga le aspettative e la vittoria
di Masataka sarebbe stata ricordata da tutti. Una vittoria seguita
dall'esplosione di Soichiro che aveva investito tutti e distrutto la
palestra del club facendo molti feriti, ma per fortuna nessuno
mortale.
Loro
due erano stati i più gravi, fra i presenti.
Saputo
che Masataka si era ripreso, in molti della scuola erano voluti
venire a fargli gli auguri di pronta guarigione. Lentamente il
ragazzo si era conquistato l'ammirazione di tutti visti i modi
gentili e alla mano, diametralmente opposti a quelli del celebre
fratello.
Proprio
colui che aveva dato ordine di evitare tutte quelle visite.
L'opposto,
appunto.
Masataka,
seduto sul letto, si rilassò finalmente nel realizzare che non c'era
più nessuno che entrava ed usciva di continuo.
Aveva
chiesto di stare con Soichiro, ma se la gente veniva di continuo
avrebbero dovuto separarli perchè lui ancora non si era svegliato.
Il
suo stato era del tutto anomalo, sembrava dipendesse da lui.
-
Sei davvero solo sfinito? È solo dormire quello che stai facendo?
Significa che ti risveglierai? - Le parole di Masataka uscirono dalla
sua bocca flebili, l'aria abbattuta. Era preoccupato e non si
vergognava di mostrarlo.
Si
sentiva responsabile, in qualche modo.
Aya
faceva la persona forte, era venuta a trovarli ed aveva sorriso e
posto tutto in termini molto ottimistici. Quando lui le aveva porto
le sue condoglianze per la perdita di Maya, lei era diventata
inevitabilmente malinconica, ma non aveva pianto.
Doveva
averlo fatto già in abbondanza.
“Ha
perso il fratello e la sorella, i genitori quand'era piccola ed ora
il ragazzo che ama non si risveglia. Cosa le rimane?” Era legittimo
chiederselo, ma quando l'aveva osservata con attenzione per capire
quale fosse il suo reale stato d'animo dietro tutto quello, aveva
capito che l'occhio del drago doveva averle dato una visione di
speranza per il futuro.
Non
era mai stata così coraggiosa da guardare il futuro pur potendolo
fare, ora che era in grado di controllare i propri poteri, non aveva
più guardato al di là dei loro domani.
Però
evidentemente doveva aver fatto un'eccezione, visto come stavano ora
le cose.
“Deve
aver visto qualcosa di buono...” Si era detto Masataka, a quel
punto aveva notato che Aya si era persa sul volto di Soichiro e così
aveva capito.
Aya
nella sua visione del futuro, aveva visto che era sveglio.
-
Ce la farà... - Aveva detto solo questo, Aya, prima di andarsene.
-
Hai sentito? Ce la farai... per cui vedi di buttare giù dal letto
quel culo pigro che ti ritrovi, sfaticato! - Masataka aveva provato
ad imitare Bob e si era messo a ridere da solo. Messosi comodo, si
girò sul fianco rivolto verso il suo compagno di camera.
I
capelli lunghi scendevano un po' dai bordi del materasso ricadendo
per terra, Masataka allungò la mano e ne prese delle ciocche
intrecciandosele fra le dita.
Erano
quasi bianchi, li aveva ereditati da entrambi i genitori.
-
Sicuramente te li taglierai appena ti svegli. Tornerai al tuo solito
vecchio taglio? Posso scommetterci. È orribile, ma Bob dice che ti
rende più alto... del resto non sei davvero molto alto. - Masataka
si mise a parlare con lui come se fosse sveglio, dentro di sé sapeva
che lo sentiva. Se quel giorno, durante la battaglia, aveva sentito i
suoi pensieri dall'interno, significava che anche ora lo sentiva.
Continuò
a giocare coi suoi capelli come attratto da essi. Sapeva di non
essere attratto solo da quelli, ma per il momento decise di
accontentarsi così.
-
Ti chiamavano diavolo bianco per la pettinatura che ti facevi, ti
aiutava a sentirti più forte? - Domande senza risposta,
considerazioni a ruota libera. Mano a mano che parlava, Masataka si
sentiva sempre più libero di esprimersi e riusciva a tirare fuori
più cose.
-
Anche tu in questa guerra hai perso tutto, molti hanno perso tutto.
Io no, io dopotutto no. Ho salvato mio fratello dalla sua
maledizione, mio padre è ancora vivo... e fra noi tre le cose
sembrano sempre meglio... non voglio rinunciare alla mia vita
semplice a diretto contatto con le persone normali, ma mi piacerebbe
anche tornare a vivere con lui. Riallacciare i rapporti disastrosi
con lui è un sogno che non ho mai osato fare ed ora... ora che va
tutto bene io... vorrei solo poterlo rivedere di più. Penso che
succederà. Ma non posso rinunciare alla mia vita, il mio piccolo
appartamento quasi vuoto in un quartiere poco raccomandabile. È
strano? Mio padre ha detto che vuole tornare nella residenza dei
Takayanagi, che Mitsuomi lo ha invitato a tornare. Ha specificato che
non gli tornerà mai la sua carica di capofamiglia, ma a questo punto
credo sia meglio così. Quello che a provato a fare mio fratello era
giusto, era il sistema che non lo era. Lui voleva salvarci tutti e
farlo da solo, questo l'ha portato a diventare sì forte, ma sempre
fermo allo stesso punto di due anni fa. - Masataka si sentiva come di
non poter più smettere di parlare e mentre lo faceva, i capelli di
Soichiro erano avvolti del tutto sulla sua mano e sul suo polso, non
si rendeva conto di stargli infondendo il suo spirito, poco a poco,
in modo da non indebolirsi molto.
Il
problema di Soichiro non era la mancanza di spirito, quanto
l'eccessiva stanchezza psichica.
Masataka
non se ne rendeva conto, ma gli stava ridando quella forza mentale
perduta, gli stava rischiarando le tenebre rimaste una volta svuotato
di tutto.
E
lo stava facendo con naturalezza.
-
Mi hai ridato lo spirito che ti ho prestato per battere Shohaku.
Sapevo che me l'avresti restituito. E volevo ringraziarti. Spero che
ti risvegli presto, perchè qua è tutto troppo tranquillo senza di
te. - Masataka ripensò ai propri pensieri durante la loro battaglia,
quando aveva detto di volergli bene perchè l'ammirava, perchè sin
dal primo momento che si erano incontrati e scontrati, Soichiro gli
era entrato dentro prepotentemente.
Aveva
cercato di respingerlo ed ignorarlo, ma lui era sempre tornato, si
era sempre fatto notare, era sempre stato presente prendendosi quante
più cose poteva. Voleva diventare forte.
-
Alla fine ci sei riuscito ad essere forte, hai visto? -
Rendersi
conto di volergli bene proprio quando era lì per ucciderlo, era
stato terribile.
Aveva
sperato ardentemente di poterlo salvare ed ora non era certo
d'avercela fatta.
Capire
che il 'ti voglio bene' rivolto a Soichiro era diverso da quello
rivolto ad Aya, era stato un meccanismo automatico sempre della
battaglia.
Sentirlo,
capirlo, dirglielo e realizzare... che voleva bene a Soichiro, ma non
come ne voleva ad Aya. E che era sempre stato sicuro di amare Aya, ma
alla fine era stata più ammirazione, fascino... ma non poi tanto
diverso da quanto provato per Maya...
Ed
ora Soichiro arrivava e lo costringeva a capire la natura dei suoi
sentimenti.
-
Ed ora che so che ti voglio bene, cosa dovrei fare? Tu non ti svegli
nemmeno, potrebbe essere stato inutile. Non so nemmeno se ti sono
arrivati i miei pensieri. In ogni caso sarebbe imbarazzante. Se ti
svegliassi e mi dicessi che l'hai sentito io... cosa dovrei fare? Non
era un 'ti voglio bene' in amicizia, io ero lì per morire pur di
aiutarti. A volte i sentimenti salvano, ma altre incasinano e
basta... ad ogni modo se non ti svegli, sarà stato tutto inutile...
- Lentamente schiacciato dal sonno per il proprio spirito infuso in
Soichiro tramite i capelli che rimanevano attorcigliati sulla sua
mano, Masataka si lasciò cadere addormentato mentre biascicava le
ultime parole.
Fu
poco dopo che la voce roca e bassa di Soichiro si levò.
-
Ti ho sentito, senpai. I tuoi pensieri mi erano arrivati. -
“Il
tuo amore... “ Questo lo pensò capendo che se Masataka parlava di
'pensiero' e non 'sentimento', significava che non era pronto per
ammetterlo chiaramente.
Ma
lui aveva percepito i suoi sentimenti ed erano di puro amore.
Sapeva
che in molti ne provavano per lui, si era fatto alcuni importanti
amici, Bob, i senpai, Aya, Maya... però Masataka era diverso,
Masataka era la sua Luna, la sua salvezza, la sua luce nelle tenebre.
Era
stato lui a salvarlo, lui ad infondergli la forza decisiva finale,
lui a fermarlo dall'esterno, ad annullare il suo corpo troppo forte.
Maya
aveva fatto il miracolo finale annullando tutti i suoi poteri, ma
Masataka aveva indicato a tutti la via, lui l'aveva reso possibile.
Fermare il corpo era stato determinante.
Dargli
tutto il suo potente spirito per aiutarlo.
Poco
dopo Soichiro aprì gli occhi e con una fatica incomprensibile, girò
la testa verso di lui.
Lo
vide che dormiva con la mano allacciata ai suoi capelli e sospirando
fece un piccolo sorriso carico di mille cose. Era stanco, si vedeva,
ma era finalmente sveglio.
-
Hai fatto bene a parlarmi, le tue parole insieme al tuo spirito mi
hanno guidato alla superficie... ero perso in una notte troppo buia,
non riuscivo a trovare la via di casa. Ad un certo punto la luna è
apparsa nel cielo e l'ho seguita. Mi ha portato a casa. La mia casa
era la palestra del club di juken. Grazie senpai. - Mormorò sapendo
di poter dire quelle cose perchè dormiva. Da sveglio sarebbe stato
imbarazzante, avrebbe trovato il coraggio per affrontarlo a viso
aperto un altro giorno, ora poteva accontentarsi.
Realizzò
perdendosi nei suoi lineamenti delicati e gentili che era vivo, ce
l'aveva fatta e soprattutto era riuscito a non ucciderlo, cosa su cui
si era concentrato molto.
Aveva
subito gravi perdite per strada, sua madre, suo padre, Maya... ma lui
era lì, la sua luna era lì. Anche altri dei suoi amici ce l'avevano
fatta. La guerra era finita per sempre. La pace era tornata e quello
sarebbe stato ancora il paradiso dei combattenti.
Era
tutto finito davvero.
Guardando
il viso di Masataka lo realizzò e la stanchezza piano piano tornò,
ma una stanchezza sana e normale, una che gli avrebbe permesso di
risvegliarsi appena qualcuno l'avrebbe chiamato.
Si
voltò così sul fianco nella stessa posizione di Masataka e
prendendo la mano che era fra i suoi capelli, si lasciò addormentare
serenamente, con un pizzico di tristezza normale che avrebbe sempre
avuto pensando a tutta quella storia. Lui come tutti gli altri. Come
Masataka stesso.
Come
Aya.
Come
Mitsuomi.
Quella
mano gli diede la sicurezza di potersi risvegliare quando voleva.
Così
sarebbe stato.
Masataka
riaprì gli occhi con ancora la mano nella sua e fra i suoi capelli,
poca la distanza che separava i due letti, le posizioni ancora
rivolte uno all'altro.
Vide
subito il suo viso dai tratti caratteristici con le sopracciglia
decise, i lineamenti rilassati e sereni, un bel colorito.
Si
era girato, si era svegliato.
Lo
realizzò al secondo battito di ciglia, quando aveva focalizzato
l'attenzione sulle loro mani.
Si
stavano ancora scambiando lo spirito a vicenda.
Quando
capì, sorrise con la sua tipica dolcezza e fu come se tutto
diventasse possibile. In effetti, tutto lo era per davvero.
Era
possibile dopo quel che erano riusciti a fare.
“Avere
paura di cosa? I sentimenti sono tutto quel che abbiamo, noi
moriremo, un giorno, e non sarà più niente di noi. Esisterà
eternamente solo lo spirito che viaggerà di nascita in nascita,
mentre noi, le nostre vere coscienze, si riuniranno insieme in un
posto perfetto.
Per
cui i nostri sentimenti si spargeranno in tutte le parti di noi,
nello spirito che andrà al prossimo che nascerà, nell'anima che
andrà con la coscienza in quel posto fantastico... e allora io dico
che dobbiamo vivere per i sentimenti, dobbiamo vivere di sentimenti,
senza vergognarcene, soffocarli, nasconderli. Dobbiamo coltivarli,
farli crescere, rafforzarli. Perchè è tutto quel che ci può far
vincere una guerra di cento anni.
Io
ho potuto aiutare Nagi perchè provavo dei sentimenti per lui.
E
quei sentimenti erano amore.
Per
cui al diavolo tutti i dubbi e le insicurezze.
Se
so cosa provo, devo andare dritto per la mia strada senza paura. In
un modo o nell'altro, nell'aver chiaro il nostro obiettivo, tutto
andrà bene. Ed ora il mio obiettivo è vivere felicemente questa
vita, proteggendo sempre chi amo.”
Così
pensando, con una chiarezza a dir poco sconcertante, con la sua
tipica semplicità, si alzò a sedere senza staccare la mano dalla
sua e dai suoi capelli che scendevano ancora giù dal letto.
Mise
i piedi a terra e si chinò lasciandogli un bacio sulla tempia, gli
scostò i capelli e con una dolcezza sua caratteristica, sorrise più
leggero.
Appena
le sue labbra si levarono, Soichiro aprì gli occhi, girò di scatto
il viso ed in breve si ritrovò il suo vicinissimo.
Sorpreso,
senza fiatare, senza crederci, col cuore che andava velocissimo su in
gola, incapace di fare qualcosa, nel caos più totale, nel non avere
proprio idea di cosa dovesse fare, si ricordò che lui era la sua
Luna e che così sempre sarebbe stato.
Sarebbe
andato tutto bene.
“E'
lui ad indicarmi la via, devo solo seguirlo.”
Così
si rilassò, sorrise finalmente sereno e accattivante come suo
solito, poi con un entusiasmo crescente si protese verso di lui e lo
baciò sulle labbra, con sorpresa, esuberanza, istintività.
Masataka
rimase di sasso, ovviamente era una delle cose che avrebbe voluto
fare lui ed ovviamente per timidezza, per quanto avesse le idee
chiare ed avesse accettato tutto, non era in grado di farlo sul serio
e fino in fondo.
Ma
per questo genere di cose fatte senza pensarci troppo, con puro
istinto e desiderio, un pizzico di incoscienza e molto coraggio,
c'era Soichiro.
La
Tempesta che spingeva la Luna.
La
Luna che calmava la Tempesta.
Furono
strane le loro labbra unite, non era stato un gesto pensato
seriamente da Soichiro, non con razionalità. Appena l'aveva visto
sveglio chino su di lui, aveva sentito un enorme fortissimo desiderio
di farlo e l'aveva fatto.
Semplicemente
così. Non se ne era pentito, anche se si era sentito andare a fuoco
e si era totalmente sconnesso, più del solito.
Masataka
nel sentire la sua agitazione, sorrise fra sé e sé, si appoggiò al
cuscino e sempre rimanendo chino su di lui, con le mani intrecciate,
guidò il bacio con una calma tipica sua.
Sicurezza,
tranquillità.
Era
una cosa bella, pura, innocente, sentita.
Pensandoci
sarebbe stato impossibile, complicato, strano. Farlo fu facile,
onesto, giusto.
Non
sembrò un errore.
Sembrò
perfetto.
Le
emozioni ingigantirono e si mescolarono come i loro sapori, le bocche
si fusero con semplicità e quando tornarono in loro, si separarono.
Soichiro
era molto più rosso ed imbarazzato di Masataka. Aveva agito
totalmente d'istinto, Masataka era più rilassato. Non avrebbe mai
preso l'iniziativa da solo, ma così andava bene. Una volta nel
sentiero, camminava sicuro sapendo perfettamente dove andare.
-
Scusa io... l'ho fatto senza pensarci, non so proprio cosa mi sia
venuto in mente, sai che io agisco così! Non lo faccio più! -
Soichiro ne aveva passate molte ed era maturato, ma rimaneva pur
sempre un ragazzino impacciato coi sentimenti.
Anche
se, con quello che aveva vissuto, aveva imparato quanto poi erano
preziosi ed importanti.
Masataka
si alzò e si stiracchiò disinvolto.
-
Va tutto bene, ho iniziato io! Ero contento che ti eri svegliato... -
La mise giù semplice e Soichiro capì che forse lo era davvero.
Semplice.
Si
alzò a sedere sentendosi davvero come rinato. Le mani si erano
staccate, per cui prese i propri capelli troppo lunghi ed ingombranti
e li legò in una coda bassa brontolando, quando ebbe finito Masataka
ridacchiava e si era riseduto sul proprio letto, di fronte a lui.
-
Li taglierai? - Soichiro rispose immediatamente.
-
Appena esco di qua! - Masataka rise e Soichiro si dimenticò dei
capelli. Non erano mai stati capaci di stare così bene insieme, così
tranquilli, disinvolti. In amicizia. O forse qualcosa di più.
“Ma
quello che abbiamo vissuto e condiviso penso che legherebbe
chiunque...”
Si
spiegò Soichiro.
In
effetti era vero.
Era
per i sentimenti che in realtà nutrivano uno per l'altro, che erano
riusciti a collegarsi in quel momento. Masataka aveva salvato
Soichiro con quel gesto, col suo colpo, infondendogli tutto il suo
potentissimo spirito puro.
-
Sono contento che ce l'abbiamo fatta... - Disse poi sempre il
ragazzino seguendo quei pensieri. Aveva bisogno di esternarli, si
sentiva come in sovraccarico. Lui doveva per forza.
E
sentiva la frenesia anche di dirgli quel che pensava. Quella risposta
alle parole che Masataka gli aveva coraggiosamente rivolto durante la
loro lotta.
-
Non dirlo a me, la situazione sembrava disperata... - Masataka si
guardò la mano, aveva anche una cicatrice sul viso che glielo
tagliava orizzontalmente. Non si sarebbe mai rimarginata.
-
Non hanno finito di curarti? - Chiese Soichiro riferendosi al viso.
Non aveva ancora visto bene l'altro braccio, la mano mancante, il
polso fasciato. Tutto quello che era rimasto.
Masataka
l'alzò e glielo mostrò per la prima volta. Soichiro spense il suo
sorriso e lo guardò impressionato, shockato, incredulo.
Non
aveva la minima idea di che cosa aveva fatto il proprio corpo fuori,
mentre lui dall'interno aspettava il suo spirito.
-
Hotaru ha detto che certe ferite non le potrà mai curare del tutto,
perchè sono state inferte da un dio. Ha fatto del suo meglio. -
Lasciò una pausa, aveva parlato con rassegnazione, ormai aveva
accettato ogni cosa. - Rimarranno dei segni, ma penso siano preziose
cicatrici che ci ricorderanno le nostre grandiosi imprese. Le nostre
vittorie. Non mi dispiace, insomma. - Tipico suo trovare il positivo
in una cosa negativa.
Soichiro
si calmò solo sentendolo dire quelle cose, anche se rimase
dispiaciuto.
-
Scusami... sono stato io... - Masataka alzò lo sguardo sul suo e
sorrise con la sua aperta semplicità.
Davvero
non riusciva ad essere più astioso e sul piede di guerra, con lui.
Una volta sì, una volta non era capace di trattarlo bene e lasciarsi
andare, aveva passato il tempo a contrastarlo fra sé e sé
convincendosi che non gli piaceva, perchè era troppo complicato e
strano ammettere che un ragazzo potesse piacergli a quel modo. Nel
modo in cui a Masataka era piaciuto Soichiro.
Un
modo che aveva cercato di riversare in Aya perchè era una ragazza e
con lei sarebbe andato bene.
Peccato
che poi nel dichiararsi a lei aveva capito per chi provava realmente
quei sentimenti, e si era arreso.
-
Non sono stato molto gentile nemmeno io... anche se le mie ferite
sono sempre più interne che esterne! -
Soichiro
a quello annuì e si fece serio.
-
Puoi dirlo forte... - Mormorò infatti. Ora era tutto a posto, tutto
chiaro. Come ignorare una verità tanto evidente?
Così
pressante.
La
verità era che aveva sempre ammirato Masatka, l'aveva invidiato, gli
era piaciuto e basta. Solo che vivere i propri sentimenti era sempre
stato difficile per lui, specie poi se gli altri erano astiosi. In
quel caso, per partito preso, si comportava male. Meccanismo di
difesa.
Si
erano solo fraintesi dal primo all'ultimo minuto.
-
Mi hai rivoluzionato completamente. - Ammise poi sentendo che se non
si apriva ora, sarebbe scoppiato. I due continuarono a guardarsi e
Soichiro, perso in quelle sue iridi scure ma luminose a modo loro,
continuò piano. Un po' di timidezza, ma la sicurezza di quel che
diceva. - Sei la mia Luna, mi hai indicato la via. Mi hai salvato. E
volevo dirti che anche per me è così. Che ti ho sentito e che è la
stessa cosa. - A quel punto però divenne confuso e si imbarazzò di
nuovo abbassando lo sguardo.
-
Mi hai sentito quando? - Chiese Masataka senza capire.
-
Durante il nostro combattimento... - Disse sempre più a voce bassa.
Masataka
si grattò la nuca senza capire a cosa si riferisse e Soichiro
allargò le braccia e rialzò la testa ripetendolo seccato.
-
Quando mi hai detto che mi volevi bene e mi ammiravi! Mi hai chiesto
se mi era arrivato il tuo pensiero e mi hai spedito lo spirito. Io
l'ho preso ed ho sentito tutto. Volevo dirtelo! Ti ho sentito. E per
me è la stessa cosa. - Masataka fece mente locale, si ripeté le sue
parole, ricordò il momento e solo allora, con un notevole secondo
treno, capì che quella era una dichiarazione.
Per
cui arrossì brutalmente e si irrigidì non sapendo bene cosa fare.
Di
solito lo sapeva, ma era un ragazzo come tanti, dopotutto.
-
Ah. - Disse solo secco incapace di aggiungere altro.
Soichiro
capì ovviamente che volesse rettificare, che se ne fosse pentito,
che non fosse più la stessa cosa.
Quel
bacio di prima poteva essere stato tutto e niente, sicuramente uno
dei loro tanti fraintendimenti.
Così
rosso in viso ed imbarazzato fino alla morte, si alzò di scatto e
sventolando le mani cominciò a parlare a macchinetta andando verso
la porta.
-
Scusa, non dovevo dire nulla, ho capito di sicuro male. Non dovevo
parlarne, sono cose che si dicono in quei momenti, quando pensi che
stai per morire. Ma poi chi lo sa se è vero? Ho sbagliato tutto,
io... - Stava letteralmente scappando, quando Masataka si alzò e lo
prese. Non arrivando al braccio, gli afferrò i capelli lunghi, li
avvolse intorno al polso e tirò a sé. La testa di Soichirò andò
indietro e lui si fermò. Dovette per forza girarsi.
Masataka
allora, che al momento aveva solo una mano ora avvolta nei suoi
capelli, lo guardò senza poterlo bloccare ulteriormente.
-
Sono contento che mi hai sentito. E sono contento che per te è lo
stesso. Non sono bravo in queste cose, ma ho capito che non vivere i
propri sentimenti per paura di essere rifiutati è stupido. Dopotutto
abbiamo solo quelli. Dobbiamo accettarli, non credi? - Sempre così
semplice, sempre così giusto.
Soichiro
rimase di nuovo abbagliato dalla sua visione delle cose, dal suo
essere.
“La
mia luna...”
Continuava
a pensare, riferito al fatto che lui era l'incarnazione del dio della
Luna, Tsukuyomi.
Così
si rilassò di schianto ed in un istante, accettò con altrettanta
semplicità tutti i sentimenti e si decise a viverli a modo suo, come
si doveva, come voleva, come gli veniva.
Fu
lì che Soichiro tornò davvero sé stesso, quello che era entrato
prepotentemente nelle loro vite a suon di calci e pugni.
Letteralmente.
Il
secondo dopo era di nuovo su Masataka a baciarlo con irruenza. E
Masataka era sempre lì con lui a calmarlo e a gestire i suoi modi
troppo accesi.
Un
bilanciamento vicendevole a dir poco perfetto.
Così
come la Luna placava la Tempesta, la Tempesta accendeva la Luna.
Un
moto perpetuo senza fine.
FINE