LUCE
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Run – Snow Patrol/
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Troppo pesante…-
Non gli servì guardarlo in viso, seppure
fosse il più vicino rispetto agli altri e avrebbe potuto vederlo bene. Non si
girò, rimase appoggiato di schiena al parapetto accanto alla polena della Going
Merry con lo sguardo serio, puntato dritto innanzi a sé su nessuno se non sulla
nave stessa. Poteva immaginarlo, il volto rigato dalle lacrime di Rufy steso a
terra, di lato a lui, a pochi metri, dritto e rigido coi pugni stretti.
Anche non sentendo il suo tono spezzato
avrebbe capito il suo stato d’animo, era il suo ragazzo non gli serviva
guardarlo per comprenderlo e per sapere cosa gli succedeva dentro. Come non
serviva che gli spiegasse i suoi comportamenti bizzarri e per i più
incomprensibili. C’era addirittura chi lo definiva stupido.
Non si trattava di quello per Zoro, anche se
a volte lo chiamava 'idiota' non lo pensava davvero. Del resto lui chiamava
tutti 'idiota', o giù di lì.
Così con tono fermo, l’unico che non si era
pronunciato o che non aveva reagito in alcun modo, fra il vento che già ululava
intorno a loro e la sera che si inoltrava avvolgendoli nel buio, disse
esattamente quello che sapeva Rufy avesse bisogno di sentirsi dire.
-
E’ il ruolo del capitano! Non smarrire te stesso! Se comincerai a tergiversare
ora noi finiremo per perdere la fiducia che riponiamo in te! – Cadde il
silenzio. Nami, Chopper e Rufy piangevano, Sanji si tratteneva ma era comunque
altrettanto sconvolto. Zoro era ancora serio, deciso, lugubre, criptico. Pensava
che dopotutto Rufy prima di ora non aveva ancora compreso a pieno ciò che
significava fare il capitano. Gli era venuto tutto spontaneo ed aveva agito bene
proteggendo i suoi compagni a costo della vita, prendendosi i carichi maggiori e
più pesanti, facendo sempre quello che c’era da fare. Però era vero che gli
mancava ancora da affrontare qualche aspetto. Sapeva che avrebbe superato da
capitano ogni prova che gli si sarebbe posta dinnanzi, ma vederlo soffrire tanto
e soffrire da uomo, da capitano, da persona matura e non da ragazzino infantile
e sciocco, gli aveva fatto capire una volta di più perché lo avrebbe seguito per
sempre in ogni dove, adempiendo a qualunque suo ordine. Lui era il capitano e
lui sapeva sempre cos’era meglio per tutti ed oltre a saperlo, lo faceva. Con
fatica, con contrarietà, con dolore, con rimorso ma lo faceva. Per questo sapeva
che dopotutto il piccolo crollo che cercava di contenere con tutto sé stesso,
era normale ed umano. Glielo concesse, ma voleva che ascoltasse le parole
giuste. Che si ricordasse perché il suo fardello doveva essere più pesante degli
altri. Anche se lo sapeva benissimo.
Dopo di ché, cosciente che Rufy non ne
sarebbe mai stato capace e che ormai aveva dato troppo, lo disse al suo posto in
modo definitivo e conclusivo.
-
Sgombriamo la nave! Ormai noi non possiamo più farci ritorno! – E sembrò davvero
come una condanna crudele ed inevitabile.
Non replicarono più, nemmeno Chopper e Nami,
i più contrariati da tutta quella faccenda, coloro che non avrebbero mai e poi
mai agito in quel modo.
Fu così che Zoro, dopo avergli porto l’unico
aiuto che in quel momento sapeva poteva dargli, entrò nella nave lentamente ma
deciso, cominciando a raccogliere le sue cose nel silenzio e nella serietà più
pesanti.
La peggiore fine che potessero affrontare
per qualcosa di meraviglioso.
Era vero che tutto era destinato a
concludersi, prima o poi, anche le cose più belle e perfette?
E
dopo la fine cosa c’era?
Si poteva ricominciare in modo diverso ma
altrettanto degno e bello?
C’era un’altra perfezione?
Zoro al contrario di tutti non vacillò,
anche se dentro di sé avrebbe voluto farlo, per sfogarsi anche lui come gli
altri, lasciarsi andare almeno un po’ e cercare conforto nel suo ragazzo, ma non
era il momento. Non poteva.
Erano tutti su una corda per equilibristi,
tremavano ed erano sul baratro di un burrone, vicini al crollo autentico.
Persino Rufy piangeva lacrime
amare.
Lui non poteva.
Lui doveva essere fermo e andare avanti,
caricarsi momentaneamente tutti sulle spalle e portarli dove dovevano per forza
andare, anche il suo capitano.
Si
rese conto anche lui del proprio ruolo, il comandante in seconda.
Il
sostegno della guida qualora questa necessitasse di un attimo di raccoglimento.
Colui che portasse avanti la ciurma nella
sua momentanea assenza, che realizzasse le sue volontà. Le sue e non le proprie
o quelle della massa.
Solo le sue.
Rufy sapeva che poteva permettersi il lusso
di qualche piccola debolezza, ogni tanto, se Zoro c’era.
E
sapeva che Zoro ci sarebbe sempre stato e che nel momento in cui non l’avrebbe
più avuto accanto, sarebbe stato per la sua morte o per qualcosa di più forte di
loro.
Si aggrappò alle parole dure ma forti e
necessarie del suo vice –del suo ragazzo- e permise a sé stesso di vivere il
proprio dolore nel picco più alto, prendendo la forza per non tergiversare, per
andare sempre avanti per la sua strada, per continuare a fare ciò che andava
fatto.
Gli sarebbe piaciuto seguire i propri
capricci. Lui voleva la Going Merry, non un’altra nave.
Però seguire il proprio capriccio avrebbe
significato rischiare non solo la propria ma anche le vite dei compagni e questo
non l’avrebbe mai permesso.
Mai.
Lui era il capitano.
Lui doveva proteggerli e portarli dove
insieme avevano deciso di andare.
Loro non si sarebbero fermati, per quanto
dura era abbandonare la Going Merry.
Arenarsi ad una nave perdendo di vista il
sogno autentico sarebbe stato sbagliato.
Lui era il capitano.
Lui li avrebbe guidati verso i loro sogni.
L’aria era sempre più forte ed alzando gli
occhi al cielo si vedevano un numero spropositato di nuvole rincorrersi più
basse e grosse che mai, sembrava quasi che allungando un braccio le si sarebbe
potute toccare. Il vento ululava scompigliando i capelli di chiunque si trovasse
fuori e la notte avanzava senza nessun astro ad illuminarla, calando sul mondo
sottostante una tale oscurità da scoraggiare i presenti.
Le
luci della città marina erano tutto ciò che aiutava a vedere e giunti nella
locanda da loro scelta come momentaneo rifugio, nel giro di un istante la camera
a loro assegnata si svuotò.
Silenziosi uno ad uno erano usciti di nuovo
con una scusa diversa, con una unica comune reale intenzione… stare da soli con
loro stessi, per poter vivere liberamente il lutto della doppia
separazione.
Quel giorno la ciurma che quella mattina era
stata la più felice ed unita di quel mondo, aveva perso due membri del gruppo.
Usop e la nave stessa, compagna fondamentale di tante meravigliose avventure.
Il litigio più amaro ed orribile della loro
storia aveva avuto luogo ed ora appariva come un incubo. Eppure era
stato.
Eppure non si sarebbero più potuti riunire,
non dopo le parole che si erano udite, non dopo quello che avevano fatto Usop e
Rufy.
Non dopo una chiusura così definitiva e
dolorosa.
Crescere era doloroso e Rufy quella sera
l’aveva testato più degli altri, sulla propria pelle.
Escludere uno dei suoi migliori amici era
stata la cosa più terribile che gli era toccato fare.
Salito da solo nella terrazza della locanda,
ancora più cupo che mai, si era posizionato sul muretto a guardare la città di
Water Seven agitarsi a più non posso per motivi che lui ignorava.
Il
vento lo schiaffeggiava e le luci delle case e dei lampioni erano troppo tenui
per combattere quel buio pressante e schiacciante.
Le
parole di Zoro gli rimbombavano nella testa facendo mentalmente a pugni con
quelle di Usop, con quelle che lui gli aveva urlato contro. Con la chiusura
definitiva del suo rapporto con lui.
Era stato troppo pesante farlo e ancora non
riusciva a capire perché, anche se il suo ragazzo era riuscito a dare una
motivazione più che valida per non mollare e non esitare. Gli aveva dato la
forza per asciugarsi le lacrime, prendere le sue cose dalla nave e andarsene
dietro a Zoro che conduceva tutti via dal luogo in cui erano stati più felici ed
uniti che mai.
Nella testa riviveva tutto con dolore, il
comportamento di Usop era stato inaccettabile, ma quanto male gli aveva fatto…
si poteva superare un tradimento simile?
Eppure le loro strade si erano solo divise,
nessuno aveva pugnalato nessuno, non davvero. Ma allora perché si sentiva come
se l’avesse fatto?
Con un peso che lo schiacciava e l’affondava
sempre più ed un nodo nel petto sempre più grande che gli impediva anche di
ingoiare la saliva, l’aria gli portò addosso un profumo familiare e quasi
ringraziò il cielo che Zoro l’avesse raggiunto.
Non si voltò, rimase con il mento sulle
braccia incrociate e lo sguardo fisso nel vuoto, una città che improvvisamente
non gli piaceva più.
Attese che lo raggiungesse agognando le sue
braccia, ma al loro posto arrivarono le sue parole. Di nuovo.
E
ancora prima di udirle già sapeva che avrebbe detto esattamente quello che aveva
bisogno di sentirsi dire, perché lui era così… non era per nulla loquace ma
quando parlava era per dire qualcosa di estremamente vero, utile o importante.
Almeno vero, utile ed importante per lui.
Anche se a volte, doveva riconoscerlo,
blaterava solo un paio di insulti a qualcuno.
-
Stai capendo solo ora cosa significhi essere capitano. Doveva succedere prima o
poi. Non che qualcuno lasciasse la ciurma, ma qualcosa che te lo facesse capire
sulla pelle. È questo il tuo ruolo. Prendere le decisioni giuste per tutti e
farle rispettare ad ogni costo. – La sua voce era seria ma non dura come prima
sulla nave, ora appariva leggermente più morbido. Non era più il suo vice ma il
suo ragazzo e questa distinzione per lui fu importante poiché non ce l’avrebbe
fatta ancora per molto da solo.
-
E’ dura… - Mormorò finendo per far tremare la voce più di quello che avrebbe
voluto. Non voleva piangere di nuovo, l’aveva fatto prima, ora doveva
riprendersi, dannazione.
Ma perché?
Perché doveva capire cosa significava fare
il capitano proprio a discapito di Usop?
Come se Zoro capisse quelle domande non
pronunciate, annullò la distanza e finalmente lo circondò dolcemente da dietro,
trasmettendogli con le sue braccia tese tutta la forza che i suoi muscoli furono
capaci di dargli.
Lo strinse a sé e Rufy si arrese volentieri
contro quella presa calda, adagiò la schiena contro il suo petto possente,
percepì il cuore che batteva, la sua presenza non solo fisica ma anche
spirituale.
- Ma un capitano non è solo. Ha la sua
ciurma, che ricambierà sempre i suoi sforzi ed il suo dolore nelle scelte più
dure, con la fedeltà e la fiducia. -
Lui non l’avrebbe mai lasciato, qualunque
cosa avesse detto, fatto o deciso.
Rufy ebbe di nuovo la certezza lampante che
Zoro sarebbe stato sempre dalla sua parte, non l’avrebbe mai contrastato, non si
sarebbe mai messo in mezzo per fargli cambiare idea nelle cose davvero serie.
- Capitano… - Sussurrò infine con il petto
meno schiacciato di prima e il nodo meno grosso che finalmente cominciava un po’
a scendere. L’espressione ancora cupa e contrariata ma senza l’ombra delle
lacrime pronte a bruciargli la pelle.
Zoro comprese il senso di quella parola pur
lui non avesse espresso alcuna domanda.
Rufy con lui non aveva bisogno di parlare e
sentirlo così arrendevole fra le sue braccia, quasi accoccolato al suo petto,
gli faceva capire quanto bisogno avesse di lui, del suo calore, del suo amore,
delle sue certezze, delle sue risposte. Risposte che sapeva sempre dargli solo
lui.
- E’ una lucciola che illumina la notte. Non
è una luna od una stella o qualche altra cosa di grande portata. È un animaletto
piccolo che fa una piccola luce in mezzo alle tenebre più nere. Quella piccola
luce si nota più della luna in cielo. Il capitano è quella lucciola che illumina
chi gli sta intorno e li conduce verso un sogno. – Fece una pausa per
permettergli di assimilare quella spiegazione, la sua voce ora era davvero
morbida come solo in privato diventava, gli sguardi volti nella stessa
direzione, a seguire un piccolo punto luminoso in un angolo davvero scuro della
città sotto di loro.
Probabilmente non era una vera lucciola,
quella che vedevano, però era bello pensare che lo fosse.
-
Non mi hanno mai paragonato ad una lucciola! – Disse poi improvviso, capendo che
il paragone non era tanto per il capitano quanto per lui stesso.
Non aveva il suo solito tono allegro e
squillante, era ancora moscio e spento, ma il fatto che si sforzasse era
positivo.
Zoro sorrise e se lo rigirò fra le braccia,
riuscendo a vedere finalmente il suo viso così tirato e scontento, ma almeno non
più distrutto come prima.
- A guardarti sembri nulla di speciale, una
idiota integrale, uno stupido per nulla intelligente che non combina niente di
buono, solo guai e cretinate. Come un insetto. Però poi tiri fuori quella forza
che gli altri non hanno, guidi nel posto giusto, sei il perno che fa muovere
tutti gli ingranaggi, sei il membro più importante senza il quale gli altri
crollano, sei quello che tira fuori tutti dai guai, che porti a termine la
missione più dura, che si fa più carico degli altri. Non sei intelligente come
Nami, ma hai una tua intelligenza. Quella di saper aiutare chi incontri. Sei la
luce. Come la lucciola che altri non è che un insetto che illumina. – Non si
sarebbe sprecato in una spiegazione particolarmente lunga e dettagliata se non
avesse avuto a che fare con Rufy, ma sapeva che con lui bisognava essere
semplici e dettagliati il necessario. Non esagerare, poiché altrimenti la sua
attenzione si perdeva per via della velocità dei suoi pensieri, ma nemmeno
troppo poveri.
Zoro sapeva usare la giusta quantità e lo
faceva solo per lui, il più delle volte. O su di lui.
Rufy era ancora a pezzi per Usop, era ancora
incapace di capire perché lui si fosse ribellato a quel modo e l’avesse
lasciato. Era ancora incapace di capire come avesse potuto preferire una nave a
delle persone, a degli amici, a dei compagni e sicuramente non l’avrebbe mai
capito, ma almeno una cosa ora gli era chiara, mentre si specchiava negli occhi
intensi e penetranti di Zoro.
Ora gli era finalmente chiaro chi lui fosse
e glielo aveva fatto capire proprio nel momento in cui si stava davvero
smarrendo.
Senza bisogno di aggiungere nulla, senza
saper nemmeno cosa dire, Rufy in un proverbiale quanto più sconvolgente
silenzio, si tese posando le labbra fredde e non più tremanti su quelle morbide
del suo compagno.
Zoro l’accolse stringendolo ancor di più a
sé, scivolando con la lingua fra le sue labbra schiuse, incontrandolo e
facendolo suo.
Rufy non era debole né idiota, anche se
spesso faceva cose che lo facevano apparire come tale. Non spiccava per
l’intelligenza assoluta ma era sempre l’unico che riusciva a trovare il vero ed
effettivo modo per aiutare chi andava aiutato e per risolvere la situazione
finale. A conti fatti, senza di lui loro non erano nulla, lo sapevano tutti,
anche Usop che faceva tanto l’imbecille con scenate del genere per una
dannatissima nave.
Quando fu riuscito a calmarlo, Zoro aveva
liberato l’istinto di andare da quel nasone del cavolo e fracassarlo di botte… a
parte Rufy fra le sue braccia e nella sua bocca, lo frenava la consapevolezza
che ormai l’aveva già massacrato lui, anche se aveva usato un solo pugno per non
torturarsi oltre.
E così come aveva voglia di picchiare un
ottuso inetto come Usop, l’aveva anche ogni volta che qualcun altro insinuava
che Rufy era inutile, stupido o osasse mancargli di rispetto.
Rufy era essenziale.
Rufy era tutto.
Rufy era suo e non glielo potevano demolire
emotivamente a quel modo e spegnere la sua luce.
Rufy era tanto ed andava solo capito, il
fatto che fosse facile fraintenderlo per l’apparenza da sciocco che dava di sé,
significava che con lui ci potevano avere a che fare solo persone non
mentalmente limitate.
Usop, evidentemente, era uno fra questi
ultimi.
Non se lo meritava uno come il suo capitano,
ed era meglio che se ne fosse andato se non arrivava proprio a capire chi lui
fosse.
Non si era davvero pronunciato durante la
faccenda vedendo che dopotutto Rufy aveva fatto la cosa giusta, ma l’avrebbe
comunque fatto dopo, alla fine di tutta quella brutta storia che si sarebbe
presentata inarrestabile. Si sarebbe pronunciato eccome, con forza, rabbia,
fermezza ed intransigenza per difendere l’onore del suo capitano contro
quell’Usop che voleva tornare nella ciurma.
Scivolando con le mani sui suoi fianchi,
penetrò sotto la maglia sgualcita e gli carezzò la pelle che rabbrividì al suo
tocco e non al vento che li avvolgeva.
Per un momento non ci fu più niente, solo il
desiderio di nuovo acceso di dargli un po’ di piacere, curarlo a modo suo,
consolarlo come si doveva.
Voleva lenire il suo dolore, essere di nuovo
il suo sostegno, il suo sostituto nel momento in cui avrebbe avuto bisogno di
riprendersi e leccarsi le ferite. Quelle ferite che voleva essere lui a leccare
ora.
Scese sotto la stoffa dei pantaloni cercando
di farsi strada con esperienza fra i suoi glutei innescando quella che sapeva
sarebbe stata una miccia inarrestabile e se lo issò addosso, facendogli
circondare la vita con le gambe che intrecciò dietro di sé.
Il
contatto divenne sempre più completo con il potere di portare in un piacevole
oblio Rufy, che baciava il suo compagno aggrappato come ad un ancora di
salvezza.
Zoro per lui era essenziale allo stesso
modo. Era la sua roccia, ci sarebbe sempre stato ma non solo. L’avrebbe sempre
capito, avrebbe sempre trovato la cosa giusta da dire per lui. Sapeva bene che
per lui sarebbe stato disposto a tutto, anche accantonare il suo sogno, se
necessario.
Sentiva che per lui sarebbe stato capace di
dare la vita.
Zoro era tutto anche per lui, certezza,
forza, volontà…
Se lui era una lucciola, si disse mentre si
abbandonava a quel piacere, il primo di quella strana e sempre peggiore
giornata, allora il suo ragazzo era ciò da cui la lucciola traeva energia per
illuminarsi sempre.
Il suo sostegno più grande.
Avrebbe potuto fare a meno di tutto e di
tutti ma non di lui.
Abbracciato stretto al suo ragazzo,
dimenticandosi per un istante addirittura di Usop, capì che solo con lui avrebbe
potuto affrontare ogni cosa e che nel momento in cui si sarebbero separati ce
l’avrebbe potuta fare solo per l’idea di riunirsi a Zoro.
Infilandosi a sua volta con le mani sotto la
sua maglietta, alzandogliela e trovando la sua schiena tesa poiché lo
sorreggeva, ritrovò quella piacevole sensazione di scollegamento totale sia con
sé stesso che col resto del mondo, immergendosi unicamente nel corpo del
compagno capace di procurargli certe sensazioni ed emozioni che nessuno era in
grado di stimolare.
La situazione stava diventando più intensa,
le labbra si erano impossessate anche del mento e del collo quando la porta del
terrazzo sul tetto si era spalancata facendoli saltare separandosi bruscamente.
Chopper fece il suo ingresso squittendo a
proposito di qualcosa che non sentirono mai, naturalmente non si accorse di
nulla, solo dopo il monologo del quale era profondamente preso si accorse che
Rufy era balzato sulla cupola di una torre accanto alla locanda, a qualche metro
da loro, e che Zoro si stava riabbassando la maglietta sedendosi seccato accanto
alla porta.
- E’ successo qualcosa? – Chiese allora la
piccola renna titubante, notando le loro strane espressioni scocciate per
l’interruzione.
Il mugugno di Zoro lo interpretò come un ‘sì
ma non saprai mai di cosa si tratta’, e nella sua beata ingenuità non ci arrivò
mai comunque a cosa potesse essere, quindi facendo spallucce continuò il suo
discorso a ruota libera beccandosi mille maledizioni da parte dei due compagni
malamente fermati.
FINE