CAPITOLO
XII:
I
RUOLI SCAMBIATI
/
Whiskey in the jar - Metallica /
“Che
dannatissimo mal di testa… potevo darmi malato, stamattina… ma chi me
l’ha fatto fare di venire lo stesso in queste condizioni?
Dopo
ieri sera già solo il fatto che mi sia svegliato stamattina, è
ammirevole!
Che
male… mi sembra di essere in uno di quei famosi concerti havy metal a
cui va Abby… con la batteria che mi suona fra le pareti del cranio
facendomelo esplodere!
Ziva
e McGee intorno alla mia scrivania mi scrutano punzecchiandomi per
sapere cosa mi abbia ridotto così. Sono uno straccio, faccio proprio
pietà!
Faccio
un po’ il prezioso su cosa ho fatto ieri sera e ci mettiamo a parlare
dei migliori rimedi per i postumi di una sbronza colossale come questa.
Non
che io abbia detto che mi sono ubriacato come non ricordo più da quanto
tempo, ma quando arriva Gibbs sentendomi fare questi discorsi mi sforzo
come un matto per apparire il più normale possibile, per quanto io
possa esserlo.
Mi
chiama subito arrivando alla mia scrivania, mi sento circondato e con
questo sguardo inquisitore comincio a sudare freddo… lui sa cosa ho
fatto stanotte e perché ora sto così… ma gli altri non lo sanno. Però
mica me lo chiederà, non sarebbe da lui.
-
DiNozzo! - Questo suona come ammonizione.
Cerco
di correggere il tiro ricordandomi, per miracolo, che ci sono anche
Ziva e McGee.
Allora
con finta faccia tosta, in realtà una smorfia di dolore per ogni suono
che esce dalla mia bocca, dico:
-
Non che io ce li abbia adesso i postumi di una sbronza, capo. Sai che
non berrei mai prima di un giorno di lavoro. -
Ma
la sua domanda mi arriva in contro piede e se non fossi seduto cadrei
dalla sedia:
-
Dove sei stato la notte scorsa? - E questa? No, non lo posso mica dire,
ammettere che ho bevuto prima di un giorno di lavoro… dopo che ho detto
che non lo farei mai… mi ucciderebbe, anche se lo sa che l’ho fatto. Ma
allora che senso ha questa conversazione? Merda, non ci capisco nulla!
E
poi chi più di lui sa cosa ho fatto stanotte?
- A
bere. - Non credo di essere mai stato più diretto, sincero e mansueto!
Ed anche veloce!
-
Da solo? - Lui continua ad incalzare ed io mi sento sempre più strano.
Che insinua con questo? Fra la testa con la batteria che suona,
l’esplosione imminente e il caos completo per questo suo comportamento
insolito, mi trovo a parlare senza ragionare, in fretta e con ansia:
-
Ovviamente no. Non che sia sbagliato bere bourbon da solo di notte nel
seminterrato insieme alla barca. - Lo sguardo accigliato ed impaziente
di Gibbs mi fa riprendere meglio di un qualsiasi rimedio post sbronza,
quindi a disagio come normalmente dovrei essere, chiedo - Di cosa
stavamo parlando? - Prima di continuare a scavarmi la fossa da solo.
Che poi lui da solo a bere bourbon non lo è più da un bel po’, ma gli
altri non lo sanno.
-
Il tuo alibi. - La sua risposta mi dà il colpo di grazia ed in un lampo
tutti i postumi svaniscono. Mi drizzo e lo guardo con attenzione.
-
Il mio alibi? Per cosa? - No, non dirmi che sono ancora nei guai… non è
possibile! Ma cos’è, mi hanno fatto una maledizione?
In
breve mi spiega che stanotte è stato dato il mio nominativo in un hotel
dopo il ritrovamento di un cadavere. Gli ovvi sospetti sono ricaduti su
di me visto che sto imbecille di turno che si annoiava ha deciso di
fingersi, chissà perché, proprio me.
Su
un miliardo di persone proprio io!
Ma
cos’ho addosso? Una jella nera? Nemmeno nei film c’è un personaggio più
sfigato di me!
Bè,
ma io l’alibi ce l’ho… e non è il mio solito!
Giunti
alla hall dell’albergo in questione, dopo aver parlato con la ragazza
che ha parlato col morto che cammina che si è spacciato per me e aver
concluso il colloquio con lei, io rimango appoggiato qui a fissarla
ancora un po’, l’ammiccata l’ho notata… sicuramente ho fatto colpo.
Queste cose mi piacciono ancora, aiutano il mio ego… a volte con Gibbs
è messo a dura prova! Questo piccolo squarcio di cielo mi rischiara la
giornata ma in breve il braccio mi è artigliato dalla presa ferrea sua
che prepotente mi ordina di andare, trascinandomi via letteralmente.
Sospiro
seguendolo, quindi lascio perdere quest’ultima parentesi a cui siamo
abituati e gli spiego cos’ho fatto stanotte, ovvero gli dico che Vance
mi ha chiesto di intrattenere dei suoi ospiti cinesi e proprio contro
la mia volontà abbiamo finito per bere sake quasi tutta la notte. Ma
non ho finito di spiegarglielo che mi interrompe brusco. Sembra quasi
arrabbiato ma non è il tono d’ammonizione, né di gelosia per poco
prima.
È
un tono seccato, sì, ma perché ancora una volta mi hanno messo nei guai
e lui non lo sopporta proprio.
-
Non ti servono alibi con me, DiNozzo! - E voglio vedere che mi servano…
sono venuto a dormire come sempre a casa, quindi più alibi di questo! -
Ma sono contento che tu ne abbia uno. - Conclude deciso senza
guardarmi, la sua aria imperscrutabile. Inteso: un alibi che non sia
tu, no? Perché spiega tu a tutti che non ho ucciso nessuno visto che la
notte dormo con Gibbs e che ci vivo insieme!
-
Siamo in due! - Rispondo allora altrettanto secco e deciso. E non sai
quanto io lo sia! Così non dovrò spiattellare a tutti che stiamo
insieme!”
“Sapevo
che finiva per perdere la testa.
Me
l’aspettavo da un momento all’altro. Gli sono stato intorno tutto il
tempo vigilando attento e silenzioso, so che anche se gli ho dato il
comando del caso visto che si è rivelato collegato ad uno suo vecchio
di quando lavorava in polizia a Baltimora, lui ha sempre fatto tutto in
base ad ogni mia più piccola reazione.
Un
solo insignificante cenno lui ha cercato di coglierlo.
Lo
conosco.
Quando
gli ho dato il mio cellulare in segno di comando da un lato ha
gongolato come non mai, dall’altro gli è sembrato di avere una bomba
pronta ad esplodere.
Mi
dispiace, lo ammetto. Lavorare con questa pressione, considerando
che questo caso è aperto perché in passato ha combinato un
casino, non è facile. Da sottoposto è passato a capo. Capo indagine ma
soprattutto capo mio.
Ed
io non sono solo il suo superiore, io sono il suo uomo. Sa bene che
tutti gli ordini che mi ha dato poi a casa li pagherà. Lo sa
perfettamente.
Tuttavia
non ha potuto fare a meno di darmeli e non tanto per senso del lavoro
quanto per opportunità.
Quando
gli ricapita di potermi comandare?
Eppure
mi faceva sorridere tutte le volte che dicendomi cosa fare, poi mi
chiedeva se mi andava bene o per lo meno osservava la mia reazione.
Pronto a scappare!
È
unico, credo che se ne cercassi uno simile non l’avrei mai trovato!
È
stata un’indagine lunga, diversa ed interessante… ho visto a tratti il
peggio di Tony, ad altri il suo meglio. Ha fatto un casino in passato
ma ora sta mettendo tutto a posto o almeno cerca. Certo a volte cade ma
poi si rialza e si riprende. È questo che mi piace di lui, sa
sbagliare, è umano, non è ancora pronto per comandare al mio posto,
però non molla, non smette di tentare, non rimane giù. Si rialza e si
riprende. Va avanti finché non trova la via giusta.
È
questo che mi piace di lui.
E
mi ha stupito quanto in sé sia riuscito ad essere. Ha avuto alti e
bassi in questo caso ma non ha mai perso la testa, è sempre rimasto con
il sangue freddo e lucido.
Ora
però quel momento che sapevo sarebbe arrivato, è giunto.
Dopo
che ha sbottato contro quasi tutti, prima che dia fuoco all’intero
edificio lo richiamo in parte per calmarlo.
La
pressione era tanta, lo so, e quando per l’ennesima volta siamo finiti
in un punto morto ne è rimasto schiacciato. Ma non deve lasciasi andare
così.
La
sua prova non è ancora finita.
Il
caso non è chiuso.
Si
va avanti.
Voglio
vedere quella sua parte. Quella che mi rende fiero. Quella che mi
piace.
Non
è più così. E’ cresciuto.
Faccia
a faccia in un angolo tranquillo degli uffici, rispondo al suo nervoso:
- Ho fatto un casino… - Riferito a svariate cose. È vero. L’ha fatto.
In passato e nel corso di questa indagine, ma non è tutto qua.
Serio
e determinato, guardandolo dritto negli occhi tesi e nervosi, parlo
sussurrando:
-
Ora stai sistemando le cose e mi stai rendendo fiero. Stavi facendo un
ottimo lavoro, Anthony. Fino a tre minuti fa. Metti la testa a posto. -
Lo stupore deriva dal fatto che non lo chiamo mai per nome intero se
non in casi speciali. È qualcosa di intimo. Così come quando lui si
lascia andare e mi chiama Jethro anche se non vuole abituarsi per non
fare gaffe in pubblico. Dopo lo stupore di queste mie parole che non
gli rivolgo quasi mai nemmeno in privato, sembra rilassarsi quindi con
calma chiede:
-
Cosa vuoi che faccia? - Se non fossimo in un momento critico ti direi
di andare a prendere quelle famose manette di pelo, ma non è
decisamente il caso.
-
Fidati del tuo istinto. - L’unica cosa che non voglio smetta mai di
fare. Se posso vantarmi di avergli dato un insegnamento speciale, è
questo. E non deve mai dimenticare di farlo. Il suo istinto è tutto
quel che ha.
-
Si. Vorrei fidarmi del tuo adesso. - Mormora amareggiato e ancora
ansioso, pensando a tutto quello che non va e che ancora non torna. Ma
non va bene. Non è questo che deve dirmi.
Severo
e stizzito mi avvicino a lui fino a pochissimi centimetri di distanza,
ci fissiamo sfiorandoci, manca poco che ci baciamo e nonostante il
desiderio di farlo ora c’è una cosa che bisogna sistemare:
-
Allora ridammi quel telefono. - Riferito al fatto che quando gli ho
dato il comando è stato proprio con il mio cellulare al quale ha
risposto per tutto il giorno. Ci guardiamo intensamente così come
siamo, ci scrutiamo, ci andiamo a fondo. È come se ci studiassimo
considerando ogni singolo dettaglio che solo l’un l’altro può
conoscere. È come snudarci ma questa volta lui non è il passivo.
Non
diciamo nulla anche se i nostri sguardi significativi hanno parlato
molto per noi, ci siamo capiti e il guizzo nei suoi occhi che tornano
vivi come li conosco, come li amo, mi ridonano sollievo.
La
voce di Abby che chiede se ci sta disturbando, non ci fa scuotere.
Vorrei dirle sì, ma lei è Abby e non si può. Rimaniamo ancora un
istante a guardarci e come avessimo fatto un lungo discorso telepatico
di cui abbiamo capito ogni cosa solo noi, Tony finalmente con decisione
sorride rispondendo senza distogliere gli occhi dai miei:
-
Cos’hai Abby? -
Ha
deciso che non è finita, che finché il caso non sarà chiuso si va
avanti e sarà lui a stare in testa. Con me sempre al suo fianco, pronto
per esserci, aiutarlo e sostenerlo.
Ma
questo è il suo caso. Lui che sistema i suoi casini.
È
giusto così.
Finisco
per sorridere fiero anche io mentre penso che però poteva starci una
conclusione diversa, se Abby non ci avesse interrotto! In fondo se la
meritava!
Mio
malgrado me ne vado con quest’aria indecifrabile chiamandolo ad alta
voce ‘capo’.
Gli
piace.
Oh,
se gli piace. Ci gode da matti a sentirmi chiamarlo così. E vedrà
quanto sarò io a godere stanotte invece!
Ed
ora eccolo lì ad interrogare il sospettato. Mi sembra strano stare ad
osservarlo al di qua della sala con Ziva e McGee che lo
deridono.
Si atteggia a capo e si dà molte arie ma a me fa sorridere per un altro
motivo.
Tony
rimane sempre Tony, certo, però considerando tutto si è meritato questa
parte di capo e senza problemi lo dico a loro due che mi guardano con
tanto d’occhi, increduli di avermi sentito dire una cosa simile!
Poi
ovviamente finiamo per scommettere sulla tecnica che userà
nell’interrogatorio!
Lieto
di indovinare!
Figurati,
come se qualcuno possa conoscerlo meglio di me!”
“Mi
ha lasciato andare da solo a tentare di recuperare il vero colpevole,
mi ha aspettato in macchina al parcheggio.
Come
per dire che la sua presenza non avrebbe potuto cambiare le cose, che
di meglio non avessi potuto fare.
È
stato dopo il suo discorso che mi sono ripreso, che ho imboccato la
giusta strada. Eppure nonostante abbia finalmente trovato la risposta e
il vero colpevole non ho le prove concrete per arrestarlo. La
possibilità che riuscissi a farlo confessare su due piedi prima che
partisse era davvero remota, in fondo.
Ci
ho provato, Gibbs mi ha accompagnato, anche se tecnicamente
ho
guidato io la sua auto, l’auto del potere, visto che detengo ancora io
il suo cellulare.
Sapevamo
che sarebbe stato difficile ma mi consola il fatto che dopo tutto non
avevo davvero fatto tutto quel casino che sembrava.
E
la risposta giusta l’ho trovata.
Ora
il vero colpevole che sembra ancora innocente se ne è andato chissà per
dove e probabilmente non lo beccherò più, però io tutto quel che potevo
l’ho fatto.
La
storia finisce qui, anche se mi lascia molto amaro in bocca.
Raggiungo
Gibbs al parcheggio che mi aspetta appoggiato al cofano della macchina.
Gli spiego come è andata e lui risponde semplice e tranquillo:
-
L’avevo sospettato. - Ovvio che lui lo sapesse. È un mago! Abby ha
ragione a volte… ci scambiamo uno sguardo significativo che capiamo
solo io e lui, d’intesa. La malinconia per non essere riuscito a
concludere del tutto il mio caso è ben visibile ma non mi schiaccia,
non c’è più pressione, sono me stesso.
Quindi
con un ghigno gli leggo nel pensiero come ormai spesso riesco a fare,
anche se non sempre naturalmente…
-
Fammi indovinare. Barca. Bourbon. Scantinato. - Come sempre. Il suo
mezzo sorriso mi dà la risposta e vado in automatico al posto di guida.
Lui rimane fermo, guarda avanti a sé e tossisce.
Bè,
non potevo pretendere che i ruoli rimanessero scambiati ancora…
Rassegnato
e consapevole di ciò che mi aspetta, gli lancio le chiavi e il
cellulare.
-
Ecco capo! -
E
con la mia solita incoscienza, non vedo l’ora di essere a casa!
-
Avrei preferito poterlo arrestare e metterlo dove deve stare… mi secca
che alla fine nonostante abbiamo la verità in mano non possiamo fare
giustizia. A cosa serve sapere come stanno le cose se poi non si può
mettere tutto a posto? Ogni tanto me lo chiedo. - Il tentativo di
discorso serio lo faccio mentre sistemati nel nostro scantinato insieme
alla sua nuova barca iniziata da poco, sorseggiamo il bourbon a cui
ormai sono abituato pure io.
Il
periodo in cui bevevo per la morte di Jenny lo facevo col bourbon. Del
resto è quello che ho trovato in casa… ha scorte ovunque!
Un
sorrisino affiora sulle mie labbra pensandoci.
La
mia gola brucia appena, non mi manda in fiamme, non c’è nessun incendio
in atto. Sono fin troppo abituato ormai.
Ma
il pensiero sul caso e sulla giornata non può essere spazzato via con
così poco.
Ascolta
silenzioso osservandomi attento con quel suo modo ammaliante. Penetra e
va in profondità.
Anche
a questo sono abituato ma ogni volta mi piace sempre di più.
-
Non è facile ma se tutti smettessero di lottare per la verità, non
saremmo qua ora… - La sua risposta calma mi mette pace, ha questo
potere. Un tempo la sua presenza mi agitava, cercavo di accontentarlo
quanto più potevo. Ora invece mi tranquillizza.
-
Saremmo come in Sin City o forse peggio… - Alza un sopracciglio
interrogativo, quindi accennando ad un ghigno divertito, spiego: - Una
specie di città del male dove a prevalere sono i peccatori e i
corrotti… un posto molto cupo in effetti… -
Sorseggia
dal suo bicchiere pensando alle nostre parole e alla giornata, poi come
avesse messo tutto a posto nella sua mente ha un guizzo malizioso nello
sguardo quasi indecifrabile. Capisco subito cosa pensi e mi preparo non
solo al cambio di discorso ma anche alla sua vendetta per quanto ho
goduto nel dargli ordini, guidare al suo posto e rispondere alle sue
chiamate.
-
Però mi sembra che sei riuscito a divertirti non poco lo stesso, eh? -
L’insinuazione non è velata ma proprio chiara e grande come una casa!
Inghiotto,
giro la testa e mi gratto la nuca indeciso se essere a disagio o
contento di essere giunto a questa parte della serata!
-
Dici? Cosa te lo ha fatto pensare? - Faccio il finto tonto ma quando mi
si avvicina chinandosi e appoggiando sulle mie ginocchia le mani libere
dal bicchiere, parla senza usare la voce. Come prima.
Lo
facciamo spesso. Mi piace.
Ci
scambiamo di nuovo un lungo sguardo d’intesa, viaggiamo l’uno
nell’altro immaginando chiaramente che preludio sia questo.
Non
riesco a trattenere il sorrisino malizioso e anche lui ne ha uno anche
se più contenuto. Di quelli che adoro.
-
Non so, forse come godevi nel darmi ordini e starmi davanti… - Bè,
poteva usare parole peggiori!
In
risposta finisco di bere il bourbon rimasto, quindi abbandono il
bicchiere nel tavolino dietro di noi e mi appoggio ad esso coi gomiti
ed aria provocatoria, apro maggiormente le gambe a cui è ancora
appoggiato, non spengo il sorriso malizioso e gli occhi penso mi stiano
brillando chiedendogli di fare quello che è giusto arrivati a questo
punto.
Non
potrei chiedere di meglio!
-
Io l’ho sempre detto che sei masochista… - Il suo sussurro mentre
avvicina il viso al mio mi fa rabbrividire… ha questa voce così
erotica…
-
E’ colpa tua… io agisco d’istinto. Me l’hai insegnato tu… - Mormoro
quindi con la bocca asciutta pregustandomi il bacio.
Bè,
ad arrivare insieme al suo ghigno non è proprio un bacio ma mi sta bene
lo stesso.
Sento
i denti a raggiungere il mio labbro inferiore e chiudersi su di esso
mentre tira morbidamente.
A
pensarci bene è da un po’ che non lo facciamo… la notte scorsa non ero
in grado e fra una cosa e l’altra è da un po’ che siamo in astinenza!
Bisogna
rimediare…
Non
mi muovo ancora e completamente nelle sue mani e nella sua volontà,
aspetto che smetta di torturarmi e cominci a fare quel che ormai è
nell’aria da troppo per essere ignorato.
-
Dai… - Mugolo appena facendo fatica a non spingerlo a terra io stesso.
-
Ti sei divertito, oggi, si? - Dice lui a fior di labbra staccandosi
dalle mie di un soffio. Rabbrividisco ancora.
Il
suono che mi esce non comprende nessuna parola specifica, è più un
lamento. A lui piace quindi invece di riprendere da dove si è
interrotto percorre il mio viso e giunto all’orecchio serra il lobo fra
i denti, tira un po’ e succhia. Quando mi sente tendermi, scende sul
collo. Continua questa tortura senza usare né lingua né labbra.
Trattengo il respiro.
Sono
combattuto… è terribilmente piacevole anche solo questo…
Quando
dopo avermi slacciato la camicia arriva sui capezzoli sempre
mordendoli, io stesso faccio altrettanto con il mio labbro, poi però
non resisto più e finisco per aggrapparmi alle sue braccia e spingermi
contro di lui, infilo le dita sulla sua nuca premendomelo addosso,
chiedendo di più.
Allora
si alza, mi stacca con decisione e quasi con durezza mormora sulla mia
bocca:
-
Hai ragione… meglio con le manette… - dai che ti piace quando mi
ribello…
È
l’unico pensiero coerente che ho, ma mi guardo bene dal dirglielo!
Senza
baciarmi mi apre di più le gambe e con decisione e quasi freddezza mi
slaccia i jeans, allora si china e liberato il mio inguine lo sfiora
appena guardandolo da vicino, senza toccarmi come si deve, facendomi
scattare ancora verso di lui.
Col
corpo chiedo che la smetta di torturarmi in questo modo ma i miei
ansiti gli dicono di continuare che in realtà mi piace quanto piace a
lui vedermi in questo stato di voglia crescente.
Senza
farmi niente si alza da me, come niente fosse prende il bicchiere di
prima, si versa altro bourbon e riprende a sorseggiare continuando a
guardarmi seduto sullo sgabello, con la schiena appoggiata al tavolo e
l’aria più stralunata che mai, tutto scomposto, eccitato e teso da
morire.
Lo
fisso contrariato e pieno di desiderio, quanto può andare avanti così
prima che io reagisca? “
“Il
liquido che dovrebbe bruciarmi la gola nemmeno lo sento mentre scende
liscio. I miei occhi accarezzano Tony rimasto così come l’ho lasciato
io, l’aria stravolta e piena di voglie, eccitato fino all’inverosimile.
È quasi infantile in un certo senso, è arrabbiato perché la trascino
per le lunghe ma gli piace comunque la tortura alla quale lo sto
sottoponendo.
Io
mi prendo tutta la calma del mondo e mentre finisco di bere è come se
decidesse che è ora di fare qualcosa. Di solito quando fa così
semplicemente smette di pensare.
Il
suo istinto è davvero delizioso.
Lento
a lascivo comincia ad accarezzarsi da solo e proprio davanti ai miei
occhi con la camicia che scende sui suoi gomiti e i pantaloni
slacciati; un dito in bocca che si succhia malizioso e l’altra mano sul
suo inguine, ora è lui a torturare me!
Dovevo
aspettarmelo ed in effetti speravo lo facesse…
Se
questo è il risultato dell’aver scambiato i ruoli a lavoro, allora
penso che lo farò più spesso!
Con
l’angolo della bocca che mi si incurva compiaciuto e malizioso lascio
che si occupi del proprio corpo e della sua parte intima che non ci
mette molto a crescere, quindi decidendo che sono io a non farcela più
torno a chinarmi e sicuro di me sostituisco il suo dito col mio dentro
la sua bocca.
Contento
si illumina con quella sua sensualità naturale e inizia a succhiarlo, a
questo punto sostituisco anche la sua mano con la mia, in basso, e
buttando la testa all’indietro socchiude gli occhi sospirando
profondamente.
Gli
piace.
Bene,
siamo in due!
Quando
lo sento eccitato al limite ritiro entrambe le mani e mi impossesso
della sua bocca. Finalmente gliela concedo e aprendola con prepotenza
lo cerco subito con la lingua. Ci troviamo e ci fondiamo in una lotta
erotica che di dolce e delicato ha poco.
Il
bacio che tanto aspettava non si ferma e sono le sue mani ad essere
audaci e provocare piacere a me, cominciando a spogliarmi mentre si
raddrizza, finendo per riservarmi lo stesso trattamento che ha ricevuto
lui.
Proprio
mentre si separa dalla mia bocca per sostituirsi alle sue mani, lo
prendo e glielo impedisco alzandolo e girandolo.
Non
gli permetto di fare tutto quello che vuole, questa è pur sempre una
punizione!
È
palesemente contrariato ma alla fine il lamento si trasforma in gemito
di piacere quando non perdo tempo in preparazioni dolci e di riguardo.
Niente attenzioni, niente di tutte quelle cose che gli piacciono tanto
e che lui chiama coccole…
Entro
subito brusco e prepotente, deciso, sicuro e quasi con una durezza
iniziale che lo lascia senza parole.
Trattiene
il fiato ma non per il dolore visto che ci è abituato, bensì per la
sorpresa.
Non
se lo aspettava comunque così.
Anche
se, lo conosco, gli piace.
Ma
del resto non può mica fare quel che gli pare, comandarmi, guidando la
mia auto, rispondendo al mio telefono e facendosi chiamare da me ‘capo’
davanti a tutti come nulla fosse!
Certe
cose richiedono un rischio (e a lui piace troppo rischiare…) e non
solo. Anche un ritorno. Un ritorno come si deve che sarà tutto mio!
Dopo
un po’ che mi muovo in lui tenendolo per i fianchi, asseconda eccitato
le mie spinte prendendo presto un ritmo che cresce fin quasi ad
esplodere.
In
breve nemmeno io capisco molto di ciò che succede, so solo che si può
impazzire per una cosa simile e il piacere che provo è assoluto.
Non
so da quanto tempo non lo facessi, ma devo dire che anche se il nostro
rapporto non è solo questo, mi mancava.
Inarca
la schiena e la sua voce che mi arriva alle orecchie mi fa aumentare
l’intensità.
Mi
abbandono completamente ed ogni cosa è sparita, persino la sua audacia
nel tentare di sottomettermi a lavoro.
Non
c’è più niente. Solo noi due, uno dentro l’altro, che ci muoviamo in
sintonia e ci diamo piacere, ci uniamo, ci fondiamo raggiungendo
insieme un apice che in nessun modo si può raggiungere.
Nessuno.
Alla
fine tesi e tremanti arriviamo insieme al culmine e rimanendo fermi
come siamo, lo attiro a me circondandolo con le braccia. Si appoggia
contro il mio collo, ascoltiamo i battiti impazziti che cercano di
tornare alla normalità, il sangue e i respiri che tentano di
regolarizzarsi e calmarsi. I nostri sensi impazziti lenti riprendono a
funzionare ridandoci il contatto con la realtà.
Questo
modo di farlo me lo devo ricordare…
Non
saprei dire quanto tempo stiamo così fermi ad ascoltarci, ma alla fine
a riscuotermi è lui che con un filo malizioso di voce sussurra:
-
Domani vado a prendere le manette di pelo! -
Bè,
non sono così sadico da usare le mie, davvero poi si fa male… ed io lo
voglio bello attivo fino alla fine! “