CAPITOLO
24:
ODIANDO
/La mia
vita è simile ad un rifiuto
Mai
mi fu dato nulla, solo disperazione
Tutti
i miei sentimenti hanno mangiato tutto di me
Imboccato
dentro
È
questo quel qualcosa di sbagliato con me?/
-
Korn -
Era
strano, di solito nonostante ci fossero due che si affrontavano in un
‘one to one‘, gli altri giocavano ugualmente per conto proprio o
comunque si facevano i fatti propri, eppure in quell'occasione erano
tutti a fissare rapiti Alexander e Yan. Alexis ne era turbata ed in
disparte non si perdeva un movimento del volto del moro. L'umore le era
improvvisamente cambiato: dal modo in cui giocavano, il feeling che si
era creato, le loro espressioni e gli sguardi che si scambiavano,
sembravano tutt'altro che sconosciuti... sembravano quasi fidanzati e
vedendo il loro livello si sentiva messa da parte, ma questa sensazione
rimase segreta, la tenne solo per sé.
I
due si fronteggiavano quasi alla pari ma con armi diverse. Yan contro
Alexis aveva vinto, il giorno prima, per la potenza che lui possedeva e
che lei non poteva avere, limitata dal suo essere innegabilmente donna,
ma con Alexander era diverso. Lui in più del rosso aveva il talento, la
tecnica, l'ingegno, la furbizia, i riflessi con cui faceva le sue
'magie' e il fatto che non gli mancasse per nulla forza e potenza non
poteva che porlo su un gradino più in alto (anche più di uno) rispetto
all'altro.
Seccato,
infatti, quest'ultimo non fissava la palla ma fissava lui, il suo bel
volto amato e osannato da tutti, ogni cosa di quel ragazzo era adorata
come se fosse un Dio sceso in terra, perfetto e capace in ogni settore:
anche se avesse fatto una grande cacca in mezzo al campo tutti gli
avrebbero battuto le mani imitandolo!
In
realtà non era così famoso, Alexander. Non era ancora un cantante
internazionale che camminando per strada tutti lo riconoscevano e lo
assalivano... ma si sapeva che bastava che una lo riconoscesse e tutti
gli altri poi le andavano dietro per aver la sicurezza di non essersi
persi una star!
Alexander
era ancora all'inizio della sua carriera di cantante ma aveva il
talento e tutte le carte per riuscirci, per sfondare e far conoscere il
proprio nome fino in Europa ed in Asia!
Sarebbe
stata questione di tempo.
Eppure
Yan lo vedeva come uno già arrivato che aveva avuto tutto e avrebbe
continuato a ricevere. Ignorava quel che aveva dovuto passare per
arrivare fin lì, forse sarebbe bastato ascoltare con l'anima le sue
canzoni: le sue parole, la rabbia e la violenza con cui esprimeva quel
che sentiva era significativa e reale, non qualcosa di costruito per
colpire la gente, ma questo non tutti potevano capirlo, chi partiva
prevenuto non avrebbe mai colto quelle sfumature che facevano la
differenza fra la falsità di uno dalla vita agiata e la verità di uno
dalla vita difficile.
Lo
vedeva come uno perfetto, ricco, bellissimo di cui persino gli uomini
potevano innamorarsi facilmente, una calamita al centro del pensiero e
dell'attenzione di tutti quelli con cui stava.
Persino
lui che lo odiava.
Perché
lo odiava, vero?
Era
stato cresciuto così, gli avevano imposto ed insegnato a detestarlo
dicendogli senza spiegazioni dettagliate che Alex era quello che
sarebbe dovuto diventare lui. Questo gli era bastato, ci aveva creduto,
l'aveva osservato nei dettagli per sapere ogni cosa di lui ed ora
credeva di saperlo.
Un
odio profondo per lui, per quello che era, per quello che aveva, per
quello che faceva. Un odio di quelli potenti ed inauditi che facevano
radici in parti remote e nascoste del proprio inconscio, qualcosa che
nemmeno il proprietario sa di possedere. Odio totale.
Fissava
quegli occhi d'argento dal taglio di un lupo che ricambiavano lo
sguardo aggressivo, diretti, indecifrabili, risucchianti. I lineamenti
delicati felini e sottili. La bocca disegnata come quella di una donna.
La pelle imperlata di sudore, lucida e abbronzata, liscia. Il fisico
atletico ed asciutto attraverso la maglietta bagnata. I capelli neri
che si scompigliavano sulla fronte rendendolo selvaggiamente attraente.
Qualcuno di talmente eccitante da essere quasi impossibile da odiare
solo per quella bellezza di cui era padrone.
Si
muoveva sicuro e deciso, con sapienza e motivazione, veloce come il
lampo, nemmeno la stanchezza per la sfida precedente lo destabilizzava,
una forza di scontro disarmante.
Yan
perse quasi di vista la palla, ad un certo punto gli si trovò dietro e
mentre lo vedeva saltare per far canestro, sapendo che non avrebbe
potuto far nulla per contrastarlo dalla posizione in cui era, gli
guardò la schiena larga. Era davanti a lui e la sensazione che ci
sarebbe stato per sempre, che non sarebbe mai riuscito a fare quel
passo per raggiungerlo, lo angosciò facendolo cadere nel panico.
Non
doveva permetterlo. Non poteva stare all'ombra per sempre di uno
sconosciuto che per chissà quale motivo gli aveva rubato la vita e la
felicità permettendo di vivere la sua come un rifiuto, ricevendo merda
e disperazione, con quei sentimenti che gli avevano mangiato ogni cosa
facendogli imboccare la strada della perdizione, qualcosa di sbagliato
ed irrimediabile.
Non
poteva lasciare le cose così, saltò da dietro per impedirgli di far
canestro e mettendo il braccio davanti al suo viso gli tolse la
visuale, un azione pericolosa e fallosa di cui non gli importò nulla.
Alexander si buttò così all'indietro perdendo l'equilibrio, cambiò mano
in volo e mentre la sua schiena arrivava quasi a terra, lanciò senza
vedere, la palla toccò il tabellone poi il ferro girandogli sulla
circonferenza ed infine mentre si sentiva il botto della loro caduta,
la sfera entrò nella retina assegnandogli la vittoria con una
superiorità schiacciante.
"Non
lo supererò mai... non lo raggiungerò nemmeno... "
Il
pensiero fulminante di Yan fu questo, prima con disperazione, poi
l'odio e la rabbia si impadronirono di lui cominciando a
desiderare dolore per quel ragazzo così vincente da farlo sentire un
perdente, una cosa che sapeva d'essere dalla nascita grazie a chi
l'aveva cresciuto.
Alex
si trovò sopra Yan in una sorta di abbraccio soffocato, uno dei bracci
del rosso gli stringeva il collo e gli impediva il respiro.
Limitare
il respiro ad uno che gli aveva ucciso i genitori da piccolo solo per
appropriarsi dei soldi in modo bieco, furbo e calcolato era giusto.
Ed
era giusto fargli anche di peggio.
Era
stato cresciuto da una banda di ladri che erano stati usati e buttati a
loro volta da quel ragazzo più grande di quel che diceva di essere,
l'avevano tirato su come loro ed ora era solo quello.
Uno
sporco e schifoso ladro qualunque che per sopravvivere rubava ed usava
pistole e coltelli.
Ora
voleva vendetta, riprendersi il suo posto e scoprire come aveva fatto
una sola persona così giovane a fare tutto quello. Il fatto che al
tempo avesse avuto dei complici più grandi che ora erano già morti, non
gli bastava. Voleva sapere come viveva la sua coscienza adesso, come
poteva sfruttare tutto quello che aveva a discapito di altri, a quel
prezzo.
Alexander
sopra di lui non si agitò ma semplicemente si tolse il braccio dal viso
con più forza di quanta ce ne mettesse l'altro, tutti stavano in
silenzio a guardare incuriositi ed intimoriti, confusi se l'avesse
fatto di proposito oppure se fosse stato solo un incidente. Il moro in
un attimo ribaltò la situazione, agile come un gatto scattò e fu a
cavalcioni sopra Yan ancora steso, lo fissava come se da quegli occhi
sottili potessero uscire delle lame di ghiaccio affilatissime. Gli
afferrò con una mano le spalline della canottiera attillata e tirò da
una parte mentre con l'altro braccio premeva sul collo per
immobilizzarlo. Un espressione di ghiaccio, come se uno artista
l'avesse scolpito, di una bellezza pericolosa disarmante, fece quasi
paura ed i brividi attraversarono sia Yan che Alexis. Lei impietrita
assisteva senza capire... che l'emorroide sadomaso l'avesse fatto
apposta?
-
Ti va di parlare? -
Un
fondo d'ironia c'era, solo questo. Per il resto il gelo.
Yan
fece un notevole sforzo, avrebbe voluto starsene zitto o scappare ma
non era il tipo, non sarebbe mai rimasto senza parole e reazioni. Era
una persona rabbiosa che non si faceva calpestare perché aveva imparato
a farlo sugli altri, la legge della sopravvivenza.
Fece
una smorfia di disgusto e astio, poi sputò addosso ad Alexander, nella
maglia, e rispose a denti stretti:
-
Si, mi va di mandarti a ‘fanculo! Lasciami e non ti spacco le ossa ma
solo il culo! -
-
E’ la peggior minaccia che abbia ricevuto. Non mi fa effetto, prova ad
essere più convincente... -
In
una situazione simile uno avrebbe tentato di spiegarsi e scagionarsi o
per lo meno giustificare la propria azione, ma non sicuramente
minacciare chi è in una situazione avvantaggiata!
-
LASCIAMI ANDARE! -
-
Io se fossi in te proverei a spiegare perché tentavi di soffocarmi! -
-
PERCHE' TI ODIO FOTTUTO BASTARDO! NON STROZZO LA GENTE PER SPORT!
MOLLAMI! -
Rimase
un attimo interdetto seppur non lo desse a vedere. Non lo conosceva,
come poteva avere tutto questo odio profondo nei suoi confronti? Lo si
leggeva negli occhi verdi, sembravano occhi che avevano visto
l'inferno, gli fecero effetto. Al suo posto avrebbe potuto esserci lui,
lo sapeva. Non doveva trattarlo così.
-
Ci conosciamo? -
Volle
tastare il terreno e il ragazzo ci cascò in pieno, non era molto
furbo... se era veramente il fratello di Alexander, non aveva preso
quel lato da lui!
Eppure
in Yan vedeva sempre più sua madre, la sua personalità
focosa, i suoi capelli, i suoi occhi... lui era la copia del padre in
quanto a carattere, sapeva essere freddo e spietato quanto intelligente
e furbo, averlo contro non era bello, come non lo era se si metteva in
testa di scoprire qualcosa, qualunque cosa volesse l'otteneva sempre.
Per la bellezza era un incrocio fra i due genitori però era più
similare all'uomo che alla donna.
Entrambi
non c'erano più, quando lei era morta aveva realizzato che i giochi
erano finiti e che ormai era solo, convinto che non ci fosse più
nemmeno il fratello. Poi rivedendo solo pochi attimi prima quello che
sentiva nel profondo essere il suo sangue, gli aveva acceso la speranza
di poter provare ancora quel senso contrario alla solitudine. Anche se
sapeva che non doveva dimenticare Alexis, sempre più presente.
Quella
reazione lo turbò parecchio ma preferì non mostrarlo e così fu. Al
contrario Yan tirò fuori tutto quello che aveva dentro, ira, angoscia,
odio, vendetta. Scalciava e si dimenava come un indiavolato e fra tutti
questi movimenti disse:
-
RINGRAZIO IL CIELO CHE NON MI HA DATO ANCHE QUESTA DISGRAZIA! -
-
Mi odi senza conoscermi? Come fai? -
Ora
iniziava a stuzzicarlo, era una cosa che gli veniva naturale e il rosso
si innervosiva sempre più:
-
HO I MIEI MOTIVI PER ODIARTI! -
-
Sarebbe gentile spiegarmeli... -
-
NON VOGLIO ESSERE GENTILE CON TE! -
-
Ma perché? Che ti ho fatto? -
-
ESISTI! -
-
Anche tu, ma mica ti odio! -
-
SEI SOLO UNO SCHIFOSO GAY! - Del resto a guardare la sua posizione
sembrava se lo volesse portare a letto!
-
Mi fraintendi, comunque cosa hai contro i gay? -
-
SEMBRA CHE TU MI STIA SCOPANDO E NON DOVREI FRAINTENDERE?! -
-
Tu invece sembri un comico! Ti ricordo che mi stavi strozzando, dovevo
stringerti la mano e ringraziarti? -
-
SENTI... MI ANDAVA DI FARLO! CERCHERO’ DI CONTROLLARMI! NON E’ GRAVE
COME SEMBRA, TE L'ASSICURO! -
-
Ci sono odi più grandi e più piccoli? -
-
CERTO! -
- A
guardarti in effetti sembri il solito grande cagnone che abbaia ma non
morde, penso ti lascerò andare e farò come al solito... ti ignorerò! -
-
MA NON MI HAI MAI VISTO, NON PUOI IGNORARMI ‘COME SEMPRE‘! -
-
Sei un po' confuso, eh? Forse hai preso una brutta botta in testa nello
scontro di prima! -
-
TI ODIO! È TUTTO QUELLO CHE HO DA DIRTI! ALZATI! -
-
Subito, tesoro! -
Così
dicendo gli ammiccò malizioso e si alzò, capì che in effetti non era
pericoloso, anche se a dire il vero prima gli era sembrato lo fosse ma
la rabbia ceca era scemata ed ora aveva capito che poteva rigirarselo e
controllarlo come riusciva a fare con tutti, era un sempliciotto!
Una
volta in piedi davanti a lui non gli tese la mano, la scena critica si
era trasformata in una comica e divertente, molti si erano messi a
ridere ma Alexis aveva un aria truce ed imbronciata, non era sicura su
ciò che fosse successo.
Yan
lo fissò malamente e si alzò da solo tossendo, non gli staccava gli
occhi di dosso e sembrava capace di sbranarlo nel giro di un istante,
dava l'idea della tigre o forse del cagnone randagio con la rabbia.
Alexander
non ne era sicuro ma pensava non sapesse la verità sulle sue origini,
forse chi l'aveva cresciuto l'aveva spinto ad odiarlo senza dirgli il
reale motivo... e pensare che se l'avesse saputo, sicuramente l'avrebbe
detestato il doppio!
Ormai
sicuro che fosse lui decise di provarlo con sicurezza, sarebbe stato
facile grazie al gentile regalo che gli aveva lasciato sulla maglietta,
dopo, solo dopo, gli avrebbe detto chi era.
Fece
finta di nulla avviandosi da Alexis che sembrava arrabbiata per essere
stata messa da parte, così scoccandole l'indice sulla fronte tornò a
concentrare tutta la sua insopportabile ironia su di lei, per farle
tornare il buon umore!
Yan
rientrò in casa dopo aver salito le scale del fatiscente palazzo, diede
una spallata alla porta e l'aprì, sbuffando con un’aria truce più del
solito stava ripensando all'accaduto della giornata, l'aveva turbato
incontrare finalmente il tanto odiato Alexander; del resto era arrivato
il momento di vendicarsi. Barry avrebbe saputo consigliargli la mossa
migliore, ma dopo una bella doccia rinfrescante. Sì… come se lì dentro
potesse esserci qualcosa di bello!
Al
momento né Barry né David erano in casa, avrebbe comunque dovuto
aspettare il loro ritorno.
Entrò
in bagno e con gesti secchi si preparò per lavarsi, accese l'acqua
della doccia dove una tenda ammuffita faceva magra figura, si spogliò
rivelando il suo corpo che non aveva nulla da invidiare a quello di un
modello, anzi, forse era fin troppo muscoloso per uno della sua età.
Pensando che c'era da stupirsi che vi fosse l'acqua calda, entrò sotto
il getto lasciando emettere alla propria gola un sospiro rilassante.
Sentiva le gocce picchiargli nel capo, appiattirgli i rossi capelli
all'indietro e finire lungo il collo, il torace possente, le braccia
muscolose e poi il basso ventre, quando gli avvolsero le gambe poté
dire di sentirsi del tutto bene.
Anche
se era una sensazione effimera visto come era stato cresciuto: il primo
regalo che gli avevano fatto era stato un coltello professionale ed il
secondo una pistola, il primo complimento era stato per la precisione
con cui aveva imparato ad usare le sue armi e la regola principale che
aveva imparato prestissimo era che se non uccidi vieni ucciso. Aveva
sgomitato facendosi strada fra tutti.
Sospirò
quasi sentendosi sconfitto. Stava facendo diversi passi in avanti, una
volta eliminato quell'Alexander si sarebbe potuto rifare una vita
propria, era la condizione. Ucciderlo di persona ed ottenere la libertà.
Però
al momento aveva in sé una sensazione così indefinita che lo seccava e
gli lasciava un malumore pericoloso, derivava dal suo incontro con lui,
la causa di tutto.
Si
era sentito... quando provò a definirlo fermò le mani sul petto e ci
pensò attentamente, poi corrugando la fronte mormorò a voce alta per
ammetterlo a sé stesso:
-
... attratto da lui... come se... mi piacesse... c'è un legame
inspiegabile... -
Appoggiò
poi confuso la fronte alle piastrelle mentre l'acqua scivolava su di
lui cercando di portare via queste indecisioni.
Quello
che gli disse Barry, il suo allevatore e responsabile della storia
accaduta ad Alexander, furono queste fredde parole:
-
Molto bene. Ora devi entrare nelle sue grazie, entrare in casa come un
amico, far sì che si fidi di te, fa finta che scherzavi quando hai
tentato di aggredirlo, va benissimo così. È un tipo che accetta le
persone che gli mostrano astio all'inizio! Fai presa anche sul suo
amico... -
-
Amica... è una donna... -
Rimase
un attimo senza parole, l'aveva spiato ed era sicuro fosse un ragazzo.
Alzò le spalle e proseguì:
-
Quel che è. Poi senza fartene accorgere studia la sua casa, i modi
migliori per entrare, come è fatta, posti segreti, dove tiene le cose
di conto e cose simili, quel che fai di solito, non è una novità. Poi
come sempre rubi le chiavi di casa e potremo entrare quando vorremmo a
prenderci quel che ci appartiene! Ormai sei un professionista. Questo è
quello per cui sei cresciuto, per cui ti abbiamo allevato. Tutto
chiaro? -
Yan
avrebbe voluto esprimere la sua contrarietà ed i suoi dubbi ma
vergognandosene lui per primo, orgoglioso com'era, non l'avrebbe mai
fatto. Così sorrise con un ghigno e falsamente disse:
-
Non vedo l'ora. -
Del
resto recitare e fingere era tutto quel che sapeva fare. Oltre a ferire
gli altri.