CAPITOLO 25:
CAUSA DI DOLORE


/la verità sta nascosta nelle ombre
i sogni potrebbero essere riempiti di bugie.
Presto ci sarà la luce,
il dolore rimane dentro./

- Metallica -


Il silenzio che si sentiva in quella casa era quasi preoccupante, ultimamente però si sentiva solo quello a differenza dal caos di sole poche settimane prima, tutto ciò dovuto a molti fattori, il maggiore definibile come ‘lavoro’!
Alexander stava componendo a tutto andare nuove canzoni per il suo album che ormai in molti attendevano, quindi chiuso in camera con la tenuta da compositore non usciva più, questo normalmente non sarebbe bastato a fermare il carro armato Alexis però a contribuire c’era un certo malumore generale fra i due protagonisti. Ci si poteva chiedere se per caso non fossero stati colpiti da una maledizione, visto che ogni volta che qualcosa sembrava andare bene poi succedeva sempre qualcos’altro che le faceva subito precipitare!
A dire il vero, poi, non era tutto qui!
Alexander era impegnato in un certo progetto segreto di cui non faceva parola alcuna con la compagna di casa, per cui fra le canzoni e questa cosa misteriosa, lui non si sapeva più che faccia avesse. Eppure si poteva esaurire tutto così?
In effetti no.
In effetti qualcos’altro ancora c’era, una cosa più contorta.
La camera di Alexander era la stanza più silenziosa della casa intera, eccezione per le note che ogni tanto uscivano dalla chitarra che stringeva fra le mani. Certo lui non era tipo da scrivere al pianoforte ed essendo la sua musica un bel po’ particolare, non era uno scherzo riuscire nell’impresa, si accontentava della chitarra per suonarsi le melodie che gli saltavano alla testa, avendo inoltre l’orecchio assoluto di natura, era facilitato nel compito e bastava si immaginasse la stessa suonata dagli strumenti giusti e il tutto assumeva un aspetto completamente diverso. Aveva imparato a suonare parecchi strumenti nel giro di poco tempo, questo aveva sorpreso tutti specie per la capacità di sentire una stonatura a chilometri di distanza e di capire esattamente lo strumento ed il momento in cui era uscito di riga, pur lui ovviamente essendo in mezzo al caos più completo!
Attualmente stava con la vetrata a parete aperta, seduto a terra ma appoggiato al letto rotondo proprio di fronte alla terrazza, chitarra acustica imbracciata, fogli sparsi sul pavimento piene di scritte, note e appunti, fascia bianca fra i capelli a sistemarli all’indietro, occhiali da vista utilizzati solo per la lettura e la scrittura che donavano un aria decisamente intellettuale e sexy, solita penna alla mano, quella vecchia di un paio di anni ricaricata un altro centinaio di volte perché gli dava l’ispirazione giusta e, come non bastasse, a completare il quadretto simpatico il suo corpo quasi tutto nudo… si, bè, rivestito solo di boxer neri attillati di quella stoffa fine e liscia che faceva impazzire le donne! Nell’insieme una visione da capogiro, del resto lui pensava bene solo così, comodo, libero ed ispirato… da sé stesso, ma sempre ispirato era!
L’aria concentrata e le labbra che ogni tanto venivano morse dai suoi stessi denti, come a voler concentrarsi qualora questa volasse da altre parti, le folate di vento rinfrescavano ogni tanto e l’ora del tramonto l’illuminava di arancio dandogli quella sensualità che comunque non necessitava in lui!
Era la solita storia ormai da parecchi giorni. Per non vederla socializzare con quel tipo assurdo con un non so che di familiare, preferiva starsene chiuso in camera a comporre, poi quando poteva se ne usciva di casa per quel suo progetto e senza più tornare anche dalla mattina alla sera, buttava ogni energia in queste cose. A lui bastava star loro lontano.
Ecco spiegato il mistero di quel malumore generico. Lui non avrebbe mai e poi mai spiegato che faceva anche perché sia l’album che il progetto erano un sorpresa per lei e non poteva parlarne, ma non avrebbe nemmeno detto a quel rossino fastidioso di andarsene  da casa sua(anche perché poteva essere suo fratello…), certo, lui stava troppo lì dentro, con quella che era amico di Alexis, però i limiti non li passava mai e Alexander non era tipo da andare a cacciarlo solo per una sua personale gelosia. Sapeva avrebbe fatto la figura del geloso sciocco ragazzino e piuttosto si sarebbe dato fuoco, lui teneva alla sua immagine e alla sua reputazione. Anche se non si sapeva per quanto avrebbe resistito!
Alexis dal canto suo non si sentiva trascurata, di più, ma per non farlo notare preferiva trattarlo con indifferenza, ignorarlo e far finta di nulla, cominciava a capire anche lei che fare le scenate di gelosia o simili non erano cose intelligenti e soprattutto non le davano un immagine dignitosa, così per cercare di crescere faceva come niente fosse verso Alexander, pur standoci male, quindi si buttava su quel nuovo ragazzo che insisteva per frequentarla e frequentare casa sua!
Non si spiegava il suo arrivo e tutto quel furore per stare con lei, non era mai stata corteggiata ma era sicura che non si facesse così, semplicemente avevano scoperto che insieme si divertivano e potevano essere devastanti per l’umanità, alias un amicizia utile e di convenienza! Avevano cominciato a scoprirsi, su volontà del rosso ma l’avevano fatto, ed avevano capito che l’un l’altro non era poi così male e iniziavano a chiamarsi volentieri amici.
Yan, quindi, procedeva semplicemente con il suo piano. Doveva stare a contatto quanto più poteva con quella casa e con Alexander, fingersi amico e guadagnarsi la loro fiducia. Lo studio procedeva a gonfie vele e appena si sarebbe sentito sicuro avrebbe rubato le chiavi di casa per facilitare il compito agli altri. Certamente, però, nemmeno per lui le cose erano così semplici. Non lo erano affatto.
A cena lì anche quella sera, dal silenzio che si era creato avevano cominciato a far volare urla e richiami tutte per il cantante che pareva non voler sentire, immerso come sempre nei suoi affari. Seccata la ragazza dai capelli legati in una cosa alta e più svestita che vestita, aveva mormorato un: - Adesso lo disintegro! -sperando in cuor suo di avere una scusa degna per potergli mettere veramente le mani addosso.
Era nell’aria, lo sentivano tutti: la litigata fra i due Alex sarebbe arrivata a momenti e nessuno ci avrebbe potuto far nulla. Lei fremeva per scoppiare e dirgli tutto quel che pensava, per poter tornare a farsi notare, per riuscire ad essere sincera con lui e dirgli quanto le piaceva quel muso d’animale. Fremeva ma si tratteneva sempre. In quei giorni, poi, non era nemmeno mai entrata in camera sua quando lui vi era misteriosamente chiuso!
Quando Yan la vide sfrecciare con le chiare intenzioni, catturò la palla al volo e per godersi una scenetta divertente e al tempo stesso dare un occhiata strategica alla stanza, l’aveva seguita.
Lei aveva spalancato la porta ed era entrata a passo di carica piena di fuoco negli occhi, urlando inferocita:
- Quando ti chiamano saresti pregato di rispondere, così, sai, per educazione visto che in questi giorni sembra che tu l’abbia dimenticata!-
A ruota era subito entrato anche Yan ed insieme, appena l’avevano visto, si erano fermati immediatamente, come se qualcuno avesse staccato loro la spina. La causa era stata lui, cosa normale viste le sue condizioni da stupro. Ok: che lei si fosse incantata a bocca spalancata color pomodoro maturo in viso, era comprensibile e normale, ma che anche lui avesse fatto la stessa cosa, lo era di meno!
Alexander si era girato di scatto e ficcando sotto il letto gli spartiti e i fogli si era alzato con un unico movimento fluido e agile, per poi guardarli non gelido ma di più. La sua sacrosanta privacy, i suoi sacrosanti spazi, la sua sacrosanta intimità… violati così, non solo da lei ma anche dall‘altro!
No, era troppo.
Fregandosene altamente della sua praticamente nudità aveva superato con un balzo il letto rotondo atterrando sinuosamente di fronte ai due imbambolati che si mangiavano istintivamente il suo corpo perfetto, soffermandosi entrambi sul bacino. Il moro si era tolto gli occhiali da vista e li aveva squadrati ignaro di ciò che aveva scatenato nei due, poi semplicemente aveva parlato, in effetti non aveva fatto nulla di eccessivamente pericoloso per gli ormoni altrui, aveva solo parlato, ma considerando la sua voce definibile unicamente come da orgasmo, utilizzata per di più in modo basso e penetrante, era capibile la gocciolina di sudore che era scesa da tutti e due.
- Si può sapere perché questa sembra diventata casa di tutti fuorché mia? -
Questa frecciata era decisamente per Yan, infatti i grigi occhi taglienti erano stati spostati in quelli verdi dell’altro per poi avvicinarsi ulteriormente e fissarsi ancora meglio.
Un tifone si scatenava in Yan, nel povero Yan che non sapeva che gli succedesse!
“Porco mondo, ora che faccio? Dovevo vedere com’è la sua camera ma chi ci riesce? Chi ha la forza di staccargli gli occhi di dosso? Anzi, no, chi sa dirmi che cazzo mi sta succedendo? Qualcuno mi porti via da qui, mi si sta svegliando l’animale… non mi è mai capitato nulla di simile, di lontanamente paragonabile a questo, perché mi succede ora proprio con il nemico che devo far fuori? Dannato… dannato coso, qualunque definizione possa avere questo qui! “
Inghiottì  a vuoto più volte, poi dimentico del posto in cui si trovava e soprattutto della situazione, si era leccato le labbra secche come a prepararsi ad un banchetto più che delizioso; Alexis lo aveva guardato allibita capendo chiaramente che si sentiva in imbarazzo perché attratto da Alexander, del resto anche un ceco l’avrebbe compreso con una sola occhiata; lasciando aperte le labbra a sua volta, con espressione non più arrabbiata o imbambolata bensì stupita ed incredula, si era messa a squadrare da capo a piedi il rosso accanto a lei, vestito come al solito con stretti jeans che gli fasciavano il fondoschiena da sportivo ed una canottiera nera sempre attillata che si sposava troppo bene con il busto simile a quello di un nuotatore. Apprezzabile… anche il viso non era male, era affascinante ma per una che era persa per Alexander, un gatto randagio dalla bellezza selvatica e al tempo stesso elegante e delicata, uno grezzo e ‘maschio’ come Yan non era il meglio. Già, si poteva dire non fosse il suo tipo, ma oggettivamente sicuramente non era un cesso! A parte le sopracciglia troppo folte, per il resto manteneva il suo certo fascino da ragazzo di strada ed i capelli rossi li si poteva amare o detestare ma non esistevano vie di mezzo. Quella sera li aveva meno sparati del solito, di norma si faceva il bagno nel gel per tenerli a porcospino, ma non sempre erano così, a volte li lasciava abbandonati sul volto ed arrivavano a coprirgli quasi tutto il collo.
- Ma… stai bene, Yan? -
La loro amicizia aveva dell’incredibile ma sembrava procedere a gonfie vele, visto le uscite che lei aveva verso di lui senza vergognarsi. Insomma, vedendo uno rosso in volto e nel pallone più completo mentre si mangia con gli occhi una persona nuda che gli sta davanti, non si chiedono certe cose ma si cerca di portarlo via… lei era fatta a modo suo e così lui si riscosse come riportato troppo bruscamente alla realtà.
Assunse un aria shockata mentre sgranava gli occhi guardandosi intorno stranito, sembrava proprio avesse compreso una devastante verità. Devastante per lui nello specifico in quella situazione precisa!
“Mi piace… non so bene come e perché ma invece di odiarlo mi piace… non nel senso che vorrei sposarlo o portarmelo a letto, non ancora per lo meno, ma mi piace lui come persona perché è perfetto, ha tutto ed invece di starmi sulle palle per questo lo apprezzo. Cazzo… vorrei essere notato e ben considerato da lui, ecco la verità. Vorrei che non mi guardasse con occhi così ostili, che non mi gelasse in questo modo, vorrei piacergli come piace a me… è qualcosa di sbagliato non solo perché è verso un uomo ma soprattutto perché è verso LUI, ALEXANDER! Una persona che devo distruggere, causa dei miei guai e di questa merda in cui sono!”
Triste era sapere però che gli avevano raccontato una montagna di frottole per gestirsi il ragazzo come pareva a loro. Triste e crudele, visto come sembrava essersi messo il destino.
Yan cresciuto nella menzogna e nell’odio verso Alexander ora doveva farlo fuori in ogni modo possibile, eppure proprio mentre stava ‘lavorando’ per farlo lo scopriva rimanendone affascinato, finendo per piacergli in modo caotico ed indefinito, potendo scoprirsi addirittura gay per colpa sua. Alexander destinato alla morte, ad una morte senza cuore, una morte fra le più dure, proprio quando la verità stava per venire a galla.
Uno strano sentimento li legava condito dall’odio, amore e gelosia che non li lasciava… e le redini erano gestite da qualcuno che stava nell’ombra ma che conosceva fin troppo bene la verità. Quella verità per cui il cantante aveva lottato da sempre.
Cosa sarebbe successo, quindi?
- Andiamo a mangiare… mi è passata la voglia di ucciderti… sappi che tutto questo si torcerà contro di te! -
Questa previsione che doveva essere simpaticamente melodrammatica non fu nemmeno udita dai due uomini che non si erano più staccati gli occhi di dosso, nemmeno fossero due innamorati colpiti da un fulmine.
Se Yan aveva capito quella verità che lo gettava nel caos, Alexander a sua volta aveva sentito qualcosa di altrettanto fastidioso, strano ed incomprensibile ma forte.
“Non sono geloso di lui e di Alexis, non c’è altro che amicizia, lo sento. Sento fastidio perché sono in debito con lui. Ho un debito di cui non comprendo la natura ma avrebbe ragione ad odiarmi e non sono nemmeno sicuro del perché. Che sia proprio mio fratello? Gli devo una vita… se è lui gli devo una vita. E gliela darò. Ecco cosa c’è. Sento che è così!”
Mentre però loro capivano queste cose importanti, avvicinandosi inconsciamente, Alexis si sentiva sempre più lontana dai due. Troppo.

Passò un giorno. Un giorno solo, giorno passato a rimuginare da parte di tutti e tre sulle sensazioni e le consapevolezze acquistate mentre i malumori erano sempre più grandi.
Poi l’orlo parve calpestato, parve perché in realtà non era ancora così, i fatti dovuti da questo stato d’animo avrebbero innescato altre conseguenze e a loro volta altre ancora, per non mettere fine ad un inutile cerchio di dolore ed errori, per non dare ancora quella pace cercata e meritata.
Alexis era sola a casa, stava giocando con la playstation 2 totalmente annoiata e di malumore, Alexander era agli studi per sistemare le prime canzoni che aveva composto, non lo vedeva dalla sera precedente, mentre Yan era stato a sua volta lontano da casa loro per la prima volta da quando la frequentava.
Improvvisamente il campanello la fece uscire di strada e imprecando come un ragazzo, piantò il broncio e con fuoco negli occhi, il fuoco di una tigre in gabbia che aspettava di essere liberata per sbranare colui che aveva tentato di ammaestrarla, riuscendoci per un po’ per poi abbandonarla incattivendola di più.
- Chi diavolo è? -
La tenuta di quel giorno era da uomo, una vaga intenzione di tornare indietro e rinnegare la sua femminilità, tanto nemmeno Alexander era riuscito a darle motivo di piacersi.
Quando la porta fu aperta rivelò non chi lei aveva sperato fosse, ma solo il solito Yan, così poco gentilmente aveva sbuffato e l’aveva liquidato con uno svogliato: - Ah, sei tu? - per poi voltargli le spalle. Non aveva avuto l’attenzione di guardarlo meglio in volto, negli occhi verde scuro e non più verde chiaro, non aveva potuto notare la luce strana, ferita e quindi pericolosa in un’altra tigre ferita a sua volta ma in modo differente. Avrebbe dovuto averla.
Un passo nemmeno e si sentì afferrare il polso con forza, si sentì poi strattonare e si trovò girata di scatto contro la sua volontà, per poi ricevere la violazione delle sue labbra ancora vergini.
Spalancò gli occhi e lì per lì non fece nulla, solo le mani di lui che l’immobilizzavano e la bocca che premeva sulla sua mentre la lingua l’esplorava prepotente, con foga e forza bruta, qualcosa per nulla piacevole.
Non lo contrastò subito poiché sotto shock non aveva nemmeno compreso cosa accadesse, cosa fosse quella sensazione sgradevole, poi però solo un lampo nella mente, qualcosa paragonabile ad un pugno nello stomaco:
“Il mio primo bacio non me l’ha dato Alex!”
E la rabbia le montò dalla bocca dello stomaco salendo veloce e terribile, spazzando via come una tempesta di fiamme tutto ciò che le si metteva fra le mani.
Abbandono.
Ecco cosa sentiva.
Abbandono da parte della persona che a fatica aveva imparato ad amare.
Alexander non c’era e lei era sola ad affrontare una cosa che non era ancora pronta a ricevere.
Maledì.
Le rimase questo da fare.
Maledì chiunque potesse essere la causa di questo dolore per lei acuto ed insopportabile, dopo una vita passata a provare la stessa sensazione, un attimo glielo aveva fatto dimenticare portandola al paradiso e di nuovo quel fosso le si spalancava sotto i piedi ammiccandole.
‘Chi vorresti ti amasse non ti ama, Alexis, sei di nuovo sola e respinta.’
Colpa anche dei sentimenti troppo forti che ingigantivano più del necessario il tutto.
La mora diede un calcio in mezzo alle gambe al baciatore e un morso alla lingua mentre si ritraeva, le rimase alle labbra la macchia di sangue che apparteneva ad un Yan confuso e arrabbiato a sua volta per qualcosa che non voleva accettare.
Si accasciò a terra con la bocca piena della sua stessa linfa ed un dolore sia alla lingua che all’inguine, un porcone tirato giù e lei che con disprezzo e odio negli occhi, non per lui, gli gridava rabbiosa:
- BRUTTO PEZZO DI MERDA! IO NON VOGLIO TE! VOGLIO LUI! NON AZZARDARTI A FARLO MAI Più! E VISTO CHE LUI SEMBRA NON VOLERMI ALLORA ANDATE TUTTI A FANCULO, VOI, GLI UOMINI E TUTTA LA RAZZA UMANA, MI FA SCHIFO ESSERE UNA DONNA INUTILE ED INDIFESA, MI FA SCHIFO ESSERE UN UOMO DI MERDA COME VOI, MI FA SCHIFO VIVERE PER SOFFRIRE E BASTA, AMORE E PACE SELEZIONANO LE PERSONE, IO NON VOGLIO NESSUNO! NON AZZARDARTI A TOCCARMI Più, TU E QUEL COGLIONE! -
Uno sfogo comprensibile, tutto sommato, che ferì un po’ tutti e fece capire a Yan quanto gli uomini potevano essere delle bestie, ma soprattutto quanto lui e lo stesso Alexander erano pieni di egoismo e di insensibilità. Come biasimarla?
Anzi… come aiutarla?
Se le persone pensassero prima di fare le cose ci si risparmierebbe molti pugnali.
Quel che gli rimase, mentre la vedeva salire le scale infuriata e ferita, fu premersi il volto con le mani e dirsi in un sussurro:
- Che cazzo ho fatto? -
Per poi guardare la foto del ragazzo protagonista di tanti sentimenti così violenti e passionali, appesa proprio all’ingresso. Un solo occhio la fissò e quell’iride verde parve inglobarsi la sua immagine insieme alla luce della ragione che svaniva per concentrare ogni energia sulla causa.
- Alexander… -
Non sarebbe mai riuscito ad affrontarlo, non ora, non dopo aver capito tutto quello. Non sarebbe mai riuscito perché si sentiva inferiore a lui e la cosa lo bruciava e lo corrodeva come un acido.
- Non dovrebbero esistere persone come te. Maledetto stronzo. Causa di dolore per troppe persone. -
Si alzò di scatto asciugandosi con il dorso della mano i rivoletti di sangue che gli uscivano dalla bocca, lasciando la scia rossa sulla pelle bronzea, la pupilla ristretta dalla rabbia e nella parte più selvaggia del suo cuore prese la decisione mentre si divorava l’anima.
- E’ ora di distruggerlo o ne soffriranno altri. -
Una voce baritonale che somigliò paurosamente a quella del moro assente, poi veloce afferrò le chiavi di quella casa ed uscì di corsa ignorando il rimorso che cercava di farlo tornare in sé.

- Alexis? Sono tornato… -
Quando la sera lui tornò a casa e si annunciò, ad accoglierlo fu il vuoto e il silenzio, la governante era andata via da un pezzo lasciandogli la cena in caldo su una tavola apparecchiata per uno, la televisione però era accesa su un gioco della playstation 2 che lampeggiava la scritta ‘continue?’. Alzò quindi un sopracciglio guardandosi intorno, tese l’orecchio per sentire se per caso era in bagno ma non sentì nulla, così se ne stranì chiedendosi dove fosse e come mai non avesse spento nulla. Che fosse già a letto era comunque strano, ma che avesse lasciato tutto così lo era ancor di più.
Appoggiò le chiavi nel mobile dell’ingresso senza notare che appese alla toppa non v’erano le altre, il mazzo di Alexis che di solito stava, appunto, appeso lì. Andò dritto slacciandosi i bottoni della camicia tirandola allo stesso tempo fuori dai pantaloni neri attillati, rivelò il petto e la pelle imperlata di sudore, era ancora estate e faceva un discreto caldo, ma lui per andare a lavoro e dedicarsi agli affari ‘da adulto’ o pubblici doveva mettersi con un certo stile per la sua reputazione. Del resto in qualunque modo si mettesse stava sempre divinamente… per cantare e le interviste e i servizi fotografici aveva lo stile da ragazzo di strada che spaziava dal jeans strappato agli abiti larghi e cadenti, per le situazioni formali si vestiva da signore d’affari ma preferiva di gran lunga, se non aveva situazioni particolari o magari per uscire la sera, utilizzare il cosiddetto stile ‘cool’ che gli donava particolarmente.
Ad ogni modo percorse il piano inferiore chiamandola nuovamente, poi ignorando la cena dal momento che non aveva fame, si accese una sigaretta e salì le scale lasciando che i capelli finalmente andassero un po’ sulla fronte in un disordinato un po’ voluto.
Arrivato in camera della ragazza, rigorosamente chiusa, bussò lieve chiamandola: lui rispettava la privacy altrui, specie ora che sapeva che era una ragazza!
In risposta inizialmente il silenzio.
- Che sia uscita? -
In quello la porta si spalancò di scatto facendogli prendere un certo batticuore irrazionale, poi si sentì come investito da un’ondata negativa di ira, dolore e quanto più di potente poteva esserci, infine vide la figura di Alexis aggredirlo come un furia: gli arrivò contro afferrandolo per i lembi della camicia slacciata, strattonò e spinse ad alternanza poi avvicinò il viso al suo e  livida di rabbia urlò tutto quello che le premeva fargli sapere:
- MA COSA TI HO FATTO? ANZI, COSA VUOI DA ME? MI PRENDI, MI LASCI E NON MI FAI ARRIVARE NULLA DI TE, MI USI COME MEGLIO TI PARE, MI ACCOGLI E MI ABBANDONI, MI COPRI DI ATTENZIONI E MI ABBANDONI, DICI CHE VUOI PROTEGGERMI E POI MI LASCI SOLA NEI MOMENTI Più CRITICI! COME PUOI ESSERCI SE QUANDO SERVI INVECE NON CI SEI? SEI UN BUGIARDO, FALSO, IPOCRITA, BASTARDO E STRONZO! METTITI D’ACCORDO CON TE STESSO SU COSA PROVI PER ME, DIMMELO UNA VOLTA PER TUTTE E AGISCI DI CONSEGUENZA! NON SONO UNA BAMBOLA E NEMMENO STUPIDA! -
Rimase letteralmente spiazzato, sparava frasi insensate per lui in quel momento anche perché l’intera faccenda si basava, come sempre per loro, su equivoci… l’esperienza non aveva loro insegnato nulla e mai l’avrebbe fatto!
L’incazzatura per il bacio di Yan era durata in tutto dieci minuti, poi erano subentrate le paranoie su Alexander e le dovute riflessioni montate giustamente dalla rabbia che provava.
Lui non si scrollò da lei ma ebbe il coraggio di chiedere incautamente:
- Che cazzo ho fatto stavolta? -
Gli occhi azzurri della ragazza si videro fin troppo bene da come li spalancò e il fuoco era ustionante, ormai, motivo di profonda attrazione per lui.
- COSA HAI FATTO?! COSA NON HAI FATTO! ANZI NO… QUALCOSA HAI FATTO E CONTINUI A FARLO: LO SCHIZOFRENICO! PRIMA MI FAI CAPIRE CHE MI VUOI, POI MI IGNORI E MI LASCI SOLA CON I MANIACI CHE GIRANO PER CASA! -
Qua lui la bloccò al volo prendendola a sua volta per le spalle, cercò di mantenere un espressione controllata ma la voce preoccupata lo tradì:
- Maniaco? Che ti ha fatto Yan? -
Come se l’unico maniaco potesse essere lui!
Anche ad Alexander serviva una stupida scusa per scoppiare, ne aveva bisogno poiché ultimamente aveva trattenuto troppo. A lei fece ovviamente piacere ma al contempo si arrabbiò ancor di più e con un gesto secco tolse le mani di lui che la trattenevano e continuando a fissarlo riprese:
- MA NIENTE, NON HA IMPORTANZA ORMAI, NON è QUESTA LA DOMANDA CHE DEVI FARTI! DEVI CHIEDERTI SE SEI NORMALE A DIMOSTRARE COSì I SENTIMENTI! CI TIENI A ME? FAMMELO CAPIRE IN MODO COSTANTE! NON LASCIARMI SOLA, NON IGNORARMI, NON ESCLUDERMI, NON TRATTARMI DA BAMBINA, NON ALLONTANARMI DA TE, STRONZO! SE SEI GELOSO DI QUELL’IDIOTA DIMOSTRALO COME FANNO TUTTI, CAZZO! MI HA BACIATO perché HA I CAZZI GIRATI ED IO L’HO MORSO perché NON ERA CHI AVREI VOLUTO MI PRENDESSE QUEL FOTTUTO PRIMO BACIO! TU MI TRATTI COME TI PARE E PIACE, LUI FA LA STESSA COSA, MA PER CHI CAZZO MI PRENDETE? COSA SONO PER TE? -
Rimase lentamente senza fiato, spiazzato e con la mente ottenebrata dal caos che magicamente si era scatenato dalle parole di lei e dai forti sentimenti che le uscivano, dentro di se mille domande gli si ponevano e veloci anche le risposte che mai avrebbe voluto darle. Si stava forse dichiarando a lui? Ma soprattutto come aveva osato quel tipo baciarla? Anche se poi lei si era vendicata da sola lo infastidiva lo stesso. Per lei era schizofrenico e non si capiva cosa volesse, ma non era facile per lui esternare le proprie emozioni e i sentimenti, dalla nascita non l’aveva mai fatto poiché quando era nato Yu se li era subito tenuti dentro, così per un motivo o per l’altro era cresciuto così. Ecco perché ora appariva così difficile ed incomprensibile, lui agiva in modo chiaro e motivato nella sua testa ma da fuori non si capiva esattamente nulla e questo la faceva impazzire, infatti era esplosa!
Aprì la bocca mantenendo uno sguardo controllato solo leggermente più confuso rispetto al suo solito, la guardò come non riuscisse a vederla poiché si trovava nel buio e improvvisamente si sentì come bloccato da un enorme masso. Nessuno gli aveva insegnato a mostrarsi per com’era, snudarsi e affidarsi a qualcuno, non sapeva come si diceva ‘ti voglio bene’ e l’idea di farlo lo faceva star male.
Con una guerra interiore per ciò che sentiva, il dolore e la consapevolezza di tutto ciò gli stava capitando e il voler trattenere esteriormente ciò che sentiva e aveva, scosse la testa dapprima piano, poi sempre con più forza e foga, come avesse paura ma cercasse di non mostrarla, cercasse di essere un uomo nel corpo di un bambino indifeso ed impaurito.
Come se avesse un sigillo innaturale ed ingestibile che gli impedisse di essere sé stesso.
Come se stesse male e si vergognasse di questo.
Come se chiedesse aiuto con quelle iridi grigie spiazzate e spiazzanti.
Alexis lo vide in quello stato, notò con la coda dell’occhio la sigaretta a terra che si consumava sulle piastrelle, indietreggiò per lasciargli il suo spazio e a sua volta nella confusione poiché impressionata da quanto capitava, lo vide andarsene di corsa lasciandola lì senza una risposta ed uno straccio di spiegazione.
Causa di dolore.
Chi soffriva realmente?