CAPITOLO 26:
FRATELLI
/Fratello
ti cerco e spero di trovarti
Sei
sempre stato così lontano/
-
Alice in chains -
I risultati
degli esami del DNA stampati su carta parlavano chiaro, come parlava
altrettanto chiaramente il medico di fiducia che lo seguiva da quando
si era trasferito in America. Non l'avrebbe mai preso in giro, inoltre
le analisi erano analisi, non potevano imbrogliare. Lesse e rilesse più
e più volte quanto era scritto e lo fece con aria indecifrabile, due
occhi freddi e una bocca femminile incurvata verso il basso. Infine
mormorò un nome lasciando in sospeso tutto il resto.
- Yu... -
"E’
da molto che non lo vedo. Con Alexis ho già parlato e chiarito, è
tornato tutto a posto anche se non sembrava convinta della spiegazione
che le ho dato. Del resto non avrei saputo che altro dirle... 'ho preso
un abbaglio, ho creduto di essermi innamorato di te ma il tuo pugno mi
ha aperto gli occhi: è solo una forte intesa!'
Non
è scema, mi secca dirlo ma non lo è, ha storto il naso e mi ha guardato
a fondo come se mi leggesse dentro con quei suoi splendidi occhi
azzurri, sono troppo chiari, così tanto che le permettono di schiarire
anche il buio che cerco di mantenere in me per non farmi scoprire. Non
sono mai stato innamorato di lei e nemmeno l'ho pensato. Semplicemente
mi piace come persona, non so bene quel che ha passato ma una che si
traveste da uomo per essere lasciata in pace e farsi rispettare e che
riesce a mantenere quel rispetto anche quando si rivela donna, non può
che essere una con le palle. Mi piace. Ma non nel senso che me la
scoperei o che potrei amarla. Sarà solo amicizia, standole accanto.
L'ha capito e sa che io la penso così. Come sa sicuramente che c'è
qualcos'altro dietro alla mia reazione. Sono strano, me ne rendo conto
da solo e mi dà fastidio.
Sa
che c'entra quel maledetto. Devo stare attento... se venisse a
conoscenza della mia vera vita e del mio obiettivo sarebbe finita, non
voglio che le succeda nulla però in quel caso non avrei altra scelta.
Fino
ad adesso sono cresciuto (e stato cresciuto) per distruggere Alexander
in ogni modo un uomo possa venir distrutto.
Sto
lavorando su questo da molto, non manderò tutto a puttane per niente al
mondo. Non posso permettermi amicizie, sentimenti stupidi e quindi
errori. Le persone che mi hanno cresciuto mi hanno raccontato che
l'origine delle mie disgrazie è lui, mi hanno detto che lui è il mio
sostituto, che dovrei essere io al suo posto: ricco, famoso, potente,
agiato e amato da tutti... invece per colpa sua sono una feccia, ha
distrutto i miei genitori e mi ha buttato in una strada. Non so come
possa fare una cosa simile e chi sia veramente, ma lo odio e nessuna
motivazione al mondo potrà mutare questo sentimento.
Nulla.
NULLA
DANANZIONE!
Nemmeno
la sua bellezza e la sua personalità carismatica ed affascinante,
nemmeno tutti gli aggettivi che vorrei possedere io e che invece ha lui
mi faranno mai desistere. Anche se è fantastico ed insuperabile, se
trasuda sensualità da ogni poro, se quando mi guarda sembra sappia
tutto, sembra che mi legga dentro, anche se provoca in continuazione
pur non facendo nulla, anche se vorrei farmelo, vorrei mi considerasse
e non mi detestasse, che non mi guardasse come un intruso, che non
fosse più furbo di me, così intelligente, così superbo... supremo...
irraggiungibile. Riesce in tutto quel che desidera, può volere la luna
e l'otterrebbe solo con la sua volontà.
Solo
perché vorrei possedere la sua freddezza, il suo fascino, il suo
controllo, la sua fermezza, la sua interiorità misteriosa, la sua
mente, il suo coraggio di vivere qualunque cosa con la sfacciataggine
di un innocente e di un puro... solo perché è l'incarnazione dei miei
desideri e di tutto ciò che vorrei essere, non cederò. Non smetterò di
odiarlo.
È
presto, mi guardo intorno e noto il campetto praticamente deserto. Non
so perché sono venuto qua, ovvero con quale speranza... incontrarlo
oppure no, svagarmi o fuggire dai miei doveri? O cos'altro? Cosa?
Ho
rubato quella dannata chiave e fornito informazioni dettagliate su ogni
angolo della casa. Non ho idea se si limiteranno a rubare tutto,
spaventarlo o cos'altro. Non so che tipo di messaggio vogliono
lasciargli e soprattutto quando faranno questo cazzo di colpo. Non so
più nulla da quando sono uscito così di testa.
Dio,
mi sembra di esplodere, brucia tutto e non per il sole che batte!
Comincio
a palleggiare con la palla di basket che mi sono portato. Non so che
diavolo voglio da me stesso e dagli altri, ma per ora farò l'unica cosa
che mi pare sensata per la mia sopravvivenza: smetterò di pensare!
Comincio
con qualche tiro di riscaldamento ma non riesco a concentrarmi. Provo
da ogni angolazione e distanza, tutte cose semplici, poi corrugo la
fronte che penso non distenderò più e contraendo le mascelle prendo due
passi di corsa e con impeto salto arrivando a canestro schiacciando, la
palla schizza all'interno del cerchio di ferro a cui mi appendo, tutta
l'impalcatura trema sotto la mia forza ed un rivoletto di sudore scende
a lato del mio viso, lo lascio andare e quasi non lo sento. Mollo la
presa e arrivo leggero coi piedi a terra qualche millesimo di secondo
dopo la palla che rimbalza, con essa una rivelazione e se non fossi già
fermamente stabile cadrei come un imbecille!
C'è
un silenzio innaturale interrotto solo dal frinire delle cicale estive
che rendono il caldo ancora più cocente, a qualche metro di distanza il
cemento del campetto di basket sembra incandescente e distorce l'aria
come fosse fuoco ad ardere, il cielo è fin troppo azzurro e mi dà
fastidio, il mio stomaco non mi suggerisce l'ora che è. C'è solo la
palla che rimbalza sempre più piano fino a rotolare ai piedi dell'unica
persona presente in questo istante. Mi guarda ed io lo ricambio ma
vorrei essere composto ed indecifrabile come lui.
Avere
la sua stessa aria da gatto sornione e guardarlo come mi guarda: come
se fossi insignificante.
Ecco
cosa brucia più del sole di fine Luglio in città. Il suo sguardo di chi
non mi considera, o meglio mi vede come un patetico idiota, un caso
senza speranza, un inetto che non potrà mai raggiungerlo.
Così
è come se non mi vedesse.
Mi
brucia perché invece vorrei mi vedesse e mi considerasse... cosa?
Qualcuno
di importante.
Perché?
È
il mio istinto, voglio così e basta.
Non
so altro.
Alexander
è davanti a me e oggi è più bello del solito.
Ha
una tenuta da ragazzo di strada, uno come me e tutti quelli che
viaggiano in questo quartiere. Con un colpo deciso della punta del
piede tira su la palla, la prende con una mano e la gira sul suo palmo,
poi un palleggio ed un passo, l'altra mano è in tasca; vorrei capire
cosa pensa e il fatto che io lo voglia mi manda in bestia. Non dovrebbe
fottermene un cazzo. Fino ad un mese fa volevo solo ucciderlo, questo
qui.
Ora...
è tutto cambiato e non dovrebbe.
Comincia
a far girare la palla sul suo indice che cambia abilmente col medio
quando la velocità sembra scemare. Non mi stacca gli occhi di dosso ma
non dalla mia persona intera, dai miei occhi. Io sto fermo immobile.
È
in borghese ad un'ora in cui dovrebbe utilizzare per riposare e stare
con quella belva di Alexis... sapeva dove trovarmi? Cercava me? Voleva
stare da solo? Mi mordo le labbra secche mentre lui se le lecca ma
senza incurvarle o fare sorrisi maliziosi od ironici.
-
Giochiamo? -
Ok,
io avrei motivo per giocare contro di lui, ho una rivincita da
prendermi... ma lui perché? Lui non ne avrebbe... tanto che l'altro
giorno mi ha praticamente cacciato di casa perché sono diventato
invadente... e adesso?
Mi
spiazza ma non trovo valido motivo per negare. Sto zitto per un po' ma
lui sta immobile, a me sembra di sudare ancor di più e sento
insopportabilmente cocente questo sole del cavolo.
Staccati
da lui, Yan... staccati, deficiente. Smetti di guardarlo... smettila
che ti sta leggendo dentro. Non deve.
Se
nego e me ne vado faccio una figura di merda, se accetto non ci sarà
nulla di strano... ma non riesco ad essere lo stronzo strafottente di
sempre. Da un po' di tempo a questa parte non arrivo.
Alzo
le spalle e con una forza che non pensavo di avere mi giro e vado verso
una bottiglietta di plastica piena d'acqua che mi ero portato, l'apro e
me la rovescio sulla testa bagnandomi quanto più posso, anche la
canottiera che ora mi si attacca di più al corpo abbronzato e
muscoloso. Il mio corpo non è meno del suo, almeno in questo non devo
sentirmi inferiore!
Sento
che continua a guardarmi ma faccio finta di nulla, cerco, per lo meno.
Butto a terra la bottiglia che fa l'unico rumore alternativo a questo
pesante 'nulla', poi mi passo le mani fra i capelli e mi tolgo qualche
goccia dal volto, le ciocche rosse mi rimangono in alto spettinate ma
le dimentico subito, mi torno a voltare verso di lui, metto una mano al
fianco e con l'altra mi tormento l'orecchio, piegando la testa ed
aggrottando la fronte e le folte sopracciglia. Lo faccio sempre quando
sono nervoso, ma in teoria lui non lo sa.
Perderò?
Eh,
in questo momento non me ne fotte un cazzo... posso anche fare la
peggiore figura della mia vita che a confronto al suo sguardo mi
sembrerebbe una sciocchezza.
Sono
nervoso perché non so che succederà questa volta. Se ce la farò a
trattenermi, cosa che non ho mai fatto, se ce la farò a non saltargli
addosso o non gridargli tutto quello che ho dentro.
Devo
mettermi su una maschera e questa volta non di meschinità, questa volta
tocca ad una maschera che non ho mai indossato... quella di chi non è
minimamente toccato da colui che ha davanti.
Merda,
come faccio a far finta di odiarlo come dovrei? Che sentimento è questo?
Mi
si avvicina e non sembra che gliene importi realmente molto di
giocare a basket con me ma me lo chiede di nuovo e nemmeno
sta volta riesco a decifrarlo:
-
Ti va? -
Dovrei
dire:
'
Vuoi farti umiliare?'
Ma
mi esce solo un ridicolo:
-
E sia! -
Chissà
cosa penserà.
Però
mi infastidisce sorprendermi così interessato al suo pensiero nei miei
confronti. Non dovrei.
Così
di scatto smette di far girare la palla sul dito e con un movimento
fluido mi passa la palla facendo un giro su sé stesso, frapponendosi
fra me e il canestro, nel farlo mi ha sfiorato col corpo ed un fremito
mi ha scosso. Mi sento una donnicciola ai primi batticuori. Che idiota.
Sputo
a terra facendo la parte del duro... in realtà è solo che il mio stesso
sapore da vigliacco mi fa schifo. Mi faccio vomitare da solo.
Mi
vedo nel suo sguardo, uno specchio che non mostra sé stesso, mi fa
venire il voltastomaco la mia immagine che cerca di fare la dura quando
invece non vale nulla... quando invece vorrebbe qualcosa che non potrà
mai avere.
Voglio
essere amato dal mio nemico?
Stringo
i denti e il mio viso diventa una maschera non molto bella di sforzo e
rabbia, ce la metterò tutta. Mantengo la palla per un po' e il fatto
che siamo soli mi dà un po' di sollievo. C'è dell'intimità. Arrossisco
ed è qua che lui me la prende. L'avrà notato il mio rossore? Che figura
di merda!
Le
sue dita abili e affusolate diventano un allungamento della sfera. Io
metterò tutta la mia forza nel gioco, come se dipendesse la mia stessa
vita, ma lui è spettacolo quando si dà a questo sport. Non è un modo
classico e regolare di praticarlo, lo fa in un modo personale, è uno
stile imbattibile e artistico ma al tempo stesso inarrestabile...
sembra che danzi e canti, la palla crea il tempo, il ritmo della
musica. Io sono un profano di musica ma se il suo genere è l'hip hop
mescolato al rock, un genere da strada, e se questo si sposa alla
grande col suo modo di giocare, la conclusione è una: questo ragazzo
viene dalla strada.
Come
me.
Come
può avermi rovinato la vita se anche lui ha passato quel che poi mi ha
fatto passare?
Cosa
c'è dietro?
Eppure
io non ho scelta.
Ho
solo due uomini che mi hanno cresciuto e mi hanno insegnato tutto quel
che sanno, so utilizzare le armi, so rubare e truffare, so battermi e
so vincere... so vivere da solo in mezzo a questa merda. Ho loro e le
loro storie. E dicono che Alexander è un bastardo che mi ha rovinato.
Lui
è il mio nemico primo.
Lui
è ciò che devo eliminare e distruggere per riprendermi ciò che è mio o
per lo meno vendicarmi.
Sono
cresciuto con questo sentimento nei suoi confronti.
È
l'odio che mi ha nutrito, l'idea che un giorno l'avrei ammazzato con le
mie mani.
Ho
solo l'odio per un nemico.
Non
posso permettermi altro, non c'è spazio per il resto.
Niente
sentimenti, niente imprevisti, niente deviazioni, niente errori.
Odio.
Stop.
Però
ora ce l'ho davanti e lo guardo, le posizioni si sono invertite, stiamo
rivaleggiando quasi alla pari, gli tengo testa con fatica, forza e
testardaggine, eppure io sono sudato ammollo mentre lui ha solo un po'
di frangia sugli occhi e nemmeno l'ombra della fatica, il suo volto
rimane perfetto e la schiena che mi dà per proteggere la palla mi fa
pensare che sarà sempre e solo questo ciò che vedrò di lui.
La
schiena.
Lui
in un modo o nell'altro sarà sempre davanti a me, mentre io soffrirò
arrancando a fatica in questo mare di marcio che doveva essere suo.
Perché
è così perfetto in ogni cosa? Nel suo lavoro, nel basket, nella
società, nell'aspetto... è sempre il numero uno, il massimo. È lì
perché si merita di stare lì? Io mi merito di stare qui?
Qualcuno
mi renda l'anima che quest'uomo mi ha portato via in un modo a me
sconosciuto.
Si
piega sulle gambe e non mi mostra altro che le sue spalle spaziose, è
agile e potente allo stesso tempo e questi passi da break dance sono il
suo pane, persino la palla vuole stare con lui. È così lontana da me...
lui lo è. Voglio raggiungerlo ma non ci riesco. Corro, lo cerco e anche
se lo trovo e sembra che lo stia per toccare, scappa subito, gira su sé
stesso, intorno a me, poi mi aspetta, mi provoca, mi fa irritare,
infuriare, mi sfida, mi studia con il suo sguardo penetrante e quando
sta per farsi toccare eccolo che fa uno scatto o salta e torna via,
sotto canestro io lo inseguo senza successo.
Questa
volta devo farcela. Non so più cosa sento per lui o forse ho paura di
saperlo. Forse ho solo paura di dirmi che lo ammiro ed è per questo che
lo invidio, non è più odio ma solo ammirazione perché invece di
detestarlo mi piace.
-
PORCA PUTTANA! -
Il
mio tasso di nervosismo sale alle stelle eppure lui rimane sempre in
sé, non fa una piega, è solo più concentrato di prima e forse decide
ora di andare e sbrigarsi. Concludere la partita.
Mi
piace però posso solo permettermi di odiarlo perché è l'unica cosa che
mi hanno dato crescendo. Non ho nient'altro. Solo ed unicamente questo.
Odio
per Alexander.
Non
posso amarlo, devo detestarlo o muoio.
Eppure
lui fa una cosa. Io gli corro appresso, infilo il braccio fra il suo e
il fianco, mi sbilancio, devo farcela, almeno toccare quella
dannatissima sfera di cuoio o mi sentirò inferiore per sempre, non
scorderei mai questa sua schiena che mi ha fatto vedere dall'inizio.
Non me la fa toccare, no, ma gira il suo viso verso il mio, siamo
vicinissimi, mi guarda e per la prima volta io MI SENTO guardato, so
che mi vede finalmente di sua iniziativa, non perché ho fatto qualcosa
di speciale, solo perché lui ha deciso di vedermi. Mi guarda, mi vede e
mi perfora con l'argento dei suoi occhi non più freddi ma pieni di...
sentimento. Cos'è?
Sento
il suo fiato sulla guancia e non ho tempo di realizzare o fare altro,
nemmeno di arrossire, desiderarlo, odiarlo o eccitarmi.
Parla,
è un sussurro ma lo odo chiaramente:
-
Yu, sei mio fratello... -
E
il mondo mi crolla addosso."
Non avrebbe
potuto dirglielo in altro modo. Che Alexander fosse o meno un tipo
diretto non era rilevante. Affinché Yan lo capisse, solo quello sarebbe
stato il modo più adatto.
Yan già
sbilanciato cadde storcendo il piede, tutto il suo peso si spostò sulla
caviglia storta e lui rovinò pesantemente su di essa e sul ginocchio
che grattò sul cemento. I jeans gli si strapparono e lo squarcio che si
presentava sulla pelle forse rispecchiava quella dell'anima.
Uno squarcio
profondo che avrebbe rovinato la carne sulla superficie lasciando una
cicatrice ben visibile per sempre.
La palla fu
insaccata nel canestro da Alexander con fare automatico, vincendo la
sfida di nuovo, rimbalzò per un po' rompendo il silenzio fino a farlo
ristabilire del tutto quando andò contro la rete di recinzione.
Il rosso rimase
con il volto, le braccia e il ginocchio contro il terreno, gli occhi
verdi sbarrati incuranti della polvere che si mescolava col sudore del
viso, che entrava addirittura nella bocca aperta. I battiti sospesi.
Avrebbe dovuto
sentire dolore, imprecare e reagire in maniera focosa eppure rimase
immobile come se il burattinaio avesse tagliato i fili del burattino.
Morto.
Ecco quello che
parve. Una spina staccata, il cuore rotto, il respiro terminato e ogni
funzione vitale sospesa mentre lui si confondeva con il cemento
incandescente.
Lui non sentiva
nulla.
- Il tuo vero
nome è Yu e grazie all'esame del DNA fatto a tua insaputa ho avuto la
certezza assoluta che tu sei l'unico mio vero fratello di sangue, colui
che cerco da una vita intera.-
Alexander
terminò così la sua spiegazione, freddo, controllato e calmo, come se
non gli facesse né caldo né freddo raccontare una cosa simile. Gli era
andato davanti guardandolo rivolto verso il basso, fermo senza
aggiungere altro, tenendo ben serrati i propri sentimenti, incapace di
mostrarli.
Quello che
avrebbe voluto fare?
Abbracciarlo
forte come mai aveva fatto con nessuno, perfino con Alexis.
Desiderava
farlo ancor di più di quanto non volesse far l'amore con la sua donna.
Ma non
l'avrebbe fatto e ciò che gli si muoveva dentro per tutti era ancora un
mistero.
- Yu... -
Quale motivo
valido c'era di muoversi, per lui? Quel nome gli suonava estraneo, come
anche la breve storia che gli aveva raccontato; non ci credeva, non
poteva, del resto era così assurdo ed inverosimile... perché quegli
uomini che considerava come padri, avrebbero dovuto mentirgli in quel
modo? Dirgli una cosa simile? Se era suo fratello che problema c'era?
Come poteva essere suo nemico? Cosa gli aveva fatto per
ridurlo in quel modo?
Quel'era la
verità?
Domande e
domande in un unico vortice che partiva da un abisso in tempesta, su un
oceano pieno di venti e correnti, un vortice d’imbuto che saliva da
questo mare gigantesco e spaventoso e saliva al cielo unendosi, un
cielo grigio pieno di nuvole che correvano.
Non un muscolo
muoveva e la sua mente piena di domande gli rimandava solo una
risposta. La frase che quel ragazzo così distante da lui, gli aveva
appena detto.
'Sei mio
fratello... '
Dopo tutto il
caos che aveva dentro, il conflitto interiore prepotente e pericoloso
che gli costava la vita, arrivava lui con la rivelazione dell'anno e lo
faceva crollare letteralmente.
Il buio più
nero e abissale l'avvolgeva in quel momento.
Qualcuno gli
aveva mentito o non gli aveva detto una parte importante della storia,
qualcosa non tornava.
Non ci avrebbe
mai creduto ad Alexander se non avesse imparato a conoscerlo, proprio
per questo poteva dire che diceva la verità.
Non avrebbe mai
perso tempo a fargli uno scherzo simile, considerando che era stato
geloso di lui e Alexis, non era tipo da scherzi. Se diceva una cosa
simile poteva mettere la mano sul fuoco che era vera.
Tutto cambiava.
Non lo sapeva
bene ma tutto cambiava e si chiese che ne sarebbe stato di lui e del
suo odio.
Tuttavia quel
che fece fu, dopo lunghi minuti d'immobilità, alzarsi e senza dire una
sola parola, con sguardo vacuo come fosse in trance, barcollare
abbandonando la propria palla e tornarsene a casa.
Una volta
tornato, nessuno dei due uomini che vivevano con lui avevano notato il
suo umore strano, gli avevano solo detto una cosa. Un ordine.
- Stasera si fa
il colpo a casa di Alexander! -