CAPITOLO
27:
UCCIDIMI,
UCCIDITI
/E con ogni goccia di
sangue i nostri cuori in frantumi sanguinano
sempre
qualcosa di così prezioso muore ed è perduto per sempre
Uccidimi Uccidimi Uccidimi ancora con il tuo amore
E scaccia la tempesta
Portami Portami Portami verso la fine con il tuo amore
e caccia via i demoni/
- Sentenced -
Era
giusto.
Quelle
persone erano convinte di essere nel giusto.
Anni
e anni di continui piani e complotti, progetti e rinunce,
tutto per quel momento. La vendetta definitiva. Il signor Markinson era
stato
l'uomo più spietato con cui avevano avuto a che fare, non si era fatto
scrupoli
a buttarli fuori dal suo giro facendoli cadere nel baratro della
povertà, del
resto la malavita è un ambiente ostile persino per il proprio capo.
Avevano
imparato la lezione ed ora si erano limitati ad attuare quella regola.
Nella
mente ancora la voce di quell'uomo subdolo e falso:
' In
questo mondo, chi non uccide viene ucciso!'
Era
questo che gli avevano ripetuto quando si erano vendicati. Non
era sufficiente ucciderlo, no, per uno come quello la sofferenza
maggiore era
sottrargli tutto, ogni cosa, rendergli la vita un inferno. Ecco perché
colpirono la sua famiglia, umiliarono il figlio maggiore con la
violenza e
rapirono il minore, ancora piccolo per capire cosa accadeva.
Dal
loro punto di vista era giusto così. Erano loro le vittime,
non Markinson, poi quando il suo inferno era appena iniziato, lui, il
vigliacco, si era tolto la vita... si era reso conto di aver perso il
potere e
l'amore, con la follia della donna amata che avanzava, un figlio spento
e l‘altro
rapito, e non aveva retto il colpo, non aveva avuto il coraggio di
vivere, così
il finale della loro vendetta lo avrebbe subito qualcun altro, sangue
del suo
sangue, l'unico che volendo avrebbe potuto rovinarli e che nella sua
vita
fortunata si rispecchiava il loro odio per ogni Markinson destinato a
diventare
potente e famoso.
Una
volta compiuto ogni atto del piano, tutti i membri di quella
famiglia maledetta sarebbero finiti all'Inferno, insieme al
capostipite!
Un
odio, il loro, che superava ogni limite.
La
vendetta si sarebbe conclusa con la morte di Yu Markinson,
dopo, ovviamente, quella di Alexander, così simile al padre nell'animo
da
provocare nuovo rancore.
Era
angosciante.
Per
Yan, alias Yu, fare quel 'colpo' era del tutto angosciante.
Aveva
ricevuto quel pomeriggio la notizia che Alexander era suo
fratello, nelle loro vene correva lo stesso sangue. Ci aveva creduto
solo perché
era stato lui a dirglielo, aveva imparato a conoscerlo e SAPEVA che non
si
sarebbe sprecato a fargli scherzi simili, specie considerando che non
lo
sopportava per nulla vista la chiara gelosia che nutriva per Alexis.
Ecco
perché ci aveva creduto ed ecco perché ora, perso nel vortice
delle domande ovvie che gli giravano nella mente, domande senza
risposta, il
ragazzo era più simile ad un automa che ad un essere umano. Agiva senza
più
sapere cosa facesse, rifiutandosi di confidarsi con quelli che fino a
qualche
ora prima aveva creduto compagni fidati. Si dava dell'idiota per aver
creduto a
gente che gli insegnava a diffidare da chiunque e a truffare gli altri,
ma era
nella natura umana fidarsi almeno di una persona nella propria vita. Il
problema era che quando quella fiducia veniva tradita, poi, non si
riusciva più
a darla ad anima viva.
Buio,
era immerso nel buio, un buio chiamato angoscia,
insicurezza, sofferenza, caos, incomprensione.
Aveva
avvertito Alexander anonimamente di quanto stava per
accadere non per lui, ma per Alexis, poiché sapeva che lui a quell'ora
non era
in casa ma a lavorare all'incisione del nuovo CD e che lei era sola.
Sapeva
cosa le avrebbero fatto e non avrebbe mai potuto sopportarlo,
dopotutto. Mai.
Però
pur avendo insistito per mantenere i volti coperti per non
farsi riconoscere, non aveva idea di cosa fare, di chi aiutare e chi
tradire.
Sapeva
solo una cosa mentre zoppicava a causa della caduta di
qualche ora prima al campetto: stava male, male da impazzire e il male
interiore si ripercuoteva sul fisico facendo in modo che il suo stomaco
si
contorcesse in crampi di nervoso, la sudorazione fosse eccessiva e il
battito
cardiaco accelerato.
Aveva
una terribile sensazione.
Terribile.
Era
inquieta.
Si
sentiva nell'aria qualcosa, prima di addormentarsi si era
girata e rigirata. Era da molto che non parlava ad Alexander ma non era
per
quello l'inquietudine, nemmeno per sé stessa. Era come se sapesse che
di lì a
poco sarebbe successo qualcosa proprio a colui che amava, era ancora
infuriata
con lui visto che nemmeno dopo il discorso che gli aveva fatto lui si
era
aperto, anzi, si era chiuso ancor di più e non sapeva più come fare per
arrivare a lui, al suo cuore e alla sua anima.
Era
preoccupata.
Avrebbe
voluto che fosse lì con lei, abbracciarlo e rassicurarlo.
Sapeva, in fondo, che il problema di quel testone era la paura, aveva
un'enorme
paura di mostrare i propri sentimenti, non rivelava emozioni per timore
di
ferire qualcuno, ma era una stupidaggine... lei era in grado di
accudirle se
solo gli fossero state affidate.
Era
notte inoltrata e si era addormentata da poco ma già un incubo
la disturbò nel sonno facendola svegliare.
Sentì
dei lievi rumori nel piano terra, ma costatando che erano
troppo leggeri per essere di Alex si incupì subito. Magari non voleva
svegliarla, ma non aveva mai queste attenzioni per lei, riteneva che
quella
fosse casa sua e che potesse fare tutta la confusione che voleva a
qualunque
ora, ecco perché non poteva essere lui nonostante avesse usato le
chiavi di
casa per entrare.
"Che sciocchezza... se è entrato con le chiavi chi diavolo
vuoi
che sia? Forse visto che non riesco a dormire per colpa sua è il caso
di andare
a parlargli ora, tanto lui vive di notte!"
Così
pensando si alzò rimanendo scalza ma non fece in tempo ad
uscire dalla porta della camera che subito fu afferrata ed
immobilizzata da
ombre nere. Tutto quel che sentì fu una mano avvolta da un guanto in
pelle nera
che premeva sulla sua bocca per non farla gridare ed altre braccia che
tenevano
immobili le sue. Scalciò d'istinto dopo un secondo di spaesamento, si
dimenò
quanto più riuscì, tirò fuori la sua furia e la sua forza ma di nuovo
dovette
maledirsi per scoprirsi ciò che a fatica aveva accettato essere: una
donna.
Con
le lacrime agli occhi che premevano per uscire realizzò che la
sua promessa non l'avrebbe mantenuta poiché lui non era con lei a
proteggerla.
In
quel millesimo di secondo fu buttata a terra con forza e tenuta
dai due uomini. Provò a non dargliela vinta eppure fu tutto vano.
Ansia
sempre crescente, il respiro affannato, la gola arsa,
l'intenzione di urlare a pieni polmoni ed invece solo inutili mugolii.
"Oddio, non voglio. No, ti prego... qualcuno mi aiuti, non
ce
la faccio... non ce la farò mai... non voglio, non voglio che sia
così... Alex,
ti prego vieni... "
Anche
se la sua razionalità le diceva che non sarebbe venuto, il
suo cuore pregava affinché invece la sentisse e venisse da lei, la
tirasse
ancora una volta fuori dai guai e la salvasse. Se solo avesse fatto
prima pace
con lui, l'avesse aiutato a non aver paura di sé stesso e dei
sentimenti, se...
se... se... mille 'se' viaggiavano impetuosi nella sua testa.
Cosa
poteva fare, lei? Era una donna... era sola ed indifesa... e
stava per essere violentata!
"Ecco in cosa sono imbattibili le donne... a pregare... nel
pericolo vero è l'unica cosa che rimane, l'unica speranza a cui
appigliarsi...
l'unica possibilità di salvezza è un miracolo, per le donne. Poiché ciò
che
l'uomo non può, lo può fare Dio e perfino chi non ci crede, in questi
momenti
ci crede. Ed io? A cosa dovrei appigliarmi? Ad un miracolo? Dannazione,
sono
così debole e sola. Alexander, ti scongiuro, vieni qua!"
Serrò
gli occhi e smise di lottare consapevole che dopo una
realizzazione simile, l'unica vera cosa da fare era aspettare che
qualcuno
scendesse dal cielo per aiutarla. L'unica.
"Chi l'avrebbe detto che in una situazione simile avrei
reagito così? Dopo aver capito che non posso far nulla per evitare
l‘orrore, mi
arrendo e aspetto un miracolo! Che idioti gli esseri umani, idioti,
fragili e
deboli! Mi faccio schifo!"
Fu
lì che sia Alexis che piangeva copiosamente con l'esplosione
del dolore fisico e morale, che Yu immobile contro un angolo di quel
piano,
ebbero dei flash ricordando ad attimi quanto era accaduto nelle loro in
fondo
simili infanzie.
Stesse
età, stessi sentimenti d'impotenza, stesse incomprensioni.
Lei
era sola e il suo aggressore un gigante d'uomo che avrebbe
dovuto rispondere al nome di padre.
Lui
era con suo fratello maggiore che veniva violentato davanti ai
suoi occhi innocenti. Gli aggressori non avevano il viso coperto ed
anche se
allora non li conosceva, ora da adulto rispondevano al nome di
'compagni'. Una
volta finito con Alexander avevano preso
lui e nessun pianto ed urla d'aiuto al fratello finalmente libero sul
pavimento, era servito ad aiutarlo. Nessuno impedì a quegli uomini di
prenderlo
con loro e fargli il lavaggio del cervello per anni e anni,
inculcandogli
menzogne su menzogne, facendolo finire nel marcio di sé stesso e della
sua
vita.
Ora
in quel modo violento e shockante lo stava rivivendo. Stava
vedendo la verità. Cosa era successo. Cosa aveva dimenticato della sua
infanzia.
Questi
uomini, a quel tempo più giovani, erano entrati, avevano
rubato tutto e rotto quanto più potevano, avevano fatto del male fisico
e
carnale ad Alexander, abbastanza grande da ricordarlo per ogni giorno
della sua
vita, e poi avevano preso quel piccolo bambino e portato via. Nelle
proprie
orecchie il suo stesso urlo di bambino: 'Alex, aiutami, ti prego... mi
portano
via... Alex, vieni... aiutami... ' ma nulla. Quegli occhi grigi erano
vuoti, lo
guardavano mentre veniva portato via senza muovere un solo muscolo.
Ricoperto
di lividi e libero da impedimenti, suo fratello non l'aveva aiutato.
Ora
era grande e con quei ricordi che nessun uomo dovrebbe
riavere, si inginocchiò a terra tenendosi la testa dolente fra le mani,
dimenticandosi di avere il volto ancora coperto, dimenticandosi del
luogo in
cui era e di ciò che stava accadendo. Dimenticandosi di ogni cosa ad
eccezione
del suo passato e del suo dolore. Rivisse tutta la sua vita, ogni
dolore,
sacrificio, lotta e punizione. Era stata dura ed era stato solo ad
affrontarlo.
Alexander non era mai venuto a cercarlo. A tirarlo fuori, ad aiutarlo.
Diventava ricco e famoso ma non lo cercava.
Odio.
Ecco
cosa nacque in un solo momento, dopo lo shock iniziale.
Alex
meritava la morte, in fondo. Non il suo amore e la sua
ammirazione. Solo odio e morte.
Eppure
fu un istante, la porta d'ingresso del piano terra si
spalancò sbattendo e un ombra gli passò davanti senza nemmeno vederlo,
era un
fulmine, non vide, non seppe che fece e come, ma sentì solo il rumore
di calci
e pugni, una lotta violenta e rabbiosa, poi più nulla.
Era
assurdo.
Alexander
era stato avvertito da un sms di un numero sconosciuto.
Gli diceva di tornare subito a casa che Alexis era in pericolo.
Aveva
sfidato il tempo e la velocità per arrivare subito da lei,
immaginando il peggio ed aiutato dalla rabbia che gli montava dentro,
era
arrivato a casa. Nessun pensiero specifico se non lei.
Lei
in pericolo.
Lei
indifesa.
Lei
donna.
Lei
da salvare.
Lei
che piangeva.
Era
sicuro piangesse.
Se
lo sentiva.
Non
voleva che piangesse da sola, senza nessuno che asciugasse le
sue lacrime.
Non
voleva che pensasse che lui era venuto a meno della sua
promessa... ma in fin dei conti non era così? Non era vero che l'aveva
lasciata
sola? Era così e la colpa era sua se le sarebbe accaduto qualcosa di
grave. Non
sarebbe vissuto anche con quel rimorso, non ce l'avrebbe fatta.
Giunse
a casa e volò nella sua camera, dove sentiva i rumori. La
vide lì a terra, coperta da quegli uomini in nero che cercavano di
farle del
male, violentarla... lei immobile che non lottava. Cosa significava?
Non
ci vide più.
L'anima
fuggì via da lui insieme alla coscienza e si limitò ad
agire con impulso, ira pericolosa, un uragano che col suo passaggio
inglobava
ogni cosa fra cielo, mare e terra. Tutto in sé e colpiva abbattendo
tutto.
Glieli
tolse di dosso facilmente, cogliendoli impreparati. Loro si
erano aspettati altro, nel loro piano perfetto, crto non LUI che
arrivava
proprio in quel momento ed indisturbato li colpiva!
Quando
furono inaspettatamente riversi contro il pavimento cominciò
la lotta. La sua lotta. Li colpiva con quanta forza aveva in corpo e
nonostante
loro fossero in due e ricambiassero i pugni, non riuscivano nemmeno a
prendere
le pistole. Finché l'istante prima che lo fecero, lui riuscì a metterli
fuori
combattimento: il muro era molto duro per chiunque, specie per i visi!
Ora
erano lì, privi di sensi, a terra, col sangue che li
ricopriva. Vivi ma sicuramente mal ridotti.
Non
gliene importava nulla.
Ad
Alexander non importava nulla, per lui potevano anche morire.
Non sapeva chi erano.
Non
sapeva che erano proprio LORO. La sua rovina.
Si
inginocchiò sul pavimento prendendo ansioso Alexis per le
spalle, l'alzò e la guardò in volto scostandole i capelli dal viso, non
si era
ancora mossa. Aveva subito uno shock ma sperava non fosse così grave,
sperava
con tutto sé stesso di essere arrivato in tempo. Sperava, nel suo
cuore, che
Dio esistesse e che per una volta compiesse un miracolo anche per lui,
che non
gliela togliesse.
-
Alex... -
Mormorò
con voce roca e tremante... vide che aveva pianto e alla
penombra dei lampioni notturni dell'esterno, la vide pallida ma senza
lividi.
Non l’avevano picchiata però non sapeva se era arrivato VERAMENTE in
tempo.
La
scosse cercando di essere delicato e la chiamò ancora per nome,
questa volta più forte.
Ancora
silenzio. Sembrava persa in un mondo lontano dal suo... e
se non sarebbe più tornata? Quando se lo chiese il suo cuore mancò un
battito e
il panico lo invase. Che avrebbe fatto lui?
Non
aveva dei poteri magici come forse qualcuno credeva, non era
nessuno e anche se dispensava promesse a chi amava, una sola persona in
tutta
la sua vita, non aveva le armi necessarie per mantenerle. Però le aveva
fatte
ed era sua responsabilità mantenerle. Dare anche la vita, se
necessario, per
mantenere la parola data.
"E se non ce la faccio? Se non torna più da me come accadde
alla mamma? Dio... fa che non sia così... "
Così
dicendo la strinse. La strinse a sé forte facendole sentire
la sua presenza, facendole capire che era lui, che era con lei ed era
tornato.
Ecco
cosa fanno gli uomini, invece, quando esauriscono la forza di
agire, le proprie armi e capiscono di essere indifesi, di non avere più
carte
da giocare. Anche loro chiedono a Dio quel miracolo. Anche loro lo
fanno. Dopo
le donne, ma lo fanno anche loro.
Fu
il calore, la sua agitazione, la sua preghiera, l'arrendersi ai
suoi sentimenti che permise il miracolo. Le sembrò svegliarsi da un
sonno e
sentendo il suo abbraccio non ne ebbe paura, assurdamente non lo
respinse
nonostante l'aggressione subita.
Ricambiò
il suo abbraccio capendo che in quel momento, ad averne
più bisogno era lui.
Sentiva
che il buio li stava inglobando, che voleva prendersi
entrambi, ma avrebbe fatto di tutto per non dargliela vinta.
Solo
questo sentì nella sua volontà.
-
Sono qua... sto bene... -
Mormorò
con un filo di voce, le forze la stavano abbandonando dopo
lo spavento emotivo, ma la forza che quell'istante le stava
trasmettendo glielo
impedì.
Lui
spalancò gli occhi lucidi e si staccò da lei prendendole il
volto fra le mani, la vide in viso senza la lucidità di studiarla, capì
quando
vide i suoi occhi azzurri che era tornata e che non se ne sarebbe più
andata,
così tornò a respirare e il suo cuore a battere, d'istinto decise di
lasciarsi
andare e con l'animo stravolto, disse:
- Ti
amo... -
Per
poi posare le labbra sulle sue con l'impeto che uno come lui
non avrebbe mai avuto se fosse stato in sé. Il controllo scemò del
tutto via da
lui e si trovò a baciarsi con lei come se fosse l'ultima cosa concessa
da Dio
prima della fine del mondo. Cercò lei, la sua bocca, la sua lingua e
appena le
trovò non le lasciò andare, aggrappandosi ad esse con ogni forza
rimasta in
corpo.
Poi
il secondo abbraccio permise ad entrambi di respirare, di
tornare un po' più vivi di prima. Ma permise anche a lui di vedere la
pistola
che a qualche metro da loro gli stava puntando Yu con il volto scoperto.
"Istintivamente la metto da parte e lei dopo aver visto che
c'è anche lui chiede confusa che sta accadendo. Io lo so e non posso
certo
biasimarlo, forse avrei dovuto spiegarle come stanno le cose ma un po'
per
proteggerla e un po' perché è una cosa troppo personale, non l'ho
fatto. Mi dirà
di tutto appena saprà. Ma ora non ho certo tempo.
Mi alzo dal pavimento e lo guardo.
- Ora capisco! -
Dico sempre con la mia voce rauca per l'ira appena
scatenata. Lo
guardo dritto negli occhi, i suoi sono verde scuro ed ha un'espressione
tetra.
Credo che abbia elaborato quanto gli ho detto.
- Ora che ricordo, quelle erano proprio le loro facce...
bene,
avranno quel che meritano! -
Cerco di mostrarmi freddo e controllato, devo dire che ci
riesco
bene. Importante ora è che non capisca cos'ho veramente. Cosa penso.
La verità è che mi sento terribilmente in colpa e non so
come
guardarlo, come parlargli, come rapportarmi... non ho il coraggio di
far finta
di nulla e farlo rientrare nella mia vita, fare il fratello maggiore,
pagare
tutti i suoi debiti che ha con la legge, pulirlo giuridicamente e poi
restituirgli una famiglia che nessuno dei due ha mai avuto, che ora non
c'è più
e non potrà esserci mai. Ormai è tardi, le cose sono fatte, gli errori
non
irrimediabili e tutta la sofferenza che indirettamente gli ho arrecato
e arrecherò
sicuramente non potrò cancellarla o evitarla. Gran parte della colpa di
quanto
gli è accaduto è mia e non ho il coraggio di guardarlo negli occhi e
dirgli:
vieni con me, da oggi in poi ci sarò io a proteggerti!
Una frase sentimentale che non sarò capace di dire.
Ecco la verità: sono un vigliacco e lui non si merita uno
come
me... è già stato punito abbastanza. Non sono capace di esprimere i
miei
sentimenti, ne ho una fottuta paura, sto già facendo male ad Alexis per
lo
stesso motivo, non voglio provocarne anche a Yu... non è giusto. Sono
io ad
essere sbagliato e dovrei essere io a pagare, non lui... io lo odiavo,
quando
mi violentarono pregai affinché prendessero lui e mi lasciassero in
pace, lo
maledii poiché pensavo che fossero lì per lui e non per mio padre, fui
felice
quando lo rapirono... questi miei sentimenti sono la mia colpa, ecco
perché ora
che capisco cosa ho fatto, li reprimo e li odio. Sono colpevole, non ho
mai
fatto veramente tutto quello che potevo fare, ora che sono ricco e
famoso
potevo ed invece ho lasciato che fosse lui a trovarmi, avevo smesso di
sperare...
Che pena che mi faccio... divorato dai sensi di colpa mi
trascino
in questa mia vita che invece avrebbe potuto e dovuto essere sua, sono
solo
stato capace di odiare e far del male. Non posso tenerlo e pretendere
che lui
ora sia felice con me. Non posso. Non riuscirei a far nulla di buono.
Dopo aver
compreso il mostro che ero non ho più lasciato libere le mie emozioni,
il mio
cuore è sotto chiave e non lo mollerò più o altri piangeranno per colpa
mia.
Non so nemmeno se ora sto facendo la cosa giusta con
Alexis... ma
la desidero troppo, la amo e l'idea di essere sicuro di amare qualcuno
mi fa
respirare, mi fa quasi tornare in vita dopo la mia oppressione. Eppure
continuo
a sentirmi in colpa, ad aver paura di rivelare a fondo quanto provo per
lei, so
che forse le farò male, sbaglierò e il mio egoismo provocherà altro
dolore ma
questa volta devo rischiare, però non posso farlo con lui.
Yu non ha colpa di quanto gli è accaduto, ha sofferto molto,
ha
passato una specie d'inferno e lo passa tutt'ora, posso immaginarlo,
non è
giusto chiedergli di dimenticare tutto e venire con me, affidarsi a me,
volermi
bene come un fratello e far finta di nulla. Con che diritto lo farei?
Come ci
riuscirebbe?
Io devo pagare, lui deve vendicarsi, odiarmi come lo odiavo
io o
non riuscirò ad andare avanti.
Mi merito altro che questa vita.
Mi merito... una pallottola in fronte sparata da lui.
Ormai che lo so non ce la faccio più. Sono pieno di
sentimenti
oppressi in questi anni, fra i più negativi, paure su paure, sensi di
colpa e
quanto di più negativo può esserci e questi sentimenti ora vogliono
uscire
tutti insieme, penso che esploderò la prossima volta che lo vedrò...
io... non
so cosa arriverò a fare ma non voglio più sentirmi così. Voglio espiare
le mie
colpe, perché così è insopportabile e Yu è diventato il mio pensiero
fisso.
Lui mi guarda e non dice una parola, fino a che io non mi
avvicino
ancora di qualche passo.
- Cosa pensi che succederà? - Chiede, ha un tono molto
basso,
quasi inudibile, è perché sta cercando di trattenere la rabbia che ha
dentro, è
molta.
- Solo un sacco di banalità! - Comincio col mio tono
sprezzante e
leggermente ironico. Immagino l'espressione di Alexis dietro di me che
ci
guarda, penserà che sono impazzito e mi sta bene. Basta che non
intervenga.
Invece la reazione di Yu è prevedibile, un sempliciotto!
Far fuori due uomini ormai andati con gli anni è stato
facile, non
avevano previsto l'imprevisto, ovvero io. Vorrei ora sapere chi mi ha
avvertito
ma penso di saperlo. Questo ragazzo non si merita di stare con me.
- Vale a dire? -
Io parto col mio 'piano'.
- Quanto sei patetico... un fratello che vuole vendicarsi
dell'altro fratello... questo è banale, non trovi? -
Comincia ad alzare la voce, sta perdendo la già labile
calma,
perfetto:
- Non sei nelle condizioni di prendere per il culo! -
Sorrido, un sorriso di scherno, un altro passo verso di lui:
- Io invece lo faccio! Mi fai ridere! Guardati... sei stato
rapito
e cresciuto dagli aggressori di nostro padre, ti hanno inculcato in
testa un
sacco di balle, ora hai scoperto la verità e vuoi uccidermi perché,
immagino,
non ho mai fatto nulla per te! Non ti rendi conto che sei banale e
prevedibile?
Ti fai comandare e rigirare come tutti vogliono... sei uno stupido
burattino! -
So di avere esagerato e so anche che ora lui è sull'orlo del
crollo, infatti urla:
- SMETTILA! PER LA PRIMA VOLTA RAGIONO CON LA MIA TESTA!
ANCHE TU
DEVI PAGARE! -
Come hai ragione...
- E va bene, ti lascio quest'illusione! Però fammi dire cosa
penso
di te... -
Sono un attore consumato, tale da farmi vomitare da solo,
specie
per quello che sto per dire, come ti sto per ferire. Sono un bastardo.
Non
merito la redenzione.
- Fra noi sei tu il pazzo... sto per ucciderti e provochi...
-
So che sin da subito hai sentito che dicevo la verità, che
anche
tu hai sentito questo legame fra noi, inspiegabile ma vero. Per questo
non hai
mai saputo come comportarti con me e invece di odiarmi sei rimasto
affascinato.
Per questo ora ti detesti ancor di più e vuoi uccidermi. È il momento
perfetto.
- Penso che sei un debole, una vittima usata da tutti, burro
nelle
mani dei più forti, un inutile essere umano che si illude di essere
qualcuno.
Tu sei arrivato nella mia vita, anni fa or sono, prendendo il mio
posto, le
attenzioni destinate a me, l'AMORE destinato a me... e ti ho odiato!
Ecco perché
quando ti hanno rapito non ho fatto nulla per aiutarti e difenderti,
ero felice
che ti facessero uscire dalla mia vita. Ora sei tornato e l'unica cosa
che
riesco a sperare è di trovare un modo per liberarmi di te! Sei penoso,
una
sanguisuga! Vattene! -
Liberami del rimorso... perdonami se puoi, ma uccidimi o non
potrò
vivere guardandoti negli occhi!
Ogni fibra del suo essere trema, dal corpo alla voce, la
mano sta
calando, non credo abbia più forza di reagire, se volessi potrei
disarmarlo ma
non è per questo che lo sto facendo. Io non voglio morire, voglio che
lui mi
uccida. Perché me lo merito, perché non reggo oltre questo sentimento,
perché
l'ho ferito e lo ferirò, perché queste emozioni che ho dentro hanno
sempre
fatto male a qualcuno e continueranno... anche con Alexis sarà così...
ecco
perché.
- Perché lo fai? Perché? Io ho creduto fino all'ultimo che
tu ora
mi dicessi che mi hai sempre cercato, che ti dispiaceva per quanto era
accaduto, che hai rimorsi per non avermi aiutato quella volta... mi
bastava
questo... dimmelo... .ti prego... -
E’ sull'orlo del baratro, si vedono le lacrime premergli per
uscire e il gingillo che tiene in mano sembra solo ornamentale, si
capisce che
non lo userà. Dannazione, perché mi ami lo stesso? Fino a questo punto?
Come
fai? Perché non mi odi veramente?
PERCHE'?
- Non sono finto... ti posso dire che in tutti questi anni
ero
contento di non averti fra i piedi... se avessi dovuto badare anche a
te, oltre
che alla mamma, non ce l'avrei mai fatta. Mi è bastata una piantagrane
in
famiglia. Escludendo quello stronzo che era nostro padre, ovviamente.
In tutta
sincerità ti posso anche dire che speravo ti avessero ucciso! -
Dio solo sa cosa ho fatto per trovarti... quando ho saputo
che eri
vivo ho quasi pianto dalla felicità, ho smosso mari e monti quando
nessuno mi
conosceva, ho fatto fondo a tutti i mezzi a mia disposizione, a quel
tempo... e
poi quando sono diventato quello di oggi, nonostante ti credessi morto
ti ho
cercato in ogni ragazzino per strada che potesse avere la tua età. In
Alexis ti
ho cercato... poi sei tu che hai trovato me. Ti ringrazio profondamente
per
questo. Sono felice di averti rivisto, ora potrai costruirti una vita,
ma non
con me. Devo pagare.
Solo... mi dispiace per lei... vorrei girarmi e guardarla
un'ultima volta, ma capirebbe, interverrebbe. Non voglio. Yu, poni fine
alle
mie sofferenze. L'odio che ho provato per te, il dolore che ti ho dato,
non si
può ripagare.
Lui ci pensa e macina quanto sto dicendo, ne è profondamente
colpito, come se gli avessi sparato. Vedi quanto male sono in grado di
farti?
Ed ecco lo scoppio:
- NO, NON è VERO! TU MENTI! NON PUOI ESSERE COSI‘! NO! DIMMI
CHE
MI HAI CERCATO! CHE MI VUOI BENE! DIMMELO! -
Oddio, smettila, falla finita...
- NO! TI ODIO INVECE! NON C'è POSTO PER TUTTI E DUE SU
QUESTO
MONDO, FICCATELO IN TESTA! -
- NO! BASTA, BASTA, BASTA! -
Urliamo entrambi ma è lui infine ad accasciarsi in ginocchio
sul
pavimento, mollare la pistola, prendersi il viso fra le mani e...
piangere...
piange per me... perché? Come puoi dopo tutto quello che ti ho
fatto?Come ci
riesci, Yu? Io ho fatto forza su me stesso per trattarti così, avrei
voluto
abbracciarti e chiederti perdono, dirti che ti voglio bene, ma non
avrei mai
meritato quel sublime attimo di pietà e di bene. Perché sono un mostro.
- Perché... perché non mi spari? -
Non lo capisco, mi rifiuto di capirlo... sono sconvolto
quanto lui
e voglio solo crollare, sciogliermi, trovare la mia pace. Perché non me
lo
permetti?
- Non ci riesco... bastardo... -
Mormora fra le lacrime, ha la voce rotta e non riesce a
parlare
chiaramente. I singhiozzi lo scuotono, penso che sia la prima reazione
dopo che
ha saputo tutto. Penso che sia proprio la prima volta che piange. Oh
mio povero
piccolo... sono una bestia. Non lo vedi? Non posso vivere. Non ce la
faccio...
tolgo la sicura al mio controllo, vado da lui e con violenza prendo la
pistola
e gliela metto in mano, poi me la punto al petto, all'altezza del
cuore, premo
su me stesso e faccio forza su di lui, lo fisso dritto negli occhi con
la luce
della ragione che va via. Non sono più in me o forse per la prima volta
lo sono
fino in fondo:
- PERCHE' NON MI AMMAZZI? PORTA A TERMINE Ciò CHE HAI
INIZIATO E
SPARAMI! FALLA FINITA! -
- NO! - Urla a sua volta, è di nuovo un momento critico in
cui
nessuno capisce cosa dice, cosa fa, cosa pensa e cosa vuole. Perché
questo
strazio non può terminare?
- PERCHE'!? -
- PERCHE' TI VOGLIO BENE! -
- NO, NON è VERO! IO TI HO FATTO DEL MALE, TI HO ODIATO! DEVI ODIARMI ANCHE TU E FAR FINIRE
TUTTO QUESTO! -
- NO, NON CI RIESCO! LO VOLEVO, CI HO PROVATO CON TUTTO ME
STESSO
MA INVECE DI DETESTARTI TI AMO, TI ADORO... E’ ME CHE ODIO PER QUESTI
MIEI
SENTIMENTI IRRAZIONALI! -
Questo, per me suona come uno sparo... no, non può essere.
Non può
perché lui... io gli ho... no... panico. Un vortice mi ingloba, mi fa
perdere
la rotta, non capisco... non capisco più nulla. Non riesco a
ritrovarmi. Lui
deve uccidermi perché così è giusto.
- Sparami... - Un sussurro basso. Un ringhio.
- NO! - Grida.
- SI! SPARAMI! ODIAMI!! - Esplosione.
- NO! - Furore.
C'è movimento e agitazione, io continuo a tenere premuta la
sua
mano sulla pistola e lui cerca di ritrarsi, la mia forza è maggiore, io
voglio
una cosa, lui me la deve dare. È tutto ciò che capisco. C'è lotta ed è
qua che
il colpo parte. All'inizio è solo un fortissimo rumore assordante, uno
sparo,
poi c'è silenzio. Silenzio mortale, fastidioso... ma di quelli che a me
piacciono.
Infine nient'altro che freddo e dolore... dolore acuto alla spalla
sinistra,
dove sento qualcosa che esce dal mio copro.
È sangue.
E mi accascio privo di forze."
Ci
fu una sorta di combattimento fra Yu ed Alex, uno che voleva
farsi sparare, l'altro al contrario che voleva andarsene... fu grazie a
questo
che la pistola si spostò dal cuore alla spalla, ma sempre a causa di
questo
movimento, di questa confusione e disperazione, il grilletto venne
premuto.
Alexis
nell'istante urlò poi si immobilizzò vedendo Alexander
accasciarsi contro Yu, sorretto dallo stesso. L'istante dopo lo vide
steso sul
pavimento che si teneva la spalla... la ferita che nella penombra si
vedeva
poco, ma c‘era.
Tuttavia
non ebbe la forza di muovere un muscolo. Aveva assistito
inerme alla scena senza capire cosa accadesse e perché Alex avesse
tutto quel
desiderio di morire.
Per
Yu fu come se il proiettile avesse colpito lui. Rimase
impietrito per un istante, poi sentii sulle mani il sangue e lo stomaco
gli si
contorse fino a creargli spasmi di dolore.
Cosa
era accaduto?
Non
lo capì sul momento.
Chi
era stato ferito?
Poi
sentì il peso del ragazzo davanti a sé sulle proprie braccia,
istintivamente lo sorresse e lo stese a terra comprendendo tutto.
Forte
ed incontrollato il suo corpo e le sue mani tremarono, i
denti batterono e subito la sensazione di panico l'invase.
Aveva
sparato a suo fratello.
-
Alex... -
La
sua voce gli suonava lontana, forse non era nemmeno sua.
Lui
non si muoveva eppure non era svenuto, aveva gli occhi aperti
e respirava, era freddo.
Durante
tutto il tempo in cui aveva litigato con lui aveva sentito
delle stonature, finché non aveva capito chiaramente una cosa. Quello
che gli
stava dicendo Alexander era pura menzogna. Non capiva come poteva
esserne
sicuro, ma lo era. Se lo sentiva. Dopo la rabbia iniziale, era
crollato, aveva
dovuto arrendersi ai suoi reali sentimenti e privo quasi di forze,
aveva
pianto. Non l'aveva mai fatto. Si era sentito un bambino... finalmente
si era
sentito tale, non lo era mai stato e in un certo senso aveva sentito la
vita
scorrergli mentre le sue lacrime uscivano, ma ora aveva lì steso suo
fratello
con una ferita da arma da fuoco sulla spalla, provocata da lui, insieme
al
dolore che usciva di pari passo col sangue.
Gli
portò la mano dietro al collo alzandogli la testa, avvicinò il
viso al suo e lo guardò con attenzione attraverso quella poca luce che
c'era.
Era bello ed era sofferenza.
-
Perché vuoi che ti uccida? Che ti odi? Che ti creda colpevole a
tutti i costi? -
A
fatica Alex rispose:
-
Perché me lo merito... ti ho odiato ed ho gioito della tua
tragedia... non ti merito... non merito la felicità di riaverti con
me... non
merito la possibilità di rimediare ai miei errori e ricostruire il
nostro
passato... -
- E
io ora ti dico che non serve... non serve punirti... -
- Si, è giusto che tu ti
vendichi... -
-
Perché vuoi morire? -
-
Perché io sono già morto... -
- E
allora che ne dici di provare a vivere insieme? -
-
Perché? - Smarrimento, provò questo fra il dolore fisico e
quello interiore. Non credeva di capire bene. Solo in sogno aveva osato
sentirsi dire quelle parole da suo fratello creduto perduto per colpa
sua.
-
Perché anche io ero morto ed ora voglio provare a vivere
veramente, ma non ci riuscirei da solo. -
-
Come puoi volerlo dopo tutto... ? -
-
Sei l'unico che può capirmi a fondo realmente. Non potrei
chiederlo ad altri che a te... -
- Io
non ne sono in grado... non hai capito cosa provavo per te?
Ora per paura di far del male a qualcuno con questi miei sentimenti,
non riesco
più a mostrarli e tirarli fuori... soffriresti di più con me... mi
odiavi,
prima. Perché vuoi ricominciare con me? -
-
Perché invece ti voglio bene, sei mio fratello... -
Solo
ora. Solo così Alexander, dopo diversi anni di morte, tornò
in vita. Le lacrime che gli uscirono dagli occhi lo testimoniarono.
- Oh
fratello... -
Non
aveva più pianto da quel tempo, non era più stato capace di
sentirsi vivo, di far uscire i propri sentimenti, di provare veramente
ad
amare. Ora che ci riusciva aveva in sé la sensazione della nascita.
Come se
venisse al mondo per la prima volta e provasse in un istante tutte le
percezioni possibili ed immaginabili.
Rinascita
era la definizione più adatta per lui in quel momento.
Quando
la polizia arrivò portando via i due malviventi privi di
sensi, Alexis disse che Yu li aveva soccorsi e che lo sparo era stato
causato
da uno di quei due. Alexander fece insabbiare ogni cosa e tutto andò a
posto.