CAPITOLO
X:
PRELUDIO
“Corri,
corri, corri.
[…]
Senti
la bile che risale
Dal
tuo colpevole passato
Con
i tuoi nervi a fior di pelle
Quando
il guscio va in pezzi
E
i martelli battono
Giù
la porta
Farai
meglio a correre “
/Run
like hell - Pink Floyd/
La
vita non la controlli.
Puoi
solo cercare con tutte le tue forze di starci dietro.
Cercare
di non perderti nulla di ciò che è davvero importante.
Per
il resto puoi solo sperare di esserci quando servirà. Perché sai che
servirà.
Quella
mattina Don non aveva certo idea della piega che avrebbero preso le
cose, anche se in cuor suo qualcosa l’aveva percepito dalla sera
precedente, quando aveva cercato in Charlie un po’ di pace per
calmarsi.
Giunto
in ufficio, la sua aria non era molto più distesa della sera
precedente, quando li aveva lasciati senza dire una sola parola.
Emanava una specie di aura più nera di sempre che non si era schiarita
per nulla, nella notte, e quando Colby gli lanciò un giornale con aria
seria, dicendo: - Non è una grande trovata in questo momento, no? - il
tutto peggiorò decisamente.
Con
la fronte corrucciata, guardò l’immagine in copertina che ritraeva una
delle rare fotografie rubate di lui con Charlie, sotto, il titolo in
bella mostra diceva: ‘L’ispirazione di Charlie Eppes? Suo fratello
Don!’.
La
foto non li ritraeva in momenti particolarmente imbarazzanti, non
rivelava proprio niente della loro relazione, semplicemente camminavano
insieme parlando fitto con arie concentrate.
Scollegandosi
momentaneamente dalla realtà, Don aprì svelto le pagine cercando il
servizio all’interno. Non aveva idea di che giornale fosse né perché ci
fossero loro, però per un momento un mattone si piantò fra il cuore e
la testa mandando in accelerazione ogni funzione corporea.
Che
avessero scoperto la loro relazione e li accusassero di essere
incestuosi?
Non
lo erano nella realtà, ma pochi lo sapevano, quindi tutto poteva
essere.
Non
capì perché in quel momento il peggio che potesse succedere, gli parve
quello. Essere scoperti e additati da tutti come due fratelli osceni…
probabilmente, quello avrebbe significato la fine della loro serenità!
Quando
scorse l’articolo, capì che parlava principalmente di Charlie in quanto
famoso autore del best seller del momento, che parlava dell’analisi dei
rapporti con la matematica. Era diventato presto l’uomo del momento e
spesso aveva sostenuto interviste e servizi, gli avevano anche chiesto
di scrivere il seguito, cosa che per ora non aveva ancora cominciato.
Non
era raro trovare un servizio su di lui, lo era vedere la propria faccia
inserita accanto alla sua e leggere le dichiarazioni di quello che
tutti ritenevano il fratello!
In
parole povere diceva quanto erano legati e quanto importante Don fosse
stato per lui nella realizzazione di certe teorie espresse nel libro.
Sia grazie alla collaborazione con l’FBI che alla profonda diversità
che li caratterizzava. Per elaborare molti di quei modelli, si era
rifatto a lui e al suo modo sicuro e complesso di fare. Rapportarsi con
uno come lui non era per niente facile ed un po’ aveva analizzato, nel
libro, il suo modo di essere spiegando come anche con uno così
difficile, fosse possibile relazionarsi con successo.
Nell’articolo,
naturalmente, erano inseriti anche alcuni dati che lo riguardavano,
anche se nulla di eclatante.
Al
termine della lettura, la sua espressione era ancora più terribile di
prima, se necessario, tanto che molti maledirono Colby per averglielo
fatto leggere.
Il
giovane non perse sicurezza ed anzi gli andò davanti con le mani ai
fianchi continuando a parlare senza peli sulla lingua, come era nel suo
stile:
-
Se quella gente è tornata per finire il lavoro di anni fa e sei nel
loro mirino, è naturale che ti tengano d’occhio. Questo non può che
essere dannoso! - non serviva specificare null’altro. Era ovvio il
motivo per cui lo fosse.
Quelle
persone erano spuntate di nuovo di proposito per far sapere a Don di
essere ancora braccato dopo tutti quegli anni e se ora venivano a
sapere che aveva un fratello, invece di pensare alla cosa più ovvia,
ovvero che era solo adottivo, potevano anche decidere di completare
l’opera e farlo fuori.
La
possibilità non era poi così pittoresca e remota!
Era
vero che ormai a Los Angeles in pochi non sapevano che i due fratelli
Eppes erano uno un agente dell’FBI e l’altro un famoso matematico di
fama mondiale, però chi poteva dire se quelli negli anni fossero
rimasti lì oppure no? Magari se ne erano andati… in fondo non avevano
più trovato nulla su di loro ed una tale assenza di prove la si poteva
ottenere solo se i criminali se ne andavano proprio dalla città facendo
perdere le tracce.
Don
scorreva mentalmente tutte queste considerazioni alla velocità della
luce, sapeva che non era da prendere alla leggera, quella cosa; non
certo da sottovalutare l’idea che comunque Charlie potesse essere preso
di mira per colpa sua.
In
un attimo tutto gli fu chiaro e la nube che l’aveva annebbiato per
tutto quel tempo facendolo stare male, ora si dipanava dandogli ogni
risposta.
Era
quello che non gli tornava, che lo preoccupava tanto, che lo spingeva
istintivamente ad allontanare il suo ragazzo.
L’idea
che avrebbero potuto fraintendere o peggio scoprire chiaramente che
stavano insieme… in quel caso a gente come quella non sarebbe importato
nulla che Charlie non fosse sangue del suo sangue.
Erano
malati, non aveva altra spiegazione alle loro azioni per lui
inspiegabili.
Non
aveva mai saputo perché ce l’avessero avuta coi suoi genitori e quindi
poi anche con lui. Era sicuramente stata una questione personale, ma
perché comportarsi così con lui?
I
primi anni della sua vita era stato certo che non avessero mai saputo
della sua esistenza, poi però crescendo, quando erano spuntati di
nuovo, aveva capito che invece sapevano che lui era Don Eppes e che se
anche aveva cambiato cognome ed era stato adottato da qualcun altro,
potevano arrivare a lui quando volevano.
Non
erano mai andati a fondo e non certo per paura, considerando il grande
vantaggio che avevano su tutti, lui per primo.
Perché
quello strano comportamento? Cosa volevano ottenere? Terrorizzarlo?
Perdere
la propria vita non era il peggio che potesse accadergli, era sempre
stato così. Rimetterci la vita non l’aveva mai spaventato davvero, né
fermato.
Però
perdere quella di chi gli stava a cuore sì e il punto, ora lo capiva
con una chiarezza allucinante, era quello.
Pochi
riuscivano ad entrare nel suo cuore, quella famiglia adottiva stessa
non era mai sembrata prenderlo molto, il fratellastro, poi…
Però
da quando si erano messi a lavorare insieme era lentamente tutto
cambiato… e di recente si erano addirittura messi insieme.
Cosa
poteva esserci ancora da capire, a parte le reali motivazioni che
spingevano quelle persone?
Ora,
e quell’articolo avrebbe dato la conferma, i due Eppes erano molto
legati ed era lampante. Se prima Charlie era stato al sicuro, ora non
lo era più e per un semplice fatto.
Prima
Don non aveva mai amato, ecco perché non avevano colpito ma l’avevano
solo tenuto sporadicamente d’occhio.
Ora
amava, ora era vulnerabile, ora potevano terrorizzarlo, se volevano.
Averlo
in pugno.
Dunque
che puntassero a quello?
Don,
senza dire mezza parola, si precipitò fuori dall’ufficio col telefono
alla mano cercando di contattare Charlie.
Il
cuore pulsava impazzito in gola, la sensazione di esplodere, la testa
martellava maledettamente, non riusciva più a sentire chiaramente i
suoi pensieri, non come prima.
Ora
che aveva capito tutto, o quasi, era peggio di quando era stato
all’oscuro.
Non
ottenendo risposta dal cellulare di Charlie, il sangue cominciò a
pulsargli più in fretta, come un forsennato si fiondò alla macchina
correndo e precedendo gli altri di parecchio che, capendo alla lontana
ciò che stava pensando, cercarono di stargli dietro.
Il
diavolo dietro, o forse ad inseguirlo addirittura.
Incurante
dell’idea di essere atteso proprio da lui e di correre il pericolo più
grande della sua vita.
La
resa dei conti era quella?
Un
giocarsi la vita di quello che ormai non era più solo un fratello, ma
il suo amore?
Non
poteva reggere quel pensiero e superando ogni semaforo rosso ed ogni
incrocio, sfiorando una marea di incidenti brutali, seminò i suoi come
se scappasse da loro.
Non
poteva pensare in quel momento, se lo faceva la paura l’attanagliava
selvaggia… paura di perdere l’unica persona che era riuscita ad
entrargli dentro e a farsi amare in quel modo.
L’unica
che ora come ora contava.
Non
poteva pensare di perderlo proprio ora che si erano trovati davvero da
poco, aveva assaporato solo per un istante il suo angolo di paradiso,
non poteva già finire tutto.
Se
gli avessero torto anche un solo capello, Don li avrebbe fatti a pezzi
e non nel senso figurato del termine.
Li
avrebbe fatti davvero a pezzi.
Cieco
di rabbia, angoscia, frustrazione e qualunque altro sentimento
terribile ora ingigantisse in lui, arrivò frenando brutalmente
all’università dove sapeva doveva essere.
Ci
sperò più che altro.
Charlie
non rispondeva al cellulare per diversi motivi… per le lezioni, per
un’illuminazione matematica, per fare sesso con lui… perché magari era
stato rapito da qualche psicopatico maledetto…
Lasciò
un segno vistoso di gomme sull’asfalto, quindi scese al volo dall’auto
e si precipitò dentro l’edificio, correndo come se già avesse avuto la
notizia del suo rapimento!
Ciò
che provò percorrendo velocissimo quei metri di corridoio, spingendo
inavvertitamente studenti ed insegnanti, non lo avrebbe mai
dimenticato.
La
paura più concreta e viva di entrare nell’ufficio e trovare la persona
che amava, in un lago di sangue.
Arrivare
in tempo, esserci, farcela… era questo ciò che contava sempre, poiché
il controllo non lo si può mai avere.
E
se si falliva?
Se
era troppo tardi per arrivare in tempo, per esserci, per farcela?
Il
rimpianto sarebbe stata la conseguenza minore…
Varcata
la soglia della stanza, spalancando la porta che fece un botto non
indifferente, le ginocchia quasi gli si piegarono vedendolo davanti
alla lavagna a scrivere qualche calcolo importante che lo prendeva
molto.
Da
solo.
Vivo.
Sano
e salvo.
La
tensione si sciolse di botto nel vederlo intero e tranquillo, dovette
addirittura appoggiarsi al muro per evitare di andare lungo disteso a
terra. Come se gli fossero stati tagliati i fili.
Non
poteva descrivere il suo stato d’animo, sapeva solo che non lo augurava
a nessuno.
-
Don! - Esclamò spaventato Charlie precipitandosi da lui preoccupato,
convinto che fosse successo qualcosa di terribile.
-
Perché diavolo non rispondi al cellulare? - Chiese subito aggressivo
Don riprendendosi all’istante e cominciando a gesticolare agitato.
Charlie
lo guardò spaesato, quindi fece la prima cosa che la sua mente gli
concesse… rispose alla domanda!
-
Devo aver dimenticato di rimettere la suoneria… - Solo dopo averlo
visto alzare seccato ed impaziente gli occhi al cielo, chiese
spaventato: - è successo qualcosa? -
Don
ebbe l’insano istinto di picchiarlo, ma si domò poiché comunque si
trattava di Charlie… l’avrebbe demolito con un pugno!
-
No, non ancora! - Disse severo lanciandogli un occhiata micidiale
mentre prendeva il cellulare e fermava i suoi, dicendo che non serviva
venissero e che era tutto a posto.
-
Che significa? Dovrebbe succedere qualcosa? - Lo rimbeccò
ansioso il giovane dai capelli ricci e sconvolti come lui stesso.
-
Certo che dovrebbe succedere! - Esplose Don andandogli davanti con aria
furente, la paura di averlo perso era ancora troppo viva in lui e non
poteva essere placata tanto facilmente… - Sono nella loro mira, non è
un segreto di stato! Chi pensi che possano uccidere giusto per il gusto
di ferirmi? Specie dopo quell’articolo? -
Charlie
sgranò i suoi occhi castani con aria colpevole, quindi rimase in
silenzio a guardare il fratello come un cane bastonato capendo ogni
cosa.
-
Non pensavo uscisse oggi… l‘ho fatto la settimana scorsa, prima di…
tutto questo… - E non aggiunse che voleva fosse una sorpresa per lui,
vista la situazione tesa. Sapeva che era arrabbiato perché era
preoccupato, da un lato gli piaceva questa specie di dimostrazione
d’affetto, erano rare quelle di Don, però sapeva bene anche che aveva
passato dei brutti momenti immaginando che gli avessero fatto chissà
cosa e vederlo così iroso lo spaventava più dei criminali che gli
stavano dietro!
-
Non ci avevo pensato, però stavo giusto elaborando uno schema che mi
stava proprio portando a quella soluzione. - Disse poi con un filo di
voce, mortificato, come se si fosse messo in pericolo da solo. Bè, in
realtà non era molto lontano dalla realtà!
Don
allora si smontò e sospirando smise di gesticolare, quindi si passò le
mani sul viso e fra i capelli corti, trovò un po’ di calma e tornando a
guardarlo gli posò la mano sulla spalla dicendo brusco ma non più
infuriato:
-
Sì bè… ci lavorerai all’FBI e non ti muoverai più da solo! Almeno
finché tutta questa storia non finirà. - E non osò esprimere il suo
pensiero di quell’istante, un flash…
“Sempre
che non la manderanno avanti finché non riusciranno ad uccidere
Charlie, per poi sparire ancora.”
La
sua evidente paura era naturalmente che ancora una volta fossero loro a
condurre il gioco, come era sempre stato, e che a lui non restasse che
assistere inerme come sempre.
La
possibilità peggiore.
-
Scusa, non volevo… - Non finì la frase flebile che tentò di intavolare,
Don lo interruppe circondandogli le spalle con tutto il braccio, quindi
stringendolo brevemente a sé gli trasmise il suo immenso sollievo di
averlo ancora vivo sotto le sue mani.
-
Andiamo, dai… - Disse quindi il più grande tranquillizzandolo con quel
suo semplice gesto.
Forse
per quella volta ci aveva visto male. Forse aveva sbagliato i tempi o
magari li aveva sopravvalutati interpretando male le loro azioni.
Chi
poteva dirlo… magari era semplicemente arrivato in tempo.
Esserci…
È
questo tutto ciò che puoi fare per la tua vita.
Eppure
anche se riesci ad arrivare nel posto giusto al momento giusto, sei
sicuro di essere all’altezza della situazione?
E
se nel momento decisivo, tutto quello che puoi fare è proprio assistere
coi tuoi occhi, in prima persona, alla disfatta?