CAPITOLO
I:
SCHIERAMENTO
/
In the shadows - Rasmus /
“E’
un istante in cui tutto si sospende.
Io
ghiacciato ma accaldato.
Lui
immobile come fosse una statua.
Il
silenzio più rumoroso che sia mai esistito.
La
mia pistola puntata sulla sua nuca.
E
un dolore lancinante al petto, la testa che esplode, il cuore che batte
fortissimo, la gola secca, il sangue che corre velocissimo, i muscoli
tesi, la lingua annodata.
Non
dimenticherò mai questo istante in cui il tempo sembra essersi fermato.
Non
dimenticherò mai che sto per arrestare l’uomo che amo e forse mi sto
per battere con lui.
Parla,
dannazione… dimmi che sono un idiota e che devo fidarmi di te.
Dimmelo.
Se
me lo dirai sono disposto ad andare contro lo Stato intero, se
necessario.
Ma
tu me lo devi dire.
Con
l’ansia sibillina ed angosciante che sale da dentro fino ad uscire
esplodendo, lui si gira lentamente. In mano ha la pistola ma la tiene
abbassata.
Finalmente
lo posso vedere in faccia e sebbene ormai io abbia imparato a decifrare
la sua espressione meglio degli altri, ora mi sembra pressoché uno
sconosciuto, come quando l’ho conosciuto, quando non sapevo niente di
lui e ci siamo scontrati in quel modo.
Prima
che tornasse ad amare.
Prima
di noi.
Noi.
Non
siamo sconosciuti, ora. Anche se lo sembriamo la verità è che stiamo
insieme e nonostante se ne sia andato di nuovo da solo senza dire
nulla, non mi ha mai lasciato davvero. Lui è ancora il mio uomo e
finché non mi dirà il contrario, io ci crederò.
Crederò
che posso ancora fidarmi nonostante tutto.
Anche
se forse sarò l’unico e mi daranno del pazzo, ma io penso fermamente
che se Vance dopo aver mostrato le prove della sua colpevolezza, ha
affidato a me e me soltanto il compito di trovarlo e arrestarlo, un
motivo ci deve essere.
A
parte quello logico, ovvero che Ziva lo ucciderebbe e McGee non sarebbe
in grado di farlo.
L’ha
dato a me affinché capissi cosa è successo davvero, perché Gibbs agisce
così, perché ha sparato a sangue freddo a quell’uomo disarmato e vinto.
Sapeva che sarei stato l’unico a darmi pena per capire tutto
questo.
A
nessun altro forse importerebbe quanto importa a me ed è vero che ho
accettato dicendomi che per prima cosa l’avrei trovato e gli avrei
chiesto spiegazioni, ma non mi sta dando che prove della sua
colpevolezza.
Ed
io non ci crederò mai.
Mai.
Anche
se ora non lo riconosco e se tutte le prove sono contro di lui, Gibbs
rimane l’uomo che amo e sarà il mio per sempre.
Riflettendo
su questo, prendo in un lampo una decisione che forse cambierà le sorti
di molti, ma non ci penso oltre, non sarebbe da me, e butto via la
pistola guardandolo più serio che mai.
Ricambia
il mio sguardo nel medesimo modo, non parla e non fa cenni ma imita il
mio gesto e butta via anche lui la sua arma.
Ed
ora?
Cosa
succederà?
Ci
guardiamo e forse entrambi speriamo in qualcosa di irrealizzabile. Se
Gibbs è arrivato a questo punto, qualunque sia il motivo, e sono certo
che sia buono, non si fermerà davanti a nulla. Nemmeno a me.
È
anche questo che amo di lui. Irremovibile come nessuno.
-
Dammi delle spiegazioni. - Il mio è un tono di pretesa ma sono sul
limite dell’esasperazione. Me le deve.
Continua
a fissarmi, il tempo sempre sospeso, il silenzio pesante, noi tesi, la
voglia di morire, di scappare, di tornare indietro, di svegliarsi da un
incubo assurdo.
Io
che arresto il mio compagno… ma quando mai si è vista una cosa simile?
Non
voglio, dannazione… voglio solo sapere che ha ragione e poterlo seguire
anche all’Inferno.
Io
ci credo, ma deve dirmelo.
-
Non ti devo nulla. - Duro.
È
come se mi pugnalasse. La sensazione è la stessa.
Alzo
le sopracciglia e con ironia aggressiva ribatto tendendo l’orecchio:
-
Come? Ho capito bene? Non mi devi nulla? - Se mi dicesse che mi odia,
non otterrebbe lo stesso effetto… io amo quest’uomo e lui è convinto di
non dovermi nulla. Non farebbe ugualmente male nemmeno con un ‘è
finita!’ se questo fosse eventualmente il punto della questione, cosa
che non è.
- O
porti a termine il tuo compito o te ne vai, non ho tempo da perdere. -
Mantiene quella sua espressione dura e cupa, irriconoscibile, lontana
anni luce. Lo pensa davvero?
Non
ci crederò mai.
-
Io voglio sapere perché ci sono quelle prove del tuo tradimento al
nostro Paese. Voglio sapere perché non mi hai detto niente. Voglio
sapere chi è che ti ha costretto a fare tutto ciò. Voglio sapere perché
hai ucciso quell’uomo in quel modo. Voglio sapere perché sei tornato ad
agire da solo. - Voglio sapere se mi ami ancora e -Dio- non vorrei mai
dubitarne, ma davanti a tutto questo dove sbatto io la testa?
Mi
fissa imperturbabile senza una piega. Fai un cenno, fammi capire
qualcosa.
Sei
un muro altissimo e infrangibile.
Come
ci arrivo, ora, a te?
Pensavo
di aver affrontato tutto ed invece… invece c’è sempre qualcosa di
nuovo.
-
Non sono cose che ti riguardano. Vattene. - Non cederà mai, quando fa
così so per certo che non si smuoverà.
Ebbene
mi rimane solo una cosa, a questo punto.
So
che anche quella sarà inutile ma se lui agisce così, mi tocca
rispondere di conseguenza e seguire il suo gioco, per quanto
incomprensibile sia.
Farò
in modo che non mi distanzi ancora di più.
-
Fai quello che credi, ma sappi che qualunque cosa tu farai e dirai, non
ti lascerò mai perdere. - e in un modo o nell’altro, giuro che sarà
così per sempre, in ogni caso.
È
esattamente a questo che lui increspa per un attimo la fronte, quindi
io con uno scatto gli vado addosso cercando di colpirlo con un pugno.
Non userei mai un arma contro di lui e so per certo che in un corpo a
corpo serio avrà la meglio in un attimo, ma questo è tutto ciò che mi
rimane.
Gibbs
schiva facilmente, quindi mi riprendo e ci riprovo, ma ancora una volta
para il colpo, allora lo afferro cercando di atterrarlo. Pura utopia.
Finalmente
lo sento reagire ed è più facile quando mi respinge, posso non mollare
ed andargli ancora addosso con ogni forza che ho, senza riflettere
perché se lo facessi mi fermerei subito.
Ad
ogni tentativo che va a vuoto, mi sembra di dare giù a me stesso.
Stringo
gli occhi, contraggo il viso, tiro i muscoli e cerco di tenere duro, di
aggrapparmi al desiderio di riportarlo a casa, di mettere fine a tutto…
però Dio solo sa se tutto questo servirà davvero a qualcosa.
Io
non so nulla di ciò in cui si è messo, ma devo portarmelo via a tutti i
costi.
All’ennesimo
attacco, è costretto a colpirmi e sicuramente lo fa in modo da darmi un
solo pugno e non essere costretto a darmene altri. Sicuramente è come
se avesse dato giù più a sé stesso che a me.
Sicuramente
anche lui ora sta morendo, qualunque cosa gli sia successa fino ad ora.
Però
questo pugno mi arriva come un treno in pieno viso e con una potenza
micidiale data dal fatto che è stato lui, ogni forza svanisce. Rimango
a secco, prosciugato, immobile, ghiacciato, di piombo.
Mi
schiaccia a terra ed il dolore che sento non ha paragoni perché non è
fisico ma interiore. Non lo sopporto.
Non
voglio battermi così seriamente con l’uomo che amo.
Non
voglio arrestarlo.
Non
voglio portarlo in Paese e metterlo in prigione.
Non
voglio ferirlo.
Ma
non voglio nemmeno perderlo…
Diavolo,
che Inferno!
Dopo
che riprendo coscienza mi ritrovo schiacciato a terra, nella polvere
che ancora alta ci circonda coprendoci. Il caos lentamente si disperde
ma ho una strana sensazione di intimità.
Sarà
perché mi sta sopra col viso vicinissimo al mio.
In
questa stessa situazione, poche settimane prima, facevamo l’amore,
stavamo bene, eravamo felici.
Ed
ora sembra sia solo la fine.
Lo
vedo bene e potrebbe essere l’ultima volta.
Il
sapore del mio sangue in bocca, lo inghiotto mentre lo fisso con
attenzione. I suoi occhi azzurri sono oscurati da qualcosa di brutto e
ai polsi è come se vedessi delle corde legarlo per impedirgli di fare
ciò che vorrebbe.
Dopo
che mi scruta per un istante torturandomi, si avvicina ulteriormente e
portando le labbra al mio orecchio, mormora mandandomi del tutto a
fuoco, facendomi sciogliere il ghiaccio che mi aveva gelato fino ad
ora:
-
Lasciati salvare. Non seguirmi. - è un sussurro che posso udire solo io
e che non dimenticherò mai come ogni cosa che è successa ora.
Impressa
a fuoco nella mia mente dove ci rimarrà per sempre.
Un’ondata
violenta si espande velocissima da dentro e prima che possa dire o fare
qualunque cosa, anche solo tentare di afferrarlo, lui se ne va
lasciandomi così, steso a terra, impolverato, con il labbro spaccato,
da solo.
Dovevo
seguirlo.
Dovevo
essere implacabile.
Dovevo
usare la pistola.
Ma
quello che ha detto ora non era un ordine o un consiglio, bensì una
richiesta, una supplica.
Era
l’uomo che ho imparato a conoscere e che ho amato in tutti questi anni.
Era quello per cui spesso ho rischiato la vita, per cui la rischierei
ancora.
È
l’uomo che tirerò fuori dal guaio apocalittico in cui si è cacciato,
del resto da qualcuno avrò imparato, quando mi ficco nei casini.
Non
potevo seguirlo, non ora.
Ho
bisogno di pensare e capire che diavolo gli è successo, quando avrò
tutto il mosaico davanti agli occhi, potrò agire ed aiutarlo, non
prima.
È
ora che la smetta di salvare tutti… lui e quel suo dannato complesso
dell’eroe!
Deve
capire che è mio e che gli altri, me compreso, possono farcela da soli!
Dannazione,
anche se sarà l’ultima cosa che faccio, probabile in effetti, lo tirerò
fuori da dove si è cacciato!”