CAPITOLO III:
RICATTO
/The
catalyst - Linkin Park/
“Stavo andando a
consegnare il rapporto che mi avrebbe incriminato per la morte
dell’assassino di Shannon e Kelly, il signor Ramosa.
So che i figli
che ora mi stanno dietro aspettavano quello, anzi non proprio… solo
Alejandro, che è un corrotto delle forze dell’ordine messicane,
aspettava le prove regolari che ora grazie ad Abby ci sono. Allison le
aveva bloccate… un avvocato che per tutto il tempo mi mette i bastoni
fra le ruote, che poi si innamora di me! Ridicolo!
Però me l’ha
consegnato, quel rapporto, dicendomi di farne quello che volevo. La sua
dichiarazione d’amore. Il mio sorriso era poiché mi immaginavo la
faccia di Tony mentre glielo dicevo, a lui non gli è mai piaciuta
quella donna, chissà come mai!
Io le ho detto
che ho una regola per la quale devo affrontare le conseguenze delle mie
azioni, qualunque esse siano, in qualunque momento mi si presentino.
Non ho mai
detto a Tony di essermi fatto giustizia da solo all’epoca, come non gli
ho detto che Alejandro, il capo della polizia messicana, nonché un
Ramosa all’insaputa di tutti, ha tanto fatto finché con l’aiuto di una
Abby ignara ha trovato le prove per incastrarmi legalmente. Lui non sa
nulla di tutta questa storia e quando verrà fuori ne sarà ferito e
sicuramente si infurierà.
Quando quel
rapporto arriverà a destinazione verrò arrestato, probabilmente finirà
tutto, non lo so. Però Allison dopo avermi criticato per la mia
‘stupida regola’, mi ha detto da avvocato che avremmo vinto la causa e
devo dolorosamente ammetterlo… quella donna è dannatamente brava nel
suo lavoro.
Stavo andando a
consegnarlo io, quel rapporto, la mia fine.
È stata la
telefonata dalla Pennsylvania a fermarmi.
Ancora una
volta ho provato sulla pelle cosa significa distacco dalla realtà, gelo
istantaneo. Il vuoto. Il nulla.
La voce di
qualcuno che conosceva mio padre mi diceva di averlo trovato gravemente
ferito. La voce di qualcuno che conosceva anche me da giovane e che è
riuscito a rintracciarmi, mi ha detto che era in ospedale molto grave,
che forse non se la sarebbe cavata.
La voce di
qualcuno che non ho assolutamente idea di chi fosse, ha detto che gli
avevano sparato in negozio.
Mio padre.
Non so quanto
sono stato in quello stato, fermo, zitto, senza respirare, ma quando mi
sono ripreso, per quanto ci si possa riprendere da notizie simili, ho
attaccato il telefono, poi l’ho guardato assente mentre rielaboravo in
trance la notizia. L’ho guardato e mentre con un’ondata bruciante mi si
è formato il nome Ramosa nella mente, l’ho scagliato contro il muro
frantumandolo, poi mi sono cambiato, ho preso le munizioni e me ne sono
andato.
Via.
Via da
Washington.
Via dagli Stati
Uniti.
Via in Messico.
Via verso la
fine. Non mi importava il modo in cui sarebbe finita, sapevo che
sarebbe successo. Sarebbe successo e basta e l’avrei fatto io a
qualunque costo.
Con il pensiero
fisso di mio padre in fin di vita, sono giunto qua, davanti a Paloma
Ramosa.
Con mio padre
ha fatto l’ultima stronzata della sua vita, non toccherà nessun altro!
La fisso giunto
con fin troppa facilità nella sua immensa villa, come se mi aspettasse.
La fisso feroce
negli occhi, lei è soddisfatta, ha un sorriso sornione sulle labbra,
aspetta che io faccia qualcosa prevedendo già cosa sarà e come finirà.
Quanto è sicura di conoscermi, di potermi avere in pugno, di avere ogni
cosa nelle sue mani, ma la verità è che l’ho giocata una volta, quando
poi è andata da mio padre, e posso rifarlo ancora.
Pensi di avermi
convinto a collaborare con te? A diventare il tuo tirapiedi federale?
Già, e come la
metti con quel fascicolo che mi metterà dietro le sbarre?
- Ce ne hai
messo… - dice calma e sicura di sé.
Io la guardo
ancora imprimendomi bene il suo viso perché diventerà la mia ragione di
vita fino a che non l’avrò cancellato da questo mondo.
Ma questa volta
sarà legale, oh, se lo sarà!
Uccidere una
bastarda criminale assassina è legale sì!
- C’è una
regola che dovresti imparare anche tu… - Inizio lentamente con un tono
basso e penetrante.
- Sì? - Dice
con un finto interesse, in realtà sembra come se continuasse a
prendersi gioco di me.
- Sì… che a
volte hai torto. - Sembra l’ultimo discorso prima che il mondo finisca,
ma non è poi sbagliato. Dopo di questo la vita di uno di noi due finirà
e non sarò io.
- Ah si? E
perché? -
Una luce
pericolosa mi illumina lo sguardo, è solo un momento.
- Perché questa
tua sicurezza ti ucciderà! - E’ così che tiro fuori la pistola
puntandogliela velocissima. - Non mi hai nemmeno disarmato. -
Dico con forza,
senza perdere il controllo di me. Un controllo che vuole solo essere
sciolto.
Il sangue bolle
dentro di me, una furia mi monta ma la mente si mantiene
miracolosamente lucida.
Deve finire
adesso.
- Non mi serve
disarmarti. Non mi ucciderai. - E’ proprio questa sicurezza che mi
imbestialisce e se non fosse che ho una certa esperienza, nonostante si
tratti di mio padre, ora avrei già fatto fuoco. Ma c’è qualcosa e lo
sentivo da quando mi sono messo in viaggio. C’è qualcosa che mi ha
impedito di perdere la testa nonostante in condizioni normali l’avrei
già persa.
Non me lo fa
domandare. Tira fuori una serie di foto che mi mostra una ad una e di
nuovo quella sensazione di gelo mi attanaglia, quel nulla di prima,
quel vuoto.
Sono tutte foto
di Tony sotto mira.
È seguito.
Sanno di noi,
che vive con me, che stiamo insieme, che è la persona più importante di
questo mondo, per me, ora.
Impazzire è
qualcosa che nella mia vita ho provato molte volte, ma ognuna è sempre
peggiore della precedente, però in qualche modo sopravvivo, in qualche
modo la supero, riesco ad aggrapparmi a qualcosa.
A questa non si
può.
La persona che
ami in pericolo per colpa tua.
No, non
sopravvivi ad una cosa simile, specie se le promesse vengono mantenute.
E fin’ora è stato così.
Non c’è davvero
molto da pensare, in casi simili. Io di norma non lo faccio molto ma
adesso meno che mai.
Non ci sono
possibilità con mio padre che sta morendo, Mike senza un dito e il mio
uomo sotto tiro costante.
Abbasso l’arma
e la metto giù.
Guardo Paloma
che continua a sorridere questa volta più contenta, più sadica, più
bastarda.
La conferma di
tutto ciò che già sapeva. Ora ha l’arma giusta per usarmi come si deve,
è questo che lei pensa.
Ma non mi
conosce, oh, no, non mi conosce… non sa che questa è solo una mia resa
momentanea ed apparente e che in un modo o nell’altro io la farò fuori.
A costo di
morire io stesso.
Diciamo che io
la mia parte l’ho fatta e che se l’attentato non è riuscito non è colpa
mia ma di chi l’ha pianificato… io ero solo una pedina che eseguiva i
loro ordini.
Diciamo anche,
però, che continuano a sottovalutarmi e fanno male.
Pensano di
essere al sicuro, di avere l’arma giusta da usare contro di me per
tenermi in pugno.
Il pacchetto
l’ho consegnato, ma non è colpa mia se ho un viso espressivo e se la
persona a cui dovevo consegnarlo lo conoscevo ed ha capito che c’era
qualcosa che non andava.
L’attentato è
stato sventato in tempo e non è riuscito e il pezzo grosso che volevano
far fuori col mio prezioso aiuto, si è salvato ed anzi ha subito
parlato con Vance capendo che c’era qualcosa che non andava.
Non ho potuto
seguire oltre le vicende. Ufficialmente per i Ramosa sono rimasto a
Washington in attesa del prossimo incarico che mi avrebbero fatto
avere, so di essere tenuto d’occhio e so anche come devo fare.
Non ho tempo
per rimanere a casa ad aspettare che qualcuno mi dia ordini o mi faccia
fuori o mi arresti.
Mio padre sta
morendo, Tony potrebbe raggiungerlo.
Ci sono delle
cose che devo risolvere e comincerò con uno alla volta, in silenzio.
Solo una volta
che giungo in Messico in un posto piuttosto tranquillo e discreto,
questo loro tirapiedi mi avvicina, si decide a farmi sapere
ufficialmente della sua presenza per chiedermi che diavolo ho in mente,
visto che gli ordini erano di rimanere negli Stati Uniti in attesa di
incarichi.
Io lo scruto
diretto, imperturbabile, senza la minima piega. Cerco di valutare su
due piedi e velocemente quanto in gamba possa essere e quanto coinvolto
sia.
Sicuramente è
facilmente gestibile solo che devo capire se farlo fuori o meno. Vorrei
evitare quante più accuse posso, dopo tutto, visto che sto per
ottenerne già una.
- Allora, si
può sapere che cosa hai in mente? - Gracchia cercando di essere
minaccioso. Mi fa sorridere e notandolo alza innervosito l’arma, me la
punta a qualche metro di distanza. Il sole brucia nonostante siamo ben
coperti, ho solo una gran voglia di acqua, di ombra e di finire questa
storia orrenda, però ci sono alcune cose che devo fare prima, quindi mi
avvicino calmo con le mani libere, lui tende la pistola gridando di
fermarmi e di eseguire gli ordini.
- Quali sono
questi ordini? - Chiedo enigmatico.
Ora sono ad un
metro da lui, è facile disarmarlo e metterlo fuori gioco. I suoi occhi
piccoli mi fissano inferociti per nascondere il timore che provano,
evidentemente il fatto che non abbia paura di lui lo mette a disagio.
Fa bene a sentirlo, perché so non avere pietà se serve.
- Torna al tuo
Paese e aspetta il prossimo incarico. - Che idiota… non sa che se anche
torno mi arresteranno e che i giochi sono finiti?
Hanno una
visione del mondo così semplice, tutti questi ingenui che giocano a
fare i criminali. E Paloma ed Alejandro per primi.
Ma la
pagheranno tutti.
- Il mio
prossimo incarico è liberarmi dei seccatori. - O per lo meno questo è
l’incarico che do io a me stesso.
Se morirai sarà
una tua scelta.
- Ho l’ordine
di tenerti sotto controllo con ogni mezzo! - Questa è l’ultima
stupidaggine che dice, con uno scatto veloce gli afferro la mano con la
pistola, mi giro dandogli la schiena, gli blocco il braccio infilandolo
sotto il mio quindi facendo la giusta pressione sul gomito minaccio di
romperglielo. Capisce da solo che deve mollare l’arma e lo fa. Io
gliela prendo ma non la uso, la tengo stretta col pugno che gli
schianto sul mento.
Se non sviene è
solo perché sarà abituato a questo genere di cose lavorando per i
Ramosa.
Non è male dopo
tutto, si è solo schierato dalla parte sbagliata, come tutti i suoi
simili!
È in ginocchio
davanti a me, io gli punto la sua stessa pistola, ho mantenuto la mia
freddezza, i riflessi sono sempre pronti, il controllo è importante in
situazioni simili, non posso permettermi il lusso di perderlo e fare
cazzate.
Lo fisso
distante, so che non ha sparato lui a mio padre, so che è solo una
marionetta, so che non va ucciso, ma lui dice una cosa ed anche se è
vinto, battuto e disarmato con le mani in alto, mi fa sapere che non
posso lasciarlo andare libero.
- Sono in
contatto con quello che sta dietro al tuo amico. Una chiamata e lo fa
fuori. - No, questo era proprio quello che non dovevi dire… non faccio
espressioni, non mi prendo il tempo per realizzare, per stupirmi, per
indignarmi. È un lampo.
Come lui fa per
prendere il telefono o qualunque aggeggio usi per comunicare, io premo
il grilletto veloce, senza pietà, senza esitare. Con ancora il mio
sangue perfettamente freddo.
Mi dispiace ma
te la sei cercata.
Hai detto
l’unica cosa che non dovevi, cercavi di eseguire la tua condanna a
morte, ti ho accontentato.
Se necessario
vi farò fuori uno ad uno, bastardi figli di puttana al servizio dei
signori della morte, fino a che non arriverò a loro e ve li spedirò
all’inferno.
Appena
abbassata l’arma ne sento un’altra puntata alla mia nuca ed una voce
dolorosamente familiare ma tremendamente seria ed irriconoscibile per
questo, pronuncia delle parole del calibro di proiettili.
- Leroy Jethro
Gibbs. Ti dichiaro in arresto. -
E vorrei solo
morire.”