CAPITOLO IV:
PER FARLA FINITA

/ In the air tonight - Nonpoint /
Quando mi giro lentamente e lo vedo davanti a me che mi punta la pistola contro il viso, mi sembra che il tempo si fermi e il cuore abbia uno di quegli stupidi tuffi.
Tutto quello che sto facendo non è solo per me e per mio padre ma anche per Tony che ora mi sta davanti con una tale aria lugubre da ferire sé stesso prima di me.
Devo controllare la mia espressione, devo dimostrarmi assolutamente freddo ed indifferente.
Non è vero che voglio solo poterlo toccare e abbracciare e dirgli di fidarsi di me che risolverò tutto. Non è vero che voglio giustificarmi almeno con lui, tranquillizzarlo, cancellare quel suo viso interrogativo pieno di speranza, cerca di trattenerla anche lui, è molto serio, quasi quanto me, però da lui trapela da dentro i suoi occhi la domanda, l’ansia… cosa sto facendo?
Oh, come vorrei dirglielo.
Lo stomaco mi si attanaglia, si attorciglia, vomiterei se l’avessi pieno ma non ricordo da quanto è che non mangio e la tensione per la vendetta mi tiene su. Per quanto?
Non dice ancora nulla, probabilmente sta soppesando tutte le possibilità del momento, il modo in cui dovrebbe arrestare il suo uomo.
Che strano… dovrebbe portarmi in prigione proprio lui… Leon possiede un’ironia senza pari, di sicuro!
È ovvio che ha capito che io e lui stiamo insieme e manda proprio Tony per prendermi. Usa ogni arma in suo possesso, del resto lo farei anche io.
Dopo aver pensato e probabilmente senza aver trovato nulla che lo soddisfacesse, l’attesa mi uccide ma finalmente si decide a fare qualcosa. È un lampo sotto questo sole caldissimo che ci fa sudare entrambi, nonostante siamo ben coperti per non bruciarci.
Prende e butta via la pistola che mi punta, così io senza pensarci faccio altrettanto, contento di non dover anche solo far finta di volerla usare contro di lui. Non lo farei mai, piuttosto mi farei uccidere da lui, però con un corpo a corpo è diverso.
Posso metterlo fuori gioco per il suo bene e sperare che non mi segua.
Non deve, non deve assolutamente cercare di capire cosa sto combinando e nemmeno aiutarmi.
Non può.
Nessuno può.
Quando a Washington Leon l’ha fatto, il risultato è stato mio padre in fin di vita in ospedale e Tony sotto costante tiro.
Dannazione, se vedessi quel bastardo che gli sta dietro potrei farlo fuori e almeno liberarlo.
Scorro con gli occhi intorno a noi ma mi interrompe quando mi impone delle spiegazioni. La sua voce è ferma ma io sento solo che è ferita profondamente e cerca di nasconderlo.
Lo assorbo, lo incido a fuoco nella mia mente, questa sua immagine seria e concentrata, tesa ed ansiosa, sarà tutto ciò che mi posso portare dietro.
Non faccio una piega e lo sforzo è immane visto che per una volta vorrei dimostrargli ciò che provo.
Non posso.
Così con una forza inumana faccio tutto ciò che mi rimane.
- Non ti devo niente. – Duro. Acido. Tagliente. Indifferente.
Credimi che se potessi lo farei… direi tutto… e ti toccherei… oh, lo farei…
Ma i suoi occhi azzurri hanno una luce di sofferenza, so che l’ho ferito ma è la sola possibilità per salvarlo.
- Come? Ho capito bene? Non mi devi nulla? – Chiede ironicamente aggressivo, anche lui fa fatica a controllarsi. Lo capisco perfettamente.
Non voglio che lo creda ma deve. Deve assolutamente, così carico di nuovo la pallottola immaginaria e sparo con le parole più oscene che mi siano mai uscite:
- O porti a termine il tuo compito o te ne vai, non ho tempo da perdere. – Odiosamente indifferente, seccato, infastidito. Non credermi. Non voglio che te ne vai, perderei tutto il tempo del mondo con te ma non rendermi questo compito ancor più infernale…
Vattene.
- Io voglio sapere perché ci sono quelle prove del tuo tradimento al nostro Paese. Voglio sapere perché non mi hai detto niente. Voglio sapere chi è che ti ha costretto a fare tutto ciò. Voglio sapere perché hai ucciso quell’uomo in quel modo. Voglio sapere perché sei tornato ad agire da solo. – Lo chiede caparbio, sempre più ferito ed infuriato allo stesso tempo. Detesta quando lo escludo così, ci siamo promessi di fidarci, di condividere, di andare avanti insieme. Non siamo tipi da matrimonio ma io con lui vivrei per sempre.
Se potessi…
Se questo non significasse ucciderlo…
Tendo tutti i muscoli del mio corpo, sarebbe facile chiedergli aiuto ora ma poi sarebbe impossibile vederlo morire davanti ai miei occhi.
Non lo sopporterei.
- Non sono cose che ti riguardano, vattene. – Concludo con disprezzo fissandolo dritto negli occhi accesi di un fuoco che riflette il suo dolore. Ci crede davvero? Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme? Non può arrivarci da solo che lo sto facendo per lui?
- Fai quello che credi ma sappi che qualunque cosa farai o dirai, non ti lascerò mai perdere. – Increspo la fronte impercettibilmente. Ha capito tutto?
Ha capito che sto cercando di salvarlo lasciandolo?
Ma è mentre me lo chiedo e cerco di capirlo, che lui mi viene contro e mi attacca, io lo schivo velocemente di riflesso ed in un istante iniziamo questa specie di lotta. Io non lo colpisco nemmeno una volta, mi limito a deviare i suoi pugni.
Tony è un rissaiolo, non combatte un corpo a corpo con criterio, non è letale in questo modo anche se di anno in anno è migliorato molto.
La sua specialità è l’agilità e la velocità. Ed il cervello. È intelligente a modo suo, non come McGee, lui è furbo, il più furbo della squadra. Sa cavarsela in ogni situazione perché ha prontezza di spirito ed ha il dono naturale di saper innervosire chiunque, anche quello coi nervi più saldi.
Spero che sia la sua furbizia a salvarlo adesso.
Starei così con te per ore a vedere tutti i tuoi miglioramenti e la disperazione che ti rende più bravo, però non posso davvero perdere tempo e voglio che tu ti metta al sicuro.
Non voglio battermi un minuto di più con te, ti amo, non dubitarne mai.
Ma non farmi così male.
Lo colpisco con un solo pugno, forte, in modo che non me ne serviranno altri. Lui per lo shock e per la forza rimane agghiacciato ed io lo atterro schiacciandolo col mio peso e forse non è una grande idea.
Lo vedo soffrire contrariato sotto di me, coi volti vicini, gli occhi fissi, i respiri addosso, i cuori impazziti e la voglia di mandare al diavolo tutta questa messinscena e baciarci.
Lo vorrei.
Lo farei.
Ma l’immagine di quella puttana che ha le foto di Tony sotto tiro mi fanno tornare in me.
Morirebbe qui, ora, subito.
Ed io rimarrei vivo.
No, non gli sopravvivrò mai, non lo farò più.
Però questo lo posso fare.
Avvicino il viso al suo, porto le labbra all’orecchio e chiudendo gli occhi immagino di baciarlo, mentre invece gli sussurro:
- Lsciati salvare. Non seguirmi. - E più di così non posso fare, davvero. Però vorrei stare ancora con lui. Vorrei, dannazione.
Questa sarà l’ultima volta che lo tocco e lo vedo oppure potrò rifarlo?
Il dubbio più atroce che possa avere mi penetra come un cancro e contorcendomi gli organi dall’interno, mi accompagna anche mentre mi rialzo contro tutto me stesso.
E lo lascio a terra con un labbro spaccato.
Andandomene non mi volto o tornerei indietro e non devo.
Andandomene sto male, però così gli permetterò di vivere. È tutto ciò in cui posso sperare. Tutta la mia forza.
Ora devo chiudere i conti con quella puttana.
Ne farò fuori uno ad uno, se necessario, finché non arriverò a lei e a quel suo fratello maledetto.
Li toglierò da questo mondo.
Dopo andrò da Tony e mi farò arrestare da lui.
E lo toccherò di nuovo come volevo fare prima, non per picchiarlo ma per assicurarmi che stia bene.


Lei è là che aspetta, sicura di sé stessa, e progetta qualcosa da farmi fare al mio Paese. Pensa che io non mi ribellerei mai, con il mio ragazzo sotto tiro e mio padre in ospedale.
Lei non sa che sono incontrollabile e che è stato proprio la sua ‘arma speciale’ a rendermi tale.
Tony era l’unica cosa che non poteva toccare.
Il fatto che non posso eliminare quello che gli sta dietro mi infastidisce parecchio, ma lui è tornato negli Stati Uniti, o per lo meno me lo auguro, quindi tornerò là solo dopo che avrò concluso tutto qua.
Se nessuno gli dà ordine e se non lo vedono fare nulla di sospetto, non gli succederà nulla.
Devo credere in questo.
Ancora non lo sanno ma per loro è la fine.
Guardo la residenza dei Ramosa da lontano, non ci riuscirei mai da là dentro, ma fuori dalla sua fortezza enorme è tutto un altro discorso.
Stringo la presa intorno al collo di uno dei suoi uomini che per caso mi aveva incontrato, stava cercando il suo compagno che ho fatto fuori prima, immagino.
Non lo voglio uccidere, se non minaccerà di dare il famoso ordine di ammazzare Tony posso anche lasciarlo in vita.
Sussurro al suo orecchio mentre lo costringo a guardare il mio stesso panorama ai limiti della città. Alle nostre spalle una confusione che viene da lontano, non mi tocca, come non mi tocca il caldo e la sete.
- Chiamala e dille che deve venire di persona con urgenza in città. E ti lascerò vivere. – Il fatto che abbia visto il suo compagno morto e che sappia che sono stato io, immagino sia un ottimo metodo per convincerlo.
Allento leggermente la presa quando sento che cerca di parlare, quindi la sua voce strozzata e senza fiato mi arriva flebile con un ‘ok’ che mi fa salire un ghigno vittorioso alle labbra.
La resa dei conti si avvicina.
Lo lascio mentre continuo a puntargli la pistola contro, chiama ed esegue esattamente i miei ordini, dopo di ché gli do un forte colpo alla nuca e lui cade a terra privo di sensi. Lo lego mettendolo in un angolo e lo disarmo, gli tolgo la trasmittente ed ogni aggeggo per comunicare e lo lascio dirigendomi alla piazza della città, un luogo caotico e pieno di persone indaffarate che non mi vedono nemmeno mentre mi posiziono nel posto più in vista.
Non ho nessun piano da ripassare, è facile. Arriva e la uccido.
Sicuramente al seguito avrà qualche uomo, ma non ha importanza. Mi interessa uccidere lei.
Sicuramente saranno almeno in due a guardarla, dovrò essere veloce e mettere fuori gioco anche loro. Se potrò eviterò di ucciderli però è probabile che chiameranno subito Alejandro o quel pezzo di merda che minaccia Tony, quindi so bene che sarò costretto, alla fine, ad uccidere anche loro.
Dopo di ché andrò all’ingresso della dannata villa, mi nasconderò nel posto più vantaggioso per me e farò fuoco su Alejandro quando arriverà in picchiata. Lo farò fuori prima che cominci a dare i suoi dannati ordini.
Una volta senza capi, i loro uomini si disperderanno.
Questo è il piano, non ha una grinza, è facile ed efficace.
Voglio solo evitare più morti che posso, dopo tutto, ma non mi interessa di evitare la prigione, dopo tutto è giusto anche quello, ho ucciso delle persone e non era una missione, non avevo mandati e autorizzazioni di alcun tipo, se non quella data da me stesso per salvare la persona che amo e vendicarmi di mio padre.
Ci starò dentro a vita, sto per fare una strage in piena città Messicana, ma conto di riuscire ad essere incarcerato nel mio Paese, conto anche nell’aiuto di Alison che ha promesso di darmi una mano come avvocato e lei è dannatamente brava.
Anche se pensavo non mi servisse, alla fine l’ho ripassato, il piano.
È comunque semplice e lineare.
Potrei farlo di nascosto, da lontano, come ho fatto anni fa per Pedro, loro padre, però non pagherei mai in questo modo ed io sono stufo che il mio non pagare le conseguenze delle mie azioni, si ripercuota su chi amo, non è giusto.
È ora di smetterla e di chiudere tutto il conto.
Lo farò così.
Quando finalmente la macchina di grande portata arriva in piazza, scendono due uomini con dei fucili e lei, Palma Ramosa. Proprio come avevo progettato.
Mi vede, le sorrido ironico, estraggo la pistola, lei è sorpresa, gli altri due si posizionano pronti ad un suo ordine.
Lei non capisce, è sicura che non sia come sembra, cioè che io sia qua per ucciderla. Non è possibile che io l'abbia chiamata per questo, vero?
Tutto si aspetta ma non ciò.
Mi piace la sua faccia stordita.
Però sto per fare la mia mossa quando da un altro angolo arriva Tony.
Che diavolo ci fa qua, dannazione?”