CAPITOLO V:
SALVEZZA

“Quanto ti trovavi nella veglia della devastazione
quando aspettavi sul bordo dell'ignoto
E con il cataclisma che pioveva giù
piangendo dentro, "salvami adesso"
eri lì impossibilmente da solo
Ti senti freddo e perso nella disperazione ?
Fai crescere la speranza
ma il fallimento è tutto quello che hai conosciuto
Ricorda tutta la tristezza e frustrazione
E lasciala andare
lasciala andare
Ed in uno squarcio di luce che
ha accecato ogni Angelo
Come se il cielo avesse esploso
i Paradisi nelle stelle
Hai sentito la solennità della grazia temprata
Cadendo nello spazio vuoto
Nessuno lì ad afferrarti tra le sua braccia
Ti senti freddo e perso nella disperazione ?
Fai crescere la speranza
Ma il fallimento è tutto ciò che conosci
Ricorda tutta la tristezza e frustrazione
E lasciala andare
Lasciala andare
Ti senti freddo e perso nella disperazione ?
Fai crescere la speranza
Ma il fallimento è tutto ciò che conosci
Ricorda tutta la tristezza e frustrazione
E lasciala andare
Lasciala andare
Lasciala andare
Lasciala andare
Lasciala andare
Ti senti freddo e perso nella disperazione ?
Fai crescere la speranza
Ma il fallimento è tutto ciò che conosci
Ricorda tutta la tristezza e frustrazione
E lasciala andare
Lasciala andare”

/Iridescent - Linkin Park/

“Appena arrivo lo individuo subito e mi faccio vedere, sono a qualche metro da lui e vedo nella stessa piazza giungere il mezzo con sopra una donna accompagnata da altri due uomini armati fino ai denti che, vedendo Gibbs, si piazzano subito in posizione per sparargli. Lei deve essere la famosa Paloma Ramosa, la sorella di Alejandro nonché figlia di Pedro Ramosa, l’assassino della famiglia di Gibbs.
Un cerchio oggi si chiuderà ma non come pensano quegli attori in piazza, a partire dal mio uomo. E sottolineo mio. Forse lui ogni tanto se lo scorda che la sua vita non è solo sua… e fa qualche cavolata tipo rischiare per salvare me o chi di turno.
Gibbs era preparato al confronto diretto con quella criminale, l’ho capito, ma è impensabile che ce la faccia a farli fuori tutti e tre prima che loro uccidano lui.
Un istante prima dell’azione di tutti e quattro, Gibbs mi vede uscire e si ferma con la pistola in pugno, si tende fino all’inverosimile e impallidisce diventando una maschera espressiva.
Il terrore nei suoi occhi e mi darei uno scappellotto da solo visto che quel terrore è lì ad oscurare la sicurezza dei suoi occhi azzurri, solo per colpa mia.
Ma non ha importanza.
Poi mi ringrazierà.
Nessuno può minacciare, manovrare, ferire ed uccidere il mio uomo.
È ora di darsi da fare.
Non aspetto un secondo oltre, mi metto più in mostra che mai, gli occhi di tutta la gente qua intorno addosso a me, Gibbs mi perfora dicendomi silenzioso di andarmene e di non fare l’idiota.
Eh no mio caro, questa volta sei tu che non devi farlo.
Tu stavi per distruggerti, io invece sto per salvarti. Sei tu fra noi quello che non deve fare cavolate!
Alzo il distintivo e lo metto ben in mostra in modo che lo vedano tutti, con l’altra invece gli punto la pistola contro.
Non capisce.
Nessuno capisce.
Poi più determinato che mai e decisamente infuriato per le scenate che si sono compiute prima di questo, grido con quanto fiato ho in gola, scandendo bene le parole in modo che mi sentano tutti.
- LEROY JETHRO GIBBS, TI DICHIARO IN ARRESTO SECONDO LA LEGGE DELLO STATO DI WASHINGTON! -
Loro sanno bene perché lo dichiaro in arresto… c’è una lunga lista fra cui possono scegliere il crimine che preferiscono… non li obbligo a sentirne uno qualunque, tanto lo sanno meglio di me perché è in arresto.
Lui sgrana gli occhi, capisce sempre meno… e sì che di solito è piuttosto sveglio.
Io sono un muro di ghiaccio nonostante il furore che provo dentro, con cui lo fisso.
Lui si sta per sgretolare, teme la reazione di quei pagliacci. Io no.
- CHE DIAVOLO CI FAI QUI!? - Ma prima che dica altro e che mi mandi all’aria il mio piano perfetto, approfitto della pistola che alza, di sicuro non contro di me ma contro quella donna che immobile cerca di capire che diavolo succeda e che debba fare. A chi sparare per prima? Oh, non preoccuparti… ti tolgo io dalla scelta!
Senza la minima esitazione prendo bene la mira e premo il grilletto, non indietreggio, non chiudo gli occhi, non cambio traiettoria.
Lo sparo è quasi assordante nella confusione che ci circonda, il silenzio cala immediato, tutti zitti, una piazza piena di persone agghiacciate, completamente catalizzate nella scena a cui hanno assistito.
Un agente federale degli Stati Uniti che arresta e spara per legittima difesa ad un criminale del proprio Paese.
E la storia finisce qua.
Lo vedo cadere dopo che la pallottola lo fa sanguinare nel petto, all’altezza del cuore, lo vedo tenersi la ferita e cercare il mio sguardo con uno atterrito e spaesato.
Non ci crede.
Non ci crede che io gli abbia sparato, che sembra lo abbia ucciso, che lo abbia arrestato, che io lo stia guardando quasi indifferente consumando una parte per la quale un giorno dovranno darmi l’Oscar.
Questa scena c’è in uno dei miei film preferiti, ma di sicuro questi inetti non avranno perso tempo a guardare un po’ di sano cinema.
Peggio per loro.
È così che io metto fine a tutta questa schifezza e salvo Gibbs.
Lui è mio, nessuno può toccarmelo.
Nessuno.
Ora me lo porto via e voi lo lascerete in pace una volta per tutte.
Al diavolo.
Mentre mi avvicino con passo sostenuto e fermo, la guardo senza il minimo rimpianto, continuo ad esibire il mio distintivo e a spiegare che quell’uomo è un criminale ricercato in tutta Washington DC e che comunque sono affari statunitensi e di non preoccuparsi che è tutto legale, mi scuso per il trambusto e la penetro con due occhi che probabilmente le stanno dicendo che per lei è finita.
Qualunque fosse il suo obiettivo cercando di ricattare Gibbs, per lei è finita.
Lo è anche per il suo caro fratellino del quale si è occupato Franks. Anche senza un dito quello è peggio di un diavolo.
Se la sono presi con la gente sbagliata.
Finalmente poi arrivo a lui, a terra, piegato a faccia in giù, il sangue esce dal suo corpo macchiando di rosso il terreno polveroso, il caldo lo fa sudare come non mai, il cappello gli è volato e si contorce nascondendosi il più possibile.
Alla fine l’ha capito, il mio piano…
Do le spalle ai tre che continuano a fissarci, immagino lo sguardo infuocato della donna mentre assiste al suo piano perfetto che sfuma, la vedo fare una telefonata e il cellulare mi vibra in tasca, stava chiamando il tirapiedi che mi aveva messo alle calcagna per farmi fuori quando avrebbe voluto. Non sa che ormai è fuori gioco e che mi sono preso il suo apparecchio. Non lo saprà mai ma ad un certo punto lo intuirà.
Come intuirà che è finita anche per Alejandro, il suo caro fratellino.
Sicuro che lei non veda il mio viso, mi concedo un piccolo sorriso fugace mentre incrocio gli occhi coi suoi, hanno un guizzo come i miei. Complicità. Non serve che ne parliamo o che gli spiego come pensavo di andare avanti.
Gli metto una mano sul collo facendo finta di prendergli i battiti e vedere se sia vivo, prendo il mio cellulare e faccio finta di chiamare in sede:
- Sto tornando, missione compiuta. Sì, ho dovuto ucciderlo. - Lo dico ben chiaro in modo che tutti sentano e lo vedo chiudere gli occhi e coprirsi il più possibile, immobile. Nemmeno con un copione studiato potevamo essere migliori.
Non interesserà a nessuno la mia reazione, ma mi piace dimostrare i miei mille talenti e faccio la faccia più lugubre che possiedo, scuro in viso me lo carico sulle spalle trasportandolo fuori dalla loro portata, facendo finta di avere il mezzo di trasporto a pochi isolati e di essere momentaneamente solo.
Mi piace immaginare cosa pensano vedendomi, in realtà non ha importanza cosa credono. Tanto ormai lui me lo porto via io…
E poterlo finalmente tenere fra le mani, sentirlo fisicamente addosso a me che mi regge il gioco, mi dà quel sollievo che mi aveva tolto sonno e fame da giorni.
Sento lentamente la vitalità di nuovo nelle vene e non importa che sia più pesante di quel che pensassi. Non importa nulla.
Adesso mi prendo io cura di te.
Giunto in un posto sicuro ed isolato, lo metto giù e lo stendo, non si sa mai, dopotutto.
Lui si lascia fare docile e quando gli carezzo la fronte asciugandogli un po’ di sangue finto che gli è finito sul viso, prendendo un respiro leggero, lo guardo aprire gli occhi e incatenarli ai miei.
Credo di avere una di quelle rare espressioni semplicemente dolci, altrettanto rare in Gibbs che ora ne sta sfoderando una.
Ma la sua ha ancora quel fondo di malinconia addosso.
È così triste… ogni tanto lo diventa mentre pensa al suo passato e a qualche segreto di cui probabilmente non mi ha ancora parlato.
So che ne ha.
Ne aveva ancora, adesso. Non mi ha voluto coinvolgere coi Ramosa a tutti i costi, disposto a morire pur di risolvere tutto da solo. So che non cambierà mai però deve anche capire che la solitudine, il pianto, la disperazione del passato sono finite, non torneranno più.
Ora deve lasciare andare tutta la sua tristezza e la frustrazione, i rimpianti e le proprie colpe.
Deve accogliere la speranza che non accadrà più perché ha una nuova vita.
A volte sembra lo capisca, poi fa cose di questo tipo e lo vedo nel suo viso segnato e stanco, mentre si sente perso, freddo, arido, schiacciato e fallito.
Non serve che me lo dica. Lui è così, io lo so.
Indugio con la mano sulla falsa ferita che gli ho procurato con il proiettile di cui siamo sempre provvisti per situazioni simili, il suo cuore sanguina per finta ma so che dentro sgorga ancora ed io non voglio.
Cerca di tenere tutto dentro, si stringe alle sue colpe, ai suoi sbagli del passato, ai rimpianti e al male che di sicuro pensa di aver commesso.
Si tiene tutta la sua tristezza.
Mi chino e senza staccare lo sguardo raddolcito dal suo dispiaciuto, colpevole e quasi sconfitto, io gli mormoro:
- Lascialo andare, tutto il tuo dramma.  Ricorda tutto il tuo passato, tutto quello che hai fatto o non fatto, tutte le colpe che sai di avere. Ricordale e lasciale andare. Vai avanti. -
Incapace di smettere di fissarmi, stringe gli occhi cercando ancora di trattenersi.
- Stai qua, steso, aspetta che là fuori tutto si plachi. Ormai è finita, non potranno più farti del male e venire a riscuotere. Ti credono morto, andranno avanti in un altro modo, non ci riguarda più. È finita, sai… lascia andare. Non vuoi continuare con me? - E non mi interessa che cosa ha fatto, perché sono riusciti a ricattarlo, con cosa lo tenevano in pugno e quanti altri segreti ha. Non mi interessa di cosa si crede ancora colpevole. Per me non sarà mai un criminale.
Mi prende la mano con la sua stringendola forte, quindi finalmente torna a respirare e tirando fuori l’aria che tratteneva, esce con essa la prima lacrima.
Sorrido leggero e mi chino sul suo viso, premo la fronte sulla sua, poi come se fossi il padre gli tiro su la testa e gli nascondo il viso nel mio collo dove è lieto di continuare il suo pianto, mentre si aggrappa con entrambe le mani ai miei vestiti, sulla schiena.
È una di quelle sensazioni che di sicuro si proveranno una volta nella vita, ma di cui non ti dimenticherai mai.
Essere l’ancora di salvezza di qualcuno che normalmente lo è per gli altri.
Oggi l’ho salvato io e questa volta per sempre. “

“Nel cercare di salvare sono io che sono stato salvato.
Non essere io a mettere la parola fine a qualcosa di terribile è una cosa che non ho mai provato e forse non proverò più, ma non lo posso dimenticare.
Quando mi ha sparato ho pensato che fosse impazzito, solo quello. Ero impossibilitato a pensare ad altro.
Poi sono caduto per il colpo ma anche se vedevo del sangue uscire dal mio petto, non provavo dolore. È stato allora, incrociando gli occhi coi suoi, che ho capito cosa stava facendo, mi è apparso limpido.
Tutto quello che stavo facendo era per lui ed invece è stato lui a fare qualcosa per me.
In quanti modi un uomo può essere salvato?
Pensavo di conoscerli tutti, poi arriva lui e non solo prende il mio posto ma mi dà una nuova lezione. Da quando i nostri ruoli si sono scambiati?
Da quando ho un tale bisogno di lui da aggrapparmi alla sua schiena, nascondere il viso nella sua pelle calda e piangere come un bambino?
Da quando?
Eppure potevo morire se non lo facevo… se non lasciavo andare via tutto e questa volta per davvero.
Quando ho rischiato di morire quella volta in cui mi sono venute in sogno mia moglie e mia figlia, quando mi hanno detto di lasciarle andare… allora l’ho fatto.
Però mi ero tenuto dentro lo stesso la colpa per ciò che avevo fatto preda del dolore e della rabbia, mi ero tenuto dentro altri fantasmi, una tristezza talmente nascosta che non pensavo ancora d’avere.
Ero sicuro di essermi liberato di tutto, di non avere più niente da tirare fuori.
Ed invece la frustrazione per non aver affrontato tutte le mie colpe lentamente mi ha divorato, ho permesso che i miei errori del passato mi portassero via il mio presente, il mio futuro, tutto ciò per cui vivevo. Ho avuto paura che tutto si ripetesse di nuovo e non ho voluto coinvolgerlo, presuntuoso ed arrogante, convinto di dover sistemare i miei casini da solo.
Degli angeli sono morti, ma ce ne sono altri sul mio cammino, non devo mandarli via o escluderli per proteggerli ma rafforzarmi con loro.
Non sono solo.
È finita.
Devo tornare in vita, ma questa volta veramente.
- Grazie… - Sussurro sulla sua pelle, lui mi stringe come un adulto.
Dopotutto non servono altre parole.”