DALL'
ALTRA PARTE
-finti
eroi-
La
grande storia di Dante, il mitico cacciatore di demoni, ormai è
leggenda, ma lui ama raccontarla a modo suo e tutti amano ricordare
solo le gesta degli eroi.
Non
vi andrebbe di sentire la stessa storia ma “dall’altra parte“?
La
parte di un mezzo demone che è stato finto eroe per cinque minuti ma
che facendolo ha salvato la cosa più preziosa del mondo.
Perché
voi non capite, non capite che io ho fatto tutto questo per i miei
scopi e non ne sono assolutamente pentito, anelo ancora quel potere che
mi darà il controllo sui demoni, anelo ancora diventare il più forte
per donare la libertà a coloro che sono sicuramente più degni degli
esseri umani di calpestare la terra. Ma avere un buon nemico è
importante quanto avere un alleato.
Anzi
di più, perché un alleato ti tradisce sicuramente ma un nemico no.
Vuole
sconfiggerti e ucciderti e su quello puoi sempre contare.
O
almeno così pensavo prima.
Io
sono Virgil mi avrete sicuramente sentito nominare da Dante, mio
fratello, gemello per l‘esattezza.
State
bene attenti perché ora vi racconterò il nostro più incredibile
scontro.
Dopo
aver combattuto assieme per sconfiggere un nemico che aveva osato porsi
sulla nostra strada, mi sono ritrovato di nuovo ad essere in
competizione con lui per prendere la spada di nostro padre e l’amuleto
gemello al mio che Dante conservava gelosamente. L’amuleto che,
combinato alla spada, mi avrebbe assicurato un potere enorme, il potere
di controllare tutti i demoni usciti dal portale infernale. Il potere
di plasmare il mondo e guidare nel modo giusto la libertà acquisita dai
miei fratelli demoni. Perché loro erano gli unici fratelli che
riconoscevo, non certo quest’essere che stava dritto davanti a me, la
bocca stretta in una linea sprezzante e gli occhi gelidi.
In
quel momento sentii un risentimento che somigliava in modo assurdo
all’odio.
Il
mio buonissimo e irreprensibile fratello, l’eroe, colui che aveva
tradito la sua razza, colui che combatteva per difendere gli esseri
umani, .
Esseri
umani.
Bah.
Per
poco non sputai per terra, mi trattenni perché ero un mezzo demone con
una certa classe, dopotutto.
Poi
il movimento fu più veloce del pensiero e ci tuffammo entrambi in un
varco nel sotto suolo; con maestria riuscii a prendere la spada ma
l’amuleto di Dante rimaneva al sicuro, allacciato attorno al suo collo.
Lo guardai con rabbia e in quel momento seppi già cosa sarebbe
successo. Volevo quel medaglione e con le buone o con le cattive
l’avrei avuto. Gli concessi un ultima opportunità per evitare quello
scontro in cui, lo sapevamo entrambi, avrebbe perso. Con voce glaciale
dissi un’unica parola: “Dammelo” e lui con l’atteggiamento irritante
che l’aveva sempre contraddistinto mi disse di accontentarmi di quello
che nostro padre aveva dato a me.
A
quel punto non ci vidi più.
Come
poteva quel traditore che mi rifiutavo di considerare mio fratello,
negarmi qualcosa? Con tutta la rabbia che averlo li, davanti a me, mi
risvegliava e tutto l’odio che possedevo mi lanciai verso di lui; ma
con una velocità fuori dai suoi canoni Dante sguainò la sua spada ed
entrambi parammo i fendenti a mani nude.
Concentrai
tutta la mia forza per contrastarlo e ce ne voleva molta, così non
sentii esattamente cosa stesse dicendo; la mia mente era troppo
concentrata sulla fatica che mantenere la posizione richiedeva e
sull’odio che sentivo crescere a dismisura in me, odio per lui, per
quello che lui rappresentava e per quello che stava blaterando.
Qualcosa
a proposito delle nostre anime.
Non
volli ascoltare altro.
Mollammo
simultaneamente la presa mentre la rabbia e l‘odio si nutrivano delle
sue parole insulse, eravamo demoni, a cosa diamine ci serviva l’anima?
L’anima era per gli esseri umani, per i deboli, esisteva solo il
potere, e coloro che erano troppo deboli per prenderlo *. E lui come
faceva a stare li, davanti a me, vedendo cosa ero diventato e le azioni
che stavo perpetrando a parlare di anima? Credeva sul serio a quello
che diceva? Ma uno sguardo ai suoi occhi onesti e appassionati mi
confermò la sincerità di quello che stava dicendo.
Si,
ci credeva.
E
mentre il mio cuore si stava appesantendo nel dubbio che i suoi occhi,
sicuramente più delle sue insulse parole, avevano instillato in me,
sentii la sua domanda forte e chiara: “che cosa faresti con il mio
medaglione?” la risposta che gli diedi non sembrava nemmeno mia e non
soddisfece né me né mio fratello: “ho bisogno di più potere” ero
confuso, il suo viso che in passato avevo quasi amato, nel segreto
della mia camera al sicuro da leggende e profezie che ci volevano
avversarsi, ora mi aveva spalancato davanti dubbi che non erano miei, i
miei propositi erano nobili dopotutto, il potere era solo un mezzo per
realizzarli ma adesso sembrava che importasse solo quello.
Volevo
solo liberare i miei compagni demoni, certo avrei ucciso una quantità
pazzesca di esseri umani nel farlo ma non mi importava molto, in fondo
ero un mezzo demone non un mezzo uomo, la differenza era sottile ma io
la sentivo pesare dentro di me come un masso.
Ormai
non potevo tornare indietro.
Tra
la miriade di pensieri che mi affollavano la mente in quel momento
sentii nuovamente le parole di mio fratello colpirmi come una spada
affilata e penetrare in me facendo un male che non avrei mai
immaginato: “e pensare che siamo gemelli” non riuscii a rispondere se
non con un amaro:“gemelli gia.”
Poi
non ci furono più parole ma solo il clangore delle spade e il rumore
assordante delle armi che usavamo per combattere, un
combattimento senza precedenti, mai avrei immaginato che mio
fratello potesse essere diventato così forte. E in quel momento mi resi
conto che anche Dante combatteva per qualcosa, una causa forse più
giusta della mia ma chi mai avrebbe potuto davvero giudicarmi? Non
certo lui che ora mi guardava infuriato, stava combattendo per
difendere ciò in cui credeva ma quello in cui lui credeva
prevedeva la mia sconfitta e forse perfino la mia morte, la morte di
tutto ciò per cui avevo sempre lottato. La libertà. Libertà per i miei
simili, libertà per i demoni in catene che vivevano come schiavi sotto
un padrone indegno e io non potevo accettare all’epoca che lui non lo
capisse. Io ero nel giusto e lui avrebbe dovuto saperlo dannazione,
capirlo e darmi quel maledetto medaglione. Era un mezzo demone anche
lui dopotutto! Man mano che il combattimento procedeva la forza di
Dante aumentava mentre la mia diminuiva, facevo fatica a contrastare le
sue armi impure finche non caddi in ginocchio sotto i suoi colpi.
E
lui non mi colpì. Quanto sono stupide le persone oneste! Si limitò a
provocarmi perché mi alzassi da terra e quando lo feci con estrema
fatica lanciandomi all‘attacco, feci uno stupido errore da
principianti, alzai la spada per un secondo scoprendo il fianco, solo
un secondo in cui la mia guardia non era centrata come avrebbe dovuto
essere ma a Dante bastò e con una rapidità incredibile mi colpi proprio
lì, come se non stesse aspettando altro che un mio errore e avesse
calcolato con precisione incredibile quando lo avrei compiuto.
Mi
fermai barcollando sentendo il sangue che scivolava via da me sempre
più velocemente, e in quel momento realizzai che mio fratello aveva
mirato davvero bene. Non ce l’avrei fatta ad uscire da quel mondo
infernale vivo.
Conficcai
la spada per terra e il mio ciondolo le cadde affianco, era come se
stessi vivendo quell’attimo al rallentatore, ero stato sconfitto da mio
fratello ma tutto quello che la mia mente mi comunicava in quel momento
era il ricordo della voce umana di mia madre che affidava a me e a
Dante gli amuleti facendoci gli auguri, con quella voce cristallina,
così umana e dolce come quella di nessun’demone potrà mai essere.
Così
simile alla voce di Dante.
Allora
capii.
Capii
che non potevo perderlo e capii cosa dovevo fare.
Presi
il ciondolo stringendolo a me e dissi con voce ancora sicura nonostante
la ferita piuttosto importante: “vai il portale si sta’
chiudendo” ma lui ovviamente non volle, mi urlò di venire con
lui ma con un sorriso sprezzante che stava a testimoniare per
l’ennesima volta quanto le persone oneste siano stupide, gli dissi che
lo avrei rallentato e basta, che sarei rimasto qui nella terra di
nostro padre.
Sapevo
che non lo avrebbe mai accettato, che avrebbe fatto di tutto per
salvarmi ma non potevo permetterlo. Non potevo permettere che si
perdesse anche lui, non potevo permettermi di perdere il mio
antagonista assoluto, l’unico degno di contrastarmi. Io in qualche modo
me la sarei cavata, lui non aveva nemmeno mezza possibilità in quella
terra demoniaca dove era considerato un traditore da tutti. Mi
avvicinai al burrone e Dante corse verso di me con una scintilla che
assomigliava alla disperazione negli occhi, perché fratello? Volevi
salvarmi? Davvero?
Non
sapevi che ormai era troppo tardi? Che io non sarò mai più salvo?
La
stupida testardaggine degli eroi che non capiscono quando lasciar
perdere, non capiscono quanto le persone malvagie in realtà non
vogliano essere salvate e quando una scintilla si accende in loro ormai
è tardi.
Per
tutto.
Così
io, finto eroe per cinque minuti, gli puntai la mia Katana al collo per
impedirgli qualunque movimento e facendo un passo indietro mi lasciai
cadere di sotto.
La
mente finalmente taceva, la confusione si era placata ed ero rilassato,
in pace. Negli occhi solo il suo viso che ora si apriva apertamente
alla disperazione e forse, paradossalmente, era proprio questo a
procurarmi tutta questa pace.
Avevo
fatto la cosa giusta. Il suo viso non si era spento con me dopotutto.
Lui
cercò di prendermi ma gli procurai un taglio alla mano impedendogli di
afferrarmi e mi lasciai cadere.
Solo
una lacrima brillò nell'oscurità a testimonianza di quanto era appena
successo, a testimonianza del mio essere finto eroe solo per non
perdere il mio migliore nemico.
Il
buio mi avvolse ma una luce si spandeva sempre più forte dentro di me,
luce calda e avvolgente del colore azzurro che possedevano gli occhi di
Dante, lo stesso azzurro che mi aveva portato alla rovina.
Ma
al calore di quella luce, al calore dei suoi occhi, il ghiaccio che
avevo dentro si sciolse lentamente, come neve al sole. Niente ormai mi
procurava più dolore.
Mi
spensi nel buio delle tenebre e mi riaccesi in una nuova forza.
Questa
è la mia storia, la storia “dall’altra parte”, la storia che nessuno
potrà mai raccontare perché vive solamente nei miei ricordi e nelle mie
sensazioni.
Credo
nel mio obbiettivo, credo di stare facendo la cosa giusta e non mi
importa quanti moriranno nel frattempo, non mi importa dei sacrifici
che dovrò compiere, il sangue è solo un offerta fatta all’inferno che
mi permetterà di diventare più forte.
Più
forte di lui.
Però
ora ho capito, ho capito che il nostro essere fratelli non significa
necessariamente combattere assieme per lo stesso obbiettivo ma
combattere con tutta la nostra forza per qualcosa in cui crediamo,
anche se opposta.
Ho
capito che non è l’odio a spingerci a lottare l’uno contro l’altro ma
la forza dei nostri ideali contrastanti.
Non
è odio dopotutto.
E
io non permetterò mai che nessun altro si ponga sulla sua strada, se
deve morire, se Dante deve morire per mano di qualcuno sarà solo per
mano mia.
Nessun’
altro lo toccherà mai.
Lui
è il mio preziosissimo e unico nemico.
Mio
fratello.
*Da
Harry Potter, la pronuncia Voldemort per la precisione.