Portami Lontano
CAPITOLO 2:
VOLANDO
/Pensieri. Pensieri. Molte riflessioni
che mi pesano sulle spalle portandomi a stare ancorato
quaggiù. Ho bisogno di andarmene un
po’… di volare. Ed è così
che spicco il volo e mi libero. Il Grifone./
Uno
stallo insomma. Era un maledetto stallo e Harry Potter, per natura, non
li sopportava, lui doveva fare qualcosa, di estremamente stupido
magari, ma pur sempre qualcosa.
Ron gli rivolse un occhiata sconcertata, era seduto da un ora nella
poltrona davanti al caminetto della stanza comune, fissando il fuoco
come se si aspettasse da un momento all’altro di vederci
spuntare la faccia di qualcuno… con
quell’espressione corrucciata poi, gli occhi verdi erano cupi
e il corpo teso, irrequieto. Era strano. Non era per Sirius, ne era
sicuro, non capiva bene i sentimenti come Hermione ma conosceva Harry.
E quando Harry pensava a Sirius aveva un’espressione seria,
triste, rabbiosa, diventava quasi pericoloso stargli vicino, mentre
adesso sembrava solo nervoso per qualcosa.
“ma
si può sapere cos’hai?”
sbottò infine, stufo marcio di vederlo in quello stato,
chiuso in quel suo ostinato mutismo, “niente”
rispose il moro stizzito, si odiava per questo, avrebbe voluto andare
da Malfoy e sbattergli in faccia la sua stupidità, il suo
egoismo, per non parlare poi dell’egocentrismo e del
narcisismo… oh Harry non era bravo in latino ma era sicuro
che quel ‘ismo’ alla fine di ogni parola non
significasse nulla di buono…qualcosa di estremamente stupido
forse. Ne era certo.
Si
alzò in piedi sbuffando, odiava farsi condizionare
così da quell’esserino e giurò a se
stesso che non ci sarebbe riuscito, punto e basta. Doveva fare qualcosa
per tenersi occupato e visto che lui non era così
stacanovista da mettersi a studiare come un folle come una certa
persona, si risolse a uscire afferrando al volo la sua scopa e
scomparendo per i corridoi, lasciando solo un perplesso Ron che corse
subito in biblioteca da Hermione per raccontargli tutto ed essere
rassicurato sulle condizioni mentali del suo amico.
Intanto
Harry volava.
Sfrecciava
nel campo di Quiddich con un sorriso spensierato in volto, finalmente
rilassato dopo giorni di riflessioni strenue su Malfoy. Sentiva il
vento che si insinuava fra i capelli spettinandoglieli ancora di
più, sferzava il viso arrossandoglielo e si infilava sotto i
vestiti, come dita gelide di un gigante invisibile, non sentiva
più il corpo e le mani ma era quello che voleva, quello che
cercava per non pensare, finalmente la mente era calma, contemplava e
basta.
Contemplava
lo spettacolo della neve che ancora intatta scintillava sotto i raggi
di un sole timido, piccoli cristalli si appiccicavano ai capelli e ai
vestiti ogni qualvolta volava troppo basso per sfiorarla, ma era
esaltante, quasi una sfida, più lui era veloce meno la neve
sarebbe riuscito ad afferrarlo. Volare così vicino a lei
eppure non farsi toccare, precipitare in picchiata verso il suo manto
candido e fermarsi a un millimetro dal suolo, sterzando bruscamente e
avvitandosi per evitare l’impatto, giocava col vento, con la
neve, con la gravità stessa, un abilità quasi
sovrumana per un ragazzo così giovane, eppure al suo talento
naturale aveva aggiunto mesi di allenamento quell’estate, per
sopravvivere dai Dursley e non pensare a Sirius. Gli scappò
una smorfia mentre continuava a eseguire manovre da capogiro,
cos’avrebbe pensato il suo padrino di questa sua indecisione?
Sicuramente lui sarebbe andato dalla persona desiderata e
gliel’avrebbe detto senza mezzi termini, usando quel fascino
e quell’arroganza che aveva visto nel pensatoio di Piton, in
ogni caso avrebbe combattuto per la persona che amava.
Combattere…
Lo
faceva di continuo lui. Con tutti i pensieri di morte e vendetta che
gli attraversavano la mente, prima cercava di scacciarli, chiudendosi e
ripetendosi che non avrebbe mai potuto comportarsi così, che
non aveva senso, che non era il modo… ma adesso li
combatteva in modo diverso, adesso lasciava che scivolassero su di lui
accogliendoli e osservandoli con distacco e questi se ne andavano da
soli, inosservati. Non sempre affrontare di petto le situazioni era la
cosa migliore, questo lo aveva imparato a sue spese, ma spesso nemmeno
rifletterci troppo lo era. E anche questo lo aveva imparato a sue spese.
Si
fermò ansante sedendosi sulle gradinate e appoggiando la
testa all’indietro, sui sedili, lasciò che il
fiato scivolasse via dalle labbra semi aperte e che gli occhi socchiusi
trattenessero il bagliore accecante della neve, il corpo piacevolmente
stanco e insensibile, quella sensazione magnifica che si prova dopo una
corsa a perdifiato o dopo una partita giocata duramente, come se tutto
il sangue circolasse più velocemente e l’ossigeno
nel suo corpo fosse raddoppiato, come se non avesse più
pensieri al mondo perché il vento glieli aveva
strappati…
Sorrise.
Avrebbe
fatto esattamente questo.
Si
sarebbe lasciato strappare via i pensieri e tutte riflessioni
filosofiche su Malfoy e avrebbe preso tutto quello che sarebbe nato
senza porsi domande.
Anche
questo era combattere, a modo suo lo era.
Fu
facile, per Draco, individuare la sua preda.
Ma
era vero considerarsi tale? Ovvero predatore?
Giusto,
no?
Una
volta da lui cosa avrebbe fatto?
Domande,
domande…troppe domande. Lui non se le faceva, non
più.
Aveva
capito la fonte del suo nutrimento, cosa doveva mangiare per star bene,
per tornare se stesso…la sua droga era la luce, non le
tenebre. E il cammino del padre che non sarebbe stato più il
suo.
Questa
sensazione chiara ormai vigeva.
Non
aveva più pensieri per il padre ad Azkaban o per il pericolo
che correva lui stesso in quanto unigenito di Lucius Malfoy.
Non
aveva più il disgusto di dover stare in mezzo a gente inetta
non alla sua altezza, dal suo punto di vista.
Non
si infastidiva più al ricordo fisso della sensazione di
entrare fisicamente e mentalmente in Harry Potter.
Semplicemente
quel ragazzo aveva la fonte del suo benessere….e di natura
ogni essere vivente è spinto a stare con quanto lo fa
sollevare.
Pensava
fosse solo quello.
Una
droga perché quel tipo aveva qualcosa che a lui mancava ma
di cui aveva bisogno, che invece avrebbe DOVUTO avere.
Sentendolo
nel campo da Quiddich prese la sua scopa ultimo modello e lo raggiunse.
Fu come un soffio di vento che non riuscì ad assaporare a
fondo. Ormai nulla più assaporava come doveva.
Si
perdeva molte cose per rimanere concentrato su se stesso.
Draco,
tuttavia fece un notevole sforzo per rimanere silenzioso e in se quando
lo vide seduto, o meglio abbandonato, nelle gradinate dello stadio
spazioso e vuoto.
Aveva
sudato e si era stancato, ora le gocce di sudore gli colavano ai lati
del volto appiccicandogli alla fronte un po’ di ciocche
scure, gli occhi chiusi e il capo all’indietro.
Sembrava
star bene, lui.
Non
aveva avuto problemi da quella sera.
Era
più insensibile di quanto sembrasse, forse. Lo sapeva.
Sapeva che la vera natura di Potter era quella, ma ancora non era
riuscita a smascherarlo.
Semplicemente,
però, ora la priorità l’aveva
qualcos’altro di ancor più egoistico.
Silenzioso
atterrò a qualche metro da lui senza alzare vento
più di quanto già non ci fosse a scuotere un
po’ i capelli di entrambi.
Ora
l’avrebbe messo ancora un po’ alla prova.
Perché
lo divertiva e gli sembrava l’unica attività non
schifosamente oscena e degradante, ai suoi occhi…occhi di un
serpente distorto che sente nuovi bisogni dopo aver assaggiato il volo
di un grifone.
Forse
non voleva più sentirsi insignificante e stupido.
Era
comunque certo che lo avesse sentito.
Non
si sedette accanto a lui, era bagnato per la neve caduta in quei giorni
ancor presente, non si sarebbe sporcato.
Rimanendo
in piedi di fronte a lui, il biondo accentuò il sorriso di
quelle labbra dalla naturale increspatura velenosa. Era un sorriso di
totale snob, sornione, sicuro.
Come
la luce argentea che era tornata solo in quel momento nei suoi occhi.
Già…l’unica
attività passabile ed estremamente interessante.
Coprì
Harry con l’ombra del suo corpo ritto dalla posa elegante e
fiera.
L’altro,
quindi aprì gli occhi ma non si spostò, tanto
meno alzò.
Lo
aspettava.
Lo
capì in quel momento.
E
si infastidì per quello e anche perché non si
sarebbe mosso.
Perché
solo con lui mostrava quel lato così inaspettato
…provocante?
Non
era sempre stato così.
Forse
fraintendeva anche ora come aveva sempre fatto.
In
fin dei conti Draco Malfoy era famoso per avere una visione tutta sua
delle cose, totalmente distorta.
-
Potter!-
L’altro
rispose ma non con la stessa velenosità convinta della
voce…era più stanco. Di cosa?
-
Malfoy.-
Sembrava
in quell’attimo che tutto fosse circa tornato come prima, ma
non era così. Lo sapevano ma non se lo sarebbero
detti…tanto meno comportati di conseguenza.
-
hai saltato le lezioni, oggi…pensavamo stessi poco bene.-
Non
si smentì, Draco, rispondendo acido:
-
e da quando te ne importa qualcosa? Pensavo l’avessi preso
come un regalo…-
Sicuramente
percepì anche la stanchezza di questi continui battibecchi.
Ormai al moro non gli stavano più bene.
Ma
il serpeverde non voleva analizzarlo, non gliene importava nulla di
sapere la profondità del rivale.
Voleva
metterlo alla prova, vedere…
-
era una semplice constatazione, non devi prendere tutto come una
critica o un modo di attaccare! -
-
consiglio prezioso, Potter. Lo terrò a mente…ma
come vedi sto bene…-
-
allora come mai hai saltato?-
Non
riflettè, Harry quando fece quella domanda. Lo guardava dal
basso della sua postazione senza intenzione di alzarsi.
-
non te ne importa!-
Accattivante
e secco.
Lo
sguardo smeraldo si incupì brevemente facendosi duro anche
nella voce:
-
allora se non sei qui per far conversazione puoi andare…o
dirmi che diavolo sei venuto a fare qui!-
Si
stupì, in realtà, Draco, sentendolo parlare in
quel modo. Anche lo sfregiato era cambiato
ultimamente…anzi…in generale negli ultimi anni.
Da quando…
Non
proseguì nel pensiero. Si rese conto di star facendo
qualcosa di cui non gli era mai interessato.
E
si scocciò maggiormente lasciando crescere in se quel filo
di rabbia che l’aveva accompagnato dal giorno della tormenta
di neve.
Come
osava parlargli così?
Era
indignato…ufficialmente si diceva così. Invece
era solo stupido ed odiava esserlo.
Lo
afferrò d’istinto per il colletto della giacca
strattonandolo facendolo alzare con forza.
Ora
lo aveva davanti se in piedi ad una vicinanza notevole.
Sentivano
i loro fiati sulle labbra dell’altro, freddi per la
temperatura bassa.
-
non parlarmi così, Potter!-
Gelido
e al contempo con una furia nuova che veniva liberata.
Anche
lui era stufo.
Di
molte cose.
Di
essere Draco Malfoy, di scoprire ogni volta che stava con Harry Potter
di non aver capito un accidente, che in realtà la vita
sempre fatta gli stava stretta…che che che…troppe
cose. Tutte non gradite, che però coincidevano con un unico
volto, un’unica fonte.
E
rimanendo così vicini, il moro parlò senza
spaventarsi o abbassare il tono, non aveva la minima paura. Di nulla:
-
smettila tu, dimmi cosa vuoi, non ti ho cercato io!-
-
cercato…-
Ripetè
a denti stretti estremamente e pericolosamente infastidito
dall’essere stato scoperto.
Non
i vedeva più, voleva solo punirlo, dargli una lezione. Aveva
molti motivi per essere arrabbiato con lui, per fargli del male, per
umiliarlo e vendicarsi del periodo che passava.
Nella
sua testa aveva tutte le ragioni del mondo per fargli del male.
E
senza riflettere scelse il modo più diretto e insensato.
-
tu…non devi azzardarti…-
Premette
con rabbia le labbra sulle sue sentendo quanto fossero fredde e
indurite dal freddo…quella sera erano calde e
morbide…bocca contro bocca continuò sprezzante e
irato:
-
devi starmi lontano….lasciami in pace o sarà
peggio per te….-
Non
sapeva perché diceva quelle cose, non avevano senso. Lui
voleva la sua fonte di nutrimento che dimorava in Harry…ma
perché in lui?
Draco
era sempre stato attirato dal potere invincibile, quello delle tenebre,
come suo padre prima di se…e…uno dei maghi
più temuti di tutti i tempi.
Al
pensiero asfissiante infilò l lingua varcando la soglia dei
denti dell’altro, penetrò con violenza cercando la
sua e appena trovata, senza pietà, dolcezza o
sensualità, la lingua velenosa prese a compiere la sua danza
letale, incantatrice e quasi mortale, sulla sua vittima stordendola.
Fu
lì, fu così che un lampo illuminò la
mente di Draco accecata dalla furia e molte cose.
Capì,
così, subito.
Era
chiaro in realtà.
Interruppe
il bacio bruscamente e senza prendere fiato mantenendo uno sguardo
serpentino, molto sottile e inquietante, mormorò basso:
-
io lo so perché è
così…perché è in te la mia
fonte di benessere…in te c’è quel
potere nero che dal corpo di Tu sai chi si è trasferito in
te…c’è anche il suo
potere…non totale…ma che divide la tua anima fra
luce e tenere…tu non sei veramente buono al servizio del
bene…tu…inconsciamente…sei come
‘lui’, orribile, osceno, pericoloso,
terribile…-
Ritornò
a posare le labbra sulle sue in un bacio prepotente poco meno del
primo, più coinvolto. Poi continuò:
-
sei tutto quello che tu hai combattuto…e mi hai confuso da
sempre anche se avevo trovato…avevo visto che non eri quello
che sembravi…io avevo
ragione…smascherarti…-
Si
fece tutto un sussurro confuso che cessò con un ultimo bacio
più lungo ove le labbra finirono fuori lungo la mascella e
poi sull’orecchio a succhiargli il lobo, scendendo ancora sul
collo e mordicchiando in un continuo tormento.
Era
stato veloce, improvviso, prepotente…violento…ma
si aspettava una reazione.
Una
reazione che non avrebbe atteso.
Quello
che voleva se l’era preso.
Nella
sua mente andava tutto bene così, aveva capito. Stando con
lui aveva capito il perché a molte domande di quei
tempi…ed ora con altri quesiti, sprezzante, incomprensibile,
velenoso lo spintonò facendolo risedere sulla gradinata.
Perché non parlava?
Non
voleva saperlo, non voleva capirlo.
-
lontano-
Disgustato.
Ma
gli era
piaciuto…scoprire…sapere…averlo di
nuovo…sentire…lottando per riacquistare il suo
autocontrollo gli voltò le spalle e mostrando una
gelidità inaudita.
Aveva
compreso cose che per una vita si era chiesto…ed ora che le
sapeva…uno stato di impreparazione l’aveva colto.
Doveva
riflettere.
Ma
veramente.
Non
sapeva bene.
Non
fu assolutamente una sorpresa per Harry, al contrario di quanto potesse
pensare Draco. Si passò una mano sulle labbra, quasi
trasognato, l’aspettava eppure era rimasto sorpreso dalla
foga con cui l’aveva baciato, quasi a dimostrare che poteva
prendersi tutto quello che voleva, e che lui non aveva scampo. E ora
era li e gli voltava le spalle, ma non era veramente li, era tornato
nel suo mondo, stava pensando e sebbene questo verbo associato a Draco
fosse quantomeno strano per usare un eufemismo, ora sapeva che stava
cambiando, lentamente ma inesorabilmente. Percepiva confusione ma anche
forza di volontà, un ragazzino così, per
ribellarsi all’idea che si era sempre fatto del mondo, per
ammettere che non era questo che voleva doveva per forza essere forte
no? Ora rimaneva da scoprire se lo sarebbe stato abbastanza per andare
fino in fondo. Aveva capito molte cose di lui da quando aveva
cominciato a ‘vederlo’ realmente, ma non la
più importante forse. È vero, lui era esattamente
come Voldemort e come tutti i nemici che aveva incontrato, anche lui
era osceno e vendicativo, anche lui avrebbe voluto far soffrire tutti
quelli che adesso stavano sconvolgendo il mondo magico, ma la cosa che
li differenziava era la scelta. Lui aveva scelto
di
essere così, lui aveva scelto la strada della luce e sebbene
la tenebra spirasse in lui ogni giorno la combatteva per tornare sulla
strada che aveva cercato e cominciato a percorrere. Non erano i
pensieri la differenza, la differenza era come sceglievi di
affrontarli. E questo l’aveva capito grazie a Sirius e
Cedric. E Silente. Non aveva compreso appieno le parole che gli aveva
rivolto al secondo anno, riguardo la scelta di essere un Grifondoro, ma
adesso si, adesso che aveva combattuto e sofferto le aveva capite e in
un certo senso era anche questo che gli dava la forza di non cadere
mai.
-hai
ragione- sussurrò alla schiena di Draco - Io e Voldermort
siamo uguali - e pronunciò il suo nome con un misto di
disprezzo e odio lancinante - ma sono le scelte che abbiamo fatto che
ci rendono nemici- sapeva che lo stava ascoltando, lo percepiva, eppure
percepiva anche che la sua mente era distante, in un luogo
inaccessibile e che da quel luogo le avrebbe contemplate e ci avrebbe
riflettuto su, e a lui bastava questo, perché voleva che
capisse. -è davvero ammirevole una persona che sceglie di
essere il se stesso malvagio andando contro tutti…- e sapeva
che Draco lo aveva sempre considerato così, coraggioso
perché aveva sfidato tutto, pieno di forza, anche se oscura,
perché aveva fatto quello che desiderava, quello che molti
maghi non avevano il coraggio di fare perché troppo inetti
per vivere davvero se stessi - o sono più ammirevoli le
persone che ogni giorno combattono la proprio oscurità e
scelgono il loro destino? Chi è più libero
in
questo caso Draco?- era una domanda retorica lo sapeva bene, ma sperava
che Malfoy avesse le palle per rispondersi. E con
quell’affermazione non si riferiva certamente a se stesso,
non era lui da ammirare anche perché lui non combatteva
attivamente era sempre preda degli eventi, no, si riferiva a tutti gli
auror che ogni giorno sacrificavano la loro vita, si riferiva a Sirius
e ai suoi genitori e anche a Silente. Si riferiva all’Ordine
della Fenice. A tutti loro. Erano loro il modello a cui Harry aspirava
per diventare una persona migliore e finché avesse avuto
loro in mente non si sarebbe mai perso. Chissà se Draco lo
avrebbe capito.
Le
parole di Harry lo penetrarono come pugnali che lo graffiavano
dall’interno, gli davano fastidio. Perché aveva
sempre risposte? Fece uno sforzo sovrumano per controllarsi, questa
volta. Il respiro pesante, le labbra serrate verso il basso nella
solita smorfia di veleno, gli occhi di luna due lame di metallo. Il
freddo non lo sentiva nemmeno.
Lo
odiava più di prima.
Perché
una droga è tale quando sai che non ti fa essere te stesso,
ma non riesci a farne a meno.
La
definizione esatta è veleno che porta dipendenza.
Lui
lo odiava, Harry Potter. Per molte cose, per quelle parole che sapeva
sempre dire, per quello che era, che faceva, che sapeva.
Ma
non riusciva a farne a meno una volta assaggiato, una volta assunto.
E
non gli piaceva la sensazione di confusione…non si
riconosceva.
Non
disse nulla.
Doveva
stargli lontano, ma era un affermazione retorica anche quella.
Senza
dire altro rimanendo solo nel suo mondo pieno di buio e sibili
serpentini, salì sulla sua scopa e con grazia ed eleganza
volò via da lui.
Tuttavia
la cosa più insopportabile di tutte era che nonostante
ciò ora stava meglio.
Perché
aveva assunto la sua droga.