Portami Lontano
CAPITOLO 3:
RESISTI
E STAI
/Attratto dalla sensualità
languida ed incantatrice, ammaliato dalla danza seduttrice, si lascia
avvolgere dalle spire in un illusione reciproca./
Il
pomeriggio era passato, le lezioni finite.
L’ora
di cena era giunta tranquilla come al solito.
I
ragazzi delle varie case si stavano dirigendo in mensa occupando i
soliti posti ai 4 tavoli.
I
ragazzi serpeverde erano tornati al loro passatempo, seguire il
‘capo’ Draco Malfoy, tornato fra loro in uno di
quei pomeriggi.
Quando
era rientrato in camera, un giorno, l’avevano visto pieno di
veleno per tutti. Il serpente era tornato come sempre a mordere i
malcapitati.
E
un senso di sollievo aveva colto tutti sentendosi sicuri, in un certo
sensi. Carichi anche loro.
Il
biondo ragazzo alto camminava davanti agli altri che gli stavano a
mezzo passo più dietro. La schiena eretta, il passo
sostenuto ma elegante, l’espressione sprezzante per i poveri
mortali che gli stavano intorno, ma in fin dei conti conscio che quei
‘pezzenti’ erano il suo pane.
Draco
perfettamente ordinato senza nemmeno un capello fuori posto, fu
contento di incontrare Potter e i suoi amichetti. Sembravano rilassati,
stavano ridendo di qualcosa che quel rossino diceva.
Poveri
sciocchi.
Assolutamente
costretti a tutti quei buoni sentimenti, pieni di amicizia e gentilezze.
Cose
da deboli.
Si
fermò proprio davanti a loro in silenzio facendo in modo che
Ron Weasley gli andasse addosso senza vederlo.
Quando
si era voltato per scusarsi e aveva visto che era Malfoy una smorfia di
disgusto lo pervase.
Sentì
solo un moto di repulsione per quel contatto.
Cosa
che fu subito sostituita dall’eccitazione sadica di aver a
che fare pubblicamente con lo sfregiato.
Harry
gli si mise subito davanti per evitare un litigio col suo amico.
-
Potter…i soliti pagliacci…-
-
Malfoy…cosa vuoi?-
Sostenendo
lo sguardo e il tono di sfida.
Fra
loro era così da sempre…e a parte quel periodo
dopo la tempesta di neve, anche ora sembrava tornato tale.
Il
solo poter parlare con lui facendo capire a tutti la sua
superiorità nel disprezzare a parole il rivale, faceva
sentire Draco in alto, più di quanto non lo fosse in
realtà.
Sputò
altro veleno gratuito come suo solito ignorando totalmente tutti gli
altri che alimentavano il battibecco.
Poi
l’ora di cena li richiamò ed ognuno
andò per la sua strada con un nulla di fatto.
Dopo
quel giorno, all’aperto, dopo aver assunto la sua piccola
dose, Draco non aveva più avuto comportamenti strani.
Snobbava chiunque tagliando fuori tutti quelli che non gli leccavano i
piedi adulandolo.
Sapeva
che erano falsi, ma voleva solo degli specchi, degli zerbini, per
illudersi di essere quello che non era.
La
cena iniziò e fu simpatico notare come nessuno rideva se
prima non era lui a farlo.
Partecipava
relativamente ai discorsi privi di senso e poco intelligenti.
Lo
sentiva di nuovo.
Il
desiderio.
Il
bisogno di averlo.
La
sua dose.
Tornava
a rendersi conto di quanto stupidi e vuoti fossero i suoi compagni, le
sue giornate. Quanto privo di senso fosse ogni cosa che facesse, come
nessuno fosse alla sua altezza. Nessuno tranne uno.
La
sua droga.
La
fonte.
Assaggiata
una volta non ne puoi fare più a meno.
Ma
questa volta lo mascherava. Ancora non era al limite.
Non
si diceva un debole per dover dipendere da qualcosa, non considerava
nessuno sopra di lui, non razionalmente. Per cui non si sentiva
inferiore, anche se quel senso di insoddisfazione che dopo un
po’ gli saltava fuori, era dovuto proprio a quello, ovvero al
fatto che il suo animo stesse cambiando contro la sua
volontà dandogli bisogni diversi dal solito….e
pensieri di incompletezza.
Avrebbe
dovuto rimediare, per poter andare avanti.
Solo
un po’.
Solo
una volta.
Era
solo la tenebra che albergava in Potter ad attirarlo.
Solo
quella.
Se
lo ripeteva sempre più spesso scacciando ogni riflessione
seria e impegnativa.
Non
ne aveva tempo, modo, motivo di pensare certe cose.
Autocontrollo
e un auto bloccarsi continuo per evitare.
Cosa?
Scomodità.
Solo
uno sguardo sbieco, sottile, serpentino, metallico a colpire la schiena
della sua fonte.
Harry
non dormiva, com’era facilmente intuibile, non
perché era irritato, nervoso, ansioso o perché
sentiva bruciare la cicatrice o per il peso dei suoi ricordi, non
dormiva semplicemente perché aveva mandato Edwige da Remus
due giorni fa e la sua risposta non era ancora arrivata, era
preoccupato.
Non
tanto per Remus, sapeva che era impegnato, ma per la civetta. Non erano
sicuri i cieli di quei tempi.
Si
morsicò le labbra, c’era qualcosa che non andava,
sentiva un brivido d’inquietudine scivolargli lungo la
schiena, forse era solo la notte che prepotente scagliava su tutto la
sua maledizione oscura, sul filo del rasoio
l’umanità lottava per risvegliarsi dalla sua morsa
tenace, lui semplicemente si trovava a sperare di ritrovare la sua
mente intatta. Ogni giorno, ogni alba dopo l’anno precedente,
si scopriva a non essere del tutto sicuro della sua sanità
mentale. Beh un ragazzo che di notte invece di dormire andava su alla
guferia e rimaneva a guardare preoccupato tutti i gufi che arrivavano
non era definibile ‘normale’ no? E uno che invece
di andarsene vedendo Draco alle sue spalle si voltava quasi languido
cos’era? Pazzo senza dubbio.
E
infine eccolo.
Subdolo.
Prepotente.
Tenace.
Come
la notte.
Lo
stava aspettando, nonostante tutte le sue dichiarazioni, in un angolo
della mente era sempre stato sicuro che sarebbe tornato,
perché ormai ne aveva bisogno.
L’aveva
cercato, trovato, e infine stava li, con gli occhi grigi che sembravano
volerlo perforare, accusare della dipendenza che adesso provava per
lui, pensava di non averne bisogno e invece si ritrovava a cercarlo,
inevitabile.
Tutto
era inevitabile da questo punto in poi, forse, o forse era tutto da
scrivere e Harry agendo così stava solamente creando la sua
storia, dandosi una possibilità. Assurda come il bacio
furente che Draco gli diede, si ritrovò a battersi con la
sua lingua, cercare di arginare le sue mani che frugavano ovunque e il
suo corpo che lo schiacciava al muro, non c’era dolcezza, non
c’era delicatezza, solamente questo bisogno spasmodico che
gli cresceva nello stomaco, si rispecchiava nelle iridi di Draco e le
scopriva divorate dallo stesso identico fuoco, se non più
grande. Non voleva capire, voleva solo spegnerlo, spegnersi, stare
bene.
E
Harry si abbandonò.
Non
avrebbe potuto fare altro perché ormai sentiva
l’eccitazione scorrere nelle vene e mandare scariche
elettriche lungo il corpo, non pensava più che era
sbagliato, non riusciva più a mandarlo via, lo voleva.
Lo
spogliò del minimo indispensabile, accarezzare quella pelle
liscia era cosa da fare con calma, in un letto magari, avendo la notte
a disposizione ma Draco non voleva aspettare e , cosa non indifferente,
nemmeno lui voleva perdersi adesso.
Si
voltò e sentì le mani di Draco accarezzarlo
languido, frettoloso ma esigente, e si scoprì a chiudere le
mani a pugno, più veloce, voleva averlo adesso.
E
come se avesse sentito i pensieri di Harry o , cosa più
probabile, fosse divorato dallo stesso bisogno, Draco entrò
in lui.
Brusco,
prepotente
come la volta scorsa, ma ora Harry era preparato, ora sentiva si il
dolore salire e fargli venire quasi la nausea, ma sentiva anche ondate
di piacere sempre più forte sconquassarlo, l’aveva
tanto desiderato e adesso era li, contro un muro a boccheggiare e
gemere e sperare che andasse più forte, a sospirare di
piacere quando la mano del biondo scivolò fra il suo corpo e
il muro e la sua bocca lo cercò per un bacio che non era
furente e arrabbiato, non era una punizione ma una richiesta.
Appassionato e forte, confuso ma spietato. Non si sarebbe mai concesso
niente di più con lui finché non ci avesse
sbattuto il cuore contro, ne era sicuro. Questo diceva il bacio. E fu
con un ultimo gemito prolungato che venne assieme a Draco e lo
sentì accasciarsi contro di lui e schiacciarlo alla parete.
Aveva
preso quello che voleva da lui e per ora gli sarebbe bastato.
Per
ora.
Si
ma per quanto ancora?
Una
piccola vocina fastidiosa glielo chiedeva nella mente, ma Draco
l’aveva fatta magistralmente tacere. Era bravo a comandarsi e
credere quel che voleva! Decisamente molto bravo.
Ma
le insinuazioni erano sempre più frequenti.
Eppure
averlo, prenderselo in quel modo, soddisfarsi, entrargli
prepotentemente, senza gentilezza o sentimento, uno sfogo, un bisogno,
un desiderio. Null’altro poteva dargli la sensazione che
provava nel farlo in quel modo.
Non
con uno qualunque.
Con
lui.
Con
Harry Potter.
Era
lui che aveva quel qualcosa dentro che doveva essere suo.
Solo
quando lo penetrava e gli si avvicinava a quel modo poteva respirare,
vederlo, sfiorarlo….quell’essenza che egli
possedeva e doveva essere sua.
L’avrebbe
avuta. Senza capire cosa fosse, sarebbe stata sua in un modo o
nell’altro. Quella cosa che l’attraeva non
permettendogli di vivere normalmente come aveva sempre fatto.
Si
era svegliato in un colpo una notte di tormenta perdendo il controllo
su una situazione apparentemente voluta e facile. Aveva provato cose
inaspettate e facendosi prendere la mano ora non era più in
grado di smettere.
Perché
quel che sentiva facendo sesso con Harry non poteva provarlo in nessun
altro modo e situazione.
Questo
l’aveva capito.
In
quel ragazzo c’era qualcosa, la sua droga, e qualunque essa
fosse, l’avrebbe posseduta per sempre.
Anche
quella notte si era preso la sua dose, gli sarebbe bastata per un
po’ per star bene.
Si
scostò da lui e si ricompose, non si era spogliato del
tutto, solo l’indispensabile per averlo, scivolargli dentro.
Si
passò una mano fra i capelli biondi sistemandoli alla
meglio, una mano sulle labbra, si leccò il medio e con
sguardo ammaliante, sottile e brillante di luna notturna, si
scambiò solo quello con la sua fonte per poi andarsene senza
dire nulla, per affrontare altri giorni, ore, minuti in cui sarebbe
stato il vero Draco, lo stronzo bastardo senza sentimenti, pieno di
veleno per tutti.
Così,
dopo quella notte, ce l’avrebbe fatta per ancora un
po’.
E
non si chiese fino a quanto sarebbe potuto andare avanti in quel modo.
Faceva
tacere il più possibile scomode voci.
Gli
andava bene così.
Una
storia senza coinvolgimento sentimentale, per il puro gusto di
prendersi ciò che sarebbe dovuto essere suo da sempre ma che
ancora non lo era stato.
Un
modo per non sentire quel vuoto incolmabile che il padre, il grande
padre Malfoy, aveva sempre lasciato in lui.
Aveva
vissuto bene in quel modo fino ad allora, ma adesso non gli andava
più bene, ma si sa…se assaggi la droga poi non ne
puoi più fare a meno.
E
così era stato anche per lui.
In
realtà chi controllava chi?
Chi
dominava chi?
L’ammaliato
e l’ammaliatore?