CAPITOLO X:
MASCHERE
A CONFRONTO
Non
fece introduzioni di alcuna sorta e prima che Karl potesse reagire in
qualunque modo, Jun cominciò con pacatezza quasi saccente, dietro
quell’espressione sicura di sé era evidente la convinzione di
avere ragione, per questo il compagno decise di ascoltarlo fino in
fondo nonostante solo al guardarlo gli provocasse una certa
inquietudine che non si spiegò subito.
-
Quando io e mia madre siamo arrivati nella vita di Genzo e Mikami,
Genzo aveva cinque anni. I suoi primi anni li aveva dunque passati da
solo con un padre che semplicemente non gli aveva mai raccontato di
avere una madre. In quel lasso di tempo ci si forma la base del
carattere e lui dopo essersi convinto che non tutti avevano una
mamma, se ne è trovato una in casa che gli diceva che era lì per
lui e che potevano essere una famiglia felice. Io ero piccolo ma
ricordo che la sua reazione iniziale è stata terribile. Ha detto che
se non era abbastanza importante per essere scelto subito, ora non
voleva mamme opportuniste in mezzo. Naturalmente lui la metteva nel
linguaggio semplice e diretto di un bambino di cinque anni, però il
senso era sostanzialmente questo. Prima di riuscire a sciogliersi a
lei sono trascorsi due anni. Mia madre l’ha avuta dura ma alla fine
è riuscita a penetrare la corazza dietro cui si era nascosto perché
l’odiava sentendosi solo un ripiego e non un vero figlio. Quando
poi è morta ce l’ha avuta con lei mortalmente perché prima si
faceva amare con tanta fatica e poi lo lasciava di nuovo, proprio
quando si era abituato a vivere con lei. Il dolore che ha sopportato
Genzo noi non l’abbiamo vissuto, io ero piccolo e comunque ero
sempre stato con lei, mentre Mikami era un adulto maturo e l‘ha
passata diversamente.
Genzo
l’ha presa come una lezione importante che l’ha segnato
drasticamente.
Non
ci si può mai aprire agli altri, a nessuno, per nessuna ragione al
mondo, anche se questi sembrano le migliori persone del mondo.
È
convinto che se gli altri lo odiano e non lo ritengono degni dei loro
sentimenti, nessuno cerca di farsi amare da lui e così non lo
potranno mai ferire, perché è sicuro che prima o poi tutti lo
lasciano. La prima esperienza che ha vissuto è stata la più
terribile e l’ha segnato indelebilmente.
Questo
l’ha anche portato ad essere così assoluto sui suoi comportamenti.
Quando
ho visto che insisteva così tanto nei tuoi confronti ho pensato che
fosse un piccolo miracolo. -
Karl,
che era sinceramente turbato dal suo racconto non tanto perché non
aveva mai sentito Jun parlare tanto quanto per i fatti di cui era
venuto a conoscenza, lo interruppe cercando di dimostrarsi il più
scostante possibile:
-
Perché mi stai raccontando queste cose di lui? - Jun non fece una
piega e mantenendo una specie di mezzo sorriso sibillino, rispose
composto:
-
Perché tu ora lo stai giudicando senza conoscerlo davvero. -
-
Come fai a sapere che il mio giudizio è sbagliato? - Naturalmente
non avrebbe mollato e doveva rispondergli a tono prima di mettersi a
riflettere seriamente su ciò che gli aveva raccontato, poiché
sapeva che quando ci avrebbe pensato a dovere avrebbe ricevuto una
botta morale non indifferente.
-
Perché hai chiuso con lui ancora prima di aprirti. - Ma Jun sapeva
il fatto suo e Karl si adeguò abilmente al tono sostenuto, calmo e
distante.
-
E perché sarebbe sbagliato? Significa che ho visto in lui qualcosa
che non mi piace. -
-
Perdonami, ma non hai capito niente di Genzo. - Questa volta apparve
addirittura tagliente e Karl si dimenticò di essere il più grande
sebbene mantenesse una compostezza encomiabile.
-
Torno a chiedere: non sai cos’è che non mi piace, una persona non
può piacere a tutti. -
-
Vediamo se indovino: reputi Genzo troppo immaturo, viziato, infantile
ed egoista. Vero? -
Karl
annuì mentre lo stupore continuava a farsi strada in sé anche se
esternamente sembrava una conversazione molto contenuta e fredda.
-
Ebbene, non hai capito niente di lui. - Calò il silenzio poi
riprese: - Tu non hai mai visto il vero lato di Genzo, quella che tu
malgiudichi è solo la sua maschera. Tutti ne abbiamo una, tu sembri
freddo ma scommetto che nascondi un’enorme fragilità di cui ti
vergogni. Anche io ne ho una, sembro perfetto ma in realtà sono
pieno di difetti ben nascosti. Genzo sembra tutto ciò che abbiamo
appena detto, si vede subito che tipo sia, no? Però in realtà non è
solo quello che mostra di proposito. Ho voluto raccontarti cosa gli
ha formato il carattere perché so che non ne sai niente e prima di
decidere di chiudere con lui, dovresti avere davanti il vero Genzo. -
-
Se lui non si è mai aperto davvero a me significa che dopotutto non
gli interesso poi molto. -
-
Non l’ha mai fatto con nessuno, non solo con te. Io lo conosco
perché sono cresciuto con lui. Te l’ho spiegato, lui ha il terrore
di aprirsi e mostrarsi per quello che è, non sa nemmeno come si fa.
Sta a te se ti interessa davvero andare sotto la superficie e
scoprire che tipo sia davvero. Solo dopo potrai giudicarlo ed in caso
scartarlo, ma non prima. Tu ora stai gettando una maschera, qualcuno
che non è davvero Genzo. Se quello che ti ho raccontato desta almeno
un po’ la tua curiosità, allora prenditi la briga di scoprire il
resto. -
Karl
rimase in silenzio a cercare una risposta tagliente con cui
smontarlo, ma nella mente risuonavano solo le dichiarazioni decise di
Jun che lo fissava dritto e provocatorio. Non stava inventandosi un
modo per farli riappacificare, sapeva che non era tipo da
interessarsi a quel genere di cose. Semplicemente stava dando una
mano a suo fratello, questo significava che doveva essere stato
davvero male, lo capì in quell’istante e prima che potesse avere
una qualche reazione, il ragazzo diede il colpo di grazia:
-
Posso chiederti perché ti piace lo stesso nonostante quelli che tu
reputi suoi difetti insormontabili? - Davvero un gran colpo di
grazia. Crudele, in un certo senso, vista tutta la fatica che Karl
stava facendo per uscire dal tunnel in cui si era incastrato per
Genzo.
-
Come fai a dire che mi piace? Ho sempre affermato il contrario. -
Però ancora un po’ riusciva a rimanere aggrappato al suo muro di
ghiaccio sottile. Lo fissava quasi con disprezzo nonostante gli fosse
sempre stato a genio, gli stava buttando giù tutte le sue
solidissime convinzioni di anni come amico di Genzo ed ora che si era
arreso a quella che chiamava evidenza e che aveva sofferto per
toglierselo dalla testa, Jun arrivava e lo rivoluzionava a quel modo.
Non aveva la minima idea di che cosa gli stava facendo. Nemmeno
lontanamente.
-
E’ sempre stato l’unico di cui ti sei circondato. - Tuttavia
ascoltarlo ancora e ancora e rendersi conto che aveva dannatamente
ragione e che ogni frase era una verità affilata come una lama, era
una tortura e si chiedeva quando l’avrebbe graziato. Alla fine capì
che continuare a fingere con lui sarebbe stato inutile, era arrivato
in ogni dove nonostante tutti i suoi sforzi perfetti che avevano
sempre ingannato tutti.
-
Mi piace perché dal primo istante è stato l’unico ad arrivare
subito a me, dritto e diretto. Sotto questa mia maschera di ghiaccio,
come dici tu. - Poi, dirlo, fu una liberazione che lui stesso non
avrebbe mai pensato di sentire. Come un peso enorme che si levava
dalla profondità più bassa di sé, si sentì istantaneamente e
sorprendentemente leggero.
-
E questo non è sufficiente per abbandonarti a lui? - Al suo
silenzio, Jun capì di aver colpito precisamente nel segno, proprio
come si era imposto di fare dall‘inizio - Quello che ti urta non è
il vero Genzo. Certo di difetti ne ha, ma in lui c’è ben altro.
Dovresti davvero prenderti la briga di scoprirli, prima di odiarli. -
Dopo
di che se ne andò allo stesso modo in cui era arrivato, senza fare
il minimo rumore né sviare il turbamento che aveva innescato in
Karl.
Il
ragazzo rimase a fissare il suo posto vuoto come se ci fosse ancora e
se continuasse a parlare, in realtà stava rivivendo ogni singola
parola appena ascoltata e figurandosi un piccolo Genzo ferito nel
profondo nel modo in cui nessun bambino dovrebbe essere, andò come
in blackout.
Un
blackout dove, insieme alla confusione più totale, si sentì montare
dentro una rabbia senza precedenti.
Dopo
aver preso con dolore la decisione più difficile fra tutte, ecco che
un uragano arrivava a scombinargli ogni piano.
Per
lui stare senza piani predefiniti, ponderati e determinati con
precisione equivaleva a ritrovarsi nella giungla più selvaggia.
Allora per ritrovare il suo sacrosanto equilibrio a cui teneva più
di ogni altra cosa, avrebbe dovuto prendere la situazione di petto
una volta per tutte, nonostante avesse fatto l’impossibile per
evitarlo proprio perché si conosceva.
Riuscì
ad incrociarlo giusto prima che cominciassero le ore di club. Erano
in corridoio e Jun si fermò vedendo Genzo venirgli incontro con il
borsone di boxe.
Notando
che l’aspettava capì subito che doveva dirgli qualcosa, così si
fermò e facendogli cenno col capo chiese silenziosamente cosa
avesse, ma il sorriso del fratello minore lo lasciò perplesso.
Sembrava aver appena trovato una risposta importante e che la stesse
elaborando proprio in quel momento.
Non
aveva certo la presunzione di capirlo sempre, Genzo, ma gli seccava
non sapere cosa gli girasse per la mente se il protagonista ne era
lui. E che lo fosse non aveva dubbi visto come lo squadrava da capo a
piedi.
-
Come è andata con Aoba? - Chiese sapendo che non era certo quello
ciò che voleva dirgli. Jun si strinse appena nelle spalle piegando
la testa con un’espressione mutata nell’immediato da
indecifrabile a rassegnata.
-
Meglio di quel che pensassi. - Invece di approfondire la questione
tornò a quel che pensava prima che lo preferiva di gran lunga,
infatti riprendendo quel sorrisetto sornione mosse qualche passo
superandolo, poi si girò con Genzo che faceva altrettanto stranito
da quello strano comportamento, infine gli disse criptico:
-
Non è ancora finita. - Un’affermazione sibillina ed
incomprensibile.
-
Con Aoba? - Chiese l’altro sapendo che non era di lei che parlava,
non con quell’espressione stranissima.
Jun
infatti scosse la testa deciso ma non gli spiegò a chi si riferiva e
senza aggiungere altro se ne andò verso l’aula di musica lasciando
un perplesso Genzo imprecare a denti stretti contro il fratello.
“Quello
è uno yakuza, altro che angelo! Trama nell’ombra i suoi crimini
efferati apparendo un principe nobile e buono e non scuce mezza
parola che sia mezza se si tratta di rivelare i suoi piani sinistri!
Dannato fratello!”
Ma
naturalmente non era un’imprecazione seria verso di lui, anche se
pensava davvero che somigliasse più ad uno yakuza che ad un ragazzo
come gli altri!
Alla
fine borbottando fra sé e sé contrariato dal fatto di essere
lasciato fuori da qualcosa che invece guarda caso voleva sapere,
giunse nella palestra e ritardatario come al solito trovò quasi
tutti i suoi compagni già arrivati.
Non
calcolò con un solo sguardo anima viva e si diresse agli spogliatoi
per cambiarsi, poi una volta pronto tornò dagli altri ancora
dimenticandosi l’uso della parola e delle buone maniere, infatti
non salutò.
-
Genzo, benarrivato! - Il tono del mister quell’oggi era
profondamente ironico e solo lui sapeva a cosa doveva l’onore di
tanta espressività. Rendendosi conto dell’anormalità del saluto,
Genzo spostò la sua preziosa attenzione su Roberto e lo vide quasi
ghignante. Quasi.
Con
sorpresa per niente trattenuta, il giovane chiese sfacciato come suo
solito:
-
A cosa devo l’onore della sua ironia? -
I
pochi lì accanto che sentirono guardarono il campione di boxe come
se fosse impazzito una volta di più: arrivava tardi e se il mister
era ironico sulla sua puntualità osava chiedere come mai? Ma Roberto
parve divertirsi ulteriormente, come se avesse in mente la punizione
perfetta.
-
Oggi hai un partner d’eccezione! - Genzo alzò un sopracciglio
scettico, chi mai poteva essere in grado di stimolare una reazione
simile alla sfinge dell’istituto? Qualunque cosa lo circondasse
Roberto non mostrava mai inclinazioni particolari. Quel giorno
sembrava di ottimo umore e si chiese se fosse merito di Tsubasa, ma
proprio mentre lo stava cercando con lo sguardo per capire se era
così, il coach rispose indicandogli qualcuno già posizionato sul
ring che si scaldava:
-
Schneider ha chiesto di fare una prova di boxe oggi. Scaldati
velocemente e divertitevi! -
Ora.
Il discorso era molto più complesso di quanto non apparisse e per
svariati motivi.
Per
una persona normale esterna alla faccenda che si ritrovava davanti un
campione di judo che voleva sfidare un suo risaputo amico campione di
boxe la cosa poteva effettivamente apparire divertente, ma per chi
sapeva perfettamente i retroscena, ovvero che i suddetti campioni di
diverse discipline erano in tremenda rotta, una situazione simile non
poteva che essere pericolosa e strana. Sicuramente non da prendere
così alla leggera.
Genzo
però non aveva idea che il mister sapeva e di conseguenza la prese
come la reazione di uno che non aveva alba dei loro nuovi trascorsi.
Con
una certa sorpresa evidente rimase inebetito a fissare il compagno
dai capelli biondi che faceva stretching in pantaloncini corti neri e
canottiera bianca per stare più comodo e leggero.
Inghiottì
a vuoto.
Se
voleva torturarlo era davvero sadico, peccato che Karl non lo fosse
quindi non poteva che chiedersi come mai quel cambio repentino
d’atteggiamento.
Spaesato
iniziò un riscaldamento veloce con la corda ed uno stretching
veloce, dopo salì non sapendo proprio come prendere quel contropiede
insolito.
“Bè,
non sarà mica peggio di quel che ho passato fin’ora!”
Si
disse piantandosi addosso la sua bella maschera da sbruffone per
superare la difficoltà nel salire sul ring e guardarlo dopo la loro
rottura.
Era
la prima volta che l’aveva davanti ed era stato lieto che Karl
l’avesse evitato come la peste, ora però era assurdo ritrovarselo
davanti proprio come partner. Non aveva proprio senso.
Solo
mentre passava fra le corde si ricordò la frase di suo fratello di
soli pochi minuti prima, quando gli aveva detto un misterioso ‘non
è ancora finita’ e realizzando che doveva essersi riferito proprio
a lui, gli venne un colpo di tosse isterico.
“Non
dirmi che si è intromesso e che gli ha parlato! No, perché è
ancora più pazzesco di Karl che vuole affrontarmi a boxe! Ma dico,
cosa è successo al mondo oggi? Tsubasa che si mette a gareggiare con
quelli più grandi, Jun che parla con Karl e Dio solo sa cosa cazzo
gli ha detto, Karl che dopo avermi evitato come la morte per tutto il
giorno mi cerca per uno scontro diretto sul ring! E poi cosa? Sono
giovane, tutte queste sorprese mi faranno crepare prima del tempo!”
Facendosi
forza si decise a scrutarlo domando a stento l’istinto di scendere
e andarsene di filato. No, non voleva scappare, solo evitare di
guardarlo da così vicino dopo quanto si era dannato prima di
ammettere che non c’era verso di conquistarlo.
Quando
i loro sguardi finalmente si incrociarono dopo due giorni che non lo
facevano, fu effettivamente come se tutto andasse in accelerando. I
rumori esterni e le voci un frastuono allucinante, la luce normale
divenne quasi accecante, per non parlare delle sensazioni fisiche: un
caldo pazzesco, i battiti galoppanti, il fiato affannato come avesse
fatto dieci incontri di pugilato.
“Parla,
rammollito! Se non lo fai ora è finita! Farai la parte
dell’imbecille che ci tiene a lui e che è stato male come un
idiota dietro uno che non lo cagava! Parla, dì qualcosa di stronzo,
fagli capire che non te ne è importato un cazzo del suo ennesimo
rifiuto, che per te è tutto come sempre.
Parla!”
Così,
con l’universo impazzito in sé, agganciò i suoi occhi azzurri e
prima di registrare una qualunque vaga e minima cosa, sparò senza
rifletterci nemmeno:
-
A cosa devo questo onore, sua altezza? - Velenoso e sferzante e per
di più con un gran sorriso strafottente. Perfetto, si disse, ora
andava meglio!
I
pochi che lì intorno sapevano i retroscena stettero attenti, leggasi
Roberto e Kojiro, mentre gli altri osservavano solo per pura
curiosità: da due giorni giravano separati e non era normale.
Oltretutto un loro scontro diretto sul ring era in ogni caso un
evento.
Dopo
che ebbe fatto la sua sparata, Genzo si sentì più a suo agio così
poté notare quella curiosa sfumatura insolita nello sguardo
normalmente freddo di Karl.
Una
sfumatura non certo gelida ma… ma come poteva dire?
Furiosa?
Genzo
si guardò bene dall’esitare proprio in quel momento, ma fece
fatica a non ricadere in un altro attacco di tosse isterica.
Quello
non era Karl!
“Che
diavolo gli ha detto, Jun, per ridurlo in questo stato? Nemmeno io in
tutto questo tempo ci sono riuscito! Gliene ho fatte di tutti i
colori ma è sempre rimasto freddo come la cima del monte Fuji!”
Eppure
non ci sarebbe mai arrivato.
-
Avevo un paio da ritornartene! - Disse finalmente Karl scoprendosi
solo parzialmente. Non che fosse molto chiaro, ma per Genzo che lo
conosceva fu abbastanza e decidendo che a quel punto avrebbero potuto
risolverla effettivamente solo in quel modo, lo accontentò senza
chiedergli altro.
-
Bene! - Fece ghignando acceso di quel suo sadismo tipico che lo
rendeva estremamente sexy. - Allora diamoci da fare perché anche io
ne ho un paio arretrate! - Enigmatici quanto bastava per farsi capire
solo da Roberto e Kojiro, nonché da loro stessi.
I
lineamenti levigati di Karl si indurirono ulteriormente e gli occhi
azzurri divennero due lame sottili ma non di ghiaccio, erano quasi di
fuoco.
Genzo
avrebbe perso tempo a stupirsene se non avesse avuto una nottata
allucinante alle spalle per colpa sua.
Ora
la causa delle sue sofferenze vergognose era lì e voleva una qualche
vendetta per qualcosa che secondo lui gli aveva fatto. Bene. Meglio
così. Almeno non doveva tirare fuori lui una scusa per distruggerlo
di botte e ritornargli quella sofferenza cieca subita in quelle ore
che erano parse infinite.
Cosa
pensava, che non era stato male per quell’ennesimo rifiuto? Che
accettare il fatto di non essere ricambiato e considerare l’idea di
essersi sbagliato sul suo conto fosse stato facile?
Pensava
che se la fosse passata alla grande?
Ed
ora veniva lì arrabbiato con lui per chissà cosa e voleva dargli
una lezione?
-
Comincia pure quando vuoi, io sono avvantaggiato, questo è il mio
campo. - Disse non certo per riguardo ma per umiliarlo.
Non
poteva dire di odiarlo ma il dolore che gli aveva fatto patire e
quello che provava in quello stesso momento nel stargli davanti e nel
guardarlo da così vicino, non poteva immaginarlo e non era giusto
che la passasse liscia solo perché era orgoglioso e non voleva
fargli sapere com’era stato in realtà.
Karl
non parve prenderla in alcun modo particolare, ma quando cominciò a
muoversi sui piedi ci mise un lampo poi a colpirlo subito con un
pugno, senza perdere un minuto in convenevoli.
Non
sarebbe stato comunque da lui, però principalmente non ne poteva
più. Dopo essersi trattenuto in tutti i modi, ora che era lì per
tirare fuori tutto quello che aveva dentro ne sentiva un bisogno
inimmaginabile.
Tolta
la sicura, la superficie del fiume ghiacciato si ruppe e la corrente
cominciò a fluire potente. A breve sarebbe uscita fuori dagli argini
ed allora sarebbero potuti essere solo guai.
Genzo
incassò il colpo passandosi l’avambraccio sul mento con fare di
natura accattivante, naturalmente coi caschetti ed i paradenti non
erano particolarmente dolorosi i colpi che subivano, ma li sentivano
ugualmente.
Lanciandogli
uno sguardo di scherno, disse provocatorio cercando di essere più
chiaro possibile:
-
Finalmente la tiri fuori la tua vera faccia! - Karl si accorse subito
che stava cercando di metterlo psicologicamente all’angolo, era
bravo a lavorarsi l’avversario, sia fisicamente che
metaforicamente. Non a caso era un campione in quella disciplina. Sia
intesa come boxe che come modo di rapportarsi agli altri.
Karl
ancora non rispose ma l‘umore gli precipitò ulteriormente ed ormai
era impossibile nasconderlo. L’accusava di qualcosa che era poi il
primo a fare. Gli dava dell’ipocrita e poi tirava fuori una
facciata da sbruffone per mascherare chissà cosa!
Nessuno
l’aveva mai visto arrabbiato, nemmeno Genzo, eppure sapeva che di
tanto in tanto raggiungeva picchi altissimi dove contenersi e restare
calmo per il proprio quieto vivere era impossibile. Ciclicamente
finiva in quelle tempeste che lo facevano affrontare di petto le
situazioni, anche se non era per niente il suo modo di fare.
Ora
lo guardava ghignare senza mostrare il minimo problema e sentiva la
rabbia montargli sempre più e sapeva che era la resa dei conti.
-
Avanti, non è niente! So che ne hai molta di più da darmene! - Lo
provocò ancora con un discreto successo vista la furia crescente.
Karl
di minuto in minuto pareva lasciar andare sempre più il suo famoso
controllo, come se non avesse più una sicura che glielo impedisse,
come se d’improvviso non ci fosse niente a trattenerlo.
O
forse come se ne avesse abbastanza.
Senza
farselo ripetere tornò a colpirlo con un altro pugno in pieno viso,
Genzo indietreggiò ma rimase ben saldo sulle gambe e con ancora la
stranissima intenzione di non reagire, continuò sulla sua strada con
quell’atteggiamento strafottente che non aveva riguardi per niente
e nessuno:
-
Tutto qua? Non sono abbastanza stronzo? È solo questo che vuoi
restituirmi? Dopotutto non era granchè… io pensavo di aver
abbondantemente esagerato ma forse mi sbagliavo… in realtà non era
nulla! - Karl non capiva e con le parole di Jun incise nella mente si
rendeva conto di non averlo mai conosciuto davvero. Aveva sempre
pensato che lui fosse semplicemente così ma se suo fratello diceva
che lo faceva apposta gli veniva da chiedersi perché. Era stato
illuminante conoscere l’inizio di quel caratteraccio, ma averci a
che fare ora che sapeva, era tutta un’altra cosa. Era come
incontrarlo per la prima volta, lo guardava con altri occhi e non
poteva che infuriarsi sempre di più perché stava lì ad accusarlo
di qualcosa che era il primo a fare e non poteva digerire questa
cosa.
Non
poteva perché decidere di allontanarsi da lui nonostante si sentisse
capito e ci stesse bene, gli era costato ed ora veniva fuori che
aveva fatto quella dolorosa scelta con conseguente sofferenza per
niente, per uno che non era il vero Genzo.
Ma
come poteva non essersene mai accorto che non era tutto lì quello
che era!?
Genzo
guardava tutti e li penetrava, aveva capito subito che quello dietro
cui lui stesso stava era uno strato di ghiaccio sottile che
proteggeva qualcos’altro. Tutti l’avevano identificato come il
ragazzo senza sentimenti, l’insensibile, Genzo semplicemente
l’aveva definito intransigente, controllato e ben nascosto.
Come
poteva essere che lui invece non era mai riuscito a capire che non
era solo acuto e stronzo ma anche altro?
E
quell’altro cos’era? Non ci arrivava, non riusciva proprio a
vedere oltre quel suo buio esterno e la cosa lo mandava in bestia
perché voleva da sé qualcosa che non dava per primo e poi
l’accusava di ipocrisia.
A
quel punto non ci vide più e sempre con Genzo che non si difendeva e
tanto meno attaccava, cominciò a colpirlo con una serie di pugni uno
dietro l’altro, sempre più forti.
In
realtà quello non aveva niente a che fare con il pugilato, tutti se
ne erano accorti anche perché la reazione di Genzo era fuori da ogni
logica, inaudita e assurda.
Un
colpo ed il copri denti volò via. - Tutto qua? Sembravi così
incazzato! - Ringhiò sempre più provocatorio. Un altro colpo. -
Allora era solo apparenza, la tua rabbia! - Un altro colpo, più
forte di prima. - Ed io che pensavo che tu ti fossi deciso a tirare
fuori la tua vera faccia! - Un altro colpo ancora, più potente, più
serrato all’altro. - Non ti deciderai mai a farti vedere per quello
che sei davvero, eh? - Un altro, ancora più veloce. E Genzo sempre
in piedi a farsele dare senza reagire infierendo invece in quel modo
suicida. - Forse è che non hai proprio niente da dare, tutto qua! -
Questa
volta la musica cambiò e con una mossa tipica da judo, Karl che non
ragionava più per niente l’atterrò sul ring e salendogli sopra
sputò il copri denti con cui non era abituato a parlare, dopo di che
spinse l’avambraccio sul collo e col viso a pochi centimetri dal
suo sibilò furiosamente raggelante:
-
Senti chi parla di non mostrarsi per quello che è! - Genzo si fece
istantaneamente attento.
Non
registrò il fatto di avere il suo corpo sotto il proprio, tanto meno
il suo viso parzialmente coperto dal caschetto a diretta portata dal
suo, la mente si spense, non ce la faceva più. L’acqua era
completamente straripata dagli argini e di ghiacciato lì non c’era
nemmeno il ricordo.
-
E lo dimostra che hai finto una strategia di boxe quando l’unico
motivo che hai avuto per farti colpire e non attaccarmi è che non
vuoi combattere con me. Non vuoi farmi male? Non vuoi alzare un dito
su di me? E sarei io quello che ha paura di qualcosa? Il vero
vigliacco sei tu, Genzo. Se avessi tirato fuori la tua vera faccia
ora non saremmo a questo punto. Picchia te stesso per quello che hai
perso. -
Non
un tornare sui suoi passi, non un chiedergli spiegazioni, non un
dargli una lezione.
Solo
un messaggio che dopo aver ascoltato Jun aveva avuto l’irrefrenabile
bisogno di dirgli.
Che
l’unico colpevole del suo dolore era lui stesso.
Dopo
di che si alzò di scatto e scagliando il caschetto, saltò giù dal
ring dirigendosi agli spogliatoi più infuriato che mai.
Così
non si era mai sentito e sapeva che quella scena era stata una specie
di evento apocalittico, qualcosa di impensabile davanti cui tutti si
fermarono. Lo sentì solo vagamente il silenzio totale della
palestra, così come gli occhi di tutti che li avevano puntati, ma
ora che era solo nella stanza adiacente, immerso sotto la doccia
fredda, voleva solo annullare quel furore infuocato che l’aveva
fatto uscire così tanto di testa.
Detestava
questi stati d’animo, detestava non controllarsi, detestava
esagerare, detestava far vedere a tutti quanto teneva a qualcosa,
detestava che chicchessia sapesse qualcosa di specifico su di lui.
Detestava
sentire i propri battiti impazziti, il respiro pietosamente
affannato, il sangue e l’adrenalina scorrergli a fiumi sotto la
pelle, la testa esplodergli. Detestava perché erano sensazioni
troppo forti ed allucinanti che gli facevano perdere sé stesso.
Ed
ora per colpa sua era scoppiato.
Da
quanti anni non succedeva?
Probabilmente
gli aveva fatto anche più male di quel che non si fosse
effettivamente meritato… erano troppo pericolosi questi scoppi,
ecco perché cercava di trattenersi costantemente. Perché poi
travolgeva chiunque e la situazione degenerava.
Il
viso che si ritrovò davanti una volta uscito dalla doccia, fu quello
di Roberto.
Serio
come normalmente tutti lo vedevano, ma senza gli occhiali scuri.
I
suoi occhi verdi erano severi e laconici.
Karl
lo guardò un istante, poi cominciò ad asciugarsi con movimenti
veloci e scostanti, voleva solo andarsene da lì una volta per
sempre.
-
Che ti sia accorto che Genzo ha un lato nascosto è bello, ma come
hai fatto a non accorgerti che lui non ne è cosciente? -
Lo
disse diretto ed incisivo senza giri di parole.
Il
giovane smise di asciugarsi e tornò a guardarlo inizialmente
incredulo, poi davanti alla sua espressione risoluta iniziò a
vacillare.
Solo
lontanamente cominciava a vedere il quadro completo, ma alcune zone
erano ancora in ombra.
-
Cosa… vuole dire? - Chiese incerto non ricordando nemmeno, dopo
l’enorme rabbia di prima, come ci si controllasse.
-
Questo. Genzo è molto più che lo stronzo sbruffone immaturo che
appare ma di quel ‘di più’ nessuno ha idea di che cosa sia,
forse solo suo fratello ne ha una vaga idea. Ma Genzo stesso non ne è
cosciente di questo suo altro lato nascosto. L’ha celato così bene
in sé che non ha la minima idea di averlo. Il tuo discorso è giusto
ma ha senso detto ad uno che sa di che cosa parli. L’hai solo
sbattuto a terra, niente di più. -
Karl
rimase immobile senza la minima idea di che cosa fare, ripensava alle
sue parole chiedendosi se fosse come diceva, eppure non poteva
mettere in discussione il mister. Era conscio che dopo Jun, Roberto
era quello che evidentemente conosceva meglio Genzo e si chiese cosa
avesse fatto lui accanto a quello che aveva ritenuto un amico in
tutti quegli anni se ora si rendeva conto che era un completo
estraneo.
-
Io non so niente di lui… - Disse disarmato più a sé stesso che a
Roberto.
Non
era troppo, per quel giorno? Prima Jun e poi lui… cos’altro
doveva arrivare a rivoluzionargli le proprie ferree rigide e severe
convinzioni?
-
E’ questo il punto. Prima di giudicare una persona dovresti essere
come minimo sicuro di conoscerla davvero. Tutto qua. -
Questa
era una lezione che anche Karl prima o poi avrebbe dovuto imparare.
Certamente in quel modo brutale non era una passeggiata, ma non era
forse lo stesso modo che era stato imposto a Genzo solo un istante
prima?
Una
volta solo si rese conto di cosa aveva fatto e si accasciò su una
panca lì accanto con indosso solo i boxer.
Nel
cercare di fare qualcosa di giusto e magari anche buono o per lo meno
utile, aveva solo fatto un disastro.
“Ero
io quello che doveva maturare, non lui… ho sbagliato tutto…”
Il
punto era se si poteva rimediare o meno.
A
quello non seppe proprio rispondere.