CAPITOLO XVIII:
IL PIANO FUNZIONA
Quella vecchia foto era ingiallita ed originariamente in bianco e nero, non in effetto seppia come ora sembrava.
Il perimetro rettangolare era mediamente grande, un tempo era appesa ad un muro.
Riconobbero l’abito della sposa come quello a terra accanto a loro, era proprio colui che li aveva spaventati tanto.
Ora c’era qualcosa di diverso nell’aria, era calato all’istante appena avevano visto l’immagine ritratta in quel vetro.
Era nascosto.
Era tutto nascosto e chiuso a chiave in un armadio che avevano scardinato loro.
Si resero conto che probabilmente un buon motivo c’era e cominciarono a capirlo.
Lo sposo era il signor Mikami, il direttore dell’istituto. Lei era sua moglie ma qualcosa stonava in tutto quello.
Lei
non sembrava per niente la donna che tutti pensavano fosse stata la
moglie di Mikami, ovvero la madre di Jun Misugi che tanto gli
somigliava.
Kojiro aveva visto la foto di quella donna, la madre sia di Jun che di Genzo nonché moglie di Mikami.
Era davvero il ritratto fatto e finito dell’ormai suo compagno.
Quella donna lì, invece, era il ritratto di Genzo.
-
Ma che diavolo significa? - Chiese bruscamente pur capendolo da solo
poiché non effettivamente lento di comprendonio come a volte sembrava.
I volti oscurati da una consapevolezza che arrivò loro immediata fra capo e collo.
Hikaru tentò di nuovo la strada della logica…
- Sembra la moglie del signor Mikami… -
-
Lo vedo… ma non era la madre di Jun e Genzo? Quella che somigliava a
Jun? - Rispose Kojiro secco, non aveva tempo da perdere con inutili
ragionamenti, voleva subito una risposta, sapeva che era una scoperta
importante.
-
Sì… era quello che credevo… cioè, mi pareva fosse così… è piuttosto
popolare, in istituto, la storia dei due fratelli dal cognome diverso
che non si somigliano per niente… -
- Ora capisco perché, cazzo! - Fece allora il ragazzo realizzandolo, Hikaru terminò concorde, sempre nello stupore più profondo:
- Questa donna è la copia sputata di Genzo… -
- E se è la moglie di Mikami… -
- E questa è la madre di Genzo… -
- E non di certo quella di Jun… -
- Come Mikami non è poi suo padre… -
I due a quel punto si guardarono esterrefatti e quasi sconvolti per quella realizzazione:
- Allora Genzo e Jun non sono veramente fratelli da parte di madre come pensavano! -
Anche lì ci fu il ragionamento fatto alla velocità della luce, una cosa che fu ovvia.
- Loro non sanno nulla… -
- Ti sembra che altrimenti le prove potrebbero essere chiuse a chiave in questo posto dimenticato da tutti? -
Hikaru aveva tolto in breve ogni dubbio.
Kojiro
rimase in silenzio a fissare senza parole la foto, per un momento lo
scherzo era passato in ultimissimo piano così come il motivo per cui
erano lì in cantina. Per un momento tutto si era cancellato ed era
rimasto a pensare a quella scoperta, a cosa significasse veramente…
- Jun ne sarà sconvolto… è convinto di avere legami al mondo solo con quel coglione di Genzo… -
Hikaru
condivise con lui la sua riflessione mentre si concentrava sul viso
giovane della donna, un viso molto bello incorniciato da dei ricci neri
parzialmente tirati su da un’acconciatura tenuta su dal velo. Un viso
sorridente per degli occhi neri e tenebrosi, davvero penetranti e
strani ma stupendi.
Occhi che avevano un tormento di fondo.
Ne rimase turbato mentre lo disse:
-
Quindi Genzo non sa nulla… non sa di avere un’altra madre… non sa che…
- E lì si fermò. Non sapeva nemmeno di preciso cosa aveva sempre
creduto quel ragazzo, sapeva solo che nell’avere una foto simile chiusa
in un vecchio armadio in un’un altrettanto vecchia cantina, c’era solo
una spiegazione. Ovvero che i ragazzi non sapevano veramente niente e
che erano cresciuti credendo di essere fratelli.
Cosa poteva significare per loro ora venire a sapere che così non era?
- E poi che fine ha fatto questa donna? -
-
Cosa diavolo nasconde ancora quell’uomo? - Le domande sarebbero andate
avanti ancora a lungo se dall’altra parte della cantina non fossero
stati richiamati da un’impaziente Genzo.
-
Andiamo… - Hikaru istintivamente prese abito e foto e li rimise
nell’armadio che richiuse in fretta e furia appena in tempo, quando
apparve Genzo si erano appena alzati e fissandolo con occhi spiritati
era evidente che fosse successo qualcosa.
Il ragazzo più grande li guardò sgamandoli al volo e li inquisì incalzante:
- Che è successo? Avete visto un fantasma? - Erano anche piuttosto pallidi in effetti.
- Quasi… - Fece Kojiro che poi fu sgomitato da Hikaru. Non era il caso di parlarne proprio a lui e proprio ora.
Genzo
scrollò le spalle poco paziente tenendo una delle gomme che avevano
trovato e notando in un angolo un’altra cambiò discorso non avendo
quasi più voglia di giochi dopo Tsubasa.
- To’, lì ce n’è un’altra… prendila! - Ordinò a Kojiro che non era così stordito da obbedire mite.
-
Fallo tu! - Non prendeva ordini da nessuno. Hikaru però eseguì
automatico con la testa completamente al da farsi. Non aveva la minima
idea di come procedere da lì in poi, erano appena entrati nel campo più
minato che avessero mai visto in vita loro. E di campi minati ne
avevano visti…
Però per il momento tutto cadde.
Specie
quando riuniti con quattro gomme da giardino arrotolate su quattro
spalle diverse e con tutti gli attrezzi necessari per il piano
diabolico, uscirono e chiusero la cantina dimenticando un pezzo dentro.
Se ne accorse naturalmente Taro.
- Ma Tsubasa? - I ragazzi si girarono e si guardarono, notando effettivamente la sua assenza Genzo esclamò poco pentito:
- L’ho lasciato in un angolino tutto depresso dopo che gliene ho dette quattro… dopo di che non l’ho più visto! -
-
E’ rimasto dentro! - Esclamò Takeshi con la voce che si assottigliava
per l’immedesimazione… fosse successo a lui sarebbe morto di paura.
Prima
che qualcuno potesse reagire al di fuori di una risata, Taro era già di
nuovo dentro con le chiavi prese dalle mani di Genzo.
-
Bè, se ne può occupare lui… - Fece Kojiro che voleva andarsene da quel
postaccio il prima possibile. Improvvisamente non era più bello ed
interessante come l’aveva sempre visto.
-
Chiudete e ridatemi la chiave, dopo! - Gridò Genzo a Taro convinto che
sarebbero rimasti lì un bel po’ per chiarirsi e per mettere le cose a
posto. Se qualcosa da mettere a posto c’era, poi…
Taro
corse dentro col cuore in gola. L’idea di aver lasciato lì dentro il
suo ragazzo lo angosciava, poi dovette mordersi la bocca.
Non era il suo ragazzo.
Si
fermò e sospirò cercando di calmarsi, stava per fare la figura
dell’innamorato e non era proprio la fine del mondo. Si erano lasciati,
doveva ricordarselo, poi le parole di Takeshi gli tornarono alla mente.
Era il momento di parlargli, le cose si erano messe in modo perfetto per farlo. Ora o mai più.
Quando
lo vide seduto a terra con le ginocchia abbracciate al petto a
mangiucchiarsele cupo e depresso, registrò con notevole ritardo cosa
aveva detto Genzo e strinse la chiave che teneva ancora in mano.
Gliene aveva dette quattro, eh?
A vederlo così sembravano un centinaio…
“Quello ha il tatto sotto i tacchi!”
Kojiro avrebbe detto ‘nel buco del culo’ ma comunque rese l’idea.
Non
che avesse torto ma non poteva negare che se lo fosse meritato, nessuno
gli aveva detto niente dopo il fattaccio. L’avevano tutti evitato
trattandolo come fosse in una campana di vetro.
Era proprio assurda, quella situazione.
Loro
due si erano lasciati ed anche molto male, le conseguenze sarebbero
potute essere tremende se Genzo non avesse risolto in tempo in qualche
modo con Roberto ed ora era lui lì a doverlo consolare perché qualcuno
di poco gentile gli aveva detto in faccia cosa aveva fatto.
Era giusto, però non poteva proprio evitare di volergli bene, era più forte di lui.
Gli si stringeva il cuore vederlo così mortificato e addolorato. Per cosa, però? Per non aver potuto avere Roberto?
Per cosa stava tanto male?
In un moto di stizza si decise a chiderglielo.
Era di questo che dovevano parlare veramente…
Si
mise la chiave in tasca e sospirando si accucciò davanti a lui, lo
guardò un attimo e poi gli appoggiò il mento sulle ginocchia facendosi
spazio poiché il suo viso occupava tutti quei centimetri a disposizione.
Tsubasa
alzò il capo quasi scottandosi dal suo gesto ma non si mosse, non lo
mandò via ed anzi affondò le unghie nella propria carne, i polpacci
stretti fra loro.
Voleva annullarsi e svanire e con quegli occhi preoccupati e dolci fu ancora più forte il desiderio.
Perché era lui lì?
Perché proprio lui?
Gli aveva fatto tanto di quel male, eppure… perché diavolo era lì?
Taro
sospirò leggendogli dentro ogni singola domanda, sensazione, pensiero,
parola… lesse con la facilità di sempre e trovò le risposte che prima
aveva cercato.
Stava
male perché sapeva d’aver sbagliato tutto, travisato ogni sentimento,
essere stato precipitoso… si stava pentendo di tutto ed ora non sapeva
come rimediare.
Capendolo
il suo sorriso sereno e cristallino carico di quel suo amore che non
sarebbe mai stato capace, nonostante tutto, di togliergli mai, si
protese per quei pochi centimetri che rimanevano e lo baciò con
dolcezza, sfiorandolo e carezzandolo con le labbra.
Con questo tutto sarebbe andato a posto. Dopo Tsubasa avrebbe saputo cosa fare.
Risalirono
le scale dirigendosi silenziosi al piano delle aule. Era strano...
Genzo si rese subito conto che c'era qualcosa di diverso rispetto prima
e capì che il punto erano Kojiro ed Hikaru... Avevano visto qualcosa
nelle cantine. Non era idiota, ci era arrivato ma nonostante ciò non se
ne interessò davvero. Aveva di meglio da fare... quel piano aveva del
geniale e gli bruciava il fatto di non essere stato lui ad averlo
architettato. Quei due mentecatti per una volta ne avevano fatta una
buona. Se avevano qualche pensiero per la testa...be problemi loro!
Quando
arrivarono al bagno posto in fondo al piano, le cose sembravano andare
lisce. Troppo. Anche a Karl puzzava la cosa, in quei casi era difficile
che tutto filasse come l'olio.
Genzo
guardò interrogativo i due che continuavano ad essere stranamente
pensierosi e scuotendo il capo prese in mano la situazione ben lieto.
L'avrebbe fatto comunque ma così almeno non doveva perdere tempo a
metterli a posto.
-
Allora... prima di tutto uniamo le gomme... - fece con tono di comando.
I cinque obbedirono automaticamente e mentre Karl osservava di
sottecchi i due più strani del gruppo capendo che c'era più di qualcosa
di storto, dalla porta arrivarono a distrarre il silenzioso sestetto
Tsubasa e Taro.
Sorridevano
e si tenevano per mano. Takeshi illuminò a giorno il bagno con la
propria espressione super felice da super uke, Ken scosse il capo
appena come per dire ‘tanto casino per nulla’, da bravo super seme,
Kojiro imprecò per quel ‘finale’ scontato ed Hikaru ringraziò il Cielo
e l’Universo e tutto il Firmamento per quell’esito su cui aveva
sentitamente sperato. Ancora una notte con loro in rotta e si sarebbe
ucciso!
A
Genzo e Karl non importava esattamente niente. O meglio a Karl, a Genzo
in realtà sì ma era ancora arrabbiato con Tsubasa e finse indifferenza
al loro ritorno. A Tsubasa non sfuggì e si appuntò mentalmente di
sistemare le cose più tardi anche con lui.
- Dai, mettetevi al lavoro che dobbiamo sbrigarci! -
Disse
Hikaru ritrovando improvvisamente l’entusiasmo e la voglia di
distruggere il mondo che prima aveva perso per colpa del fantasma.
I
due si chinarono e senza dire nulla, con un gran sorriso sulle labbra
che doveva essere di scuse ma che poi sfociò in entusiasmo, si misero
ad aiutarli collegando tutti i capi delle gomme, poi presero
cacciavite, puntine, aghi e coltelli e cominciarono a pungerle tutte
con un certo entusiasmo crescente.
Takeshi
si bucherellò il dito e Ken glielo succhiò. Hikaru disse di non perdere
tempo a pomiciare e Ken lo mandò a cagare. Poi si punse Taro e Tsubasa
fece la stessa cosa ma a loro Hukaru non osò dire nulla visto che prima
l’avevano fatto morire separati.
“Ma che si scopino, se questo mi fa vivere bene!”
Fu però Genzo a dire un generico ‘Muovetevi!’ che terrorizzò Taro.
-
Ok, così è perfetto… - Fece l’erede del preside numero uno vedendo che
tutta la superficie delle gomme erano egregiamente forate, dopo di
questo si alzò confermando l’idea che per scacciare un umore storto non
c’era niente di meglio che combinare qualche danno in giro.
Sì insomma, Tsubasa o non Tsubasa, quella notte sarebbero entrati nella storia dell’istituto. Allagare le aule!
Si
rese conto di quanto buono e giusto fosse quello che stavano per fare e
infilando l’estremità nel rubinetto, si girò e puntando la porta ordinò
credendosi di nuovo il capo, tipo Achille che diceva ai suoi uomini
‘andate, l‘immortalità è vostra!’
-
Avanti, sistematelo lungo il corridoio, miraccomando aprite bene le
porte delle aule e mettetelo in modo che bagni per bene tutto! - Kojiro
lo trucidò lamentandosi senza paura:
- La pianti di dare ordini? Non sei tu che hai avuto l’idea! -
-
Bè, nemmeno tu se è per questo! È stato Matsuyama! Avanti, non perdere
tempo! - Kojiro gli fece il dito medio ed evitando di prenderlo a
pugni, tirò su l’altro capo della lunghissima gomma e avviandosi verso
l’uscita del bagno a passo di carica, si fermò scontrandosi con
qualcuno.
Finì
per cadergli addosso perché a quanto pareva l’altro non aveva molta
resistenza fisica e quando si riebbero, il primo ad imprecare fu Genzo.
-
Porca troia! - Ruggì spingendo via Kojiro. Gli altri puntarono le pile
poiché cadendo fuori dal bagno non c’era molta illuminazione, quando
videro su chi era caduto, anche la tigre si unì alle imprecazioni
tornando a spingere il suo sempai di pugilato, poi sgomitandosi davanti
al povero ragazzo atterrato e schiacciato, fecero a gara a chi vedeva
meglio come stava!
-
Oh maledizione! Jun che diavolo ci fai qua? - Chiesero seccati
all’unisono tirandolo subito su insieme per poi guardarlo ancora al
microscopio e assicurarsi che non si fosse fatto male con lo scontro.
Continuarono a spintonarsi ed in breve Jun divenne intrattabile.
-
Ragazzi non sono una statua di cristallo, smettetela! - Si sentiva
assurdamente messo in mezzo ad un qualcosa di assolutamente non
gradito. Da quando si era messo con Kojiro quei due gareggiavano per
chi aveva più attenzioni per lui. E dire che prima Genzo non si
mostrava così premuroso in pubblico ma solo in camera… ora sembrava
fregarsene, come se reputasse più importante controllarlo quando nei
paraggi c’era quella tigre arrapata!
Capire
che puntava suo fratello non gli era piaciuto ma quando li aveva visti
girare insieme ed aveva capito che quello stronzo ce l’aveva fatta, era
stata quasi una tragedia; poi il Santo Jun -il solito yakuza- era
riuscito a calmarlo un po‘ ma non l‘aveva mai veramente convinto.
- Che diavolo ci fai qua, comunque? - Chiese seccato Kojiro.
Jun
benedì l’ombra che impedì a tutti di non vedere la propria pelle di
porcellana diventare porpora. Poté arrossire in santa pace senza essere
notato, quindi con un sorriso sornione tornò il ragazzo imperturbabile
di sempre.
-
Cercavo mio fratello e sapendo che se non è nella sua camera od in
quella di Karl è a far danni, volevo impedirglielo. - Genzo
fortunatamente non fu così sveglio da sgamarlo.
In
realtà era andato a cercare Kojiro e nel non trovare nessuno dei suoi
inquilini si era preoccupato immaginando comunque la stessa cosa. Non
aveva mai pensato a controllare Genzo ma se l’avesse saputo apriti
Cielo. Kojiro non si stupì, così come nessuno degli altri, e rigirando
la situazione a suo favore Jun notò la gomma allungata a terra.
-
Perché quelle quattro gomme sono unite insieme e bucherellate? - Poi
allungò il collo ed impallidì sul serio: - E perché è attaccata al
rubinetto? -
“Ecco!” Pensò Hikaru allarmato ed arrabbiato: “Ora li convince a mettere via tutto!”
Perché lui ben sapeva che quei due idioti potevano essere messi a posto solo da lui!
Prima
che potesse succedere, veloce come una scheggia, prese l’estremità e
afferrando Ken per il braccio se lo tirò fuori per proseguire comunque
col piano, a Ken si aggrappò Takeshi che a sua volta si prese a Taro.
Con Taro venne via Tsubasa che, non si sapeva bene come e perché, portò
con sé anche Karl. E mentre i sei sparivano nel buio corridoio aiutati
dalle torce elettriche, Jun sbarrava la strada a Kojiro e Genzo.
Il
ragazzo con le mani ai fianchi e l’aria da padre severo li fissava
pretendendo risposte, la luce che proveniva dal bagno lo illuminava a
tratti e quei tratti sembravano ghiaccio scolpito.
- Non vorrete mica allagare le aule? -
-
No, e che ti viene in mente? - Fece Genzo con faccia tosta mentre
Kojiro pensava veloce ad un modo per distrarlo. Oddio, uno l’aveva ma
quello stronzo di Genzo doveva permetterglielo e non prenderlo a pugni
come faceva sempre quando li vedeva pomiciare.
-
Non potete, sai quanti danni che fareste? Poi per sistemare tutto
nostro padre dovrà spendere una fortuna al posto di far costruire quel
campo da calcio che voleva sul retro dell’istituto! -
Genzo, che si rincoglioniva solo con suo fratello, si fermò dallo smaniare per convincerlo a lasciarlo fare e chiese stupito:
- Davvero vuole far costruire un campo da calcio? -
Il club di calcio, infatti, non c’era perché mancava il campo e non c’erano mai soldi per farlo fare…
Kojiro si batté la mano sulla faccia pensando
“E’ proprio un idiota!”
Ma poi Jun passò a lui…
-
E tu preferisci fare stupidaggini in giro e venir poi punito quando vi
beccano, perché tanto vi beccano sempre, piuttosto che passare in
camera da me quando ti aspettavo? -
-
COSA!? - Urlò Genzo, Kojiro arrossì, fortunatamente aveva il viso in
ombra, e gli ficcò il pugno in gola per farlo star zitto. Genzo si
soffocò ma smise di gridare e Jun trattenne un risolino.
Fu
a quel punto che da dietro di lui Hikaru fece il segno con la pila per
dire che erano pronti e di aprire i rubinetti, quindi Genzo e Kojiro
finalmente si guardarono complici per la prima volta nelle loro
esistenze e senza bisogno di comunicare a parole agirono come avessero
un piano già concordato prima.
Kojiro si prese Jun e Genzo entrò veloce in bagno.
-
Genzo ma cos… - Jun non riuscì a finire la frase perché Kojiro lo
premette contro il muro lì in disparte, lontano dalla gomma bucata, gli
prese il viso fra le mani e lo baciò appassionatamente approfittandone
come uno stronzo.
Jun
rimase senza fiato e si scollegò perché ormai l’unico ad avere quel
potere era lui. Se Genzo l’avesse saputo avrebbe tolto tutti i peli del
corpo di quell’essere immondo, usando le pinzette, ma era occupato ad
aprire il rubinetto…
Non aveva fatto ancora il giro completo quando una voce li interruppe.
- Ehi, ma chi c’è in bagno? -
- Cazzo! - Imprecò Genzo richiudendo il rubinetto.
Benedì
il buio che c’era fuori e pregò che non venisse dentro, se fosse
inciampato sulla gomma e l’avesse vista sarebbe stata la fine… cercò un
disperato modo per uscirne, solitamente aveva la faccia tosta per
sistemare chiunque ma ora con la testa a suo fratello che si
sbaciucchiava con Kojiro poco distante, non riusciva più a pensare.
Stava per uscire allo scoperto quando…
- Signor Kotoro… - La voce di suo fratello parlava flebile ed incrinata. Genzo impallidì.
-
Misugi? - Chiese l’uomo stupito, era un sorvegliante. Li sentì rimanere
fuori dal bagno ma Genzo si avvicinò per vedere e sbirciando notò Jun
che si appoggiava a lui tenendosi il petto ed ansimando dolorante.
-
Mi scusi ma… il mio bagno è rotto e sono venuto qua però ora mi rendo
conto che non sto bene… per fortuna che è passato perché penso che sia
un attacco di cuore… potrebbe… potrebbe portarmi in infermeria, per
favore? -
Genzo
si strozzò con un ‘eh?’ che gli morì in gola poiché emesso mentre stava
per uscire e vedere di lui quando fu afferrato per il collo e spinto
dentro da un fulmine velocissimo.
Rimase
premuto con questo ‘fulmine’ contro il muro, dietro la porta, e quando
i due fuori sembrarono allontanarsi, il ‘fulmine’ lasciò la presa
riportando alla vita Genzo che spinse via Kojiro.
- Che diavolo ti salta in mente di uccidermi? Jun sta male! -
-
Oh, ma sei proprio idiota! Ha fatto finta per salvarci il culo! -
Replicò Kojiro inviperito, era seccato per essere stato interrotto.
- Ma non era contrario a questa follia? -
-
Forse era più contrario al venir punito con noi! - Kojiro non aveva
torto e con la luce della torcia elettrica che tornava a lampeggiare
insieme ad un ‘dai’ sotto voce, i due si ricordarono del motivo per cui
erano lì a litigare e spintonandosi di nuovo arrivarono ai rubinetti,
litigarono per afferrare la manopola da girare, si guardarono in
cagnesco e Genzo alzò tre dita.
- Al tre lo facciamo insieme. - Così era meglio.
Allora misero le mani insieme sul rubinetto, preferivano averle l’una sull’altra che lasciare la supremazia.
Fu così che… tre, due, uno e…
SSSSSSSSSHHHHH…
Quello
fu il rumore dell’acqua aperta al massimo che scorreva nella gomma e
che usciva dai buchi bagnando qualunque cosa ci fosse nel suo raggio
d’azione.
Un raggio d’azione bello lungo che percorreva tutto il piano e passava per le aule aperte a dovere.
Quando
videro che funzionava davvero, i due misero da parte gli alterchi e si
batterono il cinque esaltati, quindi corsero fuori e facendosi bagnare
pure loro si trovarono a ridere esaltati e divertiti.
A
Genzo succedeva di sentirsi così ma a Kojiro quasi mai, solo quando
faceva qualche danno con Hikaru ma doveva ammettere che quella volta
era stato diverso, più bello.
Quando
si incontrarono con gli altri a metà corridoio e si batterono il cinque
con quasi tutti, Karl non ci pensava minimamente ad unirsi agli stupidi
anche se aveva contribuito suo malgrado, capì che era stato così bello
e fantastico proprio perché erano in tanti.
Non l’avrebbe mai ammesso ma li guardò uno ad uno chiedendosi dentro di sé se quello fosse avere degli amici…
Sperò di sì.
Lì
fuori al buio, a bagnarsi come idioti e ridere di una cosa tanto scema,
mentre l’intero piano si allagava, Kojiro sperò ardentemente che quello
fosse finalmente il famoso mondo che lui aveva desiderato a lungo. Un
ragazzo per cui provava qualcosa ed era ricambiato, degli amici con cui
fare stronzate e divertirsi, una casa dove dormire la notte senza
preoccuparsi di gente che lo picchiava, dei pasti caldi regolari, dei
sogni per il futuro in cui sperare concretamente.
Fu questo che pensò mentre scappava con loro, sempre ridendo sotto l’acqua che li schizzava infracidendoli.