CAPITOLO XIX:
DOPO IL DANNO
La base fu la camera di Genzo perché tanto la sua, così come quella di Jun, non subiva mai ispezioni come le altre.
Quando
gli otto ragazzi si trovarono chiusi al sicuro, stavano ancora ridendo
come pazzi, tutti, perfino Tsubasa, Taro, Takeshi e Ken. Ken
ridacchiava, non si scompisciava come gli altri però si stava
divertendo anche lui.
Karl non partecipava, ovviamente, però aveva corso come gli altri ed ora era lì con loro.
Genzo,
Hikaru e Kojiro erano quelli che facevano più rumore ed erano stesi per
terra a tenersi le pance un po’ per il fiatone della corsa folle, un
po’ per le troppe risa.
Ci impiegarono molti minuti a calare l’intensità e Kojiro credette di essere affetto da una grave malattia incurabile.
Un morbo tipo quello della mucca pazza.
Stava ridendo come un coglione insieme ad altri coglioni, specie Genzo lo era.
Però stava bene, Dio, non era mai stato meglio in vita sua e gli mancava solo una persona per dire che era tutto perfetto.
Era strano pensarlo per lui, abituato sempre al brutto ed al peggio.
Eppure era così.
Quando
si rese conto che però quella persona era Jun smise di ridere di colpo
e prendendo Genzo per il colletto gli montò sopra a cavalcioni, quindi
lo scosse forte per farlo smettere. Visto che non funzionava perché
l’altro piangeva ancora, Kojiro gli gridò a due centimetri dal viso.
-
SMETTILA DI RIDERE, COGLIONE! DOBBIAMO RECUPERARE JUN! E’ NELLE LORO
MANI! - Genzo però invece di smettere aumentò finendo addirittura per
nascondere il viso contro il suo collo, da tanto che si stava
divertendo. Fra un singhiozzo e l’altro cercò di ribattere ma ci pensò
Karl col suo gelido scetticismo, mentre ovviamente Hikaru rideva
battendo il pugno a terra.
-
Il coglione sei tu, non sono mica nemici che lo torturano! Sono
infermieri! - Gli avevano spiegato, correndo, il prezioso ed insperato
teatro di Jun e tutti se ne erano stupiti non riuscendo ad immaginarlo.
Kojiro guardò Karl dal basso e fece una specie di broncio infantile, poi ringhiò comunque:
- Io nelle mani di quelli non lo lascio! -
-
E cosa proponi, di rapirlo dall’infermeria? Appena scoprono che sta
bene lo lasciano andare, mica lo rinchiudono! - Si inserì Ken partecipe
dello scetticismo di Karl. Kojiro sembrava impazzito, peccato che fosse
l’unico veramente sensato e dando un pugno leggero sulla testa di Genzo
che aveva le convulsioni contro di lui, grugnì ancora furioso.
-
IDIOTI SIETE TUTTI VOI! APPENA SCOPRONO CHE LUI NON HA UN VERO ATTACCO
E CHE PROPRIO IN QUEL MOMENTO SONO STATE ALLAGATE LE AULE IN QUEL
PIANO, CHI CREDETE CHE INCOLPERANNO? DOBBIAMO AIUTARLO, BASTARDI! - Il
che, per molti di loro, non era una vera offesa visto che
effettivamente non avevano i genitori, non tutti, non entrambi…
Appena
lo disse calò un silenzio mortale e Genzo da che rideva più di tutti a
che si staccò e serio come una salma riesumata guardò il ragazzo che
gli aveva fatto notare il piccolo particolare.
- Porco cane, come ho fatto a non pensarci? - Ora l’ansia era arrivata. E finchè era solo ansia andava bene!
-
Ma cosa vuoi che gli faccia? Il direttore è suo padre, in pratica… e
poi lui è Jun Misugi, chi crederebbe mai che ha fatto una cosa simile?
- Ken provava a ragionare ma Takeshi era in fibrillazione e Tsubasa e
Taro erano impalliditi.
Kojiro
guardò Hikaru con uno sguardo tanto fugace quanto significativo.
Sarebbe stata dura nascondere che Jun e Genzo non avevano alcun legame
di sangue.
-
Il fatto che sia il figlio del preside non conta niente, abbiamo
allagato un piano intero, tu pensi che non farà di tutto per sapere chi
è stato? - Ruggì Kojiro sempre più inviperito.
-
Ha ragione, mio padre farà di tutto per sapere. Ovvio che non crederà
mai che è stato lui ma capirà subito che copre qualcuno. - Continuò
Genzo pratico scrostandosi Kojiro da sopra.
-
Il punto è che lui coprirebbe solo te, per quel che ne sa. - Kojiro lo
sapeva bene che Jun era famoso per non avere seri legami con nessuno,
nemmeno con lui, per il momento.
-
E lui sa che posso farlo ma non certo da solo. Quindi lo torchierà per
sapere i nomi di tutti! - Dopo queste previsioni piuttosto azzeccate,
tutti i presenti, finalmente seri, provarono ad immaginare come il
signor Mikami potesse ‘torchiare’ Jun, un dolce e posato ragazzo che
soffriva di cuore e che non era nemmeno suo vero figlio.
-
Ok, cosa facciamo? - Chiese pratico Hikaru cercando di rimediare a
quella specie di piccolo casino che si erano lasciati alle spalle. Era
certo che le cose non sarebbero potute andare davvero lisce come l’olio
come era sembrato fino a quel momento.
I ragazzi si guardarono e ci pensarono, poi però Genzo parlò con sicurezza.
-
Non parlerà mai e se lui non fa nomi non hanno prove effettive per
arrivare a noi, con lui siamo in una botte di ferro. - Questo era vero
però a Kojiro non stava bene per un altro motivo.
-
Fanculo l’essere al sicuro! Che cazzo me ne frega se lui viene punito
al posto nostro? Io vado e lo scagiono! - Kojiro fremeva ed alzandosi
fece per uscire, fu Genzo quello pronto di riflessi. Se l’aspettava,
dopotutto. Afferrandolo per il polso lo tirò giù!
-
Piantala di fare la testa di cazzo e pensaci bene! Sanno che non è
stato lui, non lo puniranno al posto nostro e quando vedranno che non
parla assolutamente lasceranno perdere! - Genzo si sforzava di
mantenersi lucido, anche lui voleva correre in infermeria e riprendersi
il fratello ma sarebbe stato da stupidi. Karl si asteneva e gli altri
erano più o meno dalla parte di Kojiro nell’aiutare Jun costituendosi.
Al
ragazzo, comunque, non interessava niente di cosa pensavano gli altri.
Lui voleva che Jun non corresse rischi di alcun tipo e farlo incolpare
al posto suo era proprio l’ultima cosa che avrebbe permesso.
Strattonando il braccio ruggì ancora:
-
Tu sta pure qua al sicuro a farti parare il culo dal fratellino come
sempre, io vado a prendermi le mie responsabilità e lo tiro fuori da
là! - Come se fosse rinchiuso in prigione!
Nessuno osò intromettersi, era come se i due cognati stessero litigando davvero seriamente per la prima volta.
Genzo
però percepì la tensione salire e soprattutto l’offesa pesante dietro a
quello che aveva detto, quindi alzandosi come una molla lo fronteggiò
tempestoso fino a prenderlo per il colletto della maglia. Kojiro gli
prese le mani impedendogli di fare chissà cosa e così si tennero.
- Ma tu pensi che a me non freghi niente di lui? -
-
Non lo so, stai lì a nasconderti dietro di lui e vedo che lo fai
sempre! È sempre lui che ti para il culo in qualche modo! Io non starò
così! -
Karl
ed Hikaru si alzarono pronti a dividerli se avessero esagerato oltre,
mentre gli altri non fiatavano più. Improvvisamente il divertimento di
prima era finito. Improvvisamente dietro c’era di più, molto di più.
-
Sono suo fratello e non hai alcun diritto di parlare così! Non sai un
cazzo di noi! Io sono sicuro che non gli faranno niente e che non corre
alcun rischio, quindi andare là a parlare sarebbe stupido ed inutile!
Non arriverebbero mai a noi e a lui non succederà niente! Tu ti sei
rammollito dietro a lui! - Questo ebbe il potere di scatenare il
‘rammollito’ in questione che improvvisamente parve di nuovo una tigre.
Era
vero che si era calmato ed ammorbidito per merito di Jun e dei suoi
amici, però non poteva davvero accusarlo di rammollirsi se voleva
aiutare e proteggere il suo compagno.
A tutti parve chiaro che comunque dietro questa accusa c’era la gelosia.
Kojiro
lo spinse e caricò il pugno vicino al viso pronto a colpire Genzo che,
istintivamente, si mise in posizione di difesa da pugile. I due si
sarebbero picchiati di santa ragione se Karl da una parte ed Hikaru
dall’altra non fossero stati pronti ad intervenire e separarli. Li
abbracciarono da dietro e li strattonarono spingendoli uno sul letto e
l’altro sulla poltrona, poi rimasero pronti a bloccarli di nuovo,
fissandoli sbalorditi.
- Smettetela, siete ridicoli! - Fece Ken seccato da questa scenata che reputava sciocca.
-
Dai, ragazzi, non è il caso di prenderla così… mettiamola ai voti… chi…
chi vuole costituirsi per scagionare Jun? - Takeshi era terrorizzato
dall’idea che tutto si rompesse e si rovinasse ma Tsubasa arrivò a
placare gli animi sorprendendo tutti. Una sorta di equilibrio fra tutte
le varie parti estremamente diverse fra loro.
-
Ragazzi, non sappiamo nemmeno se davvero Jun è stato scoperto. Magari
l’infermiera non si è accorta che fingeva, magari Jun è riuscito a
farsi credere senza farsi fare analisi… non sappiamo niente di come sia
la situazione. Andare là ora e dire tutto sarebbe come bruciare la coda
di paglia. Non sappiamo se serva davvero. Se verrà accusato, domani
mattina, saremo i primi a dire la verità. Altrimenti a questo punto è
assurdo. Dovevamo pensarci prima che poteva andare storto in qualche
modo. Ripensarci ora è davvero inutile. - Ken e Taro erano naturalmente
d’accordo ed anche Karl. Kojiro e Genzo l’avevano ascoltato pur
guardandosi in cagnesco a distanza, non erano d’accordo ma forse aveva
vagamente ragione. Hikaru semplicemente pensava che non gliene fregava
veramente, lui voleva solo andarsene a dormire. Quelle erano beghe fra
cognati, alla fine.
-
Dai, andiamo a dormire quello che rimane della notte, nessuno farà
nulla e domani mattina vediamo come evolvono le cose. Siamo tutti
coinvolti, dobbiamo essere tutti d’accordo. In questa storia ci siamo
dentro tutti, ci siamo divertiti, è stato bello ed ora se ci saranno
conseguenze, le prenderemo insieme! - Con questo un serio Hikaru si
avviò alla porta seguito a ruota da Ken che si tirò un preoccupatissimo
Takeshi. Anche Tsubasa e Taro si avviarono in accordo col loro amico
mentre Karl rimaneva lì pronto ad intervenire di nuovo.
- Se fossi in voi risolverei prima di fare una stronzata davanti a Jun! - E tutti sapevano a cosa si riferiva davvero Hikaru.
I problemi fra Genzo e Kojiro c’erano sempre stati, ma ora erano motivati.
Quando
i tre rimasero soli, Kojiro distolse lo sguardo. Non era contento di
starsene lì mentre Jun era in infermeria e poteva essere nei guai, la
cosa lo mandava in bestia ma come fare?
Fu
Karl a risolvere per loro e lo fece con apparente indifferenza, come se
lo facesse perché detestava stare lì in mezzo a due tori del genere.
-
Andrò a controllare come sta, se c’è qualcuno torno indietro, se è solo
gli chiedo cosa vuole che facciamo. - Semplice come un bicchiere
d’acqua. A chiedergli prima i pareri, magari, si potevano evitare
litigi e guai.
Quando
rimasero soli le due teste di serie si resero conto che davvero non
restava che parlare una volta per tutte, peccato che la voglia fosse
pari a zero.
Kojiro
si era sentito benissimo, per un lungo momento, prima. Ora sembrava che
tutto fosse tornato ad essere uno schifo eppure sapeva che non era
così, solo che qualcosa lo disturbava. Qualcosa di molto grande e
pericoloso.
Quando si sentiva così, se non risolveva subito rischiava di esplodere e fare una vera strage.
Rimasero
seduti dov’erano, sapendo che non era davvero il caso di avvicinarsi
nemmeno di un soffio, quindi sistemandosi uno sul letto e l’altro sulla
poltrona, tornarono a guardarsi. Sempre male, sempre astiosi, sempre
sul piede di guerra.
Ma con la consapevolezza che ora bisognava parlare.
/Twice - Plan De Fuga /
Non
sapeva quanto buona fosse stata l’idea di andare via e lasciarli soli,
potevano anche ammazzarsi ma del resto dovevano risolverla da soli.
Ora con Genzo era tutto molto strano perché non stavano proprio insieme però in un certo senso sì.
Ripensò
a quei giorni, passavano tutto il tempo possibile insieme e Genzo era
possessivo con lui come se fosse il suo moroso, però per quanto si
fossero avvicinati e provassero a capirsi meglio di quanto avessero
fatto fin’ora, non si erano ancora davvero toccati. Non si baciavano,
non facevano le cose che sicuramente Genzo voleva.
Si
stava trattenendo e lasciava che le cose andassero per gradi, i gradi
giusti. Forse il vero Genzo non era un maniaco come si era sempre
mostrato, forse con chi contava davvero voleva fare le cose per bene.
Pensava
molto a lui, ormai era disposto a passare alla fase successiva; posto
che quel Genzo superficiale era, appunto, una superficie, ora era quasi
bisognoso di farsi bagnare della sua profondità.
Ed ormai aveva capito che quella profondità poteva trovarla solo in un’unione ulteriormente più profonda di quella che avevano.
Giunto
in infermeria fece attenzione, non era una persona furtiva ma di natura
era silenzioso e passava inosservato, quindi non fu facile non essere
visto.
Aprì piano la porta e capì dal silenzio e dalla penombra che non c’era nessuno.
Non era passato molto, Jun era sicuramente lì ed era sveglio. Mise la testa dentro e per un istante si sentì un perfetto idiota.
Quando
la figura del ragazzo gli apparve stesa sul lettino di uno studio
completamente vuoto, sospirò di sollievo. Gli sarebbe seccato scappare
come un ladro.
Strinse
gli occhi, c’era una luce piccola sul comodino che gli rivelava la
sagoma rilassata di Jun, aveva gli occhi aperti e decise di poter farsi
notare.
Solo allora entrò ed il ragazzo lo vide.
-
Karl! - Stupito di vedere lui, Jun si mise a sedere sul letto. Chiusosi
la porta dietro di sé, si avvicinò al letto e quando l’altro gli fece
posto si sedette sul materasso. Potevano sembrare amici anche se erano…
bè, cos’erano? Non amici ma nemmeno estranei. Erano conoscenti? Bè,
dopotutto Genzo li accomunava ed era per questo che ora cominciavano ad
avere un rapporto.
-
Come mai tu? Pensavo di vedere Kojiro o Genzo… - Infatti… Karl distolse
lo sguardo dal suo per visionare tutta la stanza, non c’era traccia
dell’infermiera.
- E tu? -
-
L’infermiera era agitata, stava per chiamare mio padre e l’ambulanza ma
alla fine l’ho convinta che non era nulla e che mi sarebbe bastata una
tisana rilassante e una bella dormita. - Karl avrebbe voluto ridere e
chiedergli come ci era riuscito. Il figlio del preside gli capitava con
un presunto attacco di cuore e la convinceva a non chiamare nessuno ma
bensì a lasciarlo lì solo. Usò l’immaginazione ma non ci arrivò, però
decise di non essere invadente.
- Sono in camera a sbranarsi. - Rispose poi alla sua domanda con freddezza e disapprovazione. Jun sgranò gli occhi.
-
Con gli altri che fanno da arbitri, spero! - Karl tornò a guardarlo e
da come appariva preoccupato più per loro che per sé stesso, questa
volta ridacchiò appena.
-
No, sono soli. - Jun fece per alzarsi e filare da loro ma Karl lo fermò
con una mano sul braccio. - O si ammazzano o risolvono una volta per
tutte ma il momento è questo. Devono farlo soli. - Fu molto fermo e
convinto, Jun sapeva in cuor suo che aveva ragione ma pareva restio a
lasciarli fare.
-
Si ammazzeranno… - Fece più fra sé e sé riappoggiandosi allo schienale.
Guardò oltre Karl, non voleva lasciarli soli. - Ma perché devono fare
così? - La sua era una domanda insofferente ed in senso generale, Karl
la prese letteralmente e si sforzò di spiegargli da cosa era scaturito.
-
Kojiro voleva costituirsi e salvarti convinto che ti uccidessero al
posto loro, Genzo invece sapendo che non ti faranno niente non voleva
mandare a quel paese tutto. - Genzo questa volta aveva ragione. Jun
sorrise immaginandosi Kojiro agitato.
- Che carino… - Gli sfuggì mentre arrossiva. Si preoccupava fino a quel punto per lui…
-
Poi Kojiro si è arrabbiato, ha detto a Genzo che non gliene frega
niente di te e che si fa parare il culo mentre lui gli ha detto che si
è rammollito con te! - Jun si fece serio e silenzioso, anzi… in realtà
impallidì proprio.
- Si stavano per picchiare? - Chiese cauto.
-
Esattamente. - Jun sospirò immaginando il resto. - Poi Tsubasa ha preso
in mano la situazione ed ha detto di aspettare domani mattina per
vedere come sarebbe andata. - Jun si sorprese anche di quello.
-
Lui e Taro hanno risolto? - Chiese curioso. Karl annuì per niente
interessato alla cosa, poi gli pose la domanda per cui era lì.
-
Cosa vuoi che facciano? - Jun stupito della domanda sbatté le palpebre
un po’ prima di capire il senso, quindi realizzandolo pensò che
ultimamente si trovava a parlare spesso con Karl, nonostante avesse
passato tantissimo a non farlo per niente.
-
Niente, non mi succederà nulla. Mio padre capirà che non c’entro ma che
so chi è stato e quando vedrà che non parlo penserà subito a Genzo ma
non arriverà mai a nessun altro. Senza prove concrete ha le mani
legate. È tutto a posto. - Ma Jun questa volta si sarebbe rivelato
ottimista.
Karl annuì, dopotutto aveva ragione Genzo per una volta.
Non
fece espressioni particolari e dopo qualche istante di silenzio di
nessun tipo specifico, quando stava per andarsene, Jun lo trattenne con
una frase strana che era più rivolta a sé stesso. Una frase spiazzante,
in realtà. Lo sguardo adulto rivolto verso la finestra, la neve ormai
cadeva da ore e tutt’intorno un’atmosfera da film… né dell’horrore né
fantasy. Un film misterioso.
-
Mi chiedo proprio perché non siano capaci di andare d’accordo per amor
mio. - Jun lo disse perché lui e Karl, invece, nonostante non si
fossero mai considerati, ora per amore di Genzo stavano avendo un
rapporto anche piuttosto buono. Il ragazzo, però, non capendo si stupì
di quella domanda e non trattenne la risposta sebbene non fosse una
cosa di sua competenza. Era strano che se lo chiedesse, Jun conosceva
bene tutti, specie loro due.
-
E’ proprio perché ti amano troppo che non riescono ad andare d’accordo.
Ora che stai con Kojiro meno di prima. - Jun lo guardò ma non era
sorpreso, lo sapeva bene che dipendeva dal tipo di amore. Lui e Karl
riuscivano a provare sentimenti in una misura più normale rispetto a
Kojiro e Genzo. Ma la sua considerazione era un’altra.
- Appunto. Troppo amore. Sarà un amore sano? - Quella domanda, Karl, proprio non la capì.
Su quel silenzio, ora pesante, il ragazzo si congedò sperando che nel tornare in camera ritrovasse tutti vivi e vegeti.
Non avevano la minima intenzione di parlare però Karl aveva ragione, dovevano farlo e farlo da soli. Una volta per tutte.
Il
problema di Kojiro non era perché non voleva dirgli in faccia quanto lo
ritenesse un approfittatore, era solo perché non sapeva come tenere a
freno la lingua.
Genzo
e Jun non erano veramente fratelli e vedendo il legame che avevano,
scoprendolo di sana pianta, era sempre più convinto che se l’avessero
saputo sarebbe cambiato tutto. Il punto era come, chi, cosa sarebbe
successo di preciso.
In una piccola parte di sé aveva addirittura paura che i due potessero scoprirsi innamorati, per assurdo.
Kojiro
di problemi ne aveva ma erano tutti di natura personale. Le sue paure
non erano ancora state vinte e per la sua esperienza, il male aveva la
cattiva mania di vincere sempre.
Genzo però pensava di averne di meno, quindi sospirando borbottò per primo fissando il pavimento come se fosse interessante.
-
Senti, non è niente di personale… cioè, non mi piacevi già prima per
partito preso. Non c’è un motivo particolare. Però ora è peggiorato
perché sei il ragazzo di mio fratello, tutto qua. - Kojiro non avrebbe
voluto fargli quella stupida domanda, stupida se uno non sapeva quello
che sapeva lui. Ma alla fine la sua lingua si mosse da sola.
-
Perché se sono il ragazzo di tuo fratello tu devi essere tanto geloso?
Che te ne frega? Mica è il tuo ex! - A volte lo sembrava. O, peggio,
sembrava fosse il moroso.
E dire che in pubblico si tratteneva e pareva non gliene importasse niente, di Jun.
Genzo lo guardò alzando un sopracciglio scettico. Questo era epico!
-
Stai dicendo che sembro il suo fidanzato solo perché sono protettivo
con lui? - Kojiro a questo punto pensò che tanto valesse confermarlo e
annuendo incrociò le braccia al petto in segno provocatorio.
- Certo! Perché vuoi dire che non è così? - Genzo rimase di stucco.
- Ti sei bevuto il cervello?! E’ mio fratello! - Kojiro voleva gridargli la verità, non significava niente quella frase, anzi…
- Ma sembri il fidanzato! - Genzo si mise in punta sulla poltrona allargando le braccia per rimarcare ciò che diceva:
-
Ma è mio fratello, dannazione! Che cazzo ti frega cosa sembriamo? Tu
sai cosa siamo! È normale essere gelosi, sono stato il suo mondo sin da
piccolo, sono il suo unico legame di sangue vivo! Dai, Kojiro, non fare
l’idiota! - Kojiro in quel momento scattò in piedi, non riuscendo più a
trattenersi. Glielo voleva gridare… che non erano veri fratelli, che
Jun non aveva legami di sangue con nessuno e che aveva ragione ad
essere geloso ed arrabbiato e che non era lui l’idiota!
Una
volta in piedi con l’insana e furiosa intenzione di gridarlo, però, si
rese conto che poi sarebbe stata la fine, Jun ne avrebbe sofferto
tantissimo ed era l’ultima cosa che voleva.
Fu così che abbassando le braccia coi pugni stretti, sospirò e scosse il capo seccato.
“Ha ragione, mi sono rammollito!”
Pensò avviandosi verso la porta.
-
Non importa! - Brontolò aprendola, Genzo non lo fermò e non disse
niente ma allibito e sconcertato ebbe conferma certa che quel ragazzo
aveva qualcosa. Ed era anche qualcosa di grosso, per rinunciare al
litigio con lui.
- Chissà cos’ha! - Ma non avrebbe di certo immaginato che potesse trattarsi di quello.
Quando
rientrò, Karl vide Genzo seduto dove l’aveva lasciato ma la camera
completamente vuota. Era serio e pensieroso e probabilmente non
riusciva a venire a capo di qualcosa che era appena diventato un
maledetto tarlo.
“Non ha risolto niente!”
Esclamò fra sé e sé il ragazzo decidendo di lasciar comunque perdere.
Quando lo vide Genzo si riscosse e lo guardò dalla sua postazione, ormai aveva il sedere incollato in quei cuscini comodi.
- Allora? - Chiese ansioso come se Jun avesse avuto un vero attacco di cuore.
-
Come hai detto tu, per lui non ci sono problemi. Ora lo tengono là ma
non gli hanno fatto esami di conseguenza anche se lo collegheranno al
disastro delle aule, non ricaveranno niente. - Genzo fece un sorrisetto
vittorioso. Lui sapeva, lo conosceva bene!
Karl avrebbe riso di quella sua espressione infantile ma evitò perché altrimenti sarebbe diventato troppo scemo.
-
Bè, allora io vado a dormire… - Disse Karl senza nemmeno avvicinarsi.
Non stavano insieme, non si erano ancora baciati davvero da quando
avevano fatto pace, erano solo amici molto stretti. Non c’era ragione
di trattenersi lì per aspettarsi altro.
Però l’avrebbe voluto.
“Se ne fossi il tipo prenderei io l’iniziativa ma se non lo fa lui significa che non vuole davvero, quindi è meglio così!”
Cominciava
anche a pensare che Genzo non volesse più mettersi con lui. Non capiva
perché non ci provava più… non contemplava l’idea che si stava
sforzando di andare per gradi e fare le cose per bene.
- Come, di già? - Chiese Genzo stupito quando vide la mano sulla maniglia.
Karl non la tolse ma si girò solo col capo, lo guardò sbieco e sottile e rispose composto.
-
E cosa dovrei fare ancora qua? - Per lui quella notte era come non
fosse successo niente, non era eccitato all’idea delle aule allagate e
non gli importava molto dei suoi problemi con Kojiro.
Genzo, però, parve avere altri programmi.
Quando si alzò aveva di nuovo quel suo sorriso tipico, quello sbieco da stronzo.
A Karl piaceva ma non glielo avrebbe mai detto.
- Io un’idea l’avrei… - era già ora? Si disse Karl.
Cioè
finalmente si decideva? Lasciò la maniglia e si voltò per riceverlo, le
spalle alla porta, il fiato regolare… ma i battiti non tradivano la sua
emozione.
Si
avvicinò sinuoso nel suo silenzio, si stava riempiendo di lui, della
sua figura alta e forte, muscolosa per le molte ore di esercizi per la
boxe e del suo volto tenebroso da maledetto.
Gli occhi così neri non erano mai stati.
Però qualcosa stonava… forse… forse farlo così di punto in bianco senza un motivo particolare.
Le mani di Genzo erano sui fianchi e le labbra quasi sulle sue. Quasi.
Fu allora che Karl glielo chiese piano e calmo.
- Perché ora? Cos’è cambiato? - Già, cos’era cambiato?
Karl l’aspettava, prima o poi, il lato fisico nel loro rapporto. Ma prima o poi. Quando Genzo si sarebbe sentito pronto.
Era assurdo dirlo ma era così.
- Perché… - Genzo si oscurò a quella domanda. Non sapeva la risposta.
- Non dire perché ti va… avevi deciso di tirare fuori il vero Genzo. - Come a dire che quello non era il vero Genzo.
-
E quale sarebbe il vero Genzo? - Chiese basso e suadente, cercava di
pensare senza perdere la faccia. La verità era che l’avrebbe comunque
persa, con lui. Ma solo con lui.
-
Quella di chi fa le cose per bene con chi ci tiene. Se ci provi subito
senza motivo significa che non ci tieni. Ci tieni a me? - La domanda fu
seria, lenta, una provocazione sensuale. Genzo ne ebbe voglia più di
prima, si morse il labbro e si sforzò di non imprecare, voleva rimanere
saldo ed essere all’altezza ma il controllo scarseggiava, con lui.
Karl capì di essere molto desiderato ma non avrebbe cambiato idea.
Alla fine di quel gioco di sguardi molto penetranti e profondi, diversi, agli antipodi, Genzo l’ammise a malincuore e seccato.
-
Certo che ci tengo. - Come fosse una colpa. Fu così che Karl sorrise un
po’, un’ombra di luce fugace. Il necessario per rilassare Genzo e
fargli capire che stava andando bene.
Dopo
gli appoggiò solo la fronte sulla sua, nient’altro. Chiuse gli occhi,
si impresse il momento ed altrettanto fece Karl. Quest’ultimo poteva
dire di essere arrivato molto lontano rispetto da dove era partito,
appena arrivato all’Istituto. Non sarebbe tornato indietro, però non
voleva bruciare le tappe. Nessuno doveva.
Tutti
avrebbero dovuto camminare con calma per non fare passi troppo lunghi
rispetto alle proprie gambe. Peccato che non tutti la pensassero così.
Un certo Kojiro Hyuga, ad esempio, quel passo l’aveva fatto ed era davvero molto lungo.
Lui e Genzo, invece, stavano finalmente imparando a camminare come si doveva.
Quando
se ne andò era dispiaciuto ma sicuro che fosse la cosa giusta e lo
stesso pensò Genzo, seppure, nel letto, alla fine si soddisfò da solo.
“Tanto è solo rimandato!”
Esclamò sicuro e con un sorrisetto dei suoi.
Nemmeno Karl nutriva più dubbi in merito.
Il mattino successivo fu una specie di anticamera d’inferno.
Il caos apocalittico che scoppiò nessuno l’avrebbe mai potuto immaginare. Nessuno.
Ma
quel che lasciò tutti senza parole fu la notizia che Jun Misugi sarebbe
stato punito, accusato di essere il colpevole dell’allagamento del
piano delle aule.