CAPITOLO XX:
LE CONSEGUENZE
La voce si sparse a macchia d’olio, come ogni altra voce si spargeva sempre puntuale appena nasceva.
Genzo
fu buttato malamente giù da colpi potenti sulla porta, quando si alzò
ed aprì si vide la faccia nera -e non d’abbronzatura- di Kojiro.
Non
fece in tempo ad aprirla del tutto che il ragazzo di tre anni più
piccolo era dentro la camera del senpai e, tenendolo per le spalle, lo
scuoteva ignobilmente come avesse il diavolo dentro.
-
L’HANNO PUNITO! ALLA FINE L’HANNO PUNITO DAVVERO! E CHE PUNIZIONE GLI
DARANNO? MA LUI E’ JUN MISUGI! NON POSSONO PUNIRLO! E POI SANNO CHE NON
E’ STATO LUI, PERCHE’ LO PUNISCONO? AVEVI DETTO CHE TUO PADRE NON GLI
AVREBBE FATTO NIENTE ED INVECE LO PUNISCE! AVEVO RAGIONE IO, DOVEVAMO
FARE QUALCOSA SUBITO! ORA COSA GLI FARANNO? - Genzo in un primo
momento, tutto addormentato com’era, capì poco e niente, poi quando
Kojiro tuonò ancora - GENZO, CAZZO! PUNIRANNO JUN PER L’ALLAGAMENTO
DELLE AULE! DOBBIAMO FARE QUALCOSA! - Genzo capì.
Capì
che erano tutti suonati seriamente e prendendo con fermezza i polsi
dell’altro lo spinse sul letto, il cadere sul materasso lo spense per
un istante ed allora si inserì con sicurezza, voce bassa ma forte:
-
Kojiro, ma che razza di punizioni pensi gli diano? Gli faranno pulire
il piano allagato! Dannazione, non picchiano, non ci sono prigioni,
qua! Che infanzia hai vissuto? - Genzo davvero non aveva idea del tipo
d’infanzia che aveva vissuto… Jun l’aveva ma lui no.
Il
ragazzo seduto sul letto smise di gridare come un ossesso e fissò
l’altro come se capisse per la prima volta che quel mondo lì fuori era
davvero diverso dal proprio, dove aveva vissuto prima.
-
Dici davvero? - Chiese infatti cauto ancora convinto che non potesse
essere come diceva lui. Genzo, seppure fosse ancora mezzo addormentato,
capì che doveva aver avuto un’infanzia decisamente sconvolgente. Fino a
quel momento non gli era interessato per niente, ognuno aveva le
proprie storie e quelle di Kojiro soprattutto non l’avevano mai
toccato. Fino a quel momento. Non capiva perché ma questa volta era
diverso.
-
Sì! Sicuramente sarà una punizione di mettere a posto o pulire
qualcosa, o riordinare… insomma, non ci sono prigioni o torture… tu… tu
cosa pensavi? - Era davvero pazzesco che un ragazzino credesse a quel
genere di cose.
Kojiro
era ancora sconvolto e guardando per terra ora si vergognava d’averlo
pensato e fatto una piazzata simile, non arrossì per miracolo ma Genzo
capì che era in difficoltà e se in un caso normale avrebbe infierito
volentieri, lì capì che c’era qualcosa di diverso, maledettamente
diverso. Forse era diverso perché lui era il ragazzo di suo fratello.
-
Non so… sì… pensavo alla cintura… o ad una specie di cella buia e
fredda… - Genzo avrebbe voluto fare la battuta ‘tu hai visto troppi
film’ ma sapeva che non era quella la questione.
A
quel punto Genzo fece una cosa incredibile per i suoi canoni, specie
perché la fece nei confronti di Kojiro. Se l’avessero visto avrebbero
creduto tutti di avere le allucinazioni e Kojiro stesso ci rimase di
sasso.
Si
sedette nel letto con lui e mettendogli la mano sulla schiena da amico,
gli disse piano guardando il suo profilo selvatico e sconvolto.
-
Qua non si vive così. Puoi rilassarti… il massimo della pena è ordinare
la cantina. - E non fu quello che disse ma il modo. Per un momento, un
fugace e velocissimo momento, Kojiro pensò d’avere accanto Jun e si
girò a guardarlo stupito, gli occhi sgranati e la bocca aperta. Vide
che era Genzo e non ci credette a quel tono quasi dolce. Non poteva
essere lui.
Però
si scontrò coi suoi occhi neri e tenebrosi e capì che era lui… e pensò
che forse, magari, anche se non era davvero il fratello di Jun alla
fine lo era comunque. In un modo strano ma lo era.
Alla
fine non sorrise ma si trovò impacciato a guardarlo, quindi abbassò lo
sguardo e si vergognò di sé stesso e delle proprie esperienze. Se ne
vergognò e sperò di riuscire a controllarsi meglio, in futuro.
Genzo
però non disse altro e si rivelò alquanto delicato in quell’occasione,
molto più di quanto chiunque avrebbe immaginato potesse essere.
Accennò
ad un piccolo sorriso ed alzandosi si stiracchiò sbadigliando, Kojiro
l’osservò ancora sotto shock e non disse nulla. Sarebbe rimasto un
segreto fra loro? Dunque ora ne aveva uno anche con lui?
Non gli aveva detto niente di sé e del proprio passato ma in quel modo era come se l’avesse fatto…
Non
avrebbe detto niente però rimase catalizzato dalla sua figura atletica
e snella mentre si toglieva la canottiera e si infilava in bagno a
lavarsi il viso. Ci mise un istante e quando uscì tirò fuori i primi
vestiti che gli capitarono a tiro.
Una volta vestito si passò distrattamente le mani fra i capelli neri e mossi, quindi gli lanciò un’occhiata fugace:
- Vado da Jun e decidiamo cosa fare, ti farò sapere subito. -
Kojiro si svegliò in quel momento come da un lungo sonno e scuotendo il capo si alzò di scatto dal letto.
- Vengo anche io! - Genzo gli mise una mano sul petto e lo spinse leggermente indietro, poi con fermezza e comando disse:
- No! -
-
NO?! - Ecco, la magia era finita, pensò Kojiro. Genzo era di nuovo
stronzo! - Ti ricordo che è il mio ragazzo e… - Genzo non lo fece
finire, seccato.
-
Appunto per questo! Sono convinto che mio padre l’abbia punito sapendo
che lui non c’entra per far venire allo scoperto il suo moroso e
rendergli la vita impossibile! - Kojiro sgranò gli occhi. Si era perso
qualche passaggio? Genzo sospirò e cominciò a spiegare spazientito.
-
Senti, conosco mio padre. È geloso e possessivo con Jun, con me più di
tanto no ma paradossalmente con lui è davvero morboso a volte. Sarà
perché non è il suo vero figlio o perché soffre di cuore… però avrà
capito di sicuro che ha il moroso e vorrà capire chi è. Se lo punisce
salterebbe fuori subito, ed infatti stavi andando là. Però se lo sa
penso che sarebbe capace davvero di infierire pesantemente e non mi
pare tu ne abbia voglia, no? - Kojiro si perse l’atto di gentilezza nel
capire come diavolo Mikami avesse potuto capire che Jun aveva un
ragazzo.
-
Ma come ha capito che Jun sta con un ragazzo? - Genzo era andato
velocemente oltre quel punto, nonostante fosse appena sveglio il suo
cervello lavorava a livelli alti, non agli stessi di Jun, ma nessuno
lavorava a quei livelli!
-
Fidati! In qualche modo l’ha capito. Se vai là ora capirà anche che sei
tu. Aspetta che io e Jun elaboriamo un piano sicuro. - Sicuro per lui,
inteso. Kojiro ci rimase così di stucco che lo lasciò andare
consapevole che il mondo stava andando sempre più al contrario.
Genzo sapeva bene dove trovare Jun, non certo in camera sua o in infermeria.
Andò
a colpo sicuro nello studio del padre e nemmeno bussò, aprì la porta
sbattendola. Era arrabbiato perché sapeva cosa stava facendo quell’uomo
e non era giusto, non lo era per niente.
Jun
era seduto su una delle due sedie imbottite davanti alla scrivania in
mogano elaborato, era ordinata e piena di fermacarte costose.
La sedia del direttore era vuota.
Jun si voltò verso di lui e quando lo vide non fece una piega particolare, si aspettava arrivasse.
Genzo si sedette nell’altra sedia, come se fosse lì per lui, e rivolto verso il fratello partì subito in quarta!
- Come diavolo ha fatto? - Aveva un’idea ma sapeva che lui ne era proprio sicuro.
Jun in effetti lo sapeva e composto spiegò.
-
E’ intelligente e ci conosce bene! Sa che non sono stato io e sa che tu
non avresti avuto bisogno di copertura perché i sorveglianti non ti
fanno niente. Di conseguenza sto coprendo qualcun altro. Siccome io non
coprirei nessuno che te e siccome questo lavoro non lo si poteva fare
in due e che comunque a te non serviva il mio aiuto, ha capito che
copro uno molto importante per me. Siccome non ha idea di chi possa
essere perché non sono mai stato legato a nessuno, gli è venuto una
crisi isterica. Sa che sto con qualcuno, che copro il mio ragazzo
-posto che una ragazza non avrebbe mai fatto niente del genere- e
sconvolto da questo mi ha punito per farlo venire allo scoperto! -
-
Ancora un siccome che dici e spacco tutto! - Esclamò Genzo seccato
sbuffando. Jun sorrise divertito ma rimase calmo. Ci aveva pensato
molto bene.
-
Comunque dì a Kojiro che non venga perché se lo vede e capisce che è
lui poi papà gli renderà la vita impossibile! - A questo ci era
arrivato da solo e orgoglioso per averlo anticipato passò al resto,
sapendo la risposta anche di quella domanda…
-
E’ davvero così geloso? O non vuole che stai con un ragazzo? - Sperava
quasi che fosse la seconda… che suo padre fosse così geloso di Jun
tanto da punirlo in modo da far venire allo scoperto il suo moroso era
davvero assurdo, per lui. Era troppo geloso. Troppo.
- Tutti e due. - Disse poi Jun pensandola comunque come lui.
- Ma è assurdo, non è nemmeno il tuo vero padre! - Questi discorsi li facevano sempre senza arrivare a nessun dove.
- E’ come se lo fosse! -
- Comunque non starà mai da parte quello! - Fece Genzo riferendosi a Kojiro.
-
Magari se si costituiscono tutti non saprà chi di preciso fra loro è il
mio ragazzo! - Pensò Jun che aveva elaborato una strategia sicura per
tutte le eventualità.
- Faremo così! - Concordò Genzo alzandosi, non aveva voglia di vedere suo padre, ci avrebbe litigato.
-
Senti hai risolto con Kojiro? - Jun però ci teneva a saperlo, ci teneva
ad entrambi, voleva che andassero d’accordo. Genzo sbuffò e ripensò a
qualche minuto prima. Un avvicinamento in effetti c’era stato… ma non
era sicuro di volerne parlare… non perché fosse un segreto ma perché
sarebbe apparso in un modo che non voleva essere visto.
-
Proprio per un cazzo ma non importa! Non serve che andiamo
assolutamente d'accordo! - Jun fece un piccolo sospiro deluso, ci aveva
sperato in realtà. Avrebbe significato che erano capaci di un amore
sano e normale. Possibile che con lui fossero tutti esagerati se non
addirittura morbosi come Mikami?
- Però a me piacerebbe. - Asserì piano infatti.
-
Non ci riesco! Si scopa mio fratello, non può andarmi bene, capisci? -
Esclamò Genzo allargando le braccia ed alzandosi. Jun arrossì e
ringraziò il Cielo di essere solo con lui.
- Non abbiamo ancora fatto niente! - Lo corresse conscio che quel che avevano fatto era già tanto, per lui.
-
Bè è lo stesso! - Tagliò corto Genzo effettivamente infastidito da
questo concetto, ovvero che qualcuno osasse farsi suo fratello, suo
fratello, insomma. Non un suo amico, ma SUO FRATELLO!
Per lui era normale essere infastiditi se non gelosi… non lo era?
Per Jun, a quei livelli, no.
-
Dai cerca di non dargli sempre contro. Per me è importante. Ci tengo! -
Perché ci teneva ad entrambi. In modo diverso ma ci teneva.
-
Ci provo solo perché me lo chiedi tu. Ma non ti prometto niente! - Fece
poi Genzo con la sensazione di essere di nuovo stato sconfitto dal
fratello, non ci riusciva a scontentarlo. Se gli chiedeva qualcosa in
modo tanto esplicito alla fine doveva accontentarlo. Jun sorrise e
Genzo si sentì anche contento di averglielo detto. Per cui l’idea di
essere imbecille fu tanta.
-
E’ sufficiente! - Dopo di questo il minore gli sfiorò la mano per
ringraziarlo, Genzo finse di non sentirlo per non dover fare come
facevano di solito quando erano soli. Ovvero ciò che un fratello
normale avrebbe fatto in una situazione simile… non era chiaro a
nessuno dei due, in realtà, come fosse quel comportamento 'normale',
non se lo erano mai chiesto, erano sempre andati sicuri come volevano
sul momento. Ora era una cosa strana. Molto strana.
Lo
era da quando era arrivato Kojiro per portarsi via Jun. Genzo si era
attaccato mille volte più di sempre a lui e Jun, notandolo, aveva
cominciato a chiedersi seriamente fino a che punto pensasse do arrivare
ed il perchè fosse improvvisamente diventato possessivo quando comunque
non lo era mai stato. Non trovava mai risposte.
Appena
Genzo mise piede fuori dallo studio, il desiderio di non incontrare il
padre per non litigarci non fu esaudito e proprio a pochi metri spuntò
l’uomo che corrispondeva anche al ruolo di preside.
Gli
occhi del ragazzo si indurirono come due onici ed appena i si
incrociarono, il giovane guardò in alto sbuffando. Sperava di non dover
parlarci ma alla fine eccoli lì.
L’uomo
adulto era intorno alla cinquantina, aveva poche rughe in viso, un
portamento eretto e fiero ma movimenti molto calmi e tranquilli.
Era
un uomo che amava molto gli studenti e che a loro aveva consacrato la
sua vita, però quando si trattava dei suoi figli la minestra cambiava
drasticamente. Jun era convinto che fosse tanto legato ai ragazzi
dell’istituto perché non riusciva a creare un rapporto sano e buono coi
suoi figli.
-
Sei un perfetto idiota! Lo sai che non c’entra niente Jun! Perché
diavolo lo punisci? - Non aveva peli sulla lingua ed arrivava anche ad
insultare il padre se riteneva d’avere ragione. Ed ora lo sapeva.
Mikami lo fissò duro ma rimase composto, davanti a lui ed alla porta dello studio, fissò il figlio con le mani ai fianchi.
-
Ha partecipato anche lui, non sono scemo ed è ora che la finiate di far
con me ciò che volete solo perché siete i miei figli! -
Genzo si inalberò e puntando un piede in modo anche infantile, lo fronteggiò battagliero.
-
Sono io che faccio così, Jun non c’entra! Quante volte te lo devo dire?
Lo sai bene! Lui si è trovato solo al posto sbagliato nel momento
sbagliato ed ha agito d’istinto, non l’ha nemmeno pensata, quella
stronzata! - Mikami per un momento parve perdere le staffe, anche
perché non si trattava solo di quella bravata.
- La chiami stronzata allagare le aule? Sai quanto ci vorrà per sistemare tutto? Dovrò sospendere le lezioni in anticipo e… -
- Sai che tragedia! - anche perché era proprio quello che aveva voluto, sospendere prima le lezioni.
- A te non importa ma è un guaio serio! - Ma Genzo non la vedeva così e non aveva paura di dirglielo.
- Lo sai che non è per questo che lo stai punendo! -
- E per cosa, sentiamo? - Mikami era convinto che non avesse il coraggio di dire certe cose. Non lo conosceva bene.
-
Perché lui è quello che ti rigira a suo piacimento, che ti convince a
fare quel che vuole anche quando tu vuoi tutt’altro! Ti senti preso in
giro da lui, raggirato… come se fossi tu il figlio! Allora ti vendichi!
- Senza contare la questione del fidanzato. Ma se per un miracolo
assurdo non era così, dirglielo l’avrebbe tragicamente messo sulla
strada sbagliata. Non poteva correre quel rischio!
- Non mi sento raggirato da lui, quanti anni credi che abbia? 15? - Era vero, non era per quello. Non solo.
-
No, hai ragione… ti sta sul culo che non sai chi sono tutti quelli
coinvolti, sai che non è una cosa che si può fare in due o da soli e
quindi vuoi sapere il nome di tutti per infierire meglio, lui è solo la
tua esca! - Era una mezza verità, doveva capire quanto sapeva e cosa
pensava di preciso senza chiederglielo chiaramente.
Mikami però stava perdendo le staffe, come succedeva sempre con Genzo.
-
Genzo invece di difenderlo evita di rovinarlo! - E forse il punto
peggiore di tutti era questo… che Mikami fosse fissato con Jun perché
il suo vero figlio era una vergogna, visto che era un ribelle che
combinava sempre guai, andava contro tutte le regole per il gusto di
andarci e perché, semplicemente non era come voleva. E poi c’era la
questione della sessualità.
-
Ah secondo te lo sto rovinando io? Perché pensi che sia gay e lo sono
anche io? - A quel punto doveva dirlo, tanto valeva essere chiari.
Genzo con le mani ai fianchi ed il mento alto lo sfidava a dire la
verità una volta per tutte. Peccato che se l’avesse detta, poi ne
sarebbe uscito distrutto.
-
Perché si mette in mezzo a cose che non dovrebbe! - Mikami però non
voleva mettere sul piatto ogni cosa, voleva cercare di tenersi le cose
importanti per sé perché in cuor suo sapeva che era grave il suo
comportamento e sicuramente non onesto.
Genzo scosse il capo sapendo che non c’era niente da fare.
-
E tu dovresti imparare ad essere sincero coi tuoi figli! Non siamo
idioti! - con questo veleno nelle parole e nello sguardo, gli voltò le
spalle e se ne andò. Non valeva la pena discuterci. Alla fine, non ne
valeva mai.
Non si sarebbero mai incontrati, mai.
Mikami sospirò nel guardarlo allontanarsi e prima che sparisse dietro l’angolo, gli disse con una certa ansia.
- Controlla che durante la punizione non si stanchi troppo! - Proprio questo distrusse Genzo.
“C’è qualcosa di sbagliato in tutto questo, dannazione… possibile che lo veda solo io?”
Ma
non era proprio così… anche Jun lo vedeva e chiudendo gli occhi, dietro
la porta dello studio da cui aveva ascoltato la loro conversazione,
sospirò sconfitto e abbattuto.
Perché dovevano fare così?
Perché doveva essere così?
Quello non era amore… quello era di tutto ma non amore. Non l’amore che sarebbe dovuto essere.
Quando
tornò in camera, Kojiro lo stava ancora aspettando lì. Per assurdo
aveva sperato di trovarci Karl ma spazientito sospirò senza la minima
voglia di litigare con lui o spiegare cose troppo complicate per essere
capite in così poco tempo.
-
Ci dichiariamo tutti colpevoli così mio padre non saprà chi fra tutti è
il ragazzo di Jun. Ci prendiamo la punizione e vaffanculo! E’ l’unica
per non lasciar fare tutto a lui e tenerti comunque nascosto. - Poi,
prima che Kojiro ribattesse che non gliene importava di essere scoperto
come il moroso di Jun, aggiunse. - Credimi che non vuoi che si sappia
che sei tu. Fidati. - allora l’altro non ribatté più nulla.
Si
vedeva che Genzo aveva qualcosa ma non aveva voglia di chiedergli di
cosa si trattasse, non era uno che faceva beneficenza. Prima era stato
sorprendentemente carino ma la cosa finiva lì. Lui era sempre lo
stronzo insopportabile.
-
Dillo a tutti, ci vediamo in presidenza. Io vado da Karl. - Detto
questo, secco e sbrigativo Genzo uscì senza aggiungere altro e tanto
meno ammettere la minima replica.
Che replica si poteva fare, del resto?
Non gli aveva dato il minimo tempo.
“Quello è proprio strano!”
Pensò il ragazzo rimasto solo poco prima di uscire da lì a sua volta.
Bussò per proforma, entrò poco dopo sapendo che non chiudeva a chiave.
Karl
era già sveglio e pronto per uscire, quindi lo trovò che si metteva
l’orologio al polso. Lo sguardo che gli posò addosso fu ghiaccio fuso.
Ghiaccio che si sciolse subito appena venne a contatto con le braci che
Genzo aveva al posto delle sue iridi.
Era furibondo ed era chiaro.
- Hai litigato con qualcuno? - Chiese consapevole che poteva essere tanto nero solo per Jun o suo padre.
Genzo grugnì qualcosa di incomprensibile, poi cominciò a camminare su e giù per la stanza. Voleva spaccare qualcosa.
-
Mio padre punirà Jun pur sapendo che non c’entra niente, è la sua esca
per far venire allo scoperto il suo ragazzo. Una volta che saprà chi è
gli renderà la vita impossibile finchè, magari, non riuscirà ad
espellerlo in qualche modo! Di quel coglione di Kojiro non me ne fotte
un cazzo ma Jun ne uscirebbe distrutto! E poi cazzo, che sia onesto,
una buona volta, no? Spara un sacco di cazzate sul fare il suo lavoro
come si deve ed il non essere preso in giro da noi ma poi la verità è
che è geloso e vuole scoprire chi è il moroso di Jun! Insomma! E poi
sono io quello che l’ha rovinato! Perché io sono gay ed ora anche Jun
lo è! Ma cazzo, sono io suo figlio! Perché non se ne rende conto? Ma
che vada a fanculo! Solo che se rende la vita impossibile a Jun per
vendicarsi di me che non sono il suo figlio ideale e faccio quel cazzo
che mi pare, lo disintegro! Lui ha problemi con me ed intanto prende di
mira lui! -
Genzo
avrebbe continuato ancora per molto se Karl, captando un concetto
davvero strano, non fosse intervenuto con fermezza interrompendolo.
-
Pensi che tuo padre ce l’abbia con te perché non sei come vorrebbe? -
Era quello il fulcro di tutto. Ora cominciava a capire molte cose, di
Genzo, cose che non avrebbe mai immaginato in realtà. Aveva sempre
visto in lui uno che almeno col padre non aveva problemi, una rarità.
Di cose quel ragazzo ne nascondeva.
Genzo
si fermò e si morse il labbro, non voleva parlarne però ormai aveva
cominciato e lui era lui… magari poteva… lo guardò. Era in piedi fermo
in posa neutra ma lo fissava con uno sguardo davvero penetrante. Ci
teneva a saperlo.
Allora
sospirò un po’ sconfitto. Erano cose che non aveva capito bene nemmeno
lui, però le aveva sempre pensate… forse parlarne con qualcuno di
esterno poteva servire, dopotutto.
E poi, si ripeté, lui era Karl. Andava bene.
Si
appoggiò alla porta chiusa e mettendosi le mani nelle tasche dei jeans
parlò piano guardando in basso, come se si vergognasse di sé. Ed in
effetti era così.
-
Io ormai lo penso da anni… che mio padre volesse Jun come figlio vero.
Lui ha un carattere migliore e gli ricorda la donna che ha amato. Io
non assomiglio a nostra madre ed ho un carattere ribelle, insomma, non
sono un santo. Quindi non gli piaccio. Penso… penso che sia per questo
che non mi guarda quasi mai e che si scontra tanto con me. Io non
volevo stare qua, lui ci ha obbligati a trasferirci perché così non era
costretto a stare troppo con me. Da piccolo ero chiuso e scontroso per
via di mamma e Jun, poi quando ho accettato loro ed è successo… tutto…
io ho cominciato a comportarmi in modo un po’… sai, insofferente. Da
ribelle. Odiavo il mondo, la vita, tutti. Perché dopo che mi era
piaciuta la mamma era morta ed ora che mi piaceva mio fratello lui
soffriva di cuore. Ho avuto la fase da ribelle, crescendo, e penso che
mio padre mi abbia odiato. Lui preferisce Jun anche se non è il suo
vero figlio. Ed è morboso con lui perché somiglia tanto a lei… - Queste
cose davvero non le aveva mai dette a nessuno, non ne aveva mai parlato
con Jun. Se gliene avesse parlato di sicuro gli avrebbe detto di tutto.
Cioè a modo suo.
Non voleva che lo psicanalizzasse, lo detestava perché era sempre troppo preciso. Diceva cose che non voleva sentire.
Karl
ci era rimasto male, lo vedeva bene da sé. Cioè lo sentiva, guardandolo
gli apparve sempre uguale, però percepiva qualcosa nel suo respiro…
come se… se fosse mortalmente attento.
Si
sentì paralizzato per la prima volta da qualcuno e non si mosse, non
disse più niente ma attese impaziente che Karl dicesse o facesse
qualcosa.
Qualunque.
Karl stette a lungo fermo ad osservarlo in silenzio, poi si mosse lentamente verso di lui.
Molto lentamente. In modo esasperante.
-
E se ci fosse altro dietro? - E questa come gli usciva? Genzo alzò le
sopracciglia scettico convinto d’aver capito male, poi Karl, una volta
davanti a lui, senza toccarlo, continuò lento e pacifico. - Per
esperienza so che niente è come sembra in apparenza. Forse dietro c’è
dell’altro che tu non sai. - Sentendolo per la prima volta, Genzo non
poté che pensarci.
Che avesse ragione?
E cos’altro poteva esserci?
-
Non è già abbastanza quello che c’è ora? - Chiese infatti corrugando la
fronte. Il turbamento profondo in quello sguardo di tenebra, sguardo
liquido per un istante. Come il petrolio.
Karl
non dimostrò espressioni particolari, ma finalmente alzò il braccio.
Genzo trattenne il fiato non aspettandosi niente da lui. Era convinto
che avrebbe aspettato per sempre la sua iniziativa.
La
mano sulla sua guancia era fredda e poco morbida, però gli piacque lo
stesso. Gli donò una sensazione intima e bruciò subito al contatto.
Si
guardarono da vicino. Karl non aveva uno sguardo dolce però gli stava
accarezzando la guancia. Confuso, Genzo capì cosa voleva dirgli. Aveva
dei modi assurdi ma molto efficaci e sorridendo ancora stordito, disse
prendendogli la mano sotto la sua.
-
Ho capito… come una carezza dal di fuori può sembrare niente, dal di
dentro è addirittura dolce. - Karl avrebbe ritirato la mano, ora che
aveva capito, ma Genzo non glielo permise ed approfittò portandosela
alle labbra. Gli baciò le dita e poi il palmo, leggero. Un piccolo
ringraziamento. Anche lui se voleva sapeva essere dolce, dopotutto.
Rimasero a guardarsi così, non si dissero altro per un po’, non tornarono sull’argomento, non dissero assolutamente niente.
Erano tutti in fila davanti al preside, otto ragazzi dritti uno di fianco all’altro. E davanti a loro, seduto, Jun.
Genzo
fece un gioco di sguardi di sfida con suo padre che, seduto dietro alla
scrivania, fissava ovviamente lui per dirgli di smetterla di fare lo
scemo e dargli ciò che voleva. Genzo non avrebbe mai ceduto, così
esasperato da questo suo comportamento che reputava inutilmente
ostinato, Mikami decise di andare fino in fondo.
Non
aveva idea di chi fosse il moroso di Jun e a quel punto memorizzò i
visi di tutti e si appuntò di studiarseli e capire chi sarebbe potuto
essere.
Dopo un lungo momento in silenzio, il preside parlò serio e severo.
-
Visto che siete stati onesti nel costituirvi tutti insieme per non far
ricadere tutta la colpa solo su Jun, invece di pulire tutto il macello
che avete fatto nelle aule, mi limito a farvi pulire e sistemare le
cantine. - Genzo rimase di stucco, non si sarebbe mai aspettato una
cosa simile, poi capì che era per permettere a Jun di partecipare.
Pulire un intero piano dall’acqua sarebbe stato troppo faticoso per
lui, mettere a posto le cantine era diverso, poteva anche stare fermo
eventualmente. - Non vi sospenderò solo perché siete venuti qua
spontaneamente appena avete saputo di lui. Le uniche indicazioni sono
di non aprire gli armadi e limitarvi a quello che c’è in giro e sugli
scaffali. Sistemare, catalogare a modo di inventario e pulire. Ci
metterete penso un paio di giorni, siete tanti quindi non mi dispererei
al posto vostro. -
Kojiro ed Hikaru si guardarono.
Gli armadi dovevano restare chiusi.
Sapeva
che dentro uno di essi c’era qualcosa che i suoi figli non avrebbero
mai dovuto vedere, perché rischiare e far sistemare loro tutto quel
macello?
“Forse non ci pensa…”
“Ma ha detto di non aprire gli armadi…”
Non ne vennero a capo, specie perché il mistero era davvero fitto.
Ad ogni modo le cose si stavano mettendo comunque sotto una brutta piega, bruttissima.
Tutti loro insieme là sotto con un segreto tanto grande ed importante da preservare?
Cosa mai ne sarebbe potuto uscire?
Certamente niente di buono!