CAPITOLO
XXIII:
PER
STARE BENE
Poteva
annullare
tutto in quell'abbraccio.
Jun
si sentì
seriamente al sicuro aggrappato a Kojiro; per un momento, per quel
momento, non esisteva più niente. Solo loro.
Si
trovò
stupido a pensarlo perchè erano cose poco da lui, però era vero, si
disse mentre accoccolava il viso contro il suo collo pulsante e
forte.
Stava
meglio
solo perchè lo stava abbracciando. Forse era questo una relazione
sentimentale. Stare bene con l'altro solo perchè c'è, anche se si
sta passando un brutto momento.
Appena
la porta
si era chiusa dietro le loro spalle, Jun gli si era attaccato come un
naufrago ad un salvagente.
Stava
male,
stava male dentro e non riusciva a quantificare il suo dolore e
nemmeno a spiegarlo. A conti fatti nessuno si era fatto male, Mikami
aveva dato una spiegazione sensata e comprensibile e con Genzo anche
se non erano fratelli le cose non sarebbero cambiate. Voleva
convincersene, voleva crederci e forse avrebbe potuto davvero solo
nei giorni a venire.
Forse
era
presto, si disse Jun non capendo da cosa venisse il suo malessere.
Aveva
freddo.
Infilò
le mani
ghiacciate sotto la maglia in pile di Kojiro e al contatto con la
pelle liscia e calda stette subito meglio.
Sospirò
e sentì
il ragazzo aumentare la presa intorno alla sua schiena. Non aveva
idea della lotta interiore che stava avendo.
Alzò
la testa,
improvvisamente aveva bisogno di vederlo. Il suo viso selvatico e
affascinante da tigre, i suoi occhi sicuri e feroci ma dolci verso di
lui, solo verso di lui. Voleva vederlo e lo fece da vicino, il
respiro sul viso.
Era
caldo,
Kojiro, tutto l'opposto di lui sempre freddo e controllato. Voleva
essere come lui, voleva il suo calore, il suo fuoco. Lo voleva.
Jun
stava avendo
un subbuglio interiore non da poco e non lo sapeva gestire.
Parte
dovuto
agli ormoni già precedentemente stimolati dal suo ragazzo e comunque
dall'età, parte dall'esperienza traumatica appena vissuta.
Doveva
riflettere seriamente e lucidamente su cosa significava davvero non
avere legami con nessuno al mondo, legami veri ed effettivi.
E
cosa
significava essere ormai figlio e fratello di nessuno.
E
cosa cambiava
ora che sapeva tutto, cosa sarebbe cambiato se l'avesse saputo prima,
cosa...
cosa
era
successo veramente.
Incrociò
i suoi
occhi neri, Kojiro aveva una lotta interiore e l'intuì vagamente,
troppo confuso per arrivare ad altro lo baciò nel disperato
tentativo di scaldarsi e non pensare a cosa era accaduto.
Doveva
pensarci
ma non voleva, voleva poter scappare, per una volta.
Si
era fidato
per 14 anni di una persona che aveva amato come un padre vero che
però gli aveva mentito su una cosa importante come quella e
soprattutto aveva trattato Genzo come non aveva mai meritato.
Il
loro rapporto
era sempre stato strano e conflittuale ed aveva sempre pensato di
esserne lui la causa in qualche modo, perchè fra i due lui era
quello più fragile e con la storia più triste e quindi quello da
tenere sotto un vetro... però forse era paura, quella di Mikami.
Paura di affrontare il vero figlio e dirgli la verità, e cioè che
era Genzo quello con la storia peggiore, dopotutto. E paura di essere
odiato da lui per il modo in cui aveva gestito la cosa. Paura di non
saper comunicare veramente con lui. Paura di perderlo.
Era
tutto così
confuso...
Le
labbra di
Kojiro lo incendiarono ed anche quegli ultimi pensieri rimasti
vennero spazzati via dalla sua lingua che umida si faceva strada
nella bocca.
Non
contava più
niente. Ora il cuore batteva impazzito per un'altra cosa, una bella
cosa.
Voleva
fare
l'amore con Kojiro, non voleva pensare alla sua famiglia che non era
più tale.
Non
voleva
capire se appartenesse comunque a qualcosa o no ed in caso cosa
questo significasse.
Essere
soli al
mondo poteva avere senso oppure no, dipendeva dai rapporti che
comunque manteneva. Ma se questi cambiavano?
Una
cosa simile
cambiata tutto, era ovvio.
Jun
contrasse la
fronte indispettito da questi inserimenti mentali che la propria
mente gli offriva e prese la sua maglia, l'alzò oltre la testa e si
separò dalla sua bocca per togliergliela.
Sembrava
sicuro
di sé, come sempre.
Kojiro
rimase
sorpreso e confuso e per un attimo si lasciò fare.
Jun
voleva
andare a letto con lui e non sembrava così perso da non avere idea
di cosa faceva, poteva fidarsi, si disse.
E
poi lo voleva
anche lui.
Gli
abbassò la
cerniera della tuta che indossava, era firmata ed elegante anche se
pur sempre tuta.
Sotto
aveva una
maglietta intima bianca mentre Kojiro una canottiera.
Jun
gli tolse
anche questa mentre i due si guardavano.
Era
troppo
frenetico, si disse Kojiro senza capire.
L'aveva
immaginato diverso.
L'aveva
immaginato più lento e sensuale, pensava avesse voluto capire e
studiare il loro primo atto d'amore insieme. Uno vero.
Gli
fece
scivolare la maglia lungo le braccia e Jun se la tolse in fretta per
poi, tremante, inginocchiarsi davanti a lui e tirargli fuori
l'erezione.
Kojiro
sgranò
gli occhi ed impallidì nel guardarlo.
Va
bene
l'intraprendenza ma questo non era proprio davvero da Jun!
Stava
per
tirarlo su e vedere di lui ma la sua lingua l'assaggiò timida sulla
punta mentre la mano cominciò a muoversi su tutta la lunghezza
massaggiandolo con inesperienza.
Non
aveva mai
fatto quelle cose...
Per
un istante
Kojiro si chiese se non potesse approfittarne, anche se non era in sé
era una cosa che voleva e non era un santo, poteva benissimo farsi
Jun lo stesso.
Jun
non aveva
davvero idea di che cosa stesse facendo, glielo aveva sempre fatto
Kojiro... era strano toccargli il suo membro, era caldo e morbido ma
mano a mano che si muoveva diventava sempre più consistente al
tatto. Allora lo leccò bene chiudendo gli occhi, era così
emozionato che non pensava più a nulla se non ad andare fino in
fondo e a come si facevano veramente quelle cose. Andava per
esperienza personale e si ricordava che Kojiro glielo leccava e poi
l'avvolgeva con la bocca.
Provò
a farlo e
l'erezione crebbe contro il suo palato, lo sentì pulsare e scaldarsi
e Kojiro sospirò mentre gli accompagnava la testa contro di sé.
-
Stringi... -
Disse fra gli ansimi.
Lo
voleva anche
lui, non ne aveva dubbi.
Si
dimenticò di
spaventarsi per una cosa tanto nuova e strana e anche di studiarla
come avrebbe voluto.
Si
limitò a
sentirsi vittorioso. Non stava piangendo per quanto successo come un
debole ragazzino perduto... si stava provocando piacere, stava
vedendo da solo di sé stesso. Andava bene così.
Kojiro
stava per
venire con Jun che cominciava a stringere con le labbra il suo membro
rigido, ma quando se ne rese conto lo tolse da sé brusco, poi si
girò e finì da solo sporcando un fazzoletto.
Jun,
stordito di
questo insolito gesto da parte sua, aspettò a terra. Lo vide tornare
a lui con tutte le cose a posto e si chiese cosa avesse sbagliato.
-
Non andava
bene? - Chiese candido dal basso seduto sui polpacci.
Kojiro
tornò ad
eccitarsi ma l'essere appena venuto l'aiutò a non esagerare, si
sedette a terra e lo prese per le braccia con forza e convinzione.
-
Non dobbiamo
farlo ora... sarebbe sbagliato... credo... - Aggiunse poco convinto
lui stesso.
Stava
provando a
pensare come Jun. In casi normali avrebbe detto così.
Jun
scosse il
capo energico prendendolo a sua volta per le spalle.
-
No non è
sbagliato! Io voglio avere il tuo fuoco, voglio qualcosa di bello e
piacevole e non voglio pensare a tutto quello che è successo! Ho
bisogno di calore, di contatto umano, ho bisogno di non tornare più
su quella brutta storia! - Nell'agitazione non usava nemmeno un
linguaggio eccessivamente forbito e Kojiro capì allora quanto fuori
di sé fosse.
Scosse
ancora il
capo e lo strinse tenendogli la testa contro il collo, non lo lasciò
e gli tolse il fiato per un istante con tutta la forza che stava
usando. Anche lui lo voleva, lo voleva tantissimo e stava facendo
violenza su sé stesso per non lasciarsi andare e basta.
-
Non sei in te,
non lo vorresti così, se ne approfittassi ora che non sei in te, poi
mi odieresti! Fidati di me cazzo! - Voleva mandare tutto al diavolo e
farsi il suo ragazzo ma sapeva che era giusto così. Si diede
dell'idiota ma Jun, nel suo abbraccio, lentamente tornò.
Lento.
Molto
lento.
Il
nodo salì
per l'amore che gli stava dimostrando e pensò che amori simili anche
se non uguali glieli avevano dimostrati anche suo padre adottivo e
suo fratello. Bè, adottivo anche lui dopotutto.
Intorno
aveva
tanto amore, non poteva negarlo. Ma... quello di Kojiro era diverso.
Era più fisico e carnale.
Più
assoluto,
in un certo senso.
Tornò
con
queste riflessioni e le lacrime finalmente uscirono scaldandogli le
guance che ripresero colore. Lentamente lo stesso si propagò nel
resto del corpo, l'abbracciò e si accoccolò.
Era
la cosa
migliore che gli potesse capitare in quel momento, quel ragazzo. Lo
pensò e restò così.
Per
tutta la
notte non fecero assolutamente niente, restarono abbracciati, stesi
nel letto, e si carezzarono dolcemente fino ad addormentarsi,
rimandando una conversazione che avrebbero fatto solo il giorno dopo.
L'amore
nacque
veramente quella notte.
Genzo
uscì con
una tempesta interiore che gli minacciava la follia più nera, si
trovò per la prima volta a pregare Dio per un aiuto e nemmeno ci
credeva.
Appena
aprì la
porta capì che forse, forse, Dio esisteva.
Quando
vide Karl
ad aspettarlo.
Kojiro
nemmeno
lo notò.
Non
poteva
reggere oltre. Annullò la distanza che li separava e poi lo prese
per la manica. Non gli prese la mano, non fece nessun gesto romantico
da fidanzati.
Lo
prese per la
manica e lo tirò brutalmente trascinandoselo per i corridoi fra gli
sguardi curiosi di molte persone.
Non
gli poteva
importare di quanto Karl fosse imbarazzato od indispettito. Aveva
bisogno di lui, ne aveva con tutto sé stesso.
Quando
arrivarono in camera lo lasciò, cominciò a camminare disordinato
senza un senso preciso, non in cerchio e nemmeno dritto. E respirava
affannato, pesante, lo sguardo fisso a terra, lo sguardo indurito.
Il
panico, pensò
Karl vedendolo.
Stava
per avere
un attacco di panico.
-
Cosa ti ha
detto? - Chiese conscio che in quei casi bisognava distrarre l'altra
persona con una domanda improvvisa. Forse non avrebbe dovuto
chiedergli proprio quello ma non era un mostro di sensibilità e
soprattutto non uno psicologo.
Avrebbe
solo
dovuto dirgli che l'amava, allora Genzo si sarebbe fermato di colpo e
si sarebbe sentito meglio, avrebbe messo tutto da parte e non avrebbe
avuto alcuna crisi di panico.
Respirava
sempre
peggio e cominciò a prendersi i capelli e tirarseli senza
strapparseli. Cercava di infliggersi dolore per smetterla ma il
proprio corpo tremava e se non si muoveva poteva morire subito e
restarci secco.
-
Genzo, dì
qualcosa, sfogati, urla! Non puoi stare così o ti viene un infarto!
- Questo lo fece pensare a Jun e servì come sistema di distrazione,
si fermò di colpo come se l'avessero fulminato, aprì le mani
davanti a sé e lo guardò stralunato con occhi spalancati spiritati.
-
Jun! Jun avrà
un attacco di cuore! Tutte queste emozioni sconvolgenti! Starà male!
- Fece per correre fuori dalla porta ed andare da lui, sempre con
panico e frenesia ed allora Karl capì che serviva un altro sistema.
Lo
afferrò con
un braccio intorno al busto, lo rigirò, lo premette contro la porta
che chiuse a chiave e gli prese il viso fra le mani.
Aveva
molta
forza.
-
Jun sta bene,
è con Kojiro! Pensa a te! -
-
Io non... -
Finalmente stava tentando di parlare. Con scarsi risultati ma
tentava. Era confuso, la mente non voleva rimandargli un pensiero
sensato.
Lo
guardava
senza capire dove fosse e con chi, come c'era arrivato fin lì?
Le
parole del
padre figuravano una vita che non aveva mai vissuto e si vedeva alle
prese con una madre pazza che magari avrebbe tentato di ucciderlo
molte altre volte, si vide lottare atrocemente con una donna tremenda
e soffrire per gli insulti che sicuramente gli avrebbe diretto, ne
era certo.
Avrebbe
avuto
un'infanzia bruttissima.
Sapendo
che sua
madre esisteva l'avrebbe cercata e sarebbe stato spesso con lei
convinto di poterla guarire e poi avrebbe solo sofferto.
O
forse sarebbe
stato bello in qualche modo.
Si
vide vivere
diverse vite mentre non capiva più cosa stava facendo, il cuore
andava così forte che pensava sarebbe morto.
Quando
cazzo
aveva camminato?
Non
aveva il
controllo del suo corpo e registrò solo vagamente gli occhi chiari
di Karl.
Allora
fu la sua
bocca a trasmettergli una sensazione nuova.
La
sua bocca era
premuta contro la propria, gliela aprì con forza pura e lo penetrò
con la lingua.
Genzo
rispose
per riflesso lottando con la sua ma non capì che lo stava baciando
fino a che non si trovò senza la camicia.
La
camicia
scivolò sui polsi e lì rimase incastrata, strattonò seccato e la
strappò sulla schiena, poi fece saltare i bottini.
Karl.
Si
ripeté il
suo nome incessantemente, senza fine, senza sosta.
Karl,
Karl,
Karl, Karl ancora ed ancora ed ancora.
E
gli tolse
brutalmente la felpa tirandolo via da lì per buttarlo giù sul
letto.
Karl.
Doveva
concentrarsi su di lui.
Karl
l'amava
anche se avevano avuto dei problemi, li avevano risolti, erano
tornati più insieme di prima, Karl era una certezza ora, Karl gli
voleva bene senza legami di sangue e non aveva niente da
nascondergli, era sempre stato onesto fino a morine.
Karl
era pulito.
Karl
era la sua
unica vita, ora.
E
l'unico che lo
capiva e lo faceva stare bene.
Karl
era tutto
il suo mondo.
Gli
strappò via
i pantaloni insieme agli slip e si avventò sul suo inguine.
Karl
tentò di
porre resistenza per dei modi tanto aggressivi ma non poté farne a
meno ed alla fine lo lasciò fare.
Si
prese il suo
membro con decisione, se lo divorò e l'eccitò fino a limiti
estremi. Si chiese se fosse meglio avere subito l'orgasmo o andare
avanti per calmarlo con una scarica di ormoni maggiore.
Lo
tolse da sé
e l'alzò in piedi, quindi gli abbassò i pantaloni ed il cuore
esplose.
Lo
stavano
facendo.
Erano
lì e lo
stavano facendo.
Ricambiò
quanto
appena ricevuto e le mani di Genzo lo presero volgari per i capelli
accompagnandolo contro di sé.
Gemette.
Solo
nel sentire
l'erezione salire e l'eccitazione farsi prepotente strada in sé,
arrivò paradossalmente la lucidità
Vide
la camera,
vide il letto, vide Karl che gli faceva sesso orale, vide il mondo
che aveva cancellato nel panico.
E
gemette
accompagnandolo con desiderio.
Ne
voleva di
più.
Voleva
finire in
lui.
Se
lo staccò.
Voleva Karl.
Karl
l'unico che
lo stava aiutando davvero in modo disinteressato senza volere niente
in cambio.
Doveva
crederci
in quel momento ed era vero, lo sentiva.
Gli
era sempre
stato vicino in tutti i suoi casini, certo un paio gliene aveva
procurati lui ma ora c'era, era lì solo per lui.
Lo
spinse giù
sul letto e gli alzò le gambe immergendosi nella sua apertura,
gliel'aprì e lo leccò, dopo di ché mise le dita dentro, le mosse
agevolmente mentre Karl gemeva e sospirava di piacere.
Una,
due... il
terzo gli fece male ma continuò per prepararlo meglio, poi quando lo
sentì abbastanza pronto si alzò, cercò la sua bocca e la prese
mentre si preparava l'erezione da solo.
-
Voglio venirti
dentro... - Disse sulla bocca.
Non
percepì
chiaramente l'ondata di eccitazione pura di Karl ma vide i suoi occhi
dilatarsi di piacere e ricambiò il bacio succhiandogli le labbra.
-
Vieni... -
Disse languido. Ne aveva bisogno.
Allora
Genzo si
appoggiò a lui, gli alzò le gambe schiacciandole col suo corpo
possente ed entrò piano mentre Karl cercava di resistere.
L'altro
non
sapeva quanto male gli facesse, si perse nel piacere assoluto
immediato.
Tutto
cancellato.
Tutto
il dolore,
il freddo, gli errori, una storia orribile, delle allucinazioni
tragiche e delle motivazioni incomprese.
Solo
il piacere,
la bellezza, il godimento, l'eccitazione, il caldo, la passione, il
giusto.
Era
giusto farlo
con lui in quel momento perchè così avrebbe ricordato quel giorno
per il suo amore con Karl e non per la verità orribile su sé
stesso.
Non
aveva perso
suo padre, quel giorno, ma trovato Karl.
Scivolò
in lui
più e più vole, dentro e fuori, dentro e fuori. E si sciolse in
lui, morendoci, mentre la felicità e la soddisfazione lo facevano
sentire completo per la prima volta nella sua vita. Completo come mai
si era sentito.
Era
un ragazzo
con cuore e sentimenti che si vergognava di mostrarli perchè non
voleva apparire debole davanti agli altri e preferiva apparire
prepotente e stronzo, ma la verità era quella.
Lui
che piangeva
in un orgasmo splendido con la persona che amava.
Non
aveva mai
voluto qualcuno come in quel momento.
Ora
era
completo, ne era certo.
La
notte li vide
addormentarsi insieme, abbracciati, l'uno sull'altro. Sereni e
realizzati per quella loro relazione che finalmente era cominciata a
tutti gli effetti e che era giusta.
Il
resto poteva
aspettare il giorno successivo.