CAPITOLO XXV:
PAURE DA ABBATTERE

/I can only imagine – David Guetta, Chris Brown and Lil Wayne/

- Cosa state facendo? - Chiese Hikaru arrivando da dietro i ragazzi posti in fila sui gradini dell'istituto.
Era l'intervallo di metà mattina e tutto il gruppo al completo era seduto sui famosi gradini che ormai stavano diventando proprietà privata.
Non erano lì a stringere amicizia, ormai quella pareva esserci.
Erano lì a fare una cosa precisa, una cosa per cui Hikaru era all'oscuro.
Quando si sedette con loro a guardare quello che guardavano loro, notò che stavano fissando i loro compagni. Né più né meno.
Nonostante il freddo invernale e la neve, erano usciti lo stesso, non rinunciavano.
Tutti intabarrati fin sopra il naso, c'era chi faceva le cosiddette 'vasche', ovvero camminavano su e giù, chi giocava a palle di neve, chi faceva castelli al posto di pupazzi e chi, semplicemente, fumava di nascosto!
Le pelli intirizzite dal freddo non fermava nessuno degli studenti dell'istituto dallo stare fuori quando potevano, visto che per un permesso ci voleva davvero molto prima di poterlo ottenere.
- Niente di particolare! - Risposero in coro quasi tutti. Genzo scosse il campo.
Razza di idioti, così si capisce!”
Hikaru infatti aveva mangiato mezza foglia in un attimo.
- Sì certo ed io sono l'imperatore del periodo Edo! -
Sparò a caso il ragazzo senza sapere assolutamente chi fosse.
Ovviamente c'era chi lo sapeva.
Jun, con aria da sapientone quale tendeva ad avere sempre in pubblico, cominciò a sciorinare tutti gli imperatori di quel periodo per sapere a chi si riferisse. Non lo faceva per distrarlo, era una semplice risposta, però alla fine risultò così ed arrivato al decimo imperatore, Hikaru se ne andrò brontolando qualcosa fra i denti del tipo 'se non volete farmi sapere cosa fate basta dirlo!'
Jun ci rimase male.
- Ma insomma, mancavano ancora Go Momozono, Kokaku, Ninko e Komei... -
Genzo era quello che rideva più rumorosamente nel sentirlo, poiché sapeva la serietà con cui parlava. Elencare in perfetto ordine cronologico ben quattordici imperatori giapponesi del periodo Edo, non era da tutti.
- Cavolo Jun, ma li conosci tutti in ordine! - Fece ammirato Takeshi.
- Certo, perchè, voi no? - Per lui era scontato saperli a menadito.
- Non proprio... quelli più significativi... - Fece Takeshi con cui gli altri più o meno concordarono.
- Io non ne so nemmeno uno, e con questo? - Grugnì Kojiro sentendosi messo in disparte. Ken ridacchiò ma non commentò mentre Genzo rise apertamente con Karl, dall'altra parte, che scuoteva la testa. Tsubasa, vedendo che Kojiro tendeva i pugni, decise di mettere pace aiutato da Taro.
- Non è essenziale saperli... -
- Se è per questo lui non conosce solo quelli dell'Edo! - Fece Genzo in parte orgoglioso di suo fratello ed in parte con l'obiettivo di ridere ancora sul modo in cui poteva far sentire gli altri con quella notizia.
Tutti infatti lo guardarono non volendoci credere.
- Conosce altri? -
Genzo batté la mano sulla schiena di suo fratello fiero.
- Conosce il nome di tutti gli imperatori di tutti i periodi. Sempre in ordine cronologico! -
Questa era così grossa che tutti si misero a fischiare, non poteva essere.
- Jun, vai! - Sembrava quasi un padrone che lanciava l'osso ad il proprio cane. Jun cominciò senza trovarci niente di male.
Perchè non ci credevano? Era possibile impararli!
- Jinmu, Suizei, Annei, Itoku, Kosho, Koan, Korei, Kogen, Sujin, Suinin, Keiko, Seimu, Shuai, Jingu, Ojin, Nintoku. Questi sono dell'antico periodo pre-Yamato. Poi... -
- Ok ok basta ti crediamo! - Lo fermò Kojiro il quale non intendeva sorbirseli tutti. Non aveva idea di quanti fossero, ma così si sentiva un completo ignorante e la cosa non era di gradimento.
- Più che altro visto che noi non li conosciamo tutti, e non certo in ordine, puoi aver detto dei nomi a caso! - Disse Ken logico il quale non era molto lieto di essere passato al livello di Kojiro.
Jun inarcò le sopracciglia incredulo del fatto che qualcuno osasse mettere in dubbio le sue parole.
- Adesso andiamo in biblioteca, tu guardi l'elenco ed io te li dico tutti e vedi se sbaglio! - Era sicuro di non sbagliare, era stato il suo gioco per calmare i nervi sin da quando era piccolo.
Quando qualcosa lo agitava, per paura di uno scherzo del proprio cuore malato, elencava i nomi degli imperatori, periodo per periodo, in ordine. Il gioco glielo aveva insegnato Mikami quando ancora non si sapeva molto sulla sua malattia cardiaca, l'aveva posto sotto una campana di vetro ed apprensivo fino all'inverosimile, aveva usato molti espedienti per tenerlo lontano da qualunque forma di stress. A volte persino Genzo era uno stress, secondo il padre. Molte gli aveva impedito di vederlo quando l'aveva visto in fase irascibile. Alla fine avevano sempre trovato il modo di vedersi lo stesso e paradossalmente erano quelli che riuscivano a calmarsi a vicenda.
Una volta capito che il suo cuore non era fragile al livello da loro creduto, gli aveva lasciato la libertà di fare o non fare quel giochino, però ormai Jun li conosceva tutti.
Ken per un istante pensò di mandarlo a quel paese, poi ci pensò. Erano almeno un centinaio, non poteva saperli tutti davvero. Non in ordine, poi!
A quel punto, in lui, scattò il meccanismo orgoglio.
Questo mi prende in giro, sa che rifiuterei ma se lo metto alla prova scoprirò che non li sa davvero tutti!”
Pensò poi intestardito.
Kojiro scosse il capo ancora prima di sapere la sua risposta, li conosceva entrambi ormai; mentre lui lo faceva, Ken accettava la scommessa tendendogli la mano.
- Scommetto che non li sai tutti e non soprattutto in ordine! - Jun prese la mano accettando la sfida divertito, dentro di sé, di fare una cosa nuova. Nessuno l'aveva mai sfidato.
- Accetto la scommessa. - Genzo batté le mani ridendo e si mise in mezzo con aria sadica.
- Bene bene, cosa si scommette? - I due, continuando a stringersi la mano, guardarono il ragazzo. - Eddai, non potete non scommettere niente! - Jun alzò le spalle.
- Quello che vuoi. - Tanto sapeva di vincere. Ken ci pensò un attimo.
- Se vinco io e ne salti o ne sbagli almeno uno, mi devi portare i pasti speciali direttamente dalla cucina, quelle cose che non mettono fuori in mensa. Per un mese. - Se si scommetteva bisognava farlo in grande.
Jun annuì. Non era una grande fatica, anche se Kojiro non era della stessa idea:
- Non ti farà da schiavo per un mese, scordatelo! - Ruggì. Ken lo ignorò.
- Una scommessa è una scommessa, tu zitto! Decidono loro! - Disse Genzo esaltato spingendolo, l'altro ricambiò la spinta facendolo finire con la faccia sulla neve.
In due secondi, mentre gli altri due decidevano per la scommessa, i due fenomeni del secolo facendo wrestling sulla neve.
Non avevano proprio risolto il dibattito sul ring di diversi giorni prima, alla fine avevano deciso di non pensarci più e basta. Indipendentemente da quello le cosa non erano cambiate molto fra loro. Erano i soliti idioti!
- Bene Ken, se vinco io tu dovrai rispondere ad una domanda mia, ma dovrai farlo assolutamente ed in modo onesto ed esauriente. Non dovrai asciugartela con due parole veloci messe in croce. Capito? - Aveva in mente qualcosa. Tsubasa e Taro lo capirono subito ed anche a Takeshi parve strana quella richiesta, ma non disse niente.
Ken comunque non pensava che una domanda potesse creargli tanti problemi e convinto di essere in vantaggio in ogni caso, accettò.
- Qualcuno deve tagliare. - Disse Ken.
Lo fece Tsubasa perchè i due fenomeni erano impegnati a ficcarsi la faccia sulla neve a vicenda. Quando si separarono la campanella suonò per riprendere le lezioni.
- Non possiamo farlo dopo, potresti ripassarli. Non varrebbe. - Disse Ken.
Karl prese Genzo per la cintura dei pantaloni per farlo smettere e Jun si limitò a sfiorare il braccio di Kojiro per calmarlo.
- Ma ci sono le lezioni, ora. - Disse logico.
- Saltiamo un'ora, diremo che siamo stati male per il freddo! - Disse risoluto Ken. Takeshi era contento di vederlo tanto preso da qualcosa, tendeva ad esternarsi un po' dalle cose.
A Jun la cosa seccava ma ammetteva che andava bene.
Per una volta.
Il grande cambiamento di tutti era lì davanti a loro e si mostrava lentamente poco per volta.
Quel lasciarsi andare fra di loro, cosa che prima mai e poi mai avrebbero fatto.
- Voi potete andare, ci serve solo un arbitro... - Disse Jun ligio al dovere.
- Non se ne parla proprio! O tutti o nessuno! - Esclamò Genzo il quale doveva sempre cogliere ogni occasione per saltare le lezioni e divertirsi.
Jun non dubitava che alla fine sarebbero venuti tutti.
- Chiamiamo Hikaru? -
Chiese Takeshi.
- Ma magari troviamo quello o quella che fa per lui! - Fece Kojiro mentre si dirigevano in biblioteca.
- Dai, possiamo rimandare! Lo facevamo già prima, poi magari si offende e si sente escluso! - A quello non replicò, aveva ragione.

Per strada, mentre aggiornavano Hikaru, Genzo commentò fra i denti a Ken:
- Guarda che li conosce tutti davvero, a me li ha elencati un sacco di volte! - Ken, per niente preoccupato, rispose:
- Non può conoscerli tutti davvero, sono più di 100! -
- 125! - Puntualizzò. - Sai perchè lo so? Perchè me li ha detti miliardi di volte ed ormai li so pure io a memoria. Quasi. Io li sbaglierei ma voglio dire... li sa! - Ken, ancora, insisteva.
- Tu stesso dici che non li sai proprio bene, magari sbagliava e tu non te ne accorgevi! Mica avevi sempre un libro sotto mano! -
Genzo ridacchiò.
- Dopo la prima volta ho evitato di leggerli. -
Ken sospirò spazientito.
- Beh, anche se li sa tutti e perdo, si tratta solo di una domanda. Cosa vuoi che sia? - Genzo si fermò perchè non aveva registrato bene la posta in gioco.
- Cosa? Una domanda?! -
- Sì, ha detto che devo rispondere ad una sua domanda in modo esauriente ed onesto! - Genzo fece una smorfia riprendendo a camminare. Come di uno che diceva 'ahi'. Questo preoccupò Ken che si fermò a sua volta.
- Dai! Cos'è quella faccia? -
- Nessuno vuole mai rispondere alle domande di Jun! Nemmeno tu vorresti! - Ken non sapeva come interpretare la cosa e Genzo, sentendosi responsabile per quel povero ragazzo ingenuo che non conosceva bene suo fratello, lo prese sotto braccio e lo istruì:
- Sembra che non si intrometta in niente ma sa tutto di tutti, è peggio del peggior malato di gossip! Lui non lo fa per spettegolare, lui sa le cose per il gusto di saperle. Perchè coglie tutto ed immagazzina. Come pensi che possa sapere tutti gli imperatori del Giappone in ordine? Non ha un cervello normale! - Questo aspetto di Jun non lo conosceva nessuno, nemmeno Kojiro.
Ken, impressionato e preoccupato di questa premessa, inghiottì ed ascoltò il resto: - Ti farà una domanda personale che sicuramente non vorrai rispondere, ma non puoi tirarti indietro. Te ne pentirai amaramente, vedrai. - Ora rabbrividiva, non poteva avere un certo timore di quello che sembrava un ragazzo del tutto innocuo.
- Cosa posso fare? - Ora Ken cominciava a capire la cazzata che aveva fatto.
- Ti serve una strategia in fretta! - Ken allargò le braccia vedendo alla fine del corridoio la biblioteca.
- Come faccio in così poco tempo? -
- Il suo punto debole! - Esclamò Genzo preso dalla cosa. Battere suo fratello in una di quelle stupide gare di intelligenza sarebbe stato fantastico.
- Ne ha? - Chiese sconvolto. Genzo era un po' combattuto però alla fine vinse la voglia di vederlo sbagliare.
- Kojiro è il suo unico punto debole! - Disse. Ken capì subito cosa doveva fare e ringraziando Genzo con un 'ti devo un favore', corse da Kojiro che stava aggiornando Hikaru insieme a Takeshi.
Se lo prese e rallentò a forza la camminata verso l'inevitabile.
- Ascolta. Mi devi fare un favore, se mi aiuti a vincere la scommessa ti darò sempre metà dei pasti che mi darà Jun! - Era partito male.
'Che mi darà Jun' non era una cosa da dire a Kojiro che prima aveva fatto il geloso solo per questo.
- Scordatelo! Non voglio che Jun ti faccia da servo! Semmai lo aiuto a vincere! E poi è il mio ragazzo, tu sei fuori! -
Ken sbuffò in difficoltà:
- Sei uno stronzo, Kojiro! Ti darò metà dei miei pasti per un mese! Andiamo! - Kojiro ci pensò. Non era convinto, per niente.
- Senti, io queste cose... -
- Sono cose da te e lui non se la prende! -
Kojiro non aveva ancora deciso ma ormai stavano per entrare e decise di dirgli cosa fare senza aspettare la risposta.
- Devi solo distrarre Jun in qualche modo, tu sei il suo unico punto debole... che ne so, apriti la camicia, masturbati, fa quello che ti pare, ma mettiti sulla sua visuale e distrailo facendo finta di niente! - Kojiro sgranò gli occhi.
Era una cosa davvero bassa e meschina, così bassa che quasi quasi poteva accettare.
In fondo era divertente vedere Jun sbarellare per lui.
Però poi si sarebbe arrabbiato.
E poi non voleva che facesse da schiavo a quell'idiota!
Alla fine era ancora indeciso quando entrarono.
Il tempo per le strategie e le scelte era scaduto.
Prendere o lasciare ed a quel punto si poteva solo prendere.
Non avrebbe mai e poi mai lasciato.
Ken guardò Jun e guardò gli altri.
Fanculo, se perdo affronterò la sconfitta da uomo e pagherò quel cazzo di pegno! È solo una domanda, cosa vuoi che sia?”
La biblioteca era vuota, a quell'ora. Genzo si lavorò la custode assicurandosi che non facesse la spia e nel mentre gli altri entrarono alla spicciolata andando nel periodo storico.
Trovato il libro giusto con l'elenco cronologico di tutti gli imperatori, si sistemarono uno di fronte all'altro. Jun e Ken erano gli unici seduti. Ken aveva il libro in piedi davanti al suo viso. Gli altri erano disposti tutt'intorno a cupola, curiosi di quella sfida interessante.
Nessuno pensava che Jun potesse sbagliare. Erano solo curiosi della reazione dell'impassibile Ken quando avrebbe perso.
Ken, dal canto suo, sperava nella magnanimità di quello stronzo del suo amico. E nell'ampiezza del suo stomaco.
Non era certo l'avrebbe aiutato ma era l'unica speranza.
Jun prese respiro, il silenzio tutt'intorno. Poi, con le mani aperte che aderivano al tavolo, guardò in basso su di esse e cominciò.
Quando vide che li snocciolava tutti guardando in basso, capì che indipendentemente da tutto avrebbe perso.
Se non guardava Kojiro come faceva a distrarsi?
Quel maledettissimo stronzo!”
Pensò seccato vedendo come tutti i nomi corrispondevano tragicamente.
Possibile che non alzasse lo sguardo nemmeno una volta?
Non avevano specificato le modalità, Jun poteva farlo anche con gli occhi chiusi!
Ken, comunque, lasciò perdere il panico della sconfitta quando vide che erano incredibilmente giusti.
Stessa cosa per tutti che si pigiarono dietro di lui per sbirciare nel libro.
Non ne stava sbagliando nemmeno mezzo.
Non era possibile.
125 nomi in ordine di reggenza.
Nome e cognome.
Tutti.
Non un errore.
Finì che tutti erano a bocca aperta a fissare le pagine e quando Jun alzò gli occhi, erano in fila shockati.
- Tutto giusto, vero? - Sapeva di non aver sbagliato.
Kojiro, orgoglioso del suo ragazzo, non ci pensò due volte ad andare da lui e a stampargli un bacio sulla bocca che mise in blackout Jun per un bel po'.
Pezzo di merda, ora lo fai? E prima no?! Ora a che cazzo serve!?” Non disse niente, Ken, mentre gli altri si complimentavano e ridevano. La faccia di Ken era effettivamente comica, livida, dura, pallida e rigida.
Takeshi gli carezzava la testa.
- Dai, su... dovevi dare retta a Genzo... ha detto che li sa tutti... dovevi credergli! - Ken ebbe un istinto pericoloso anche contro il suo moroso ma evitò di morderlo.
Fece un paio di respiri e ritrovò il famoso controllo di sé.
Disciplina.
Sì, poteva farlo.
Poteva evitare di fare una piazzata od espressioni imbarazzanti.
Tornò abbastanza normale in poco tempo e per questo tutti lo ammirarono.
Poi il dilemma.
Sì, ma quale domanda dovrà farmi?”
Si chiese.

/somebody that i used to know – gotye/

Mentre gli altri si sciolsero e si risistemarono intorno appoggiati coi gomiti sul tavolo per sentire quello che doveva chiedere Jun, questi riunì le mani davanti a sé come un santone.
- Ok, sei pronto per il pegno? - Sembrava dovesse essere chissà cosa.
- Sì. Spara. - Fece Ken facendosi forza. Dall'esterno appariva ancora tranquillo.
- Una scommessa è una scommessa. Una domanda per una risposta vera ed esauriente. Non puoi tirarti indietro e non puoi prendertela. È solo una scommessa. Potevi credermi quando ho detto che li so tutti! -
La premessa non era molto buona e Takeshi si preoccupò per il suo ragazzo che sembrava ancora sereno.
Ken annuì mentre Genzo si pregustava una scenata coi fiocchi, se lo sentiva quasi.
- Perchè quando sei guarito dall'infortunio non sei tornato a fare karate? -
Sembrava la domanda più sciocca ed insensata del secolo, solo chi lo conosceva o chi praticava arti marziali sapeva perchè era una domanda incredibilmente affilata e pericolosa. E, ovviamente, Jun Misugi che non era né un amico di Ken né uno che praticava arti marziali.
C'era già silenzio da prima ma questo parve diverso, quasi drammatico.
Il karate, per Ken, era l'unico argomento tabù.
Gli unici momenti in cui litigava con Takeshi, con cui era impossibile litigare, era per il karate.
Tutti si convinsero che non avrebbe risposto. Si sarebbe alzato e se ne sarebbe andato, sicuramente.
Era assolutamente escluso che rispondesse alla domanda.
Jun però rimase fermo in attesa con un'espressione seria ed incoraggiante al tempo stesso, non l'avrebbe comunque forzato però tutti si chiesero comunque cosa gliene importasse. Non era un amico e nemmeno un altro atleta del suo settore. Cosa mai gli poteva importare?
Che senso aveva fargli quella domanda.
Però rimasero in attesa contando i secondi.
Arrivati quasi al minuto, Ken respirò profondamente, abbassò gli occhi strinse le mani sotto il tavolo e poi tornò a guardare Jun affilato, quasi minaccioso.
Aveva voglia di insultarlo ed offenderlo e magari dargli anche un calcio, ma sapeva che poi si sarebbe beccato due pugni in faccia. E poi avrebbe comunque fatto la parte del meschino. Era una scommessa persa.
Era una cosa che nessuno sapeva.
Ken era un grande campione di karate, nel suo settore aveva conquistato tutto quando aveva praticato. Poi un brutto infortunio l'aveva obbligato a fermarsi per un anno intero; quando aveva avuto il via libero perchè aveva recuperato, non si era sentito di tornare. Non aveva dato spiegazioni, semplicemente non era più tornato. Quando gli avevano chiesto le motivazioni tutti si erano ritrovati con un acido 'fatti i cazzi tuoi'. Dopo un po' nessuno aveva più insistito.
Ora era lì davanti ad un quasi sconosciuto a dover rispondere a qualcosa che non doveva proprio per niente importargli.
Però l'onore era l'onore, aveva perso, quello era il pegno. Non si sarebbe mai tirato indietro.
- Sono stato fermo per troppo tempo, il rischio che io non tornassi come prima o che non riuscissi a superare il mio livello di prima e quindi comunque non avessi più un futuro effettivo nel karate, era troppo elevato. A quel punto ho preferito evitare di ricoprirmi di ridicolo. Se non ero più io che senso aveva? - Avrebbe potuto dire altro però era stato sincero. Almeno dal proprio punto di vista.
Jun piegò la testa di lato e fece uno strano sorrisino indecifrabile.
Poteva dire qualcosa?
Anche se non poteva, l'avrebbe detta lo stesso.
- Non lo sai se eri tu o no. Non hai provato. Potevi invece recuperare come prima e riprendere da dove ti eri interrotto. -
Le vene del collo di Ken cominciarono a pulsare, nessuno osava toccarlo, nemmeno Takeshi. Ma Genzo e Kojiro erano dietro Jun pronti ad ogni evenienza. Era tutto molto serio, ora. Le risate e i giochi erano dimenticati ed anche Hikaru che scherzava sempre non diceva nulla.
- Ero rimasto troppo indietro. Un anno intero fermo, sai cosa vuol dire in una disciplina che richiede costanza ed impegno? - Cercava ancora di non alterarsi, si stava impegnando.
Controllo, Ken. Sono solo domande. Lui non sa niente, non te la puoi prendere.”
Si ripeteva sforzandosi forsennatamente per non superare il limite.
- Non lo so con precisione, posso solo usare la mia immaginazione, però se non provi non puoi capire il tuo vero ed effettivo livello. Non parlo di una volta. In una volta ti puoi solo demoralizzare perchè è chiaro che dopo tanto tempo fermo non sarai quello di prima. Però devi darti del tempo per provare e riprovare, allenarti di nuovo con la costanza necessaria e vedere se i recuperi sono sufficienti e ti danno una prospettiva positiva o meno. Solo dopo potrai scegliere definitivamente e sensatamente. È come uno che viene operato alla vista e gli bendano gli occhi per un po' dopo l'operazione. Quando gliela tolgono gli dicono che potrebbe non vedere più, che potrebbe vederci male o potrebbe vederci bene. Ma lui, per paura di non vederci più, non li apre. Per una futura incerta cecità, si acceca di proposito ed intenzionalmente. - Era stato un esempio perfetto.
Tutti rimasero ammirati della sua padronanza delle parole e della conoscenza della questione, in realtà si erano chiesti cosa potesse saperne, eppure pareva conoscere tutto fin troppo bene.
Aveva detto delle cose più che sensate. Vere.
Nessuno aveva saputo la verità sul suo abbandono, avevano solo immaginato. Ma siccome Ken non si era confidato con nessuno, nemmeno il suo ragazzo, non aveva potuto mai ricevere delle risposte, delle alternativa o dei semplici incitamenti. Nessuno riusciva a camminare senza una mano od una spinta, ma se non l'accettava non poteva fare progressi.
Tekeshi ed Hikaru trattenevano il respiro perchè sapevano quanto importante fosse quel discorso per Ken, lo conoscevano molto bene.
Kojiro non sapeva tutto ma si era fatto raccontare la storia.
Genzo e Karl, invece, erano quelli che la conoscevano meglio.
Taro non era nel club di arti marziali ma in quello di pittura, però era il ragazzo di Tsubasa, quindi conosceva anche lui la storia.
Per cui nessuno fiatava.
- Chi ti ha detto tutte queste cose? Chi ti ha parlato di me? Cosa ne puoi sapere? Perché ne sai tanto?! - Disse infine cominciando a perdere le staffe. Eppure ancora cercava di trattenersi. Stringeva le mani sui pantaloni e tirava, si tendeva tutto ma non si muoveva, aveva la voce alterata ma non gridava.
L'ammirarono. Nessuno al suo posto sarebbe rimasto calmo a quel punto.
- Non ha importanza. Sono cose che so e basta. - Per un momento pensò che fosse una specie di telepatico, non si spiegava il fatto che uno che non aveva alba di arti marziali e che non gli aveva quasi mai parlato, sapesse tante cose sulla materia. - E poi sono cose che chiunque con un po' di logica potrebbe capire da solo. - Era vero ma non troppo.
- Sono particolari da atleti, questi. Tu non sei un atleta! Tu non hai alba di cosa succede ad un infortunio grave per un atleta eppure parli come se sapessi! - Era lui che voleva capire. Jun sospirò ed alzò le mani come per porre fine al dialogo che capiva avrebbe portato ad un punto che non voleva.
- Va bene, ho avuto la mia risposta. Il pegno è finito e la scommessa conclusa. Basta così. Ora torno a lezione. - Fece evasivo e composto. Jun si alzò davanti agli occhi esterrefatti di tutti. Quello che voleva sapere Ken aveva senso quanto quello che lui gli aveva detto.
Ora però non voleva rispondere. Era tipico suo, pensarono.
Genzo lo chiamava yakuza per un motivo.
Non capivi ciò che Jun pensava, se non voleva farlo capire. Ed era la maggior parte delle volte.
Quando fu alla porta, Ken urlò perdendo per la prima volta nella sua vita -o quasi- le staffe.
- Tu non puoi sapere come mi sono sentito quando mi sono infortunato, quando sono dovuto stare fermo, quando i medici mi dicevano che non c'erano certezze ma solo ragionevoli dubbi! Tu non sai! E non sai, quando sono guarito, come mi sono sentito. Non sai se ho provato o no, da solo! Solo perchè nessuno mi ha visto non significa che io non abbia provato! Non sai e quindi non fare paragoni assurdi! Non mi sono accecato io, mi hanno accecato! -
Jun però si fermò consapevole che doveva concludere il discorso prima che Kojiro reagisse.
- Ken, il pegno era rispondere onestamente alla mia domanda. Non sei stato onesto. Bastava dire che hai paura. Ed è tuo diritto averne. Però a quel punto ti avrei detto che puoi essere aiutato, per la paura. Tu sei guarito già da tempo, devi solo avere il coraggio di accettarlo. -
Con questo se ne andò.
Ken rimase fermo sul tavolo, i pugni stretti sulle cosce, si mordeva le labbra e respirava veloce.
Tutti pensarono che si mettesse a gridare o a fare qualcosa, ma non sarebbe stato da lui.
Livido di rabbia, una rabbia che non gli avevano mai visto addosso, si alzò e se ne andò con un passo sostenuto.
Takeshi fece per seguirlo ma Genzo lo fermò.
- Sono stato io a parlare tanto a Jun di Ken. Perchè non capivo come potesse aver mollato così solo per un infortunio senza nemmeno riprovarci... ed ho passato giorni a parlarne, lui non mi diceva niente, mi ascoltava e basta. Ma questo è quello che ha elaborato. - Rimasero stupiti anche di questo suo interesse verso una cosa per la quale non aveva mai dimostrato aperto coinvolgimento. - E per inciso, Jun ha ragione! È ora che qualcuno glielo dica o un giorno non saprà più guardarsi allo specchio! -
Quando Genzo sparì per terzo oltre la porta, Hikaru borbottò fuori dai denti dicendo come sempre cosa pensava:
- Si può sapere comunque a Genzo cosa cazzo importa? E a Jun? - Kojiro stava per scattare ma fu Tsubasa a dare una risposta molto calma e matura.
- Solo un altro atleta di questo settore può capirlo. Vedi uno con un talento come il suo -e credimi che era un talento pazzesco- e vedi che quando può tornare non torna e sai che è per paura. Lui non lo dice ma lo sanno tutti perchè quelli che lo fanno ci arrivano. E ti viene su di tutto mentre pensi che vorresti aiutarlo, perchè è uno spreco che molli, perchè è fantastico e non può mollare! Però lui ha quel muro e non ti permette di penetrarlo... e vorresti solo che uno trovasse il coraggio di arrampicarsi o di abbatterlo. Se qualcuno ce la fa che ben venga. A Genzo importa come importa a tutti noi. Perchè se tu che fai arti marziali o un arte da combattimento, lo vedi sul tappeto... credimi che vorresti solo poterlo rivedere. -
Tsubasa aveva espresso in modo preciso ed esauriente la situazione di tutti quelli del club o del settore.
Ma comunque non aveva saputo dire niente su Jun.
Cosa gli importava a lui, comunque?
Nessuno lo chiese limitandosi a tornare a lezione con le teste fisse in quella scena.

/For what it's worth – Placebo/

Jun e Genzo avevano passato dei limiti, se ne rendevano conto entrambi, ma erano estremamente convinti d'aver fatto la cosa giusta.
Genzo era più grande di Ken ed aveva visto quel ragazzino così talentuoso fare cose incredibili. Aveva sognato ad occhi aperti nell'immaginare che campione fantastico sarebbe stato un giorno.
Non si era perso nemmeno una sua gara.
Poi si era dispiaciuto un sacco nel suo bruttissimo infortunio, era stata la prima volta che gli aveva parlato e forse l'unica.
Era andato a trovarlo in ospedale e gli aveva detto di non mollare che l'aspettava in palestra.
Ken non aveva detto niente.
Poi quando aveva saputo che era guarito si era sentito euforico, aveva guardato la porta della palestra ossessivamente ogni giorno sperando di vederlo apparire. Ma non era mai successo.
Aveva chiesto a Roberto ogni giorno notizie di Ken e non gli aveva mai detto niente perchè non sapeva niente.
Quando era andato a chiedergli spiegazioni, Ken aveva risposto che non voleva tornare e di rispettare la sua volontà. Aveva provato a parlarci e a capire, a convincerlo, ma non si era scucito né aperto.
Per quanto era rimasto a pensarci? Tantissimo.
Quando avevano preso i contatti con l'arrivo di Kojiro e l'unione di quel gruppo assurdo, la voglia di sapere era tornata prepotente, la speranza di vederlo tornare.
Ne aveva parlato con Jun. Ne aveva parlato molto anche all'epoca ed ora di nuovo.
Si sentiva molto responsabile di quel momento così teso.
Lo raggiunse in palestra, era andato quasi a colpo sicuro.
Ora era lì e poteva provare a fare qualcosa per lui come all'epoca avrebbe voluto. Perchè non era mai intervenuto anche se gli importava?
Per orgoglio?
Perchè era nel pieno della sua fase di ribellione ed era meglio fare scandali per indispettire il padre, che pensare alle cose veramente serie?
Perchè?
Aveva passato un periodo della sua vita lontano da tutto e da tutti, era diventato uno che andava facilmente a letto con gli altri e allo stesso tempo capace di avvicinare un ghiacciolo umano come Karl.
Una contraddizione.
Però ora era lì per vedere di quello che gli interessava. Adesso era diverso, capiva che c'erano cose più importanti di una stupida reputazione.
Ken aveva acceso le luci della palestra solo nella zona centrale e si era messo sul tappeto di karate.
Fermo, in centro, senza scarpe.
Genzo si fermò.
Aveva i pugni stretti lungo i fianchi e capiva che il corpo era in tensione totale.
Si sentiva simile in qualche modo anche se erano diversissimi.
Forse perchè nei problemi veri entrambi si erano chiusi a tutti.
Lui aveva avuto la fortuna di avere Jun che in qualche modo era riuscito a riavvicinarlo a Karl quando avevano rotto. Grazie a quello tutto era lentamente cambiato in lui. La voglia di essere e non apparire era cominciata in quel modo. Il coraggio di sé.
Ma possibile che Ken non avesse nessuno ad aiutarlo o a prenderlo a calci in faccia?
Si avvicinò lentamente e quando seppe d'essere stato percepito, parlò piano.
- E' colpa mia, non avercela con Jun. Gli ho parlato io della tua situazione e gli ho spiegato quelle cose che solo uno del campo può sapere. Ha capito fin troppo bene cosa dicevo. L'esempio del cieco non viene da me, è roba sua. -
Ken voltò il viso per metà ma guardò in basso.
- Anche la cosa della paura veniva da lui? -
Genzo fece una specie di sorriso amaro.
- Da me. Però lui ha aggiunto che puoi essere aiutato. Era mia anche che sei guarito da tempo ma che non hai il coraggio di accettarlo. - A quel punto tanto valeva essere completamente onesti.
- E perchè hai lasciato che lo dicesse lui? Perchè non sei mai venuto tu? - Chiese sempre rimanendo di spalle e girato solo con la testa, lo sguardo basso, il tono sostenuto.
- Perchè pensavo non fossero fatti miei. Anche se mi interessava. Comunque non so perchè Jun abbia deciso di chiedertelo. Non so proprio cosa gli passi per la testa, a volte è un mistero... - Lo era per tutti.
Ken allora si voltò fino a poterlo guardare. Erano uno davanti all'altro sul tappeto basso e leggermente imbottito. Come che dovessero sfidarsi. Le pose neutre. Gli occhi negli occhi.
- Ed ora? Ora pensi che invece siano fatti tuoi? - Genzo alzò le spalle.
- Ora sono diverso. Guardo più quello che mi interessa che... altre cose! - Non ci teneva molto a portare l'attenzione su di sé anche se normalmente lo faceva volentieri. Erano lì per parlare di Ken, uno che non parlava mai di sé.
- Quello che ti interessa... - Fece con scherno Ken. - Ti interesso? - Aggiunse poi ironico.
Genzo alzò ancora le spalle.
- Sì! Sei un campione fantastico, mi piacevi atleticamente sin da quella volta e mi è dispiaciuto per il tuo infortunio. Sono venuto a trovarti in ospedale, ricordi? Poi però non hai dato occasione a nessuno di avvicinarti ed io avevo casini... però chiedevo a Roberto di continuo. Pensavo che... pensavo che se non volevi non potevo invaderti. - Ken non capiva perchè ora fosse tanto diverso.
- Adesso invece pensi sia meglio rompermi le scatole! -
- Mi sento responsabile per il tuo subbuglio. Se non avessi parlato tanto di te a Jun... - Non concluse, era ovvio ed aveva senso.
Ken sospirò stufo di stare arrabbiato, aveva bisogno di quella mano, ora. Ed era al punto che doveva ammetterlo perchè era saturo, non ne poteva più.
- Io non penso di riuscirci più. - Fece abbassando la testa e girandosi per un quarto. Non lo guardava più, era di nuovo perso in sé stesso. - Avete ragione. È paura. Sarò anche guarito ma sono sicuro che troverò delusioni se riprendo ora. Sarà tutto diverso. Avrò dei limiti che prima non avevo. Non arriverò come prima e... ormai ho perso tutto quello che avevo. Le mie capacità sono storia vecchia. È inutile parlarne e pensarci ancora. Ho solo bisogno di aiuto a seppellirlo bene. - Era convinto che fosse l'unica cosa, ma ovviamente Genzo non era famoso per essere uno che accettava il volere altrui, né una decisione che non gli piaceva.
Del resto aveva passato troppo tempo ad assecondarlo. Adesso era ora di forzarlo.
Doveva capire che si sbagliava perchè lui ne era certo.
Così decise di farlo a modo suo.
L'aiutò.
E veloce come un fulmine, degno delle gare migliori, si scagliò contro di lui con un pugno.
Un bel diretto verso il suo viso.
Il secondo dopo era a terra con la schiena ed un ginocchio contro la carotide.
Fu tutto così veloce che nemmeno Ken si era reso conto di quello che stava facendo.
L'aveva solo fatto.
Genzo sorrise in quel suo modo obliquo e strafottente. Sicuro che sarebbe andata così.
Ken era sconvolto. Era la prima volta dopo l'infortunio che usava quella mossa di karate, un puro riflesso incontrollato.
Per un istante si gelò pensando alla stazza di Genzo e alla sua forza. L'aveva atterrato con una facilità incredibile.
- Eri lento! L'hai tirato lento di proposito! Volevi che ti vedessi e ti atterrassi! Ed hai anche collaborato per finire a terra subito! - Disse convinto ed accusatore alzandosi da lui. Genzo si tirò in piedi con uno scatto di reni da atleta e cominciò a saltellare ridacchiando con quella sua tipica aria da stronzo. Gli occhi neri brillavano maledetti, convinto di essere sulla strada giusta. Insopportabile.
Il solito capriccioso egocentrico viziato!
- Per nulla! Sono stato dannatamente veloce! Volevo farti saltare un dente! Quella era la forza. Ci sarei riuscito se ti avessi beccato. - Per un momento Ken realizzò.
- Se non ero pronto mi colpivi davvero! - Esclamò per una volta scandalizzato. Genzo rise in modo antipatico.
- Era quello che volevo! Ma sapevo che eri pronto! -
- Volevi prendermi a pugni?! - Ken non capiva e Genzo lo colpì con un altro pugno che però fu schivato velocemente.
- Esattamente! Mi sta sul culo il tuo discorso da perdente ed io i perdenti li prendo a pugni! -
Ken non ci credeva ma dovette schivare un altro pugno e dovette ammettere che Genzo era veramente molto veloce, i suoi pugni non erano certamente di riguardo, anzi.
Se lo colpiva gli faceva male.
- Tu sei matto! - Esclamò alla fine.
Genzo continuava a ridersela e a saltellare come se fosse sul suo ring.
- Può darsi! Ma intanto schivi tutto! - Ken se ne stava rendendo conto solo ora.
Schivò ancora.
- Sono pugni isolati, non è un vero attacco! Così è facile! - Genzo decise di accontentarlo e gli andò contro con un attacco serrato e veloce con una serie di destri uno dietro l'altro. Tutti schivati o parati. Veloce. Molto più veloce. Sempre più veloce. Gli stava addosso, non riusciva a respirare e quando lo parava sentiva la forza seria con cui glieli tirava. Se lo colpiva gli faceva un vero occhio nero.
Non si stava risparmiando e vedeva la sua pelle sudare.
Ancora ed ancora ed ancora. Si rese conto che sarebbe potuto andare avanti in eterno.
Poi il luccichio nei suoi occhi tenebrosi.
Non sapeva il suo modo di combattere. Non l'aveva mai guardato anche se sapeva che era un campione di boxe.
Dunque non aveva idea che dopo la serie serrata di destri veloci arrivava il suo punto forte. Il sinistro. Un gancio poderoso che stordiva l'avversario.
Bastava uno di quello per un KO di alcuni secondi. E a volte vinceva addirittura.
Quindi Ken non ne aveva idea. Stava attento al braccio destro perchè era l'unico che muoveva, però quel luccichio non lo rassicurò e prima ancora di pensare a qualcosa si vide quasi dall'esterno afferrare il sinistro con una prontezza da campione, girarsi e ribaltarlo.
Di nuovo velocissimo. Di nuovo senza un solo graffio od occhio gonfio.
La risata di Genzo echeggiò nell'ampia palestra vuota. Ed alla fine Ken dovette unirsi a lui perchè il paradosso assurdo l'aveva capito.
Aveva passato mesi a scappare dall'unica cosa che sarebbe stato capace di fare fino alla morte, anche a distanza di anni.
- Ciò che sei, sei. Non smetti di esserlo. Mai. E tu sei un karateka, che ti piaccia o no! Così come io sono un pugile! Siamo questi. Lo saremo per sempre! Ora puoi accettarlo e lavorare per recuperare la tua forma, o tornare a poltrire a letto. Però sarai sempre un karateka! - Con queste parole, Ken liberò finalmente le sue lacrime.
Lacrime che non aveva mai voluto dare a nessuno, nemmeno sé stesso.
Disciplina, si era sempre ripetuto.
Le lacrime erano per i deboli. Lui non lo era.
Genzo rimase steso, stanco, e non si alzò. Ascoltò le sue lacrime che dopotutto non facevano molto rumore. Erano silenziose, come Ken.
- Alla fine aveva ragione Jun. L'unica cosa che ha aggiunto lui era la più vera. Potevi essere aiutato a superare la paura! - Ken si appuntò di doverlo ringraziare, ma non riuscì ancora a smettere di piangere.

Fuori dalla porta, Kojiro, Hikaru e Takeshi spiavano la scena. Alla fine gli unici ad essere andati a lezione erano stati Jun, Tsubasa, Taro e Karl.
- Cosa stanno facendo ora? -
Chiedeva ansioso Takeshi.
- Piange! -
- Cosa?! -
- Sì! Ken! Piange! -
- Genzo l'ha colpito?! -
- Ma figurati! -
- Ed allora perchè piange!? -
- Perchè ha schivato tutti i colpi di Genzo e l'ha atterrato di nuovo! -
- Anche io piangerei per questo... -
- Io mi sganascerei dal ridere! - Fece l'insensibile Kojiro. Anche sadico.
- Per te sarebbe un sogno! - Replicò malefico Hikaru che si beccò una gomitata allo stomaco.
- Fottiti! - Classico finale.
- Insomma, quando ho visto che si prendevano a pugni -o quel che è- mi è venuto un colpo ma ora che sembra vada tutto bene sono così felice! - Fece sorridente Takeshi che non stava nella pelle.
- Il tuo moroso piange e tu sei felice, che sensibile che sei! - Asserì crudele Kojiro.
- Ma no è che... sono lacrime di gioia! - Esclamò il più piccolo di statura.
- E come fai a saperlo? Piange e basta! Magari ha sbattuto il mignolo! -
- Sì certo, su un mobile invisibile! - Hikaru si divertiva a punzecchiarlo.
- Piange perchè si è riconciliato con il karate! - A Kojiro bruciava che i metodi di quello sbruffone funzionassero, però doveva ammetterlo che in un modo o nell'altro ne usciva sempre bene. Anche se ora era stato sconfitto. A quello sorrise soddisfatto.
- Almeno l'ho visto atterrato ben due volte! Ora capisco perchè dicevano che era tanto bravo Ken! Se a distanza di un anno e mezzo atterra così facilmente uno come Genzo, non immagino se si rimette in circolazione cosa fa! - E comunque a lui piaceva tanto il fatto in sé di Genzo a terra due volte.
- Per te conta solo che l'ha messo giù due volte! - Hikaru ormai lo conosceva bene.
- Certo! Io non ci riesco mai e non sai quanto ci provo! - Ammetterlo gli bruciava ma solo con loro poteva dirlo.
- Se è per questo non ci riuscirai mai! - I due ripresero a battibeccare come due comari e mentre loro due si prendevano a parole, Takeshi sospirava sognante e felice.
- Il mio amore è proprio bravissimo! -
Non gli si poteva certo dare torto.