CAPITOLO XXV:
PAURE DA
ABBATTERE
- Cosa state
facendo? - Chiese Hikaru arrivando da dietro i ragazzi posti in fila
sui gradini dell'istituto.
Era l'intervallo
di metà mattina e tutto il gruppo al completo era seduto sui famosi
gradini che ormai stavano diventando proprietà privata.
Non erano lì a
stringere amicizia, ormai quella pareva esserci.
Erano lì a fare
una cosa precisa, una cosa per cui Hikaru era all'oscuro.
Quando si
sedette con loro a guardare quello che guardavano loro, notò che
stavano fissando i loro compagni. Né più né meno.
Nonostante il
freddo invernale e la neve, erano usciti lo stesso, non rinunciavano.
Tutti
intabarrati fin sopra il naso, c'era chi faceva le cosiddette
'vasche', ovvero camminavano su e giù, chi giocava a palle di neve,
chi faceva castelli al posto di pupazzi e chi, semplicemente, fumava
di nascosto!
Le pelli
intirizzite dal freddo non fermava nessuno degli studenti
dell'istituto dallo stare fuori quando potevano, visto che per un
permesso ci voleva davvero molto prima di poterlo ottenere.
- Niente di
particolare! - Risposero in coro quasi tutti. Genzo scosse il campo.
“Razza di
idioti, così si capisce!”
Hikaru infatti
aveva mangiato mezza foglia in un attimo.
- Sì certo ed
io sono l'imperatore del periodo Edo! -
Sparò a caso il
ragazzo senza sapere assolutamente chi fosse.
Ovviamente c'era
chi lo sapeva.
Jun, con aria da
sapientone quale tendeva ad avere sempre in pubblico, cominciò a
sciorinare tutti gli imperatori di quel periodo per sapere a chi si
riferisse. Non lo faceva per distrarlo, era una semplice risposta,
però alla fine risultò così ed arrivato al decimo imperatore,
Hikaru se ne andrò brontolando qualcosa fra i denti del tipo 'se non
volete farmi sapere cosa fate basta dirlo!'
Jun ci rimase
male.
- Ma insomma,
mancavano ancora Go Momozono, Kokaku, Ninko e Komei... -
Genzo era quello
che rideva più rumorosamente nel sentirlo, poiché sapeva la serietà
con cui parlava. Elencare in perfetto ordine cronologico ben
quattordici imperatori giapponesi del periodo Edo, non era da tutti.
- Cavolo Jun, ma
li conosci tutti in ordine! - Fece ammirato Takeshi.
- Certo, perchè,
voi no? - Per lui era scontato saperli a menadito.
- Non proprio...
quelli più significativi... - Fece Takeshi con cui gli altri più o
meno concordarono.
- Io non ne so
nemmeno uno, e con questo? - Grugnì Kojiro sentendosi messo in
disparte. Ken ridacchiò ma non commentò mentre Genzo rise
apertamente con Karl, dall'altra parte, che scuoteva la testa.
Tsubasa, vedendo che Kojiro tendeva i pugni, decise di mettere pace
aiutato da Taro.
- Non è
essenziale saperli... -
- Se è per
questo lui non conosce solo quelli dell'Edo! - Fece Genzo in parte
orgoglioso di suo fratello ed in parte con l'obiettivo di ridere
ancora sul modo in cui poteva far sentire gli altri con quella
notizia.
Tutti infatti lo
guardarono non volendoci credere.
- Conosce altri?
-
Genzo batté la
mano sulla schiena di suo fratello fiero.
- Conosce il
nome di tutti gli imperatori di tutti i periodi. Sempre in ordine
cronologico! -
Questa era così
grossa che tutti si misero a fischiare, non poteva essere.
- Jun, vai! -
Sembrava quasi un padrone che lanciava l'osso ad il proprio cane. Jun
cominciò senza trovarci niente di male.
Perchè non ci
credevano? Era possibile impararli!
- Jinmu, Suizei,
Annei, Itoku, Kosho, Koan, Korei, Kogen, Sujin, Suinin, Keiko, Seimu,
Shuai, Jingu, Ojin, Nintoku. Questi sono dell'antico periodo
pre-Yamato. Poi... -
- Ok ok basta ti
crediamo! - Lo fermò Kojiro il quale non intendeva sorbirseli tutti.
Non aveva idea di quanti fossero, ma così si sentiva un completo
ignorante e la cosa non era di gradimento.
- Più che altro
visto che noi non li conosciamo tutti, e non certo in ordine, puoi
aver detto dei nomi a caso! - Disse Ken logico il quale non era molto
lieto di essere passato al livello di Kojiro.
Jun inarcò le
sopracciglia incredulo del fatto che qualcuno osasse mettere in
dubbio le sue parole.
- Adesso andiamo
in biblioteca, tu guardi l'elenco ed io te li dico tutti e vedi se
sbaglio! - Era sicuro di non sbagliare, era stato il suo gioco per
calmare i nervi sin da quando era piccolo.
Quando qualcosa
lo agitava, per paura di uno scherzo del proprio cuore malato,
elencava i nomi degli imperatori, periodo per periodo, in ordine. Il
gioco glielo aveva insegnato Mikami quando ancora non si sapeva molto
sulla sua malattia cardiaca, l'aveva posto sotto una campana di vetro
ed apprensivo fino all'inverosimile, aveva usato molti espedienti per
tenerlo lontano da qualunque forma di stress. A volte persino Genzo
era uno stress, secondo il padre. Molte gli aveva impedito di vederlo
quando l'aveva visto in fase irascibile. Alla fine avevano sempre
trovato il modo di vedersi lo stesso e paradossalmente erano quelli
che riuscivano a calmarsi a vicenda.
Una volta capito
che il suo cuore non era fragile al livello da loro creduto, gli
aveva lasciato la libertà di fare o non fare quel giochino, però
ormai Jun li conosceva tutti.
Ken per un
istante pensò di mandarlo a quel paese, poi ci pensò. Erano almeno
un centinaio, non poteva saperli tutti davvero. Non in ordine, poi!
A quel punto, in
lui, scattò il meccanismo orgoglio.
“Questo mi
prende in giro, sa che rifiuterei ma se lo metto alla prova scoprirò
che non li sa davvero tutti!”
Pensò poi
intestardito.
Kojiro scosse il
capo ancora prima di sapere la sua risposta, li conosceva entrambi
ormai; mentre lui lo faceva, Ken accettava la scommessa tendendogli
la mano.
- Scommetto che
non li sai tutti e non soprattutto in ordine! - Jun prese la mano
accettando la sfida divertito, dentro di sé, di fare una cosa nuova.
Nessuno l'aveva mai sfidato.
- Accetto la
scommessa. - Genzo batté le mani ridendo e si mise in mezzo con aria
sadica.
- Bene bene,
cosa si scommette? - I due, continuando a stringersi la mano,
guardarono il ragazzo. - Eddai, non potete non scommettere niente! -
Jun alzò le spalle.
- Quello che
vuoi. - Tanto sapeva di vincere. Ken ci pensò un attimo.
- Se vinco io e
ne salti o ne sbagli almeno uno, mi devi portare i pasti speciali
direttamente dalla cucina, quelle cose che non mettono fuori in
mensa. Per un mese. - Se si scommetteva bisognava farlo in grande.
Jun annuì. Non
era una grande fatica, anche se Kojiro non era della stessa idea:
- Non ti farà
da schiavo per un mese, scordatelo! - Ruggì. Ken lo ignorò.
- Una scommessa
è una scommessa, tu zitto! Decidono loro! - Disse Genzo esaltato
spingendolo, l'altro ricambiò la spinta facendolo finire con la
faccia sulla neve.
In due secondi,
mentre gli altri due decidevano per la scommessa, i due fenomeni del
secolo facendo wrestling sulla neve.
Non avevano
proprio risolto il dibattito sul ring di diversi giorni prima, alla
fine avevano deciso di non pensarci più e basta. Indipendentemente
da quello le cosa non erano cambiate molto fra loro. Erano i soliti
idioti!
- Bene Ken, se
vinco io tu dovrai rispondere ad una domanda mia, ma dovrai farlo
assolutamente ed in modo onesto ed esauriente. Non dovrai
asciugartela con due parole veloci messe in croce. Capito? - Aveva in
mente qualcosa. Tsubasa e Taro lo capirono subito ed anche a Takeshi
parve strana quella richiesta, ma non disse niente.
Ken comunque non
pensava che una domanda potesse creargli tanti problemi e convinto di
essere in vantaggio in ogni caso, accettò.
- Qualcuno deve
tagliare. - Disse Ken.
Lo fece Tsubasa
perchè i due fenomeni erano impegnati a ficcarsi la faccia sulla
neve a vicenda. Quando si separarono la campanella suonò per
riprendere le lezioni.
- Non possiamo
farlo dopo, potresti ripassarli. Non varrebbe. - Disse Ken.
Karl prese Genzo
per la cintura dei pantaloni per farlo smettere e Jun si limitò a
sfiorare il braccio di Kojiro per calmarlo.
- Ma ci sono le
lezioni, ora. - Disse logico.
- Saltiamo
un'ora, diremo che siamo stati male per il freddo! - Disse risoluto
Ken. Takeshi era contento di vederlo tanto preso da qualcosa, tendeva
ad esternarsi un po' dalle cose.
A Jun la cosa
seccava ma ammetteva che andava bene.
Per una volta.
Il grande
cambiamento di tutti era lì davanti a loro e si mostrava lentamente
poco per volta.
Quel lasciarsi
andare fra di loro, cosa che prima mai e poi mai avrebbero fatto.
- Voi potete
andare, ci serve solo un arbitro... - Disse Jun ligio al dovere.
- Non se ne
parla proprio! O tutti o nessuno! - Esclamò Genzo il quale doveva
sempre cogliere ogni occasione per saltare le lezioni e divertirsi.
Jun non dubitava
che alla fine sarebbero venuti tutti.
- Chiamiamo
Hikaru? -
Chiese Takeshi.
- Ma magari
troviamo quello o quella che fa per lui! - Fece Kojiro mentre si
dirigevano in biblioteca.
- Dai, possiamo
rimandare! Lo facevamo già prima, poi magari si offende e si sente
escluso! - A quello non replicò, aveva ragione.
Per strada,
mentre aggiornavano Hikaru, Genzo commentò fra i denti a Ken:
- Guarda che li
conosce tutti davvero, a me li ha elencati un sacco di volte! - Ken,
per niente preoccupato, rispose:
- Non può
conoscerli tutti davvero, sono più di 100! -
- 125! -
Puntualizzò. - Sai perchè lo so? Perchè me li ha detti miliardi di
volte ed ormai li so pure io a memoria. Quasi. Io li sbaglierei ma
voglio dire... li sa! - Ken, ancora, insisteva.
- Tu stesso dici
che non li sai proprio bene, magari sbagliava e tu non te ne
accorgevi! Mica avevi sempre un libro sotto mano! -
Genzo ridacchiò.
- Dopo la prima
volta ho evitato di leggerli. -
Ken sospirò
spazientito.
- Beh, anche se
li sa tutti e perdo, si tratta solo di una domanda. Cosa vuoi che
sia? - Genzo si fermò perchè non aveva registrato bene la posta in
gioco.
- Cosa? Una
domanda?! -
- Sì, ha detto
che devo rispondere ad una sua domanda in modo esauriente ed onesto!
- Genzo fece una smorfia riprendendo a camminare. Come di uno che
diceva 'ahi'. Questo preoccupò Ken che si fermò a sua volta.
- Dai! Cos'è
quella faccia? -
- Nessuno vuole
mai rispondere alle domande di Jun! Nemmeno tu vorresti! - Ken non
sapeva come interpretare la cosa e Genzo, sentendosi responsabile per
quel povero ragazzo ingenuo che non conosceva bene suo fratello, lo
prese sotto braccio e lo istruì:
- Sembra che non
si intrometta in niente ma sa tutto di tutti, è peggio del peggior
malato di gossip! Lui non lo fa per spettegolare, lui sa le cose per
il gusto di saperle. Perchè coglie tutto ed immagazzina. Come pensi
che possa sapere tutti gli imperatori del Giappone in ordine? Non ha
un cervello normale! - Questo aspetto di Jun non lo conosceva
nessuno, nemmeno Kojiro.
Ken,
impressionato e preoccupato di questa premessa, inghiottì ed ascoltò
il resto: - Ti farà una domanda personale che sicuramente non vorrai
rispondere, ma non puoi tirarti indietro. Te ne pentirai amaramente,
vedrai. - Ora rabbrividiva, non poteva avere un certo timore di
quello che sembrava un ragazzo del tutto innocuo.
- Cosa posso
fare? - Ora Ken cominciava a capire la cazzata che aveva fatto.
- Ti serve una
strategia in fretta! - Ken allargò le braccia vedendo alla fine del
corridoio la biblioteca.
- Come faccio in
così poco tempo? -
- Il suo punto
debole! - Esclamò Genzo preso dalla cosa. Battere suo fratello in
una di quelle stupide gare di intelligenza sarebbe stato fantastico.
- Ne ha? -
Chiese sconvolto. Genzo era un po' combattuto però alla fine vinse
la voglia di vederlo sbagliare.
- Kojiro è il
suo unico punto debole! - Disse. Ken capì subito cosa doveva fare e
ringraziando Genzo con un 'ti devo un favore', corse da Kojiro che
stava aggiornando Hikaru insieme a Takeshi.
Se lo prese e
rallentò a forza la camminata verso l'inevitabile.
- Ascolta. Mi
devi fare un favore, se mi aiuti a vincere la scommessa ti darò
sempre metà dei pasti che mi darà Jun! - Era partito male.
'Che mi darà
Jun' non era una cosa da dire a Kojiro che prima aveva fatto il
geloso solo per questo.
- Scordatelo!
Non voglio che Jun ti faccia da servo! Semmai lo aiuto a vincere! E
poi è il mio ragazzo, tu sei fuori! -
Ken sbuffò in
difficoltà:
- Sei uno
stronzo, Kojiro! Ti darò metà dei miei pasti per un mese! Andiamo!
- Kojiro ci pensò. Non era convinto, per niente.
- Senti, io
queste cose... -
- Sono cose da
te e lui non se la prende! -
Kojiro non aveva
ancora deciso ma ormai stavano per entrare e decise di dirgli cosa
fare senza aspettare la risposta.
- Devi solo
distrarre Jun in qualche modo, tu sei il suo unico punto debole...
che ne so, apriti la camicia, masturbati, fa quello che ti pare, ma
mettiti sulla sua visuale e distrailo facendo finta di niente! -
Kojiro sgranò gli occhi.
Era una cosa
davvero bassa e meschina, così bassa che quasi quasi poteva
accettare.
In fondo era
divertente vedere Jun sbarellare per lui.
Però poi si
sarebbe arrabbiato.
E poi non voleva
che facesse da schiavo a quell'idiota!
Alla fine era
ancora indeciso quando entrarono.
Il tempo per le
strategie e le scelte era scaduto.
Prendere o
lasciare ed a quel punto si poteva solo prendere.
Non avrebbe mai
e poi mai lasciato.
Ken guardò Jun
e guardò gli altri.
“Fanculo, se
perdo affronterò la sconfitta da uomo e pagherò quel cazzo di
pegno! È solo una domanda, cosa vuoi che sia?”
La biblioteca
era vuota, a quell'ora. Genzo si lavorò la custode assicurandosi che
non facesse la spia e nel mentre gli altri entrarono alla spicciolata
andando nel periodo storico.
Trovato il libro
giusto con l'elenco cronologico di tutti gli imperatori, si
sistemarono uno di fronte all'altro. Jun e Ken erano gli unici
seduti. Ken aveva il libro in piedi davanti al suo viso. Gli altri
erano disposti tutt'intorno a cupola, curiosi di quella sfida
interessante.
Nessuno pensava
che Jun potesse sbagliare. Erano solo curiosi della reazione
dell'impassibile Ken quando avrebbe perso.
Ken, dal canto
suo, sperava nella magnanimità di quello stronzo del suo amico. E
nell'ampiezza del suo stomaco.
Non era certo
l'avrebbe aiutato ma era l'unica speranza.
Jun prese
respiro, il silenzio tutt'intorno. Poi, con le mani aperte che
aderivano al tavolo, guardò in basso su di esse e cominciò.
Quando vide che
li snocciolava tutti guardando in basso, capì che indipendentemente
da tutto avrebbe perso.
Se non guardava
Kojiro come faceva a distrarsi?
“Quel
maledettissimo stronzo!”
Pensò seccato
vedendo come tutti i nomi corrispondevano tragicamente.
Possibile che
non alzasse lo sguardo nemmeno una volta?
Non avevano
specificato le modalità, Jun poteva farlo anche con gli occhi
chiusi!
Ken, comunque,
lasciò perdere il panico della sconfitta quando vide che erano
incredibilmente giusti.
Stessa cosa per
tutti che si pigiarono dietro di lui per sbirciare nel libro.
Non ne stava
sbagliando nemmeno mezzo.
Non era
possibile.
125 nomi in
ordine di reggenza.
Nome e cognome.
Tutti.
Non un errore.
Finì che tutti
erano a bocca aperta a fissare le pagine e quando Jun alzò gli
occhi, erano in fila shockati.
- Tutto giusto,
vero? - Sapeva di non aver sbagliato.
Kojiro,
orgoglioso del suo ragazzo, non ci pensò due volte ad andare da lui
e a stampargli un bacio sulla bocca che mise in blackout Jun per un
bel po'.
“Pezzo di
merda, ora lo fai? E prima no?! Ora a che cazzo serve!?” Non disse
niente, Ken, mentre gli altri si complimentavano e ridevano. La
faccia di Ken era effettivamente comica, livida, dura, pallida e
rigida.
Takeshi gli
carezzava la testa.
- Dai, su...
dovevi dare retta a Genzo... ha detto che li sa tutti... dovevi
credergli! - Ken ebbe un istinto pericoloso anche contro il suo
moroso ma evitò di morderlo.
Fece un paio di
respiri e ritrovò il famoso controllo di sé.
Disciplina.
Sì, poteva
farlo.
Poteva evitare
di fare una piazzata od espressioni imbarazzanti.
Tornò
abbastanza normale in poco tempo e per questo tutti lo ammirarono.
Poi il dilemma.
“Sì, ma quale
domanda dovrà farmi?”
Si chiese.
Mentre gli altri
si sciolsero e si risistemarono intorno appoggiati coi gomiti sul
tavolo per sentire quello che doveva chiedere Jun, questi riunì le
mani davanti a sé come un santone.
- Ok, sei pronto
per il pegno? - Sembrava dovesse essere chissà cosa.
- Sì. Spara. -
Fece Ken facendosi forza. Dall'esterno appariva ancora tranquillo.
- Una scommessa
è una scommessa. Una domanda per una risposta vera ed esauriente.
Non puoi tirarti indietro e non puoi prendertela. È solo una
scommessa. Potevi credermi quando ho detto che li so tutti! -
La premessa non
era molto buona e Takeshi si preoccupò per il suo ragazzo che
sembrava ancora sereno.
Ken annuì
mentre Genzo si pregustava una scenata coi fiocchi, se lo sentiva
quasi.
- Perchè quando
sei guarito dall'infortunio non sei tornato a fare karate? -
Sembrava la
domanda più sciocca ed insensata del secolo, solo chi lo conosceva o
chi praticava arti marziali sapeva perchè era una domanda
incredibilmente affilata e pericolosa. E, ovviamente, Jun Misugi che
non era né un amico di Ken né uno che praticava arti marziali.
C'era già
silenzio da prima ma questo parve diverso, quasi drammatico.
Il karate, per
Ken, era l'unico argomento tabù.
Gli unici
momenti in cui litigava con Takeshi, con cui era impossibile
litigare, era per il karate.
Tutti si
convinsero che non avrebbe risposto. Si sarebbe alzato e se ne
sarebbe andato, sicuramente.
Era
assolutamente escluso che rispondesse alla domanda.
Jun però rimase
fermo in attesa con un'espressione seria ed incoraggiante al tempo
stesso, non l'avrebbe comunque forzato però tutti si chiesero
comunque cosa gliene importasse. Non era un amico e nemmeno un altro
atleta del suo settore. Cosa mai gli poteva importare?
Che senso aveva
fargli quella domanda.
Però rimasero
in attesa contando i secondi.
Arrivati quasi
al minuto, Ken respirò profondamente, abbassò gli occhi strinse le
mani sotto il tavolo e poi tornò a guardare Jun affilato, quasi
minaccioso.
Aveva voglia di
insultarlo ed offenderlo e magari dargli anche un calcio, ma sapeva
che poi si sarebbe beccato due pugni in faccia. E poi avrebbe
comunque fatto la parte del meschino. Era una scommessa persa.
Era una cosa che
nessuno sapeva.
Ken era un
grande campione di karate, nel suo settore aveva conquistato tutto
quando aveva praticato. Poi un brutto infortunio l'aveva obbligato a
fermarsi per un anno intero; quando aveva avuto il via libero perchè
aveva recuperato, non si era sentito di tornare. Non aveva dato
spiegazioni, semplicemente non era più tornato. Quando gli avevano
chiesto le motivazioni tutti si erano ritrovati con un acido 'fatti i
cazzi tuoi'. Dopo un po' nessuno aveva più insistito.
Ora era lì
davanti ad un quasi sconosciuto a dover rispondere a qualcosa che non
doveva proprio per niente importargli.
Però l'onore
era l'onore, aveva perso, quello era il pegno. Non si sarebbe mai
tirato indietro.
- Sono stato
fermo per troppo tempo, il rischio che io non tornassi come prima o
che non riuscissi a superare il mio livello di prima e quindi
comunque non avessi più un futuro effettivo nel karate, era troppo
elevato. A quel punto ho preferito evitare di ricoprirmi di ridicolo.
Se non ero più io che senso aveva? - Avrebbe potuto dire altro però
era stato sincero. Almeno dal proprio punto di vista.
Jun piegò la
testa di lato e fece uno strano sorrisino indecifrabile.
Poteva dire
qualcosa?
Anche se non
poteva, l'avrebbe detta lo stesso.
- Non lo sai se
eri tu o no. Non hai provato. Potevi invece recuperare come prima e
riprendere da dove ti eri interrotto. -
Le vene del
collo di Ken cominciarono a pulsare, nessuno osava toccarlo, nemmeno
Takeshi. Ma Genzo e Kojiro erano dietro Jun pronti ad ogni evenienza.
Era tutto molto serio, ora. Le risate e i giochi erano dimenticati ed
anche Hikaru che scherzava sempre non diceva nulla.
- Ero rimasto
troppo indietro. Un anno intero fermo, sai cosa vuol dire in una
disciplina che richiede costanza ed impegno? - Cercava ancora di non
alterarsi, si stava impegnando.
“Controllo,
Ken. Sono solo domande. Lui non sa niente, non te la puoi prendere.”
Si ripeteva
sforzandosi forsennatamente per non superare il limite.
- Non lo so con
precisione, posso solo usare la mia immaginazione, però se non provi
non puoi capire il tuo vero ed effettivo livello. Non parlo di una
volta. In una volta ti puoi solo demoralizzare perchè è chiaro che
dopo tanto tempo fermo non sarai quello di prima. Però devi darti
del tempo per provare e riprovare, allenarti di nuovo con la costanza
necessaria e vedere se i recuperi sono sufficienti e ti danno una
prospettiva positiva o meno. Solo dopo potrai scegliere
definitivamente e sensatamente. È come uno che viene operato alla
vista e gli bendano gli occhi per un po' dopo l'operazione. Quando
gliela tolgono gli dicono che potrebbe non vedere più, che potrebbe
vederci male o potrebbe vederci bene. Ma lui, per paura di non
vederci più, non li apre. Per una futura incerta cecità, si acceca
di proposito ed intenzionalmente. - Era stato un esempio perfetto.
Tutti rimasero
ammirati della sua padronanza delle parole e della conoscenza della
questione, in realtà si erano chiesti cosa potesse saperne, eppure
pareva conoscere tutto fin troppo bene.
Aveva detto
delle cose più che sensate. Vere.
Nessuno aveva
saputo la verità sul suo abbandono, avevano solo immaginato. Ma
siccome Ken non si era confidato con nessuno, nemmeno il suo ragazzo,
non aveva potuto mai ricevere delle risposte, delle alternativa o dei
semplici incitamenti. Nessuno riusciva a camminare senza una mano od
una spinta, ma se non l'accettava non poteva fare progressi.
Tekeshi ed
Hikaru trattenevano il respiro perchè sapevano quanto importante
fosse quel discorso per Ken, lo conoscevano molto bene.
Kojiro non
sapeva tutto ma si era fatto raccontare la storia.
Genzo e Karl,
invece, erano quelli che la conoscevano meglio.
Taro non era nel
club di arti marziali ma in quello di pittura, però era il ragazzo
di Tsubasa, quindi conosceva anche lui la storia.
Per cui nessuno
fiatava.
- Chi ti ha
detto tutte queste cose? Chi ti ha parlato di me? Cosa ne puoi
sapere? Perché ne sai tanto?! - Disse infine cominciando a perdere
le staffe. Eppure ancora cercava di trattenersi. Stringeva le mani
sui pantaloni e tirava, si tendeva tutto ma non si muoveva, aveva la
voce alterata ma non gridava.
L'ammirarono.
Nessuno al suo posto sarebbe rimasto calmo a quel punto.
- Non ha
importanza. Sono cose che so e basta. - Per un momento pensò che
fosse una specie di telepatico, non si spiegava il fatto che uno che
non aveva alba di arti marziali e che non gli aveva quasi mai
parlato, sapesse tante cose sulla materia. - E poi sono cose che
chiunque con un po' di logica potrebbe capire da solo. - Era vero ma
non troppo.
- Sono
particolari da atleti, questi. Tu non sei un atleta! Tu non hai alba
di cosa succede ad un infortunio grave per un atleta eppure parli
come se sapessi! - Era lui che voleva capire. Jun sospirò ed alzò
le mani come per porre fine al dialogo che capiva avrebbe portato ad
un punto che non voleva.
- Va bene, ho
avuto la mia risposta. Il pegno è finito e la scommessa conclusa.
Basta così. Ora torno a lezione. - Fece evasivo e composto. Jun si
alzò davanti agli occhi esterrefatti di tutti. Quello che voleva
sapere Ken aveva senso quanto quello che lui gli aveva detto.
Ora però non
voleva rispondere. Era tipico suo, pensarono.
Genzo lo
chiamava yakuza per un motivo.
Non capivi ciò
che Jun pensava, se non voleva farlo capire. Ed era la maggior parte
delle volte.
Quando fu alla
porta, Ken urlò perdendo per la prima volta nella sua vita -o quasi-
le staffe.
- Tu non puoi
sapere come mi sono sentito quando mi sono infortunato, quando sono
dovuto stare fermo, quando i medici mi dicevano che non c'erano
certezze ma solo ragionevoli dubbi! Tu non sai! E non sai, quando
sono guarito, come mi sono sentito. Non sai se ho provato o no, da
solo! Solo perchè nessuno mi ha visto non significa che io non abbia
provato! Non sai e quindi non fare paragoni assurdi! Non mi sono
accecato io, mi hanno accecato! -
Jun però si
fermò consapevole che doveva concludere il discorso prima che Kojiro
reagisse.
- Ken, il pegno
era rispondere onestamente alla mia domanda. Non sei stato onesto.
Bastava dire che hai paura. Ed è tuo diritto averne. Però a quel
punto ti avrei detto che puoi essere aiutato, per la paura. Tu sei
guarito già da tempo, devi solo avere il coraggio di accettarlo. -
Con questo se ne
andò.
Ken rimase fermo
sul tavolo, i pugni stretti sulle cosce, si mordeva le labbra e
respirava veloce.
Tutti pensarono
che si mettesse a gridare o a fare qualcosa, ma non sarebbe stato da
lui.
Livido di
rabbia, una rabbia che non gli avevano mai visto addosso, si alzò e
se ne andò con un passo sostenuto.
Takeshi fece per
seguirlo ma Genzo lo fermò.
- Sono stato io
a parlare tanto a Jun di Ken. Perchè non capivo come potesse aver
mollato così solo per un infortunio senza nemmeno riprovarci... ed
ho passato giorni a parlarne, lui non mi diceva niente, mi ascoltava
e basta. Ma questo è quello che ha elaborato. - Rimasero stupiti
anche di questo suo interesse verso una cosa per la quale non aveva
mai dimostrato aperto coinvolgimento. - E per inciso, Jun ha ragione!
È ora che qualcuno glielo dica o un giorno non saprà più guardarsi
allo specchio! -
Quando Genzo
sparì per terzo oltre la porta, Hikaru borbottò fuori dai denti
dicendo come sempre cosa pensava:
- Si può sapere
comunque a Genzo cosa cazzo importa? E a Jun? - Kojiro stava per
scattare ma fu Tsubasa a dare una risposta molto calma e matura.
- Solo un altro
atleta di questo settore può capirlo. Vedi uno con un talento come
il suo -e credimi che era un talento pazzesco- e vedi che quando può
tornare non torna e sai che è per paura. Lui non lo dice ma lo sanno
tutti perchè quelli che lo fanno ci arrivano. E ti viene su di tutto
mentre pensi che vorresti aiutarlo, perchè è uno spreco che molli,
perchè è fantastico e non può mollare! Però lui ha quel muro e
non ti permette di penetrarlo... e vorresti solo che uno trovasse il
coraggio di arrampicarsi o di abbatterlo. Se qualcuno ce la fa che
ben venga. A Genzo importa come importa a tutti noi. Perchè se tu
che fai arti marziali o un arte da combattimento, lo vedi sul
tappeto... credimi che vorresti solo poterlo rivedere. -
Tsubasa aveva
espresso in modo preciso ed esauriente la situazione di tutti quelli
del club o del settore.
Ma comunque non
aveva saputo dire niente su Jun.
Cosa gli
importava a lui, comunque?
Nessuno lo
chiese limitandosi a tornare a lezione con le teste fisse in quella
scena.
Jun e Genzo
avevano passato dei limiti, se ne rendevano conto entrambi, ma erano
estremamente convinti d'aver fatto la cosa giusta.
Genzo era più
grande di Ken ed aveva visto quel ragazzino così talentuoso fare
cose incredibili. Aveva sognato ad occhi aperti nell'immaginare che
campione fantastico sarebbe stato un giorno.
Non si era perso
nemmeno una sua gara.
Poi si era
dispiaciuto un sacco nel suo bruttissimo infortunio, era stata la
prima volta che gli aveva parlato e forse l'unica.
Era andato a
trovarlo in ospedale e gli aveva detto di non mollare che l'aspettava
in palestra.
Ken non aveva
detto niente.
Poi quando aveva
saputo che era guarito si era sentito euforico, aveva guardato la
porta della palestra ossessivamente ogni giorno sperando di vederlo
apparire. Ma non era mai successo.
Aveva chiesto a
Roberto ogni giorno notizie di Ken e non gli aveva mai detto niente
perchè non sapeva niente.
Quando era
andato a chiedergli spiegazioni, Ken aveva risposto che non voleva
tornare e di rispettare la sua volontà. Aveva provato a parlarci e a
capire, a convincerlo, ma non si era scucito né aperto.
Per quanto era
rimasto a pensarci? Tantissimo.
Quando avevano
preso i contatti con l'arrivo di Kojiro e l'unione di quel gruppo
assurdo, la voglia di sapere era tornata prepotente, la speranza di
vederlo tornare.
Ne aveva parlato
con Jun. Ne aveva parlato molto anche all'epoca ed ora di nuovo.
Si sentiva molto
responsabile di quel momento così teso.
Lo raggiunse in
palestra, era andato quasi a colpo sicuro.
Ora era lì e
poteva provare a fare qualcosa per lui come all'epoca avrebbe voluto.
Perchè non era mai intervenuto anche se gli importava?
Per orgoglio?
Perchè era nel
pieno della sua fase di ribellione ed era meglio fare scandali per
indispettire il padre, che pensare alle cose veramente serie?
Perchè?
Aveva passato un
periodo della sua vita lontano da tutto e da tutti, era diventato uno
che andava facilmente a letto con gli altri e allo stesso tempo
capace di avvicinare un ghiacciolo umano come Karl.
Una
contraddizione.
Però ora era lì
per vedere di quello che gli interessava. Adesso era diverso, capiva
che c'erano cose più importanti di una stupida reputazione.
Ken aveva acceso
le luci della palestra solo nella zona centrale e si era messo sul
tappeto di karate.
Fermo, in
centro, senza scarpe.
Genzo si fermò.
Aveva i pugni
stretti lungo i fianchi e capiva che il corpo era in tensione totale.
Si sentiva
simile in qualche modo anche se erano diversissimi.
Forse perchè
nei problemi veri entrambi si erano chiusi a tutti.
Lui aveva avuto
la fortuna di avere Jun che in qualche modo era riuscito a
riavvicinarlo a Karl quando avevano rotto. Grazie a quello tutto era
lentamente cambiato in lui. La voglia di essere e non apparire era
cominciata in quel modo. Il coraggio di sé.
Ma possibile che
Ken non avesse nessuno ad aiutarlo o a prenderlo a calci in faccia?
Si avvicinò
lentamente e quando seppe d'essere stato percepito, parlò piano.
- E' colpa mia,
non avercela con Jun. Gli ho parlato io della tua situazione e gli ho
spiegato quelle cose che solo uno del campo può sapere. Ha capito
fin troppo bene cosa dicevo. L'esempio del cieco non viene da me, è
roba sua. -
Ken voltò il
viso per metà ma guardò in basso.
- Anche la cosa
della paura veniva da lui? -
Genzo fece una
specie di sorriso amaro.
- Da me. Però
lui ha aggiunto che puoi essere aiutato. Era mia anche che sei
guarito da tempo ma che non hai il coraggio di accettarlo. - A quel
punto tanto valeva essere completamente onesti.
- E perchè hai
lasciato che lo dicesse lui? Perchè non sei mai venuto tu? - Chiese
sempre rimanendo di spalle e girato solo con la testa, lo sguardo
basso, il tono sostenuto.
- Perchè
pensavo non fossero fatti miei. Anche se mi interessava. Comunque non
so perchè Jun abbia deciso di chiedertelo. Non so proprio cosa gli
passi per la testa, a volte è un mistero... - Lo era per tutti.
Ken allora si
voltò fino a poterlo guardare. Erano uno davanti all'altro sul
tappeto basso e leggermente imbottito. Come che dovessero sfidarsi.
Le pose neutre. Gli occhi negli occhi.
- Ed ora? Ora
pensi che invece siano fatti tuoi? - Genzo alzò le spalle.
- Ora sono
diverso. Guardo più quello che mi interessa che... altre cose! - Non
ci teneva molto a portare l'attenzione su di sé anche se normalmente
lo faceva volentieri. Erano lì per parlare di Ken, uno che non
parlava mai di sé.
- Quello che ti
interessa... - Fece con scherno Ken. - Ti interesso? - Aggiunse poi
ironico.
Genzo alzò
ancora le spalle.
- Sì! Sei un
campione fantastico, mi piacevi atleticamente sin da quella volta e
mi è dispiaciuto per il tuo infortunio. Sono venuto a trovarti in
ospedale, ricordi? Poi però non hai dato occasione a nessuno di
avvicinarti ed io avevo casini... però chiedevo a Roberto di
continuo. Pensavo che... pensavo che se non volevi non potevo
invaderti. - Ken non capiva perchè ora fosse tanto diverso.
- Adesso invece
pensi sia meglio rompermi le scatole! -
- Mi sento
responsabile per il tuo subbuglio. Se non avessi parlato tanto di te
a Jun... - Non concluse, era ovvio ed aveva senso.
Ken sospirò
stufo di stare arrabbiato, aveva bisogno di quella mano, ora. Ed era
al punto che doveva ammetterlo perchè era saturo, non ne poteva più.
- Io non penso
di riuscirci più. - Fece abbassando la testa e girandosi per un
quarto. Non lo guardava più, era di nuovo perso in sé stesso. -
Avete ragione. È paura. Sarò anche guarito ma sono sicuro che
troverò delusioni se riprendo ora. Sarà tutto diverso. Avrò dei
limiti che prima non avevo. Non arriverò come prima e... ormai ho
perso tutto quello che avevo. Le mie capacità sono storia vecchia. È
inutile parlarne e pensarci ancora. Ho solo bisogno di aiuto a
seppellirlo bene. - Era convinto che fosse l'unica cosa, ma
ovviamente Genzo non era famoso per essere uno che accettava il
volere altrui, né una decisione che non gli piaceva.
Del resto aveva
passato troppo tempo ad assecondarlo. Adesso era ora di forzarlo.
Doveva capire
che si sbagliava perchè lui ne era certo.
Così decise di
farlo a modo suo.
L'aiutò.
E veloce come un
fulmine, degno delle gare migliori, si scagliò contro di lui con un
pugno.
Un bel diretto
verso il suo viso.
Il secondo dopo
era a terra con la schiena ed un ginocchio contro la carotide.
Fu tutto così
veloce che nemmeno Ken si era reso conto di quello che stava facendo.
L'aveva solo
fatto.
Genzo sorrise in
quel suo modo obliquo e strafottente. Sicuro che sarebbe andata così.
Ken era
sconvolto. Era la prima volta dopo l'infortunio che usava quella
mossa di karate, un puro riflesso incontrollato.
Per un istante
si gelò pensando alla stazza di Genzo e alla sua forza. L'aveva
atterrato con una facilità incredibile.
- Eri lento!
L'hai tirato lento di proposito! Volevi che ti vedessi e ti
atterrassi! Ed hai anche collaborato per finire a terra subito! -
Disse convinto ed accusatore alzandosi da lui. Genzo si tirò in
piedi con uno scatto di reni da atleta e cominciò a saltellare
ridacchiando con quella sua tipica aria da stronzo. Gli occhi neri
brillavano maledetti, convinto di essere sulla strada giusta.
Insopportabile.
Il solito
capriccioso egocentrico viziato!
- Per nulla!
Sono stato dannatamente veloce! Volevo farti saltare un dente! Quella
era la forza. Ci sarei riuscito se ti avessi beccato. - Per un
momento Ken realizzò.
- Se non ero
pronto mi colpivi davvero! - Esclamò per una volta scandalizzato.
Genzo rise in modo antipatico.
- Era quello che
volevo! Ma sapevo che eri pronto! -
- Volevi
prendermi a pugni?! - Ken non capiva e Genzo lo colpì con un altro
pugno che però fu schivato velocemente.
- Esattamente!
Mi sta sul culo il tuo discorso da perdente ed io i perdenti li
prendo a pugni! -
Ken non ci
credeva ma dovette schivare un altro pugno e dovette ammettere che
Genzo era veramente molto veloce, i suoi pugni non erano certamente
di riguardo, anzi.
Se lo colpiva
gli faceva male.
- Tu sei matto!
- Esclamò alla fine.
Genzo continuava
a ridersela e a saltellare come se fosse sul suo ring.
- Può darsi! Ma
intanto schivi tutto! - Ken se ne stava rendendo conto solo ora.
Schivò ancora.
- Sono pugni
isolati, non è un vero attacco! Così è facile! - Genzo decise di
accontentarlo e gli andò contro con un attacco serrato e veloce con
una serie di destri uno dietro l'altro. Tutti schivati o parati.
Veloce. Molto più veloce. Sempre più veloce. Gli stava addosso, non
riusciva a respirare e quando lo parava sentiva la forza seria con
cui glieli tirava. Se lo colpiva gli faceva un vero occhio nero.
Non si stava
risparmiando e vedeva la sua pelle sudare.
Ancora ed ancora
ed ancora. Si rese conto che sarebbe potuto andare avanti in eterno.
Poi il luccichio
nei suoi occhi tenebrosi.
Non sapeva il
suo modo di combattere. Non l'aveva mai guardato anche se sapeva che
era un campione di boxe.
Dunque non aveva
idea che dopo la serie serrata di destri veloci arrivava il suo punto
forte. Il sinistro. Un gancio poderoso che stordiva l'avversario.
Bastava uno di
quello per un KO di alcuni secondi. E a volte vinceva addirittura.
Quindi Ken non
ne aveva idea. Stava attento al braccio destro perchè era l'unico
che muoveva, però quel luccichio non lo rassicurò e prima ancora di
pensare a qualcosa si vide quasi dall'esterno afferrare il sinistro
con una prontezza da campione, girarsi e ribaltarlo.
Di nuovo
velocissimo. Di nuovo senza un solo graffio od occhio gonfio.
La risata di
Genzo echeggiò nell'ampia palestra vuota. Ed alla fine Ken dovette
unirsi a lui perchè il paradosso assurdo l'aveva capito.
Aveva passato
mesi a scappare dall'unica cosa che sarebbe stato capace di fare fino
alla morte, anche a distanza di anni.
- Ciò che sei,
sei. Non smetti di esserlo. Mai. E tu sei un karateka, che ti piaccia
o no! Così come io sono un pugile! Siamo questi. Lo saremo per
sempre! Ora puoi accettarlo e lavorare per recuperare la tua forma, o
tornare a poltrire a letto. Però sarai sempre un karateka! - Con
queste parole, Ken liberò finalmente le sue lacrime.
Lacrime che non
aveva mai voluto dare a nessuno, nemmeno sé stesso.
Disciplina, si
era sempre ripetuto.
Le lacrime erano
per i deboli. Lui non lo era.
Genzo rimase
steso, stanco, e non si alzò. Ascoltò le sue lacrime che dopotutto
non facevano molto rumore. Erano silenziose, come Ken.
- Alla fine
aveva ragione Jun. L'unica cosa che ha aggiunto lui era la più vera.
Potevi essere aiutato a superare la paura! - Ken si appuntò di
doverlo ringraziare, ma non riuscì ancora a smettere di piangere.
Fuori dalla
porta, Kojiro, Hikaru e Takeshi spiavano la scena. Alla fine gli
unici ad essere andati a lezione erano stati Jun, Tsubasa, Taro e
Karl.
- Cosa stanno
facendo ora? -
Chiedeva ansioso
Takeshi.
- Piange! -
- Cosa?! -
- Sì! Ken!
Piange! -
- Genzo l'ha
colpito?! -
- Ma figurati! -
- Ed allora
perchè piange!? -
- Perchè ha
schivato tutti i colpi di Genzo e l'ha atterrato di nuovo! -
- Anche io
piangerei per questo... -
- Io mi
sganascerei dal ridere! - Fece l'insensibile Kojiro. Anche sadico.
- Per te sarebbe
un sogno! - Replicò malefico Hikaru che si beccò una gomitata allo
stomaco.
- Fottiti! -
Classico finale.
- Insomma,
quando ho visto che si prendevano a pugni -o quel che è- mi è
venuto un colpo ma ora che sembra vada tutto bene sono così felice!
- Fece sorridente Takeshi che non stava nella pelle.
- Il tuo moroso
piange e tu sei felice, che sensibile che sei! - Asserì crudele
Kojiro.
- Ma no è
che... sono lacrime di gioia! - Esclamò il più piccolo di statura.
- E come fai a
saperlo? Piange e basta! Magari ha sbattuto il mignolo! -
- Sì certo, su
un mobile invisibile! - Hikaru si divertiva a punzecchiarlo.
- Piange perchè
si è riconciliato con il karate! - A Kojiro bruciava che i metodi di
quello sbruffone funzionassero, però doveva ammetterlo che in un
modo o nell'altro ne usciva sempre bene. Anche se ora era stato
sconfitto. A quello sorrise soddisfatto.
- Almeno l'ho
visto atterrato ben due volte! Ora capisco perchè dicevano che era
tanto bravo Ken! Se a distanza di un anno e mezzo atterra così
facilmente uno come Genzo, non immagino se si rimette in circolazione
cosa fa! - E comunque a lui piaceva tanto il fatto in sé di Genzo a
terra due volte.
- Per te conta
solo che l'ha messo giù due volte! - Hikaru ormai lo conosceva bene.
- Certo! Io non
ci riesco mai e non sai quanto ci provo! - Ammetterlo gli bruciava ma
solo con loro poteva dirlo.
- Se è per
questo non ci riuscirai mai! - I due ripresero a battibeccare come
due comari e mentre loro due si prendevano a parole, Takeshi
sospirava sognante e felice.
- Il mio amore è
proprio bravissimo! -
Non gli si
poteva certo dare torto.