CAPITOLO XXVIII:
LE PICCOLE COSE

/Radioactive – Imagine dragons/
Rimasti in palestra, gli altri si guardarono chi sconvolto chi apparentemente indifferente.
Tutti ovviamente pensavano a qualcosa anche se nessuno osava dire nulla.
A prendere l'iniziativa fu naturalmente Genzo.
- Si può sapere di preciso come è andata?! - Hikaru abbassò lo sguardo e mugugnando un impacciato 'scusate', se ne andò anche lui. Non certo a seguire Kojiro.
Jun sospirò ed alla fine spiegò della crisi di Hikaru e delle sue impressioni, ripeté grossomodo le parole che gli aveva rivolto e poi diede la sua spiegazione sulla reazione di Hikaru.
- Io penso che sia un po' perso perchè si confronta con tanti ragazzi. Fino ad ora era abituato a isolarsi e a stare al massimo con tre persone su per giù... di conseguenza ora che sono il triplo lui si considera così diverso confronto a tutti gli altri e questa cosa lo fa soffrire. Solo che non sa come rimediare. D'altro canto ha un carattere preciso, non intende imitare gli altri solo per non essere diverso. Penso che da quando ha visto che tutti noi ci mettevamo con qualcuno, perfino Kojiro, abbia macinato una sofferenza che l'ha spinto poi a reagire male, ad esplodere. Si sono accumulate una serie di cose. Il sentirsi diverso perchè non appartiene ad un club, il non sapere che corso fare, il non sapere chi gli piace e non avere una compagna... messe tutte insieme l'hanno spinto ad esplodere. Ed una volta che è esploso... l'ha fatto in grande stile. È andato in confusione... ha risposto male a te... se ne è pentito e mi ha baciato... non è che prova qualcosa per me o gli piaccio io... è che gli ho detto delle cose che l'hanno aiutato in questo momento difficile per lui ed ha agito impulsivamente... -
Genzo aveva ascoltato attentamente come tutti gli altri, ma non sapeva bene cosa dire, era una cosa strana reagire baciando quello che ti dava dei buoni consigli.
Lo fai se ti piace. Magari inconsciamente. Magari non se ne è mai reso conto...”
Ma decise di non dirlo davanti a tutti, era una di quelle cose da verificare e poi da condividere solo con una persona.
- Penso che ci si dell'altro... - Disse Ken pensieroso.
- Comunque l'essere solo e non avere una ragazza vicino l'ha fatto soffrire più di quello che tutti potevamo immaginare... - Aggiunse Taro dispiaciuto per il suo amico.
- Questo è certo. Fra tutti i problemi si è focalizzato su quello in modo particolare. Il provare a baciare qualcuno per capire che genere di persone gli piacciono. Gli hai detto molte cose, ma ha guardato solo quello... ed ha provato subito... - Takeshi ci era arrivato come gli altri, anche perchè ormai era molto evidente.
- E' quello che conta di più per lui. Trovare un ragazzo. - Karl concluse serafico.
Tsubasa sospirò in pensiero.
- Cosa facciamo ora? Hikaru si sentirà in colpa ed ancora più confuso di prima e Kojiro... - Jun su quello tornò a parlare sempre con molta padronanza di sé.
- Kojiro ha bisogno di sbollirsi, parlargli ora non serve a nulla... -
- Andrò io da Hikaru, va bene? - Disse allora Taro il quale conosceva il compagno di camera meglio di alcuni altri.
Tutti annuirono e poi se ne andarono in direzioni diverse decidendo che per quella sera non avrebbero fatto niente di particolare.
Le coppie si radunarono nelle rispettive camere ed alla fine Taro trovò Hikaru proprio nella loro, di conseguenza fu lì con lui insieme a Tsubasa.
Era già in pigiama ed intenzionato a dormire pur non avendo uno straccio di sonno.
Non sapeva più cosa fare e dove sbattere la testa. Aveva rovinato tutto in qualche modo, si sentiva colpevole di ogni cosa e non si riteneva più capace di stare con gli altri.
Tsubasa e Taro si scambiarono degli sguardi complici e significativi, quindi cominciarono a cambiarsi e a fare come ogni sera.
Era ovvio avrebbero parlato, solo che Hikaru non sembrava intenzionato a farlo.
Steso nel letto a pancia in giù, fissava il vuoto con un broncio sulle labbra.
- Hikaru, stai bene? - Chiese Taro dolcemente senza invadere i suoi spazi.
Hikaru alzò le spalle senza dire nulla.
- Ti va di parlare? -
Scosse la testa.
Taro non voleva obbligarlo, però sapeva che ne aveva bisogno, se non altro tutto il caos interiore che sentiva glielo doveva incanalare in qualche modo.
- Non ti fa bene tenerti tutto dentro. Se sei confuso dovresti trovare il modo di sfogarti... non importa che ne parli con qualcuno, ci sono molti modi per sfogarti. A te manca questo... un rifugio che ti aiuti a liberare lo stress, qualcosa che ti svuoti la mente... -
Hikaru, dopo l'ennesimo sospiro, si alzò seccato dal letto e si mise a sedere, lo fissò corrucciato e col broncio.
- Io non so niente di me, niente! E mi sento un idiota perchè tutti sanno qualcosa di loro! Tutti sanno se sono gay o etero o se gli piace suonare o disegnare... io non so nulla! Non ho idea di come sfogarmi, non ho idea di chi o cosa mi piaccia, non ho idea di che cosa voglio fare da grande... - Sbottò alla fine.
Taro alzò le mani in avanti per calmarlo, con voce pacata e serena rispose:
- Ho capito ma finchè non provi... -
- E' QUESTO CHE HO FATTO! HO PROVATO! ED HO FATTO UN CASINO! NON PROVERO' PIU'! MI TERRO' IL MIO NULLA! ALMENO NON FACCIO CASINI! -
Taro sospirò non sapendo come fargli capire che non era tutto così assoluto, ma intervenne Tsubasa sempre calmo a sua volta.
- Capita a tutti di sbagliare, non siamo perfetti, non devi smettere di provare. Baciare Jun non è stata una bella mossa, ma non ci hai pensato, magari ti piace e non te ne sei mai reso conto... - Lo disse senza averci mai riflettuto ed Hikaru si alzò ed uscì seccato dalla camera, come che parlarne per lui fosse inaccettabile per qualche motivo. Era convinto che avrebbe fatto casino in qualche altro modo, se si fosse confidato o avesse chiesto aiuto a qualcuno. Aiuto in che modo?
Per cosa?
Hikaru si sentiva perso e non sapeva come ritrovarsi.

/The little things give you away – Linkin Park/
Genzo dopo essere andato in camera con Karl e avere aspettato che tutti si dileguassero dalla circolazione, tornò ad uscire di soppiatto.
Principalmente era un impiccione, gli piaceva ficcare il naso negli affari di tutti ma odiava quando qualcuno lo faceva con lui.
Un classico.
Era un po' come mettersi al centro dell'attenzione senza mettersi veramente in piazza.
Il suo scopo era anche quello di aprirsi però non era facile per uno abituato a tenere per sé le cose importanti.
Uscito dalla camera, si interrogò su dove potesse essere Kojiro.
In palestra no di certo, erano stati loro fino a prima.
Guardò in sala comune ma non si stupì molto di non trovarlo lì, dubitava volesse correre il rischio di incontrare qualcuno.
Provò a concentrarsi e ad entrare nella sua testa scontrosa e precipitosa.
Rabbioso com'era si era sicuramente isolato.
Fuori faceva troppo freddo e poi erano chiuse le porte.
Quale posto ha un valore affettivo per lui?”
Si domandò fermo in mezzo al corridoio, al buio.
Esclusa la palestra e la camera c'erano pochi posti dove lui passava il tempo... la mensa, un po' la sala comune, ma erano posti insensati per cercare rifugio.
Allora si rese conto che c'era un posto che poteva significare molto per lui.
Se non sbagliava si erano conosciuti lì... o per lo meno avevano avuto dei contatti speciali... i loro momenti migliori erano avvenuti proprio lì.
Allora con passo spedito si affrettò verso l'aula di musica.
Era il rifugio di Jun, ma per qualche motivo Kojiro ci era andato nei suoi momenti di crisi ed aveva sempre incontrato Jun. Almeno, se non aveva capito male...
Quando entrò, aguzzò lo sguardo per cercare delle sagome da qualche parte. Nei sedili non c'era nessuno, quindi scese gli scaloni per raggiungere il palco dove erano sistemati in ordine gli strumenti.
Il palco era molto grande e spazioso, in una parte di esso spiccava il pianoforte a coda.
Ogni strumento era esposto per essere usato, ma nei concerti, a quelli fissati al pavimento venivano messe le rotelle e spostati in fretta a seconda dell'esigenza, c'era un dietro le quinte dove venivano sistemati in attesa di essere riportati fuori ed utilizzati.
Dietro alle quinte c'erano anche i camerini per i musicisti.
Il club di musica contava un paio di band, una per la musica classica, una per la rock ed una per la leggera e contemporanea. Stavano cercando di inserire anche un gruppo per il rap.
Ai concerti di natale e di fine anno, si esibivano tutte queste band che si preparavano durante l'anno. Quella per la musica classica era la più numerosa.
Kojiro era seduto al pianoforte. Era lo strumento di Jun.
Non lo stava suonando, lo stava solo fissando torvo.
Aveva acceso solo il faro puntato sul pianoforte, aveva imparato quale era.
Genzo si diresse al contrario alla chitarra elettrica senza salutarlo.
Il pugile sapeva anche suonare la chitarra.
Kojiro lo ascoltò sorpreso della novità, non avrebbe mai detto che possedeva una sensibilità artistica!
Lo credeva buono solo a picchiare.
Genzo suonò un pezzo che gli piaceva molto, in realtà aveva imparato solo per poter suonare le sue canzoni rock preferite e niente di più, era un piacere personale, infatti non si esibiva mai davanti agli altri.
- Che canzone è? - Chiese Kojiro distratto dai propri pensieri distruttivi dopo il primo giro di strofa.
Era strano per entrambi trovarsi in un altro contesto diverso dal club di lotta.
Genzo rallentò le note per rispondergli:
- The little things give you away, dei Linkin Park... - Continuò a suonare.
L'inizio l'aveva modificato, poiché in realtà cominciava con la chitarra acustica, ma lui lo faceva con quella elettrica con un'intensità più leggera, usando solo le note alte per dare l'idea di delicatezza e lentezza.
Quando la canzone entrò nel vivo, Genzo cambiò intensità, il suono divenne molto più forte e corposo e mano a mano che proseguiva, questo aumentava notevolmente. Fino al grande assolo di chitarra, un assolo che fece accapponare la pelle a Kojiro, era proprio una bella canzone anche se non aveva idea di che parole avesse perchè Genzo non la stava cantando.
Kojiro per un momento parve perso, catturato da quella melodia coinvolgente che non era di un rock duro ma più melodioso ed estremamente intenso.
Quando finì, Genzo spiegò come se glielo avesse chiesto, sedendosi per terra sempre tenendo la chitarra addosso pronta per suonare ancora.
- Andrebbe suonata con tutti gli strumenti, parte la chitarra acustica nel silenzio più totale e lentamente si aggiungono anche gli altri strumenti in un crescendo sempre più forte, intenso ed armonioso, è un'esplosione liberatoria. È tutta un'altra cosa con gli altri strumenti... ed il cantante ci aggiunge il tocco finale con i suoi vocalizzi nel clou del pezzo. - Kojiro non aveva idea del motivo per cui gli stesse dicendo tutto questo. Come se c'entrasse qualcosa.
- Me la farai sentire bene, allora... - Genzo fece uno strano sorrisino.
- Sai cosa dice la canzone? - Non attese, gli spiegò subito. - Dice che ci perdiamo nelle piccole cose, ci attacchiamo alle puttanate, ai dettagli... mentre nel mondo accadono le catastrofi, una nazione viene spazzata via ed il mondo sta solo a guardare. Dice che ci sono cose molto più gravi di quelle per cui facciamo un gran casino. Ci impuntiamo per delle puttanate, distruggiamo dei rapporti importanti perchè siamo orgogliosi e ci attacchiamo a quelle famosissime piccole cose del cazzo. E poi dice che bisogna darle via. Di non tenercele. L'esplosione finale degli strumenti e del cantante che grida, è questa liberazione. Questo sbarazzarsi dei dettagli che distruggono le cose belle ed importanti. -
Genzo non ci aveva pensato tutto il tempo, era entrato, aveva visto la chitarra elettrica e gli era venuta voglia di suonare quella canzone. Solo dopo aveva capito perchè il proprio inconscio gliel'avesse fatta venire in mente.
Genzo non aggiunse niente altro, mise giù la chitarra, si alzò e se ne andò.
Kojiro, rimasto solo, capì il suo messaggio. Era molto chiaro.
Sulle prime se la prese, cosa si impicciava? Cosa diavolo gli importava?
Però poi capì che dopotutto non aveva torto.
Aveva superato cose peggiori, molto più gravi. E altrettante ne avvenivano.
Non gli importava di quello che succedeva agli altri, ne aveva abbastanza per le cose sue. E non erano facili da digerire. Ma aveva superato tutto.
Una serie di adozioni fallite e l'ultima peggiore delle altre, con dei genitori che lo picchiavano e lo trattavano così male da fargli sperare che lo uccidessero.
Aveva patito tanto di quel dolore che nessuno poteva immaginare, ma finalmente ne era uscito, aveva vinto il suo paradiso. Quell'istituto era il suo paradiso. Non voleva un'altra famiglia e nemmeno una casa. Non voleva nulla, perchè era certo che sarebbe stato un altro fallimento.
Voleva stare lì e costruirsi il mondo che voleva.
Stava conoscendo degli amici, si era messo con un ragazzo per cui provava qualcosa.
Dannazione, provava dei sentimenti... possibile che quei dettagli di cui parlava Genzo potessero distruggere tutto quell'oro prezioso che aveva trovato?
Poteva permetterlo?
Kojiro indurì le labbra e divenne furioso.
Aveva giurato a sé stesso che si sarebbe costruito il proprio mondo, il mondo che voleva come lo voleva. E l'avrebbe fatto ad ogni costo. Si sarebbe preso tutto quello che voleva, tutto.
Con ogni mezzo.
Aveva avuto Jun e non avrebbe permesso a nessuno, nessuno, nessuno di portarglielo via.
Ad ogni costo, se lo sarebbe tenuto, anche contro la volontà di Jun.
Non era uno che si piangeva addosso e che subiva le fregature, aveva imparato a lottare, non avrebbe smesso.
Aveva subito per tanto tempo, adesso non sarebbe più successo.
Così si alzò e deciso a mettere le cose in chiaro con tutti, specie con il pretendente che tentava di portargli via il suo mondo, uscì spedito dall'aula.
Una volta fuori si chiese dove potesse trovarlo.
Sicuramente non era in camera, ma non aveva un rifugio.
Hikaru gironzolava senza meta, la notte, quando non riusciva a dormire.
Fu così che scese al piano inferiore, nelle cantine e nei magazzini.

/kanye West – Welcome to heartbreak/
Hikaru aveva mille risorse, era diventato un perfetto scassinatore.
Nei primi dieci anni di vita aveva imparato come uscire di casa una volta chiuso dentro a chiave. Era al settimo piano, quindi non si era di certo mai calato per la grondaia.
I primi anni aveva solo atteso che sua madre si ricordasse di lui, poi quando era diventato più grandicello, aveva capito che le serrature si potevano anche smontare.
La porta di casa sua non era a prova di ladro, per cui vedendo le viti molli non aveva fatto altro che girarle con le ditina, toglierle e tirare via la maniglia con tanto di serratura. Aveva usato un poco di forza ed il gioco era fatto.
Sua madre faceva solo un misero giro di chiave ed in generale era un disastro, quel posto.
Hikaru aveva capito il trucco.
Ovviamente funzionava solo con porte vecchie e cadenti.
Crescendo Hikaru si era affinato ed aveva cominciato a studiarsi le serrature, quelle più comuni, per capire come aprirle.
Ora era in grado di aprire alcune porte dell'istituto, non tutte.
In cantina non tenevano poi molto ad avere porte a prova di ladro.
Hikaru ci entrava senza problemi.
Quando Kojiro vide la porta semi aperta, fece un sorrisino.
Hikaru si annoiava, la notte. Quindi cercava qualcosa che stimolasse la sua fantasia con cui poi fare qualche scherzo o passare del tempo.
Lo trovò a rovistare in una delle numerose scatole, poco più in là.
Con un ghigno a dir poco preoccupante, si fece avanti e si fece notare con un calcio nel didietro che lo fece prima gridare, poi morire d'infarto.
Quando si riebbe e vide che era lui, tornò a morire d'infarto.
Ed ora?
Era lì per ucciderlo?
In quel posto c'erano così tante cose per ammazzare e poi occultare il corpo, che sicuramente avrebbe potuto farlo.
- K-Kojiro... c-cosa... - Era seriamente terrorizzato anche se di norma non era uno facilmente impressionabile. Quella però era un'eccezione.
- Sai cosa dovremmo mettere su? Una società! Tu la mente ed io il braccio! Tu progetti i furti e apri le porte, io entro, prendo tutto e scappo. E se serve rompo un po' di culi! Ti piace? Sai, per il futuro... una volta usciti di qua... entrambi non sappiamo che cazzo fare e non abbiamo idea di che cosa ci piaccia... - Era una reazione strana, si disse Hikaru il quale lo fissava da terra con le braccia davanti alla faccia con una chiara supplica di non essere picchiato.
- Hai bevuto? - Chiese allora senza riuscire a trattenersi.
Kojiro sogghignò in quel suo modo aggressivo che non prometteva nulla di buono, poi si accucciò davanti a lui, Hikaru strisciò indietro col sedere, sempre terrorizzato. Questo funse da calmante a Kojiro che rise. Sempre maleficamente.
- Non ti ucciderò. Non adesso... - Hikaru impallidì.
- Significa che lo farai? - Kojiro alzò le spalle.
- Dipende. - Poi tornò a puntarlo con gli occhi più tenebrosi mai visti puntandolo col dito. - Da cosa farai! -
Hjikaru inghiottì e capì l'antifona, quindi si mise ad annuire veloce come avesse le convulsioni.
- Giuro che non lo toccherò più con un dito e nemmeno lo guarderò. Prometto! -
Kojiro finì di calmarsi e distese un po' quell'aura malvagia che gli girava tutt'intorno.
- Sarà meglio per te. Perchè se ti ribecco che lo fissi di smonto! E guarda che ne sono capace! Come tu smonti le serrature, io smonto le persone! - Hikaru ci credeva ciecamente e ancora con aria da morto vivente, si affrettò a rispondere sventolando le mani.
- Ti credo sulla parola! Non avrai bisogno di smontare me, ti giuro! - Kojiro allora ridacchiò decidendo che poteva dargli un'occasione.
C'erano cose molto più importanti e più grandi da tenersi.
Si sedette per terra con lui e attirò a sé lo scatolone che Hikaru stava rovistando senza farci molto caso.
L'altro lo fissò stralunato, ancora il cuore a mille e la paura che potesse conficcargli un cacciavite nella giugulare.
- Cosa... cosa ti ha fatto cambiare idea? Eri furioso... -
Kojiro sospirò per calmarsi, poi dopo aver preso e buttato dietro di sé degli oggetti completamente inutili, rispose:
- Ci sono cose più importanti per cui lottare. Senza attaccarsi alle piccole puttanate. Però giuro che se diventa una di quelle cose grandi... vedrai come sono capace di lottare. - Hikaru non lo riconosceva, era convinto che l'avrebbe picchiato a morte e che non avrebbe mai capito.
- Questo non è un tuo ragionamento! - Disse senza rifletterci. Kojiro lo fissò torvo.
- Pensi che non possa fare ragionamenti simili? -
- No! Sono troppo maturi! - Con questo non stava migliorando la situazione e Kojiro lo prese per il colletto e l'attirò a sé minaccioso stringendo una torcia trovata dalla scatola con cui aveva intenzione di dargli giù sul viso.
- Dai scherzavo! Volevo dire che non è il tuo tipico modo di ragionare! - Kojiro non lo picchiò solo perchè aveva ragione.
- Volevo chiudere per sempre con tutti. Però poi uno mi ha dato un punto di vista diverso dal mio. - Hikaru alzò il sopracciglio. A seconda di cosa gli aveva detto poteva capire chi era. O forse sperava. - Mi ha fatto capire che ne ho superate di peggio, ho lottato duramente per arrivare fin qua e ottenere quel poco che ho. Amici, un ragazzo. Non permetterò a niente di portarmelo via. Ho passato l'inferno per arrivarci. - Hikaru sapeva un po' del suo passato ma non gli aveva mai chiesto niente e Kojiro non era tipo da aprirsi.
Erano simili sotto quell'aspetto.
- Nemmeno io l'ho avuta facile... - Mormorò poi abbassando la testa. Il tono si affievolì e sembrava quasi colpevole di qualcosa. - Io... mia madre mi dimenticava di continuo... i primi anni che c'era mio padre è stato bello, quando lui se ne è andato lei è andata in depressione, ha cominciato a bere ed io... mi ha completamente dimenticato. Non mi picchiava, ma non esistevo. Qualche volta faceva la spesa e per miracolo mi faceva mangiare qualcosa, ma la casa era un tugurio, vivevo nello sporco, non mi mandava a scuola, non mi faceva uscire, non mi parlava, non mi lavava... a volte mi veniva da vomitare per il mio stesso odore, per cui mi mettevo nell'acqua. Ho vissuto così qualche anno. È lì che ho imparato a vedere di me da solo e ad aprire la serratura per uscire di casa. Le rubavo i soldi e andavo a prendere qualcosa da mangiare. Mi sono arrangiato, insomma. Ma non ero abituato a vivere con gli altri né nulla... - Era difficile dirlo ma al tempo stesso facile, molto più di quanto avesse immaginato.
Forse non l'aveva mai detto per paura di non riuscirci o di venir giudicato o magari non creduto.
Però Kojiro ne aveva passate di brutte, ci avrebbe creduto e non l'avrebbe mai giudicato.
- Tornavi sempre perchè le volevi bene? - Chiese alla fine con un filo di voce, fissandolo senza un'espressione particolare. Un po' ripensava alla propria esperienza, un po' a come dovesse essere stato per lui.
Hikaru strinse le spalle sentendosi comunque in colpa.
- Pensavo che fosse tutto il mio mondo, non sapevo cosa c'era di sbagliato, capisci? Non avevo proprio idea... di come si vivesse... che c'era un futuro, che esistevano i passatempi, che si poteva fare quello che ci piaceva... io non avevo mai avuto dei gusti, non avevo sviluppato attitudini. Quando sono arrivato qua ero asociale e... una specie di Mowgli! Così piano piano mi hanno civilizzato. Penso di essere sveglio di natura, mi sono adattato subito. Ero comunque un bambino ed i bambini si adattano in fretta. Credo. Non lo so. Però ho faticato a farmi degli amici, solo ora ho un gruppo ed ho visto quanto ancora sono diverso da tutti. Non ho interessi, non so cosa farò da grande, non so chi mi piace... - Si sentiva inferiore e Kojiro capiva che sentirsi inferiore non era piacevole per nessuno.
- Però non devi fare quello che fanno gli altri solo perchè... beh, lo fanno gli altri! - Esclamò secco. Hikaru trattenne il fiato e tornò a guardarlo sempre con quel senso di colpa.
- No, lo so... però non ci ho pensato... io volevo solo sentirmi uno di voi... uno come tutti... mi sento così escluso e mi sento stupido per questo ma... non so come fare... -
Concluse demoralizzato.
Kojiro in parte lo capiva ma dall'altra era infastidito perchè aveva baciato il suo moroso.
Però poi capì che non sapeva nemmeno che cosa aveva fatto. Alla fine era così. L'aveva fatto senza pensarci, senza sapere perchè dovesse.
- Senti... sperimentare va bene... ma non con chi non puoi! -
- Tu come hai fatto? - Chiese istintivamente speranzoso di avere delle risposte.
- Io... ho seguito il mio istinto. Volevo picchiare Genzo e l'ho picchiato. Questo mi ha portato al club di lotta e a capire che la boxe mi piace. Volevo baciare Jun e l'ho fatto, questo mi ha portato a capire che preferisco i ragazzi e che mi piace lui! Volevo vagabondare con te e l'ho fatto... questo mi ha portato ad avere il mio primo amico. - Non lo guardò mentre lo disse, se ne vergognava ovviamente. Hikaru rimase a bocca aperta, non se l'era aspettato.
- Sono tuo amico? - Kojiro gli tirò una scatola che si aprì, c'erano dei preservativi, si sparsero su Hikaru il quale ridacchiò.
- Certo che sei mio amico, stronzo! Per questo sono andato in bestia quando ho saputo che avevi baciato il mio ragazzo! -
- Io però non ho istinti particolari che mi spingono a fare cose come hai fatto tu... -
- Ma non sai che ti piace qualcosa finchè non la fai. Allora prova. Chi se ne frega di cosa. Prova. Però ricorda. Mai con Jun! - Disse col dito teso sotto il suo mento. Hikaru inghiottì e annuì.
- Ok... mai con Jun. Però proverò. - Kojiro assottigliò lo sguardo minaccioso. - Con altri, non con lui! - così annuì soddisfatto.
Dopo di questo tirò fuori una cosa che gli sembrò interessante e la porse ad Hikaru divertito.
- Guarda qua, che ci fai con questa roba? -
Hikaru guardò. Era il kit per gonfiare palloncini. E c'era anche una scatola enorme di palloncini. Lo sguardo del giovane si illuminò come da qualche giorno non succedeva, quindi guardò Kojiro e malefico rispose:
- Io un'idea geniale ce l'ho! Ma mi serve manodopera! Possiamo farlo entro domani mattina se andiamo a svegliare tutti gli altri! - Kojiro non era così arguto come lui.
- Che diavolo ci fai con dei cazzo di palloncini? - Hikaru si alzò ed entusiasta spiegò:
- Li gonfiamo tutti e li mettiamo nella sala mensa! Così domani mattina arrivano tutti affamati per la colazione e si ritrovano i palloncini! Ti immagini le loro facce?! E quella degli inservienti? - Hikaru rideva mentre rovistava in tutte le altre scatole veloce. Kojiro pensò che effettivamente fosse una cosa geniale ed esilarante.
- Ma come ti vengono? - Hikaru alzò le spalle. Era almeno uno dei suoi talenti. Forse l'unico, si disse fra sé e sé. - Ma che diavolo cerchi? -
- Altre scatole di palloncini e pompette! Tu va a svegliare gli altri, ci troviamo in mensa! - Così dicendo Kojiro si alzò e corse fuori dalla cantina.
Era molto meglio così, si disse.
Avere Hikaru dalla sua parte e fare gli idioti in quel modo.
Non era solo Jun che voleva, voleva anche gli amici ed Hikaru era il suo, non voleva perderlo. Avrebbe fatto di tutto per non rovinare le cose.
Però ovviamente Jun sarebbe sempre venuto prima.
Poi, pensando a lui, si rese conto che doveva ancora farci pace.
Comunque una cosa era certa... non avrebbe mai pensato che potesse dare ragione a Genzo.
Come cambiavano le persone!