CAPITOLO XXXIII :
ESSERE SE' STESSI
Hikaru
aveva fatto la gran parte delle interviste, mancavano Jun e Genzo e
qualche emarginato la cui amicizia non era arrivata nei loro nidi. Il
problema era non da poco... se erano isolati e senza amici, come
avvicinarli per chiedergli qualcosa su di loro? Non era facile un
approccio di quel genere, per cui decise di concentrarsi sui fratelli,
di gran lunga più interessanti.
Sapeva
che avevano una storia particolarmente interessante ed ormai molte cose
erano uscite, per cui si chiedeva come impostare le loro domande.
Decise che avrebbe seguito la loro volontà, non li avrebbe forzati a
parlare troppo.
Hikaru dopo aver preparato la videocamera, andò al solito posto, sui gradini, per chiedere chi dei due se la sentisse.
Quando furono in traiettoria visiva, prima di farsi notare si soffermò a guardarli.
Due fratelli eppure così diversi.
Ormai era chiaro che non erano davvero fratelli e finalmente si capiva il motivo di tanta diversità.
“Eppure
hanno un modo loro di proteggersi. Dall'esterno non sembra, perchè
anche io prima di fare amicizia con loro non pensavano si cagassero.
Poi dall'interno si vede quanto si proteggono. Sembrano sul serio
fratelli per quanto sono uniti. Il problema è che non lo sono davvero.
A distanza di settimane dallo scoppio apocalittico, come la prenderanno
nel parlare di loro? “
Alla fine concluse che sarebbero state le due interviste più interessanti in assoluto.
Dopo l'esitazione, si avvicinò, sbracciò allegro e li chiamò sedendosi con loro.
-
Ma che facce! Perchè così seri? - Chiese infatti notando che erano
tutti un po' troppo seri per i loro soliti canoni. In effetti solo ora
si rendeva conto che Genzo e Kojiro non facevano il solito baccano.
I ragazzi lo guardarono lanciandogli degli sguardi molto diversi fra loro, chi truce, chi preoccupato.
- Sono arrivate le pagelle di metà anno! - Esclamò Takeshi con voce tremolante. Hikaru parve ricordarsene solo in quel momento.
- Ah già è vero! - Esclamò infatti.
-
'Ah già è vero'?! Come fai ad essere così tranquillo? Qua tutti abbiamo
buchi tranne Jun! - Takeshi ora era sull'orlo di una crisi isterica
delle sue e Ken gli mise una mano sul braccio per calmarlo.
-
Beh, per me è sempre la stessa pagella... non cambia nulla dalle
altre... non capisco perchè bisogna preoccuparsi tanto, basta darsi da
fare alla fine dell'anno, le ultime due settimane! - Ovviamente il suo
modo di fare non poteva che essere quello.
- Il solito incosciente! - Esclamò a denti stretti Kojiro. Hikaru lo guardò sorpreso che lui, proprio lui, fosse preoccupato!
- Andiamo Kojiro! Che te ne frega? Non ti facevo così secchione! - Hikaru continuava sulla sua linea dell'incoscienza.
Kojiro gli lanciò uno sguardo di fuoco dei suoi e poi indicò lieve Jun che stava ripassando qualcosa su un libro.
-
Non te lo dà se non hai tutte sufficienze? Beh, per uno che ha
l'insegnante di sostegno perchè non ha mai studiato un cazzo prima di
pochi mesi fa, l'avrà dura a fare miracoli scolastici! - Il suo tatto
da elefante non deludeva mai. Genzo si mise a ridere mentre Taro e
Tsubasa si imbarazzarono per la prima parte che aveva detto.
Jun, senza alzare lo sguardo dal libro, come se stesse leggendo ad alta voce, disse piano:
-
Il fatto che sia difficile non significa che non si debba impegnare per
farlo! Non importa se è faticoso e se non ci riesce subito, se smette
di provarci, non arriverà mai alla meta. E per riuscire nella vita
bisogna come minimo avere una cultura sufficiente! La scuola è la base
della vita, lui ha iniziato dopo gli altri, per cui ha molte cose da
recuperare. Ma se si impegna ce la farà! - Jun aveva parlato sicuro di
sé, severo e bacchettone senza guardare nessuno. Kojiro in risposta
fece il broncio appoggiando il mento nel palmo della mano, imprecando
contro l'universo.
-
Jun ha ragione, bisogna ragionare così per arrivare da qualche parte! -
Karl si era espresso sorprendentemente senza che nessuno glielo
chiedesse, così Genzo disse la sua perchè zitto non ci poteva stare.
-
Sono tutte cazzate! Per riuscire nella vita devi avere culo ed essere
furbo. Se sei sveglio ce la fai, altrimenti crepi! Due sono le regole!
Furbizia e fortuna! Il resto sono inutili perdite di tempo! - A questo
tutti risero o ridacchiarono, Hikaru gli batté il cinque dicendo
'parole sante, fratello', mentre Jun riuscì ad alzare la testa dal
libro scuotendola, pensando che fosse sempre il solito, disapprovandolo
in toto.
-
Sì certo e se sei sfortunato e poco furbo di natura, la tua unica
speranza diventa l'intelligenza e la sapienza, tutte cose che acquisti
e che non hai di natura! Per cui a rigor di logica è più importante
impegnarsi per sapere e capire le cose piuttosto che aspettare che il
Cielo ti salvi o che la tua personalità sia adeguata! - Con un solito
giro di parole non da poco e soprattutto ricercate, facendo il
sapientone come sempre, Jun smontò del tutto la sua teoria
effettivamente facilona e di parte.
Genzo
lo scacciò con la mano continuando a pensarla a modo suo mentre gli
altri si ritrovarono a non saper da che parte stare. Non avevano
proprio torto nessuno dei due. Era importante avere fortuna e saperci
fare nella vita, ma non tutti avevano quelle doti di natura... per cui
a quel punto era doveroso darsi da fare.
-
Aiutati che Dio ti aiuta! - Concluse cinicamente Ken, il quale era più
dell'idea di Jun. Jun tornò ai suoi libri e Tsubasa diede la versione
finale definitiva:
-
Beh, è vero. Siamo noi i fautori della nostra fortuna. Creiamo fortuna
e furbizia con intelletto e sapienza, se abbiamo questo, possiamo
arrivare ad avere fortuna e possiamo essere svegli. Ma se non ci diamo
da fare per imparare nulla quando dobbiamo farlo, non è matematico
cavarsela poi. Ci sono quelli che, come dice Jun, di natura lo sono.
Sono svegli ed hanno fortuna. Ma anche chi non lo è lo può essere con
il famoso impegno! -
-
Anche quella è furbizia. - Fece eco Taro concorde col suo ragazzo. -
preparare il proprio bagaglio culturale per essere pronto ad affrontare
il mondo, questo spiana la strada alla fortuna che potrai crearti da
solo! - Genzo in risposta sbadigliò e si alzò salutando.
-
Quando tornate a dire cose divertenti chiamatemi, vado a prendere
qualcosa da mangiare in cucina... che volete, uno qualunque non
potrebbe farlo perchè è vietato, ma visto che io sono il figlio del
Direttore, tutto mi è concesso. Questa dote non la si conquista
studiando! O lo sei o non lo sei! Io lo sono! - Alla fine doveva averla
vinta lui. Karl scosse la testa insieme a Jun, Hikaru e gli altri si
misero a ridere, tranne Kojiro che brontolò sul fatto che fosse il
solito pallone gonfiato.
-
Tutte palle! - Tuonò poi alzandosi ed inseguendolo. - Tu dimostra che
hai fortuna ad essere il figlio del direttore. Io dimostrerò che ho i
coglioni per prendermi quello che voglio anche se sono uno sfigato
ignorante di merda! Non ho doti particolari, sono anche fesso
probabilmente. Ma sfido chiunque a non darmi quello che voglio se butto
giù la porta a calci e faccio casino! - Genzo, ascoltandolo, si mise a
ridere e accettò quella sotto specie di sfida, gli altri non li
seguirono sapendo che comunque, in un modo o nell'altro, l'avrebbero
spuntata tutti e due.
-
Beh, insomma, dipende da quanto vuoi una cosa. Se la vuoi davvero e con
tutto te stesso, la ottieni anche se non hai mezzi di alcun genere. Ti
bastano le palle! Kojiro è la prova vivente di questa tesi! - Hikaru lo
disse alla luce dell'intervista che gli aveva fatto, gli altri
convennero con lui pur non sapendo tutti i dettagli. Jun smise di
leggere e li guardò con un sorrisino particolare. Orgoglioso di
entrambi in ogni caso.
Diversi eppure tanto risoluti e sicuri di loro.
Erano sicuramente doti importanti.
Dopo di che, Hikaru chiese a Jun di fare l'intervista e si misero d'accordo dopo le lezioni, nel tempo di pausa prima del club.
Hikaru,
a quello che non era un vero appuntamento, si sentì tutto in subbuglio.
Jun era stato il primo a fargli battere il cuore, continuava su quella
strada in gran segreto sapendo che mai e poi mai avrebbe messo a
repentaglio l'amicizia preziosa con Kojiro.
Oltretutto
era confuso, non era sicuro che quello che provava fosse effettivamente
degno di nota ed importante, era la prima cosa particolare verso
qualcuno, ma era capitato perchè si era confidato con lui e lui gli
aveva dato consigli. Era scappato un bacio leggerissimo.
Poteva essere solo una cotta, la prima della sua vita. Ma quante ne potevano capitare?
Stava ancora scoprendo il mondo e Hikaru era forse il ragazzo più curioso del pianeta.
Decise di non allarmarsi troppo che tanto non ne valeva la pena.
Hikaru
arrivò in aula di musica che faceva anche da auditorium in anticipo,
tutte le sedie erano vuote ed il posto completamente immerso nel
silenzio. Si studiò l'illuminazione migliore e dopo aver acceso i
faretti sul pianoforte, sistemò una sedia per sé di lato, in modo da
avere la migliore inquadratura di Jun quando si sarebbe seduto, voleva
riprenderlo di lato e non dal davanti, volava fare primi piani delle
sue dita sui tasti.
Dopo
aver pensato ai dettagli, rimase ad aspettare che lui arrivasse con la
consueta ansia ed eccitazione. Era contento di fare quella cosa con
lui, era anche molto curioso di vedere cosa sarebbe uscito. Sicuramente
cose interessanti. Jun era un mistero, molto più di chiunque altro.
Era
uno che controllava molto sia sé stesso, che gli altri, che la
situazione in generale, ma cosa c'era dietro quell'iper controllo?
Hikaru ne era molto affascinato.
Jun arrivò puntuale e lo salutò cordiale.
Hikaru era già seduto al proprio posto di vedetta e gli indicò di mettersi al piano. Il ragazzo lo fece senza battere ciglio.
-
Se non te la senti puoi dirmelo senza problemi. Perchè saranno domande
personali, per capire in che modo l'amicizia ha inciso su di te... beh,
hai visto le altre interviste, sai di cosa si tratta... - La premessa
lo mostrò più nervoso di quel che avrebbe pensato e Jun, con un sorriso
cordiale, scosse il capo e si preparò psicologicamente.
-
E' tutto ok, voglio farlo. Penso di averne bisogno, è come una prova
per me. - Hikaru si perse in quella risposta e nel suo sguardo
risoluto. Sicuramente per lui significava qualcosa, forse ora l'avrebbe
capito.
Accese dunque la videocamera e dopo i preamboli, iniziò a riprendere.
-
Un'aula di musica vuota, un pianoforte sono i suoi tramite ideali.
Siamo qua con Jun Misugi, il musicista di vetro. - Era il suo
soprannome.
Jun fece un sorriso apparentemente perfetto, in realtà era uno di quelli che mettevano le distanze.
Hikaru
fece un primo piano dei suoi occhi castani, riprese dei dettagli del
volto delicato per poi scendere sulle mani da pianista che erano ancora
ferme in grembo e non sui tasti, la posta da musicista pronto a
suonare, la testa rivolta a lui, in attesa.
- Ciao. - Salutò cordiale.
-
Bene Jun. Puoi dirci chi sei? Raccontati un po'... - Jun si trovò un
po' spiazzato sulla domanda, si era aspettato qualcosa sul suo passato,
sul perchè era lì o cose simili.
Non
lo diede a vedere, esternamente rimase impassibile e sempre ben
disposto. Non gli piaceva parlare di sé sapendo che avrebbero visto in
molti quell'intervista, però era una buona terapia. Doveva aprirsi, era
quello che doveva fare. Buttare giù la maschera. Mostrare il vero Jun.
-
Chi sono? Che domanda difficile... beh, penso di essere una persona che
sembra quasi perfetta, adatta ad ogni situazione, capace di affrontare
tutto e tutti senza scomporsi. La verità è che è tutta una costruzione
che ho creato con molta cura. Non per essere ammirato, solo per avere
la mia pace. Compiacere gli altri, non creare problemi, non attirare
occhi e polemiche su di me era il modo migliore per averla. - La
descrizione di sé venne insperatamente bene, Jun ne fu orgoglioso, il
primo vero passo era compiuto.
Hikaru non si fermò ed andò avanti ancora più curioso.
-
Tu hai una storia particolare. Non sei propriamente scaricato dalla
famiglia od orfano, legalmente la famiglia ce l'hai, però è un discorso
complesso, vero? - Jun prese respiro e ancora senza toccare i tasti,
rimanendo fermo com'era, senza fare espressioni particolari, cominciò a
rispondere sentendosi dilaniare dentro, violato, derubato.
Lo stava facendo volontariamente, ma l'avrebbero visto tutti. Era sicuro di volersi mostrare davvero?
Il cuore iniziò a battergli forte.
-
Sì, io in realtà sono orfano, Mikami, il direttore, era lo sposo di mia
madre. Per entrambi era il secondo matrimonio. Quando lei morì io ero
piccolo, ma la custodia fu affidata a Mikami e lui mi crebbe come suo
figlio a tutti gli effetti. Aveva un altro figlio, Genzo. - Non
specificò che lui era figlio di un'altra donna ed Hikaru non sapeva se
poteva dirlo o no.
-
Quindi tecnicamente sei senza genitori, ma legalmente hai una
famiglia... - Continuò Hikaru con quella di far capire la sua
situazione ancora più complicata di così.
-
Che vive qua. Mikami è il direttore ed ha deciso di trasferirsi qua e
portarci con lui una volta raggiunta la giusta età. Ci ha detto che
quando ci diplomeremo e saremo in grado di cavarcela da soli, potremo
uscire di qua e fare la nostra strada. Oppure ci darà un lavoro qua
dentro! - Concluse ridendo composto. Hikaru accennò ad un sorriso, ma
era concentrato sulle riprese.
- Ti trovi bene qua? - Chiese stranamente. Jun si strinse aggraziato nelle spalle.
-
Direi di sì... più questa più un'altra scuola per me non fa differenza.
Considero Mikami un vero padre. - Stava molto attento a non parlare di
Genzo, non lo nominava nemmeno. Hikaru cominciò a pensare che la
questione su di lui fosse il vero nodo della sua vita.
-
C'è un altro fatto che ti distingue dagli altri, il tuo soprannome è
musicista di vetro... - Jun annuì e si guardò le mani che ancora si
sforzava di non spostare sui tasti.
- Soffro di cuore, l'ho scoperto quando è morta mia madre, ero molto piccolo. -
- In che modo ha inciso sulla tua vita? -
-
Mi ha obbligato a vivere col freno a mano per non agitarmi e a
nascondere quello che poteva preoccupare gli altri. Mikami era molto
apprensivo e spaventato, un bambino cardiopatico era complicato. Io lo
vedevo in difficoltà e sempre in pensiero per me, quindi cercavo di
mostrare che andava tutto bene anche se a volte ero stanco o non
riuscivo a fare certe cose. Questo ha condizionato tutto il mio essere,
crescendo il mio carattere è diventato 'nascondi e appari' e meno
'mostra e sii te stesso'. Adesso sto cercando di invertire le cose, di
essere meno controllato e controllore, però non è facile dopo tutto
questo tempo. Si tratta di dire se sto male, di dimostrarlo... e anche
di fare cose sciocche se ne ho voglia, perchè no. Magari di arrabbiarmi
e gridare se ne sento il bisogno. Cose che per tutti sono normali, ma
che per me non lo sono mai state. Come dicevo prima, è un modo per
avere la mia pace, stare sereno senza avere e creare problemi. Però a
lungo andare mi stava logorando, non riuscivo più a capire chi ero
davvero ed adesso piano piano mi sto aprendo e lasciando andare. -
-
Come ti descriveresti adesso? - Hikaru pensò che questa direzione fosse
perfetta, Jun si sentiva a suo agio a parlarne, almeno in apparenza.
Jun stesso, in effetti, preferiva dire quelle cose piuttosto che
parlare di Genzo. Ci pensava spesso, ma non sapeva mai cosa dire su di
lui. Era sempre suo fratello pur non essendolo, perchè lo tormentava
tanto quel pensiero? Non ne aveva proprio idea.
-
Beh, sono una persona colta che gli piace sapere e primeggiare con
quelli che sono i miei punti di forza. Per cui quando so una cosa,
sì... lo ostento, lo ammetto. Questo dà spesso sui nervi a chi mi
circonda, ma noto che la cosa mi diverte, quindi adesso lo faccio anche
un po' apposta! - Hikaru fece un'aria spontaneamente sorpresa, non
immaginando cosa ci fosse dietro quegli atteggiamenti effettivamente
saccenti. - Poi mi piace fare un po' il capo, comandare, fare il punto
della situazione, dare ordini, decidere. Non lo nego! Questo mi rende
un po' arrogante, immagino. Non sono un angelo come forse in molti
pensano! - Jun si mise a ridere ed il suo viso si illuminò come non
capitava spesso in pubblico. Quel video l'avrebbe mostrato molto per
quel che era. - Resto comunque una persona di base calma, non mi vedrai
mai scalmanato a correre nudo per i corridoi! - Hikaru pensò che quella
l'avrebbe davvero voluta vedere, ma non lo disse.
-
Non lo escluderei visto le brutte compagnie che frequenti! - Disse. Jun
rise ancora di più piegandosi in due. Le mani finalmente sui tasti,
libere di stare dove avevano voluto essere, la posa meno rigida e più
sciolta. Hikaru riprese tutti questi dettagli. Alcune note risuonarono
leggere mentre Jun rideva e parlava.
-
E' vero, finalmente ho una compagnia! Non ne ho mai avuta una! Spesso
faccio cose sopra le regole, ma devo ammettere che è piuttosto
divertente! - Hikaru era al settimo cielo perchè ne faceva parte. Ora
Jun suonava un motivetto allegro.
-
La loro amicizia ti ha aiutato in questo percorso? - Jun rimase con un
sorriso realizzato sul volto, continuava a guardare i tasti che suonava.
-
Sì... - Si sentiva libero mentre lo diceva, erano cose vere e dalle
note veniva fuori. Era bello parlare di quello, non l'avrebbe mai
immaginato. E non lo turbava sapere che tutti l'avrebbero visto. Adesso
non gli importava. Era fiero di poter dire che aveva degli amici e che
non era più chiuso come prima, di poterlo dimostrare. Prima ne aveva
avuto paura, ma la terapia d'urto in effetti funzionava, si disse. -
Direi che è stata essenziale. Mi sono ritrovato ad un certo punto così
chiuso ed isolato da stare male, avevo bisogno di qualcuno con cui
essere me stesso, con cui fare quel che volevo. È cominciato così un
rapporto onesto, il primo. Dopo di lui piano piano sono arrivati gli
altri. Perchè è così che funziona. Si comincia con una cosa e si va
avanti come nel domino. Cade una e poi cadono le altre. Per cui non
importa come si parte, basta che si inizia da qualcosa, una sola è più
che sufficiente. Piano piano mi sono aperto e mostrato anche a loro ed
ora sto cercando di farlo anche davanti a tutti, a prescindere. Non è
facile, ma mi sento molto meglio. Più libero. -
Jun
si riferiva anche al solo semplicissimo fatto che aveva una relazione
sentimentale con un altro ragazzo. Per uno come lui vissuto per le
apparenze fino al giorno prima che aveva incontrato Kojiro, farsi
vedere con lui, stare con lui senza nascondersi ed imbarazzarsi, era un
enorme passo in avanti. Hikaru sapeva che si riferiva anche a quello,
ma la voleva impostare come l'amicizia che l'aveva salvato e non
l'amore. Anche perchè inizialmente aveva provato molte cose per Kojiro,
ma parlare già d'amore era presto.
- Come ti senti? - Jun alzò la testa dal piano e continuando con l'allegro di un qualche artista famoso, sorrise dolcemente.
-
Felice. Sono sempre più felice ogni giorno che passo con loro. È un
giovamento puramente personale, non so nemmeno se dall'esterno si nota,
ma lo noto io. Io mi sento rilassato, sereno... ho quella pace che
cercavo prima nascondendo. Adesso se sto male lo dico e lo dimostro, se
sono arrabbiato lo faccio vedere... non sono perfetto ed è
incredibilmente appagante, lo ammetto! - Con questo rimase col sorriso
sulle labbra a fissare la videocamera.
-
Concludendo, la vita è come una scatola di cioccolatini... uno tira
l'altro! Così è con le cose positive ed in questo caso gli amici! -
La risata risuonò allegra e spontanea:
-
Non sono sicuro che la citazione fosse proprio così, ma direi che la
modifica è perfetta! - Hikaru chiuse sulla sua risata, cosa che non
avrebbe di certo mai pensato possibile visto il tipo che era stato fino
a poco tempo fa. Serio, composto, rigido.
Hikaru si sarebbe guardato e riguardato quel video.
La scelta della location per Genzo fu facile come quella di Jun. Il ring di boxe.
Fece
l'intervista quella sera stessa, dopo cena, e alla domanda degli altri
se potevano assistere perchè erano curiosi, Genzo aveva ovviamente
risposto di no, che avrebbero visto la su gloriosa intervista insieme a
quella di tutti gli altri.
Gli
era piaciuta l'idea di rimanere ultimo, come se fosse importante.
Hikaru poi l'aveva smontato dicendo che mancavano ancora altri, gli
emarginati, per dimostrare gli esiti dell'assenza dell'amicizia.
- E tu? Ti farai un'intervista da solo? - Chiese mentre si avviavano insieme direttamente dopo la mensa.
-
Non ci ho pensato, sarebbe un monologo, non lo so... credo però di
dover mettere le mie conclusioni, un documentario che vuole dimostrare
una cosa, poi deve avere una conclusione, no? - Genzo alzò le spalle
con semplicità.
- Immagino di sì... -
A quel punto giunsero nell'enorme palestra a disposizione, completamente vuota.
Alla
sinistra delle porte, c'erano gli interruttori, accesero solo i fari
sopra il ring e lì si sistemarono seduti a terra, gambe incrociate, al
centro. Genzo non gli piaceva stare in angolo, aveva preferito mettersi
lì.
Dopo
alcuni istanti di silenzio per concentrarsi, Hikaru iniziò a registrare
e come di consueto, col suo tono conciliante e calmo, introdusse:
-
L'angolo non fa per lui, si sente più a suo agio al centro del ring. È
così che incontriamo Genzo Wakabayashi. - Genzo sorrise sicuro di sé e
Hikaru riprese il suo sorriso.
-
Ciao! - Rispose senza invito. Hikaru non si era preparato una lista di
domande, andava ad abbraccio, improvvisava. Per cui quando gli uscì
quella domanda, parve strano ad entrambi.
-
Quando si sente Wakabayashi dopo Misugi, la domanda sorge a tutti
spontanea, è di sicuro la prima che viene a tutti. Come mai fratelli
con un cognome diverso? - Era una domanda teoricamente facile anche se
strana. Era ovvia la risposta: stessa madre, padre diverso.
Genzo
controllò l'istinto di incupirsi e chiudersi che provò istintivo nel
parlare di quell'argomento, perchè sapeva dove poteva andare
potenzialmente.
Accettando
l'intervista aveva pensato che potesse essere una buona occasione per
mostrare un po' cosa c'era sotto la maschera, quello che aveva cercato
di tirare fuori in mesi con Jun e Karl.
La
sua sensibilità e la sua semplicità, niente altro che quello. Rimaneva
una persona molto decisa e sicura di sé e spesso egocentrica. Forte,
insomma.
Però non c'era solo quello.
- Abbiamo altri padri. - Disse laconico. Hikaru approfondì.
-
Ma stessa madre? - Genzo schizzò con lo sguardo in sua direzione,
torvo, come per mangiarselo. Hikaru non fece una piega continuando a
riprendere. L'istinto di interrompere tutto e mandarlo al diavolo, ma
si fermò, chiaramente lo voleva mettere alla prova. Sapeva che Genzo
cercava di buttare giù la maschera da stronzo che si era messo addosso
dal primo giorno che aveva messo piede in istituto. A modo suo, forse,
pensava di aiutarlo. Se parlava delle cose che lo turbavano e mostrava
quanto lo facessero soffrire, questo sarebbe stato un vero passo in
avanti.
-
Siamo cresciuti dai miei cinque anni fino a poche settimane fa pensando
di avere anche la stessa madre. Ma adesso abbiamo scoperto perchè siamo
così diversi, cioè fisicamente. Io ho un'altra madre. - Hikaru a quel
punto non ebbe scelta che fargli quella domanda.
- Parlaci della vostra storia, dì quello che ti senti. - Specificò calmandolo un po', ma solo un po'.
Forse
era meglio farlo e mettere in chiaro. Genzo pensò che fosse una bella
prova per sé, parlarne con un altro, mostrarlo al mondo, dire quello
che era successo, quello che provava. Doveva riuscirci e porre fine
alla propria mascherata pubblica.
Aveva fantasmi, era ora che tutti lo sapessero.
Perchè? Perchè dovevano saperlo? Perchè dovevano interessarsene?
Perchè sì, per sé stesso. Per diventare un Genzo più completo senza più vivere a metà.
Non
era vero che non aveva mai avuto problemi, non era vero che non aveva
tasti dolenti. Suo fratello, ora, era un gran tasto dolente. Perchè non
era più tale.
Strinse
i pugni a terra, ai lati del proprio corpo, nascondendolo alla
telecamera. Si videro solo i muscoli delle braccia guizzare. Dopo un
po' si decise guardando duramente in basso, cupo, buio.
-
Fino ai 5 anni sono cresciuto pensando che mia madre non esistesse, che
fosse morta. Mio padre non me ne parlava, quando chiedevo non
rispondeva. Ad un certo punto ho smesso di chiedere ed ho pensato che
non esistesse. Poteva essere morta o poteva odiarmi, era comunque
brutto. Poi è spuntata. O per lo meno è spuntata quella che mi hanno
detto esserlo. Con un bimbo piccolo in braccio, Jun. L'ho odiata con
tutte le mie forze perchè per cinque anni non mi aveva voluto ed ora
arrivava con un altro figlio. Cosa voleva da me? Aveva avuto una storia
con mio padre, mi aveva partorito e mi aveva scaricato a lui per poi
sparire con un'altra famiglia. Ed ora veniva e voleva ricostruire
tutto. Come poteva? L'ho odiata molto, la respingevo, non la volevo.
Poi con fatica è riuscita a farsi amare, a farsi perdonare. È entrata
nel mio cuore solo per andarsene di nuovo. È morta in un incidente e
mio fratello ha scoperto in quel momento di soffrire di cuore. Ha avuto
il suo primo infarto. Era così piccolo... - Genzo si strofinò il viso
fra le mani ricordando quei momenti. Parlarne in videocamera era come
farlo in un confessionale. Gli sembrava di tirare fuori tutto da solo,
non considerava l'idea che altri l'avrebbero ascoltato. In quel momento
doveva solo tirare fuori ogni cosa e ci stava riuscendo, ma certi
ricordi, certe cose non erano facili da pronunciare. Nel passarsi le
mani sul viso, queste tremarono ed Hikaru le riprese.
-
Dio che momenti tragici... ho vissuto tutto al rallentatore, giorni
lunghissimi in cui aspettavo... aspettavo di morire anche io, non ne
volevo sapere di farcela. Quando poi Jun si è salvato mi sono
svegliato, però mi sono chiuso. Per l'unica volta che avevo fatto
entrare qualcuno nella mia vita, poi era morta. Non volevo. Ce l'avevo
con mio padre per avermela nascosta, ce l'avevo con lei per avermi
lasciato due volte, ce l'avevo con mio fratello che rischiava di morire
ogni momento. Ce l'avevo con chiunque esistesse perchè pensavo stesse
meglio di me. Ce l'avevo col mondo intero! Mi sono chiuso tantissimo,
odiando costantemente tutto e tutti. - poi sorrise amaro. - E poi è
stato tutto inutile e falso, perchè ho recentemente scoperto che lei
non era la mia vera madre, ma aveva deciso di far finta di esserlo per
proteggermi e darmi qualcosa che mi sarebbe mancato per sempre. Alla
fine mi è mancato comunque. Penso di non essere destinato ad avere
madri. -
-
Cosa ti ha aiutato? - Chiese con voce roca Hikaru, emozionato dal
sentirgli quelle cose per la prima volta. Non aveva immaginato nei
dettagli la loro vita e sapere che dopo tutto, quella non era nemmeno
sua madre, che prima d'allora c'era stato anche di peggio, era
agghiacciante.
Genzo ascoltava i propri battiti, gli sembrava dovessero uscirgli dal petto, erano fortissimi, ma in certi istanti rallentavano.
Ora era quasi fermo, il suo cuore, nel ricordare cosa era successo.
-
Jun. È stato l'unico in grado di penetrare la mia corazza. Piano piano,
con la dolcezza di un bambino, mi ha conquistato di nuovo. Parlavo solo
con lui, mi occupavo di lui, lo proteggevo, me ne prendevo cura. Era la
sola cosa che mi dava sollievo. Lui... lui mi diceva... 'visto che se
faccio il cattivo rischio di morire e di farti stare male, cercherò di
fare il bravo. Farò il bravissimo e starò sempre bene, così anche tu
sarai felice.' - Genzo sorrise rischiarandosi con una dolcezza
incredibile, Hikaru continuava a riprenderlo. C'era sempre un tono
malinconico e sofferto, nella sua voce, ma parlava lo stesso. - Questo
penso l'abbia condizionato ad apparire come una specie di principe
d'oro che poi non è. Credo che un po' sia colpa mia. Per non farmi
preoccupare nascondeva e soffocava difetti ed istinti sopra le righe e
si sforzava di essere bravo, buono e perfetto. Ma nessuno lo è. -
Hikaru si catalizzò su quelle parole.
-
Come hai maturato questa sfida al mondo? Qua in istituto appari aperto
e sfrontato, molto sicuro di te. - Genzo rimase colpito dal modo in cui
l'aveva inquadrato e lo guardò sorpreso, sorrise appena pensieroso.
-
Sfido il mondo... hai ragione... è successo quando mio padre, dopo non
essere più riuscito a ricucire un rapporto decente con me, ci ha
comunicato che ci trasferivamo qua. Lui ha passato tutta la vita ad
ignorare me e a preoccuparsi solo di Jun ed io fra me e me non capivo
perchè visto che ero io il vero figlio. Solo ora ho capito. Jun è il
figlio dell'unica donna che lui abbia mai amato veramente. Io no. -
Silenzio. Un silenzio pesante che feriva. Hikaru non lo interruppe e
Genzo a mento alto, tornò a sfidare il mondo con gli occhi più neri e
fiammeggianti mai visti. - Così ci trasferiamo qua? Ti interessano più
un mucchio di sconosciuti piuttosto che tuo figlio? Fai davvero di
tutto per non guardarmi? Bene, allora ti sfido a contenermi! Così ho
iniziato l'atto di ribellione. Creavo problemi di proposito. Non che
ora sia cambiato qualcosa. Continuo a creargli problemi. Comunque non
lo facevo solo per lui. Odiavo che qualcuno vedesse le mie debolezze
per poi ritorcermele contro, qua vivevo con un sacco di gente curiosa
che mi guardava per scoprire qualcosa di me. Non volevo fargli vedere
nulla di prezioso. Mi sono chiuso ed ho messo su questa maschera da
stronzo arrogante. Sfido il mondo, hai detto bene. Sfido mio padre,
sfido la gente, sfido tutti... e ci è voluto Karl a farmi capire che
non ne valeva la pena, dopotutto. -
Hikaru si allacciò a questo decidendo di mettere da parte la questione madre.
-
Karl è stato il tuo primo amico? - Genzo si rilassò notevolmente nel
poter parlare di lui, gli occhi gli brillarono divertiti e l'aria
maliziosa.
-
Sì. Era diverso da tutti ed ho detto 'lui è il massimo! È così diverso
da tutti e per questo emarginato, se giro con lui chissà come mi
guarderanno?' è stato uno dei vari modi per sfidare il mondo. Solo che
poi mi è piaciuto così tanto, Karl, che la mia missione è diventata
piacergli sul serio e per questo ho dovuto mostrarmi per quel che ero.
Io non avevo nemmeno idea di non essere stronzo. Mi ero così abituato a
farlo che pensavo non ci fosse altro in me. Karl voleva quello, invece.
Non mi ha dato niente di sé fino a che io non gli ho dato tutto di me.
Questo ha piano piano portato ad avere anche altri amici che mi hanno
visto per quel che ero, piccoli lati di me che il resto del mondo non
ha mai visto. Adesso mi sento meglio, sto lavorando per buttare del
tutto giù la maschera, ma non va male. Capisco che stare chiusi al
mondo non serve a molto, perchè non mi permette di avere ciò che
voglio, chi mi piace. E un'apertura ha sempre delle conseguenze. Devo
dire, nel mio caso, positive. - Hikaru a quel punto gli fece la domanda
che più s'addiceva.
-
Positive? - Come per dire che non capiva in cosa fosse tanto
migliorato. Genzo sorrise più aperto disarmando l'interlocutore che
rimase colpito dalla bellezza di cui ora era padrone.
-
Insomma, sono meno stronzo, no? Aiuto anche delle persone, oltre che
demolirle... questi fantomatici amici... significherà pur qualcosa! -
Hikaru si mise a ridere a sua volta visto che era fra quelli che in
qualche modo era stato aiutato da lui. Aveva trovato la sua strada
anche grazie a lui, adesso si sentiva bene, pieno di energia ed
entusiasmo e speranze per un futuro non più schifato.
-
Significa moltissimo! - Genzo capì che era il suo grazie per il piccolo
contributo dato al suo 'caso' e ripensò a quando aveva aiutato Ken a
tornare al karate, o quando aveva risolto la questione Roberto e
perfino dato una mano a Tsubasa e Taro. Ripensò ovviamente a Kojiro, a
modo suo l'aveva aiutato ad integrarsi, a capire come funzionava il
mondo, gli aveva dato lezioni di sesso che per un recluso erano state
essenziali, visto che grazie a quelle poi aveva trovato il coraggio di
provarci con Jun e mettersi con lui.
Ripensò
anche a Jun stesso. Suo fratello era un mistero, non poteva capire in
che misura lo aiutava né se dopotutto lo facesse. Però gli era vicino
ed anche solo il fatto di ricevere le sue confidenze era significativo.
Poi
pensò a Karl. Karl che prima di lui non parlava con nessuno, era uno
dei famosi emarginati. Karl era stato quello che aveva aiutato di più,
non solo con lui era riuscito ad amare ed aprirsi con qualcuno, ma si
era fatto coinvolgere in un gruppo di persone, di amici. Karl era il
suo capolavoro e non poteva che esserne contento.
Quello significava aprirsi agli altri e aiutarli.
Quello significava avere degli amici. Aiutare e farsi aiutare. Muoversi insieme in direzioni simili.
Non essere soli.
L'apertura, dopotutto, non era poi così male.
- In conclusione? - Chiese Hikaru. Genzo sospirò più tranquillo.
-
In conclusione... beh, devo dire che da soli e chiusi in noi stessi,
non arriviamo da nessuna parte! È questa la prima legge della vita,
devo dire. Può far male, aprirsi, perchè poi possiamo venir feriti
proprio per questo. Chi amiamo può lasciarci. - Il tono divenne un
sussurro, una nota di malinconia, poi un sospiro e di nuovo la sua
forza solenne. - Ma penso che nel mezzo ne valga la pena. In realtà sto
ancora sperimentando, mi sto assumendo il rischio di tentare. Spero di
non ritrovarmi a rinnegare tutto! - Hikaru non poté far altro che
augurarselo a sua volta.
- Lo spero anche io! - E con questo, chiuse.
Ripensò
a quell'argomento non chiarito. La questione madre, il fatto che lui e
Jun non fossero veri fratelli. Dopotutto era stato lui a farlo rialzare
da quella campana di odio in cui era caduto dopo la morte di sua madre,
o per lo meno quella che aveva ritenuto tale per anni.
Come poteva non considerarlo comunque un fratello?
Eppure Hikaru era turbato dal fatto che l'aveva specificato comunque.
Avrebbe
potuto esimersi, Jun non aveva detto nulla a proposito con molta cura,
Genzo avrebbe potuto dire solo mezze verità. Quelle che considerava
importanti. Invece aveva detto tutto.
Era
una cosa strana. Era come se gli stesse molto sull'anima quella
questione, molto più di quello che lui stesso sapeva. E poi che non
vedesse l'ora di poterlo buttare fuori, esternarlo, snodarlo.
Tuttavia non approfondì e dopo avergli chiesto se poteva inserirlo, visto la particolarità delle cose dette, Genzo annuì.
Se
avesse saputo tutto quello che ne sarebbe scaturito, ci avrebbe pensato
meglio. Ma sul momento pensò di non dover più nascondere nulla.
A
quel punto, dopo tutto quello che aveva passato -una serie di menzogne
continue-, voleva solo la verità a tutti i costi, qualunque essa fosse.