CAPITOLO V:
UNA SFIDA NELL'ALLENAMENTO
Mi
sono BattutoMi sono
battuto, e sono caduto a terra proprio sulla mia faccia solitariaE
alla fine il risultato è che è tutto a posto.Nella
luce della vita che ho trovato, sta tornando tutto come prima.So
che non è la realtà, ma è facile battermi.La
vita è nuotare o affogare.L’amore
è cieco, non c’è via d’uscita.Non
so come sarà il mondo.Posso
dimostrare di aver bisogno di vederlo.Non
c’è tempo per le bugie e per vuoti litigi.Sono
dalla tua parte.Possiamo
vivere in pace e felici?Non
credo.A ben vedere, ho
paura di perdere le cose che amo.Ho
il controllo totale.E’
così, è così che finirà.Tutti
stanno aspettando qualcuno. Lasciami solo.E’
così, è così che finirà -
You fight me – Breaking Benjamin -
Instaurato
una specie di equilibrio fra le parti, non sconfinarono dalla
rispettiva zona, per lo meno fino a che Mihawk non cominciò a
stufarsi di mantenere tutto su un piano professionale e programmato.
Zoro
avrebbe fatto la firma per continuare così, il suo maestro non gli
aveva più fatto avance di alcun tipo dopo che gli aveva praticamente
detto chiaramente che non gradiva ma che gli serviva di stare con lui
per via degli insegnamenti da spadaccino, quindi vedendolo finalmente
per quel che voleva fosse, ovvero il suo maestro, si era calmato e
rilassato cominciando a fare a sua volta l’allievo seriamente.
Il
maestro in questione, invece, dopo aver capito che poteva avere
completamente Zoro nelle sue mani ma solo in qualità di allievo e
niente altro, all’inizio se l’era fatto bastare. Il potere
esercitato su di lui anche solo in quel senso non era stato per nulla
scarso e gli era stato sufficiente a lungo, poi quando le cose si
erano stabilizzate aveva cominciato ad annoiarsi anche di quello.
Era
bello comandare uno come Zoro, insegnargli, eventualmente torturarlo
con qualche allenamento estenuante e vedere come arrancava a fatica e
come resisteva a stento. Era bello vedere come ce la faceva sempre e
quando poi crollava poteva stare lì ad osservarlo per constatare
quanto ci poteva mettere prima di riprendersi da solo. In quei casi
spesso e volentieri interveniva Perona a tirarlo via da sotto il naso
per curarlo e metterlo nel letto -usava i suoi fantasmi- ma c’era
anche da dire che la ragazza gli risparmiava tante seccature e non
poteva mandarla via.
Era
bello quello che si era instaurato, insomma, però dopo un po’ la
stabilità aveva cominciato a venirgli a noia come sistematicamente
il resto della sua esistenza. Una volta che le cose diventavano
abitudinarie, anche se gli piacevano lui le piantava oppure cercava
un modo per farle cambiare e renderle più interessanti.
Zoro
era troppo degno di nota per sprecarlo così, a scadenza del tempo
sarebbe tornato tutto piatto e per combattere le giornate uguali e
prive di cose effettivamente stimolanti, avrebbe dovuto trovare
qualcos’altro: in poche parole, un'impresa!
Quel
ragazzo era uno di quegli animali rari che doveva tenersi buoni e
sfruttarli a fondo finché poteva.
Sfruttarli,
s’intendeva, sempre per combattere la propria noia!
Niente
dubbi, dunque.
Il
tempo dell’assestamento era passato, ora toccava a lui fare le cose
a modo proprio.
Lasciatolo
in meditazione per un paio d’ore prima di cominciare con la parte
dura dell’allenamento, Mihawk era venuto per interromperlo ma si
era fermato ad osservarlo.
Era
seduto a gambe incrociate a terra ed era a torso nudo. Gli
allenamenti li faceva sempre così, solo pantaloni e bandana, per
stare più libero e comodo.
Aveva
la bandana sulla testa anche quella volta, l’aiutava a
concentrarsi.
Si
accucciò silenzioso davanti a lui, sapeva come fare per non farsi
percepire, così come sapeva che ormai Zoro lo captava con fin troppa
facilità. Per non farsi cogliere doveva stare attento ed era una
cosa che non poteva imputare al suo talento.
La
strada dello spadaccino significava anche questo.
Era
un po’ come l’ambizione che permetteva, fra le altre cose, di
percepire le energie vitali altrui e di sapere in anticipo cosa
avrebbero fatto a breve o comunque di sapere cosa stavano facendo al
momento.
La
loro si limitava a percepire la presenza di qualcuno e di capire ad
occhi chiusi chi esso fosse, di sentire il tipo di forza che
circondava la persona.
Era
uno degli insegnamenti di Mihawk e Zoro era diventato ormai piuttosto
bravo in questo. Ora per non farsi captare doveva stare attento.
Era
ancora perfetto, non aveva cominciato a faticare. La pelle era
asciutta ma solcata da vecchie e recenti cicatrici, di certo non
molto liscia e morbida, probabilmente, ma con la muscolatura che si
ritrovava poteva permettersi di essere come voleva, era ugualmente
piacevole toccarlo e non per la consistenza della pelle ma quanto per
la durezza e la forma del suo corpo stesso.
“Se
il suo livello meditativo è come dovrebbe essere, come io voglio che
sia, allora non dovrebbe sentire niente a livello fisico. Se lo sente
vuol dire che non lo sta facendo bene.”
La
meditazione era una parte importantissima degli esercizi costanti di
uno spadaccino, andava di pari passo all’allenamento pratico.
Uno
spadaccino si componeva soprattutto di anima poiché era quella che
riversava nella propria lama, con cui poi poteva fare cose
incredibile che persone comuni si sognavano. Il bello era che tutto
quello non avveniva con l’aiuto di alcun Frutto del Diavolo.
Per
questo gli piaceva essere chi era.
Era
potente quanto tutta quella marmaglia di idioti che in acqua
affondavano, solo che lui non aveva punti deboli.
Incontrare
un altro che forse un giorno sarebbe potuto giungere al suo stesso
livello -cosa impossibile anche solo da pensare per via ipotetica-
era talmente incredibile e stimolante che naturalmente oltre a
tastarlo e metterlo alla prova per vedere se poteva essere veramente
così, non poteva in ogni caso farselo sfuggire.
Decise
di testare il suo grado di concentrazione meditativa testando al
tempo stesso il suo corpo, non era un bisogno da maestro per capire
quanto dovesse migliorare ancora il suo allievo, era semplicemente un
capriccio.
Voleva
farlo punto e basta, quindi lo faceva. Zoro gli apparteneva.
Allungò
una mano e con il dorso delle dita lo sfiorò leggero sul collo. Era
grosso e muscoloso anche quello ma non ai livelli di un ammasso
gigantesco inguardabile.
Era
proprio al punto giusto.
Così
come le spalle ed i pettorali.
Evitò
i capezzoli e scese sugli addominali, erano relativamente rilassati,
una via di mezzo perfetta.
Non
si muoveva, non aveva variato di un soffio la propria respirazione,
tanto meno il battito cardiaco. Sembrava ancora in perfetta
meditazione, in quella soglia del sonno profonda che però non era
tale poiché non dormiva veramente.
Aveva
una capacità di concentrazione invidiabile, doveva ammetterlo.
Lui
le prime volte aveva faticato ad imparare quel tipo di meccanismo,
non riusciva a staccarsi dal corpo per viaggiare dentro di sé e
sconnettersi totalmente. Perdere completamente il controllo era una
cosa che non gli era mai piaciuta ma quando aveva capito quanto utile
fosse, l’aveva fatto anche lui.
Zoro
probabilmente aveva una volontà diversa, non migliore o più ferrea,
solo diversa.
Scese
sul basso ventre, l’elastico dei pantaloni comodi in stoffa leggera
che usava ci mise poco a scivolare oltre e quando vide il suo inguine
a totale riposo capì che nello stato in cui era avrebbe potuto
fargli di tutto anche a quel livello ma non avrebbe sentito
fisicamente nulla, tanto meno avrebbe reagito a dovere.
Tolse
la mano stizzito e lasciò che i vestiti tornassero al suo posto.
Non
era una questione di reazioni tanto quanto di consapevolezza.
Se
l’altro non sapeva cosa gli stava facendo e non lo contrastava
lottando con sé stesso, non era divertente. Gli piaceva che sapesse
cosa gli faceva, gli piaceva farsi sentire come si doveva, così
senza che l’altro ne fosse cosciente e che facesse nulla, era una
vera noia.
Perché
gli piaceva come, dopo le varie opposizioni di rito, cedeva.
Non
era ancora successo ma sapeva che prima o poi Zoro l’avrebbe
cercato e voluto, ne era praticamente certo.
Tolse
la mano ma non si alzò e nemmeno si allontanò, rimase a fissarlo ed
aumentò di proposito la propria energia vitale, quell’aura di
forza che lo circondava costantemente e che lo rendeva immediatamente
identificabile. A quel punto, proprio come si aspettava, Zoro
lentamente si destò.
Aperti
gli occhi leggermente velati che ancora non gli permettevano di
distinguere precisamente la realtà circostante dalla visione
meditativa, lo fissò cercando di capire se fosse di qua o di là.
-
Era ora! - Disse seccato e supponente come suo solito.
Zoro
che se lo trovò accucciato davanti fermo a poca distanza, si
irrigidì inevitabilmente.
Non
sapeva da quanto era lì ma aveva la netta sensazione che fosse anche
troppo.
Si
guardò automaticamente per vedere se era ancora tutto a posto e non
vedendo vestiti tolti, abbassati o reazioni inevitabili, si rilassò.
Teoricamente non gli aveva fatto nulla.
Teoricamente.
Con
quello non si poteva mai essere veramente sicuri in effetti…
-
Sei tu che devi richiamarmi quando è ora di smettere, che diavolo
vuoi da me? Io posso andare avanti anche tutto il giorno! - Rispose
brusco stiracchiandosi come se avesse comunque dormito veramente. I
muscoli indolenziti lo ringraziarono per i movimenti così come le
ossa che scricchiolarono appena.
Sospirò
rilassato e contento, dopo la meditazione era nella pace dei sensi,
gli importava relativamente di ciò che lo circondava e delle solite
preoccupazioni. Per questo lo faceva così tanto anche prima di
incontrare Mihawk.
Si
sentiva meglio, dopo, e tutte le molte inquietudini che lo turbavano
costantemente passavano ad un livello più accettabile, tanto che
riusciva a controllare la maggior parte delle sue emozioni. Spesso e
volentieri appariva freddo ed insensibile ed andava bene così, certi
sentimenti non si potevano dimostrare, erano cose sue e basta.
Altre
volte riusciva a perdere la testa tanto bene che veniva da chiedersi
se poi fosse la stessa persona, ma tendenzialmente si manteneva
perfettamente calmo, in quel modo.
Abbastanza
spesso, insomma.
Nei
riguardi di ciò che contava veramente.
Le
cose che gli davano profondamente sui nervi e che riteneva inutili,
sciocche o altamente stupide, gli davano molta difficoltà a
controllarsi e tendeva a voler uccidere subito l’altro, ma sperava
di riuscire a sistemare anche quell’aspetto, ora.
Del
resto di tempo ne avrebbe avuto.
L’immagine
di Rufy ormai era svanita al risveglio dalla meditazione, ma sapeva
che sarebbe tornata con facilità fin troppo spesso.
Ricordare
eventi col suo compagno non gli faceva molto bene, poi il magone e la
nostalgia erano insostenibili, ma era anche vero che non doveva
perdere di vista il suo punto focale principale.
La
persona che amava.
Non
che sarebbe mai stato possibile visto quanto riusciva a pensarci
costantemente.
Non
calcolò molto Mihawk aspettando che gli desse qualche indicazione
per l’allenamento successivo, solo si chiese distrattamente quando
sarebbe potuto tornare dal suo compagno; in quello eseguì un tale
sguardo malinconico ed incontrollato che fu talmente strano da
bloccare subito l'altro.
Dopo
la meditazione non riuscire a controllare certe emozioni non era
normale, specie per lui.
-
Che cos’hai? - Chiese infatti diretto e arrogante. Non gli sarebbe
dovuto interessare ma era stato così chiaro ed insolito che non
aveva saputo trattenersi.
Zoro
scosse il capo e rimase zitto. Non avrebbe risposto e Mihawk
capendolo se ne stizzì e infastidito si alzò in piedi davanti a
lui.
Non
gli rispondeva quando gli faceva una domanda diretta? Ebbene avrebbe
imparato l’arte dell’obbedienza!
Con
una luce di disprezzo nello sguardo dorato e suggestivo, disse
implacabile:
-
Oggi affronterai me, ti devo misurare personalmente nel
combattimento. Devo capire quanto lavoro ho ancora con te.
Naturalmente il tuo obiettivo è riuscire a farmi usare la spada.
Come l’altra volta, userò solo il pugnale. - Così dicendo tirò
fuori la piccola arma affilata dalla collana appesa al collo e la
guardò come se fosse più interessante dell’essere davanti a sé.
Zoro
alzando un sopracciglio scettico non capì cosa gli fosse preso così
improvvisamente ma alzando le spalle decise che avrebbe girato quella
specie di punizione a suo favore. Punizione in quanto sapeva che non
era ancora alla sua altezza ma se voleva era giusto provarci.
Oltretutto
non poteva dire di non esserne contento.
Combattere
seriamente con lui era a suo modo appagante, per uno spadaccino con
la sua aspirazione.
Ormai
era risoluto ad imparare in qualsiasi caso da lui, era troppo
importante diventare più forte.
Troppo.
Gli
bruciò molto più di quel che avesse mai immaginato.
Perdere
la prima volta con lui era stato terribile, una botta al proprio
orgoglio impareggiabile, era quasi morto e la ferita peggiore era
stata quella dell’anima.
Perdere
quella lì, però, era stata forse ancor più insostenibile poiché
sebbene fosse preparato, realizzò quanto ancora era lontano da lui
nonostante tutti i grandi miglioramenti che sapeva di aver fatto nel
corso di tutto quel tempo in viaggio.
E
non era abbastanza.
Ne
era stato cosciente ma aveva sperato di essere un po’ più vicino,
realizzare quanto si sbagliava non era stato facile.
Eppure
la cosa più insopportabile era stato l’uscirne pressoché indenni.
Non
ci era andato giù pesante, Mihawk. Niente a che vedere con l’altra
volta, insomma.
Al
momento di batterlo, al momento dunque di ferirlo per dargli il colpo
di grazia, si era fermato lasciandolo a terra, disarmato, braccia
larghe e con il suo pugnale, contro il suo collo.
Sarebbe
morto in condizioni normali e gli bruciò perché capì quante altre
umiliazioni avrebbe dovuto sopportare prima di sentirsi anche solo un
minimo soddisfatto.
Non
poteva sopportarlo ed ancora peggio era stato il fatto che si fosse
fermato.
-
Perché diavolo non fai come un normale combattimento? Che riguardi
sono? - Ringhiò rabbioso Zoro rimanendo sotto di lui. Era sfinito e
sudato, aveva dato fondo a tutte le energie e non c’era stato verso
di scalfirlo o fargli tirare fuori la sua dannata spada.
-
Non è un vero combattimento, per te sì ma per me è un modo per
misurarti. Quale maestro fa fuori il proprio allievo? -
Zoro
strinse i denti e contrasse la mascella… peggio di così cosa
poteva esserci? Eppure l’aveva saputo dall’inizio.
Invece
di farsi bruciare da questo fuoco insopportabile doveva coglierne
ogni possibile giovamento. Era comunque un modo per crescere, doveva
ricordarselo. Erano delle occasioni uniche nel loro genere.
Ma
lì per lì, steso senza forze sotto di lui che gli stava a
cavalcioni seduto sopra con un coltello puntato alla gola che non
avrebbe mai affondato, sentì solo un’immensa voglia di cavargli
quei dannati meravigliosi occhi dorati di falco che lo fissavano con
quell’aria di superiorità eppure compiaciuti.
Compiaciuti
di cosa? Che lui avesse ovviamente fallito?
Era
troppo lontano… quell’uomo era ancora così tragicamente ed
irrimediabilmente lontano da lui… come poteva fare per raggiungerlo
anche solo di un po’?
Improvvisamente
Mihawk, come se gli leggesse dentro con una facilità maledetta,
piantò il pugnale nel terreno ad un soffio dalla sua testa, si
appoggiò con una mano dall’altro lato e con quella libera, chino e
più vicino col viso al suo, glielo prese fra le dita. Strinse le sue
guance fra l’indice e pollice e lo bloccò impedendogli di girare
la testa e staccargli gli occhi di dosso.
Zoro
inghiottì capendo che l’atmosfera era decisamente cambiata così
come le sue intenzioni e mugugnando un ‘levati subito’ alquanto
sgarbato, non poté che rimanere comunque lì a lasciarsi fare.
Non
era veramente bloccato ma con lui, permaloso com’era, aveva sempre
un certo timore che potessero girargli i cinque minuti e cacciarlo
dall’isola e non insegnargli più.
Oltretutto
era veramente a pezzi e stanchissimo, l’aveva massacrato e l’idea
di usare la forza che ancora non gli era tornata per toglierselo da
sopra, era un’utopia ma sperò che l’altro la piantasse di
giocare come uno stronzo quale era.
Se
si annoiava perché non andava ad ammazzare il tempo in qualche altro
modo e lo lasciava in pace?
Voleva
lavarsi, mangiare e dormire, chiedeva tanto?
Mihawk
non pareva dello stesso avviso ed avvicinando il viso al suo ancora,
riuscì a sfiorargli le labbra con le sue ma non fece in tempo ad
andare oltre poiché Zoro ritrovò le forze in quell’ultimo
istante, dovuto proprio al fastidio che gli dava quell’uomo.
Non
era perché era impegnato con Rufy e amava un altro. Non era nemmeno
perché non gli piaceva, non era brutto e tanto meno indesiderabile a
livello attrattivo. In quel senso aveva tutte le carte a posto, lo
ammetteva.
Era
proprio perchè ogni volta lo costringeva, lo faceva quando non era
in forze od in condizioni di rifiutarlo.
Perché
diavolo doveva approfittare in quei momenti e non ci provava invece
quando stava bene ed era in sé?
Era
solo un codardo, in realtà, per lo meno per quanto riguardava quel
genere di cose.
Togliendoselo
da sopra si alzò a fatica e guardandolo furente grugnì a stento un
ammonizione fin troppo chiara:
-
Se lo rifai mentre sono in quelle condizioni e non posso reagire
giuro che trovo il modo di ucciderti, a costo di staccarti la testa a
morsi! - Bè, forse le forze per parlare non erano poi tanto
stentate, dopotutto!
A
Mihawk non sfuggì la sottigliezza di ciò che stava intendendo…
era piuttosto chiara in effetti… non quando non posso rispondere ma
quando invece posso ricambiare.
Doveva
dedurre che non era una questione di non volerlo ma solo di
principio?
Il
ragazzo detestava essere costretto e dunque lo rifiutava per quel
motivo.
“Interessante…
se dunque gli faccio scegliere?”
Ma
poi, entrando a sua volta nel castello, si rese conto di una cosa che
dopotutto aveva sempre saputo e che rappresentava l’ottanta
percento di sé.
Odiava
far scegliere agli altri mentre al contrario amava imporsi ed
ordinare nonché costringere.
Zoro
l’avrebbe avuta dura, molto più di quel che aveva messo in conto.