/NOTE:
partecipa al contest indetto sul forum di EFP da Lily Blackrose
chiamato Yaoi Contest Capitan Tsubasa. Casualmente veniva fornita una
coppia ed un elemento e noi dovevamo scrivere combinandoli insieme.
Nonostante la coppia che mi è capitata non penso sia mai stata usata da
nessuno e che io stessa non ci abbia mai pensato a scrivere di loro
insieme, ho colto la sfida per un semplice fatto… sono due personaggi
che mi piacciono molto e che ho spesso messo in rapporti nelle long fic
che ho scritto, noto che in realtà interagiscono piuttosto bene ed ero
seriamente incuriosita di vedere come mi sarei districata se avessi
dovuto scrivere di loro due insieme. Bè, c’è chi giudicherà per me,
quindi non aggiungo altro nella speranza che la fic piaccia. Buona
lettura. Baci Akane
LA CARICA DEL
FULMINE
Quegli
incontri di nazionale erano diventati sempre più rognosi, ormai.
Rognosi
per un motivo nello specifico, in realtà.
Alla
loro età, nel fiore della giovinezza, l’età in cui si maturava e si
intraprendevano le strade decisive, ritrovarsi in patria coi vecchi
compagni che principalmente erano tutti amici e rivali dai tempi delle
elementari, era come tornare indietro nel tempo o mettersi in vetrina.
In
un caso o nell’altro era comunque una seccatura, specie per qualcuno.
Quel
qualcuno era nella fattispecie Genzo Wakabayashi.
Finché
era in un periodo in cui le cose gli andavano bene era un conto, ma
quando poi era in uno in cui andavano malissimo, bè, la minestra
cambiava eccome!
Quello
era il periodo out.
Capitava
che andasse tutto bene, insomma era uno che si faceva andare bene le
cose in un modo o nell’altro, ma non era di certo un super uomo.
Lasciarsi
in ogni caso non era mai piacevole per nessuno, men che meno per uno
che stava col proprio compagno da anni, ormai.
Sostanzialmente
l’unico problema per lui attualmente era legato alla vita sentimentale,
in squadra andava bene, era sempre in forma e non aveva di che
lamentarsi, ma con Karl non era affatto rose e fiori e se non lo era di
conseguenza il mondo per lui diventava nero, coi compagni i rapporti si
incrinavano perché li trattava malissimo e diventava addirittura feroce
in allenamento.
Per
chiunque la riunione con la nazionale sarebbe capitata nel momento
perfetto, giusto per staccare dal suo ormai ex ragazzo, invece per lui
era solo un’ulteriore tortura perché rivedere i suoi vecchi amici
avrebbe significato esporre tutte le novità dell’ultimo periodo e per
lui le novità erano pessime, non aveva voglia di dire che andava tutto
bene anche se ogni singola stupidissima cosa gli pesava e non aveva
principalmente interesse nel far sapere il minimo fatto personale a
nessuno, nemmeno a chi considerava il suo migliore amico.
Oltretutto
la maggior parte di loro erano felici, si erano fidanzati o comunque
erano in fase di conoscenza ed a parte questo molti avevano intrapreso
una carriera calcistica soddisfacente e quindi vedevano tutto luminoso.
Certo
lui la carriera calcistica l’aveva trovata molto prima, ormai vi era
abituato e non la vedeva come motivo di particolare gioia e gaudio.
Comunque
il problema principale era che non riusciva a non pensare a Karl e a
quanto fosse difficile stare con lui.
Sospirò
nell’uscire dal campo. Il primo giorno di tortura era andato, ora
doveva solo sforzarsi fino all’ora in cui avrebbe potuto posare la
testa sul cuscino ed ignorare tutto.
Certo
era capitato in camera con Jun Misugi ma sarebbe potuto essergli andato
peggio… fra tutti era quello più discreto, sapeva stare al suo posto e
capiva al volo quando non era aria.
Tsubasa,
ad esempio, era invadente ed appena l’aveva visto con la nuvoletta nera
sulla testa aveva cominciato a dire se avesse avuto qualcosa, cosa gli
fosse successo e di raccontargli tutto. Non l’aveva fatto solo perché
poi si era distratto vedendo altri compagni arrivare e lui ne aveva
approfittato per defilarsi.
Dovendo
comunque stare in camera con qualcuno ed essendoci camere da tre e da
due, aveva cercato la soluzione più congeniale. Quella da due perché
così avrebbe avuto un seccatore in meno la notte e Misugi perché era
quello più sulle sue rispetto agli altri.
Non
aveva avuto molti contatti con lui, nemmeno da piccoli. Non avevano mai
giocato l’uno contro l’altro ed insieme solo in nazionale qualche
volta, quando le presenze di entrambi avevano corrisposto. A volte lui
era stato fuori per infortunio, altre Misugi aveva avuto affari col
proprio cuore… al momento sembrava essere guarito, questo non l’aveva
reso più rompiscatole di prima.
Jun
era strano, si vedeva che era un tipo molto sicuro di sé e dalle idee
chiare, il classico dirigente. Nel settore in cui era ferrato, nella
fattispecie il calcio, diventava il classico regista. Tirava fuori
idee, le indicava agli altri, dava consigli sempre buoni… ma nonostante
questo non sembrava un secchione fastidioso e pedante. Veniva a tutti
naturale ascoltarlo, non si imponeva e diceva le cose in un modo che la
gente finiva per assecondarlo e fare come diceva lui.
Per
questo alla fine fra tutti scelse di stare in camera con lui.
Hyuga
non se ne parlava, Taro e Tsubasa per fortuna dovevano recuperare il
tempo perso, Hikaru era circondato da tutto il mondo ed era occupato a
far casino come suo solito, il gruppetto della vecchia Toho non si
separava nemmeno su richiesta scritta… la conseguenza era stata
abbastanza ovvia.
Tetro
più che mai si era ritrovato a liquidare tutti con ringhi e grugniti
poco umani, capendo che aria tirava l’avevano presto lasciato in pace e
molti avevano semplicemente dato delle pacche comprensive a Jun come a
dire che non lo invidiavano. Lui aveva sorriso sornione senza far
capire cosa gli passasse per la testa.
Per
un momento Genzo si era ricreduto sul suo conto. Era troppo enigmatico
quel tipo… aveva la scatole piene di gente che si murava dietro
all’impassibilità o, nel suo caso specifico, a sorrisini
incomprensibili.
Forse
avrebbe dovuto chiedere precisamente una camera per uno!
Varcata
la soglia per primo, per nulla intenzionato a conversare -men che meno
con uno con cui alla fin fine non l’aveva mai fatto- cominciò a
spogliarsi con gesti seccati e sbrigativi.
Non
serviva parlare e se era fortunato l’altro l’avrebbe accontentato.
Occhieggiò
Jun di sottecchi per non farsi notare e quando lo vide fare altrettanto
si sentì sollevato. L’aveva capito perfettamente e fortunatamente lo
stava accontentando.
Come
da lui sperato andarono a dormire senza esprimere una sola sillaba,
come se non ci fosse nemmeno il bisogno di capire se la voce
funzionasse ancora.
Non
si diedero nemmeno la buonanotte, non fecero niente, come dei perfetti
estranei e a Genzo sembrò strano.
Non
era abituato a quel genere di vita da ritiri calcistici. Ne aveva fatti
tanti, era sempre un po’ al centro di tutti, in qualche modo. Non era
un casinaro come Hikaru, Tsubasa o altri però riusciva sempre ad essere
quello più ascoltato e calcolato.
Aveva
il vanto di instaurare il rapporto che voleva con chi voleva, se gli
piaceva qualcuno sapeva diventargli amico, se voleva sedurlo e
divertirsi poteva anche quello… insomma, era la prima volta che non
c’era verso di creare contatti, come se Jun gli fosse totalmente
disinteressato.
Era
quello in cui aveva sperato, ok, però ora, stranamente, gli stava
davvero sulle scatole quell’atteggiamento, quell’essere ignorato, quel
non creare curiosità per la sua super vita in Germania con il kaiser!
La
sera successiva fu la stessa identica storia ma Genzo, al contrario di
quella precedente, si era dimostrato molto più seccato che tetro, ma
Jun non aveva ancora reagito né parlato. Come se nemmeno se ne
accorgesse.
Per
un momento a Genzo era parso di essere di nuovo con Karl e cominciando
a montarsi dentro sempre più nervoso, si era detto che se fosse
continuata così avrebbe fatto qualcosa perché quindici giorni in quelle
condizioni non era proprio disposto a farli. Solo per qualche partita
con la nazionale non era giusto ritrovarsi con una mummia!
Non
riusciva ad essere obiettivo… ovvero aveva voluto lui quella situazione.
Semplicemente.
La
terza sera non fu deluso e al culmine della sua sopportazione, invece
di mettersi a dormire, si alzò seccato dal letto ed infilando la porta
uscì sbattendola con evidente rabbia e fastidio.
Non
si curò di vedere la reazione dell’altro, non si curò di niente, tanto
meno di vedere se l’avrebbe seguito. L’avrebbe dato per scontato in
condizioni normali ma Jun, ormai aveva imparato, non era normale.
Non
venne a cercarlo, non fece niente e quando tornò in camera dopo essersi
sbollito lo vide addormentato pacifico.
Rimase
ad osservarlo qualche secondo, come faceva?
Non
gli interessava davvero niente di nessuno?
Era
come Karl? Un insensibile freddo figlio di puttana?
Erano
quelle le parole che gli aveva rinfacciato l’ultima volta che si erano
visti, quando poi si erano lasciati.
Con
Jun gli tornò in mente Karl come un treno in corsa e seduto nel proprio
letto rimase a fissarlo per la gran parte della notte ricordando i
momenti con lui, quando si erano messi insieme, tutte le volte che
avevano fatto l’amore e poi tutti i litigi ed i momenti difficili. Fino
a ad arrivare all’ultima rottura definitiva.
Forse
non erano tagliati per stare insieme, concluse per l’ennesima volta
tornando a smontarsi.
Almeno
la rabbia era un sentimento che lo teneva su in qualche modo, cedere
così alla tristezza era peggio. Odiava essere depresso. Odiava
piangersi addosso. L’odiava perché poi finiva che Karl gli mancava come
non mai.
Come
poteva semplicemente arrendersi e dire che forse non erano fatti per
stare insieme? Non era vero. Non era vero nemmeno che era freddo ed
insensibile ma era questo che sembrava, era così che si poneva persino
con lui. Solo che Genzo, in quanto carro armato, era andato avanti per
la sua strada attratto assurdamente da lui e se l’era preso senza fare
troppi complimenti.
Si
era preso tutto un po’ con la forza e l’arroganza, anche crescendo
aveva cercato di calmarsi un po’ ma la sua personalità era rimasta
comunque forte e risoluta.
Karl
semplicemente ci era stato quando lui aveva voluto, reputandolo ‘non
poi così male’. Gli pareva fossero state quelle le parole.
Sbuffando
sofferente si stese stizzito. Odiava pensare a lui, odiava stare così.
Odiava soffrire per amore!
Dannazione!
Perché
non si mostrava più spontaneo?
Perché
toccava sempre a lui imporre la propria volontà e all’altro
semplicemente seguirlo?
Quando
gli aveva detto di fare anche lui qualcosa di quel che voleva, opporsi,
magari, o proporre delle idee, Karl aveva semplicemente detto che gli
andavano bene le sue. Semplice e piatto.
Era
stata la goccia.
Dopo
essersi girato e rigirato nel letto prese il cellulare e scorse la
rubrica. A quell’ora in Germania doveva essere una qualche ora del
giorno… trovato il numero di Karl ebbe la fortissima tentazione di
scrivergli qualcosa, poi di chiamarlo.
Alla
fine si limitò a sentire un suo vecchio messaggio vocale per sentire la
sua voce criptica e incolore dire che si sarebbero visti quella sera
come concordato.
Non
era facile. Non era per niente facile.
La
sera successiva fu caratterizzata dalla tempesta di fulmini più
pericolosa degli ultimi tempi.
Conclusero
prima gli allenamenti proprio perché il cielo prometteva una tempesta
troppo brutta.
Il
vento esagerava su tutta la zona rendendo difficile anche capirsi, le
nuvole in cielo si rincorrevano nere e basse, illuminandosi con le
saette che le attraversavano cadendo sulla terra non troppo distante da
dove erano. Poi il fragore del fulmine, il rombo del tuono ed i più
fifoni che sussultavano spaventati contro quelli affascinati dai
fenomeni naturali.
Genzo
naturalmente si rivelò infastidito anche da quello sebbene normalmente
gli piacesse. Guardò il cielo tempestoso senza la pioggia, tempo ancor
più pericoloso, con altrettanta tempesta nello sguardo scuro e
tenebroso.
Tornato
in camera solitario, si sorprese nel ritrovare la porta finestra aperta
e sul terrazzo Jun Misugi appoggiato alla balaustra per guardare quello
spettacolo naturale.
Gli
si scomposero i capelli ed il vento lo schiaffeggiò, seccato per un
momento pensò di chiuderlo fuori ma non lo fece solo perché almeno in
quello differiva da Karl!
Almeno
gli piaceva qualcosa, non si limitava ad alzare le spalle e dire ‘boh’
senza esprimere una preferenza.
Lo
raggiunse fuori esasperato dal continuo paragone col suo ormai ex
ragazzo, esasperato dal pensare a lui senza venire a capo di nulla.
Esasperato da tutto e da tutti, persino sé stesso.
Cominciava
ad odiarsi. Perché non riusciva a pensare che a Karl?
Non
se lo meritava, era uno stronzo che non aveva alzato un dito quando
l’aveva lasciato. Aveva solo detto ‘se è questo che vuoi’.
Perché
non aveva risposto alla domanda ‘perché ti sei messo con me?’.
Era
certo che avrebbe potuto dire ‘perché lo volevi tu!’. Se avesse detto
veramente così avrebbe potuto ucciderlo, forse non gli aveva risposto
proprio per questo.
Non
voleva saperlo.
-
Vieni dentro che c’è vento e questi fottuti fulmini sono pericolosi! -
Era vero, lo erano ancora di più se non pioveva.
Era
la prima volta che gli parlava. E lo era anche la prima che Jun gli
rispondeva.
-
Mi piacciono. - Genzo si sorprese, decise di non mandarlo a quel paese
solo perché si stava esprimendo come un essere umano, aveva un tono
appassionato ma sfumato e delicato, lo sguardo intenso fisso sul cielo
innanzi a sé. I capelli autunnali gli si agitavano impazziti, i suoi
erano più lunghi e nonostante il vento in viso, rimaneva dritto col
mento alto, come se stesse sfidando la natura furiosa. Era
affascinante, oltre che bello. Come se si amalgamasse bene con
l’ambiente, in un certo senso.
Jun,
vedendo che rimaneva con lui, proseguì calmo e tranquillo:
-
Sai cosa sono i fulmini? Sono causati dall’attrazione tra la carica
negativa della base di una nuvola di temporale e la carica opposta che
viene dal terreno sottostante. Sono scariche elettriche di una potenza
inaudita. Se ti colpiscono è raro che tu sopravviva. Le tempeste di
fulmini sono più pericolose di quelle classiche, dove piove, ma, a mio
avviso, sono molto più spettacolari. Da togliere il fiato. -
Genzo
rimase affascinato ad ascoltarlo e per la prima volta, semplicemente,
lo considerò e non solo. Lo vide separato e a sé stante rispetto a Karl.
Lui
mai e poi mai gli avrebbe fatto una lezione sui fulmini…
Prima
ancora di rendersene conto era lì a parlare con lui come se fossero
amici, come se le sere precedenti non ci fosse stata totale
indifferenza, come se fosse normale.
-
Ti piacciono davvero, allora… - Jun sorrise voltandosi verso di lui, lo
guardò con fare adulto e tornò sui fulmini. Uno attraversò in quel
momento le nuvole che si rincorrevano.
-
Sono fra le forze naturali più potenti. - Genzo, ancor più sorpreso da
quel concetto, rispose ammirato:
-
Ti piace la forza, la potenza… la potenza bruta, per di più! Non ti
facevo così… mi sembravi più tipo elegante e delicato… - Avrebbe dovuto
mordersi la lingua, dirgli che gli sembrava delicato ad uno che aveva
sofferto a lungo di cuore era indelicato ma Jun non se ne curò e
stringendosi nelle spalle fece un’aria consapevole, dovevano averglielo
detto in molti.
- A
me colpisce l’idea di base del fulmine. Si forma fra carica positiva e
negativa. Fra due opposti che si incrociano nel momento giusto, con le
giuste modalità. Non pensi che sia un parallelismo perfetto con la
vita? - Questo immobilizzò immediatamente Genzo che rimase a ripensare
alle sue parole senza saper più cosa dire.
Intanto
la tempesta di fulmini si scatenava furiosamente davanti a loro e
diventava davvero impossibile ascoltarsi e riflettere.
Jun
si voltò dando le spalle al temporale e appoggiandosi con eleganza alla
balaustra, lo guardò al suo fianco, appariva quasi provocante, in un
certo senso. Un vago sorrisino allusivo da qualche parte nel suo bel
viso delicato:
-
Se si è uguali si può stare insieme ma non c’è la scarica elettrica,
non è la stessa cosa. Per me le relazioni andrebbero vissute tutte
così, fra cariche opposte, come dei fulmini. Tu non credi? - Genzo si
sentì violato e nudo, come se gli avesse letto dentro. Colpito sin nel
profondo ed in un modo che non avrebbe mai osato pensare ed immaginare,
rimase inebetito lì appoggiato a guardarlo senza saper cosa rispondere.
Non ci aveva mai riflettuto, non si era mai chiesto una cosa simile,
non l’aveva mai vista in questo modo.
Si
sentiva quasi ammazzato, da quello che aveva sentito e dal suo modo di
vedere le cose.
Non
si accorse nemmeno che Jun intanto era rientrato in camera e che
l’aveva lasciato lì solo.
Il
fragore particolarmente vicino ed intenso di un tuono lo scosse, poi fu
il richiamo di Jun da dentro che gli intimava di rientrare.
Quando
fu in camera Karl gli era di nuovo in testa, la sua diversità, il suo
muro… era la carica negativa contro quella positiva? Era di questo che
si trattava? Per questo era tanto difficile stare insieme, per questo
litigavano sempre?
Che
erano diversi ci era arrivato anche lui, quello che gli stava facendo
rivalutare tutto era la concezione del ‘in questo modo è più bello,
sono così le vere relazioni degne di essere vissute’.
Aveva
sempre pensato che la loro diversità eccessiva sarebbe stata la loro
fine ma forse era il contrario. Forse sarebbe stato quello che li
avrebbe uniti…
Jun
si stava mettendo il pigiama, era coi pantaloni e lo stava osservando
indecifrabile senza fargli capire cosa gli passasse per la mente, ma, a
quanto pareva, leggeva in lui con estrema facilità.
-
Stai pensando a qualcuno in particolare? - Lo sapeva che era così.
Genzo gli rispose in automatico sentendosi per la prima volta sollevato
nel parlare di queste cose personali con qualcuno.
Jun
non era nessuno ma era quello che gli aveva dato la prima risposta
buona.
- A
Karl. - Fece pensieroso rimanendo in piedi davanti alla porta finestra
chiusa, dietro di lui il finimondo, quasi, sotto forma di fulmini.
Quelli che rappresentavano la sua relazione con Karl. Jun lo vide alla
perfezione, non gli servirono spiegazioni e con l’aria di chi aveva
capito e sapeva, rispose serafico e consapevole:
-
Se non dice cosa vuole non significa che non voglia nulla. Forse, a
volte, c’è solo la paura di legarsi troppo a qualcuno per non soffrire
poi, per non prendersela a cuore… è un classico, lo so, però secondo me
la maggior parte di quelli che si mostrano così freddi e scostanti è
solo perché hanno paura di legarsi, non perché non lo sanno fare e sono
insensibili. - Genzo a quel punto, sentendogli tradurre tutti i suoi
dubbi e nominare le parole che si erano detti con Karl, avanzò
annullando la distanza che rimaneva e totalmente ad istinto, contro
ogni aspettativa e logica, senza che nessuno se l’aspettasse
assolutamente, gli prese il viso fra le mani e lo baciò.
Non
sapeva perché, non ci aveva pensato, lo fece e basta.
Forse
perché era il primo ad avergli districato gli atroci dubbi che
l’avevano quasi ucciso in quel periodo, forse perché gli aveva tolto il
peso più grande che avesse mai avuto, forse perché ora quelle nuvole si
erano schiarite e vedeva il sole, sotto, e capiva tutto, aveva le
risposte, era sereno. Forse perché, semplicemente, aveva ritrovato
simbolicamente Karl.
Jun
inebetito senza aspettarsi un gesto simile accettò il bacio e prima di
accorgersene era lì a rispondere attivamente.
Le
lingue si intrecciarono in una tempesta che diede subito l’idea della
scarica elettrica di cui avevano parlato prima.
Anche
loro erano piuttosto diversi, quasi opposti.
Anche
loro, nel toccarsi in più modi, reagivano in modo tutt’altro che
normale e dimenticabile.
Genzo
non capì mai perché e nemmeno Jun, però semplicemente successe e dopo
quel primo contatto entusiastico di gratitudine, Genzo si tolse
frenetico la propria maglia senza pensarci su, quindi lo prese per i
fianchi e poi per i glutei e l’attirò a sé. Jun andò proverbialmente in
tilt sentendo la sua eccitazione attraverso i pantaloni leggeri della
tuta contro i propri altrettanto leggeri del pigiama, non seppe
rifiutarlo e respingerlo e sperò solo di riuscire a mascherare la
profonda attrazione fisica che aveva sempre provato per lui.
Non
avevano mai avuto rapporti di alcun tipo se non di civile convivenza
amicale, niente di più. Non si erano mai parlati seriamente, mai
confidati, mai riso e scherzato insieme… l’aveva sempre considerato un
gran bel ragazzo limitandosi a pensare che ci sarebbe stato volentieri
con lui.
Poi
i loro mondi erano sempre stati diversi e lontani.
Non
avrebbe mai immaginato potesse succedere ed ora che erano lì e che in
qualche modo, per qualche motivo che non capiva, succedeva, decise di
non farsi altre domande e semplicemente assecondare i propri desideri.
Erano grandi e consapevoli. Potevano fare quello che volevano.
Le
sue mani gli sembravano cavi elettrici che gli davano continuamente la
scossa nel carezzarlo e attirarlo a sé con prepotenza.
Genzo
forse non sapeva cos’era il romanticismo e dopo tutte le volte che
aveva fatto a pugni con Hyuga c’era da sorprendersi del contrario, però
sapeva comunque come far provare piacere ad un altro.
Jun
si ritrovò in pochissimo tempo completamente nudo steso con lui sopra
nelle medesime condizioni e si chiese quando l’avesse fatto, poi
semplicemente pregò che non si fermasse sul più bello per chiedergli se
fosse veramente guarito dalla malattia cardiaca.
La
sua bocca era vorace nell’assaggiarlo e dopo avergli percorso il viso
annullandolo in un istante, raggiunse il suo orecchio e lì gli fece
capire il significato di annullamento mentale.
Se
prima aveva saputo come si pensava, ora nemmeno quello…
Scese
infatti con lo stesso metodo sul suo collo e coi lampi che accendevano
a giorno la camera illuminata solo dalle abat-jour sui comodini,
cominciò ad esplorare il suo corpo atletico, aveva due spalle larghe e
delle braccia molto forti, però adorava sfiorargli tutti i muscoli
della schiena ampia che guizzavano al suo tocco leggero e delicato.
Quando
non riuscì a far altro che immergere le dita sulla sua nuca, fra i
capelli neri spettinati, i gemiti furono coperti dai tuoni che fecero
tremare i vetri.
Con
la bocca era arrivato al suo inguine e pareva seriamente intenzionato a
fargli capire cosa si era perso prima d’ora.
Il
non essere mai riuscito a fare l’amore con la sua ormai ex ragazza
Yayoi Aoba aveva deteriorato la relazione ed un motivo c’era di certo.
Eccolo
lì il motivo.
La
sua sessualità nascosta a tutti tranne che a Jun stesso.
Gli
erano sempre piaciuti i ragazzi solo che l’aveva ammesso a sé stesso da
poco tempo. Da quando, all’ultima riunione con la nazionale, si era
eccitato guardando Genzo e Hyuga sotto la doccia, quelli che avevano il
fisico migliore!
I
gemiti aumentarono con l’aumentare del ritmo della sua bocca sul
proprio membro ormai eccitato, gli spingeva incautamente il bacino
contro chiedendo di più senza osare farlo a parole, ma all’altro bastò
per capire che stava per raggiungere il suo orgasmo e che probabilmente
quello l’avrebbe portato ad un sovraccarico davvero eccessivo per uno
che aveva sofferto di cuore.
In
quello si fermò insieme al lampo che, fuori dalla loro camera, illuminò
di nuovo tutto in modo molto inquietante.
Jun
sgranò gli occhi ansimante e terrorizzato, perché diavolo si era
fermato? Voleva fargli prendere un colpo?
Quando
se lo vide risalire sopra e guardarlo corrucciato ed interrogativo,
capì cosa stava per chiedergli. Proprio quello che sperava evitasse. Lo
prevenne altamente seccato, come un principe avrebbe potuto fare con
una servitù sfrontata:
-
Non osare chiederlo nemmeno! Fallo e basta perché altrimenti ti faccio
provare cosa significa essere attraversati da un fulmine! - Questo
bastò a Genzo che ridacchiando divertito capì la differenza abissale
fra lui e Karl, lieto di vederla, lieto che ci fosse.
Non
lo stava facendo perché glielo ricordava, né per ripicca o cose simili.
Lo stava facendo solo perché Jun era arrivato in luoghi che a lui erano
sempre stati negati, che aveva agognato e che non aveva mai capito.
Lo
stava facendo per ringraziarlo, perché l’aveva fatto sentire finalmente
bene dopo lunghi mesi d’angoscia, perché voleva ricambiare in qualche
modo e dopo aver capito da solo che era gay e che si era lasciato con
Yayoi per questo, poteva facilmente intuire che quel metodo gli poteva
andare a genio.
A
giudicare dalla risposta positiva era ovvio.
Soddisfatto,
invece di scendere e riprendere da dove aveva interrotto, gli alzò le
gambe e chinandosi ben più sotto la sua erezione, immerse il viso in
lui cominciando a prepararlo stimolandogli l’apertura dapprima con la
lingua e poi con le dita, in modo che facendogli salire il piacere poi
la penetrazione fosse meno traumatica e comunque una naturale
conseguenza.
Per
Jun quella parte fu la migliore e tenendosi le gambe contro il petto,
alte e larghe per concedergli un accesso perfetto, temette che i tuoni
non coprissero abbastanza la sua voce. Non aveva mai provato niente di
simile, essere consapevoli delle proprie pulsioni sessuali era un
conto, viverle era decisamente un altro.
Forse
voleva solo togliersi uno sfizio oppure Genzo era impazzito, comunque
contava che lo stesse facendo ed anche se sarebbe stata solo una
parentesi fra loro e basta, andava più che bene anche così. Era
abituato a prendersi tutto quello che poteva.
Quando
arrivò al punto di non capire assolutamente quante dita avesse dentro e
quanto forte stesse gemendo e chiamandolo, Genzo capì che era pronto e
alzandosi gli si sistemò sopra in modo da schiacciargli le gambe
piegate fra i loro due corpi, uno un po’ più possente dell’altro ma
comunque atletici e piacevoli.
-
Sei pronto? - Chiese in un barlume di riguardo che, questa volta, ci
stava; Jun annuì con una leggera carezza sul suo viso sudato e questo
diede un’altra scossa a Genzo che, tornando a pensare al discorso delle
cariche positive e negative, scivolò in lui cercando di fare con
delicatezza. Fu una delicatezza relativa perché per lui lo era davvero
ma per Jun fu atroce comunque.
La
sua prima volta non era comunque mai riuscito ad immaginarla in termini
davvero realistici, però dopo un primo momento di shock e
scollegamento, sentì Genzo mettergli una mano sul capo, fra i capelli,
e scompigliandoglieli con un che di grossolano lo fece tornare il
necessario per permettergli di riprendere.
Rilassato
quel tanto che gli bastava, cominciò a muoversi in modo da farsi strada
sempre più in profondità e con più facilità e quando si sentì più
fluido di prima, aumentò il ritmo facendosi trasportare dal vento che
batteva contro le finestre, dai fulmini che regnavano nel cielo esterno
e da quell’atmosfera di potenza naturale che ormai non li avrebbe più
lasciati indifferenti.
Solo
quando la carica negativa di uno raggiunse intimamente e veramente
quella positiva dell’altro, si poté creare la scarica elettrica. A quel
punto, in mezzo al caos ed al dolore, Jun riuscì a trovare anche quel
piacere, seppure lontano e confuso, portato dall’atto che stavano
consumando.
Allora
il fulmine da Genzo si scaricò in Jun in una fusione oltre che di corpi
anche di voci ed essenza, con le memorie precedenti cancellate, i
ragionamenti interrotti e la sola voglia di andare avanti fino in
fondo, fino a morirne se necessario, ma farlo comunque e basta.
L’orgasmo
fu retto decisamente bene da entrambi e fu molto intenso, sicuramente
indimenticabile, forse ingiusto, forse sì, in ogni caso vissuto fino in
fondo.
Dopo
non ne parlarono, non si chiarirono, non si spiegarono, però
cominciarono a comunicare al di fuori di quel momento, al di fuori di
quel ritiro, al di fuori delle loro vite solite.
Cominciarono
ad avere un rapporto a dispetto di quello che era sempre stato prima.
Genzo
e Karl tornarono insieme, Jun si avvicinò a Kojiro e, dopo molte lotte
non poco difficili, riuscì ad avere una relazione con lui.
Anzi.
Ad
avere LA relazione.
FINE