CAPITOLO III:
SCOPERTE IN
MENSA
/Furious
- Ja Rule feat. Vita/
Kojiro si rese conto di
essere libero il giorno successivo all inizio delle lezioni al Toho.
Lo scoprì concretamente quando per la stanchezza accumulata e la
tensione sciolta non sentì la sveglia e rimase addormentato; non gli
era mai capitato e se per caso succedeva di far tardi a qualcosa, poi
riceveva punizioni sonore dai genitori adottivi. Quella volta nessuno
lo picchiò per essere arrivato alla fine delle colazioni in mensa, così
come nessuno lo chiuse in una cantina coi ratti per essere entrato dopo
gli altri in classe. Fu allora, quando non ricevette nemmeno un
ammonimento verbale, che il giovane quattordicenne che andava per i
quindici, capì che ormai era libero di fare tutto quel che voleva senza
l'alito gelido della paura ben impregnata addosso.
Fu per questo che divenne ancor più incontrollabile.
Quando un compagno di classe osò riprenderlo per un atteggiamento
discutibile, dicendo che non poteva farlo, lui rispose aggressivo
prendendolo per il colletto della maglia e, scuotendolo violento, disse
che faceva quel diavolo che gli pareva, poiché non era più schiavo di
nessuno. In pochi udirono quella frase che non ripeté più per una serie
di motivi fra i quali la propria vergogna nel far sapere che era stato
praticamente schiavizzato dalla sua famiglia precedente. Se non avesse
avuto quel carattere forte, ribelle ed aggressivo la sua mente non ce
l'avrebbe mai fatta ed anche se ora sembrava un grande difetto quel
suo essere maleducato e antipatico, in realtà era un grande pregio
visto che era sopravvissuto grazie ad esso.
Quei pochi, comunque, cominciarono a guardarlo con timore e rispetto al
contempo. Uno che passa certe cose e che le vince, sicuramente non è
pane per i denti di nessuno!
Quel giorno, in mensa, ebbe il primo contrasto serio.
Accompagnato dagli unici tre ragazzi che osavano stargli vicino, Ken,
Takeshi e Hikaru, si diresse a prendere posto in uno dei tavoli liberi.
Camminava guardando dritto, evitando con cura ogni altro essere
vivente, lo sguardo truce di natura e l'aria di chi non aveva sfogato
la rabbia ancora per nulla. Che l'avesse notato o meno non fu chiaro,
però certo era che anche l'altro camminava senza calcolare il mondo
circostante. Lo scontro fisico non fu grave, non rovesciarono i vassoi
l'uno addosso all'altro né fecero cadere i piatti. Caddero solo le
bottigliette d'acqua che comunque erano chiuse, ma questo bastò visto
che probabilmente di malumore entrambi per un motivo diverso, non
avevano atteso altro di poter scaricare un po di bassi istinti.
- EHI, IDIOTA, GUARDA DOVE VAI! - Ringhiarono insieme guardandosi male.
Nel giro di un istante l'attenzione di tutti fu puntata su loro due.
Kojiro e Genzo si affrontavano pubblicamente davanti a tutta la scuola
riunita a pranzo. Il nuovo arrivato contro uno dei più popolari, i due
attaccabrighe per eccellenza al momento.
- MA VAFFANCULO! - Anche il secondo complimento arrivò in concomitanza
da entrambi, i loro sguardi furenti divennero sempre più accesi di
odio, come se istintivamente sapessero sin dall'inizio che non
avrebbero mai potuto andare d accordo. Quella fu l'ultima cosa che si
dissero, poi insieme spinsero il vassoio distrattamente nelle mani dei
compagni accanto e con un primo spintone vicendevole, iniziarono a
strattonarsi con l'intento di buttarsi a terra. Siccome entrambi
avevano un'ottima resistenza nonché forza fisica, capirono che si
sarebbe giocato tutto sui riflessi e senza nemmeno guardarsi negli
occhi scuri simili a quelli dei felini, il primo a tentare con un pugno
fu Kojiro. Rimase quasi inebetito nel guardare quel damerino del cavolo
schivare il suo colpo diretto e veloce e ricambiare con una prontezza e
decisione che non aveva mai visto a nessuno, e lui a botte ne aveva
fatte!
Non perse comunque tempo con le sorprese ed ignorando il dolore,
indietreggiato solo di un passo, si riprese e caricò furioso un altro
pugno ancora in pieno viso. Questa volta lo colpì anche se non proprio
dove aveva mirato, l'aveva quasi schivato di nuovo!
Kojiro aveva trovato pane per i suoi denti e stordito non capì cosa
fosse quello strano senso di gioia interiore. Per la prima volta
facendo a pugni con qualcuno si sentiva contento. Non gli seccava
riceverne tanti quanti ne dava, non gli importava vedere che l'altro
fosse in gamba e all'altezza della situazione, non gli importava nulla
se poteva fare una sana rissa senza scrupoli, senza doversi trattenere,
senza pensare alle conseguenze, senza rischiare di mandare l'altro
nell'aldilà. Poteva sfogarsi a pieno dando il suo massimo e comunque
confrontarsi ad armi pari, fu davvero la prima volta che se lo disse,
non era male. Del resto non gli era mai capitato. O era sempre stato il
migliore in assoluto o il peggiore. Di norma l'unico contro cui aveva
perso di continuo era stato solo il patrigno, un gran pezzo di merda
per i suoi gusti. Contro gli altri, gente che incontrava nelle sue rare
uscite, non aveva trovato soddisfazione perché non erano mai riusciti a
stargli dietro.
Ben presto furono circondati dal resto degli studenti entusiasti dello
spettacolo nonché profondamente stupiti di trovare qualcuno che teneva
coraggiosamente testa a Genzo, li incitavano, battevano le mani e li
guardavano assetati di novità e divertimento. Qualcosa di comunque
alquanto macabro!
L unico che si era scostato dal gruppo era stato proprio Karl,
l'amico straniero dai capelli biondi e gli occhi azzurri di Genzo che
aveva ricevuto il suo vassoio col pranzo. Senza dire nulla, nemmeno
guardarlo con disapprovazione, si era limitato a sedersi ad uno dei
tavoli vuoti e ad iniziare a mangiare con la più totale tranquillità.
Non era il baby sitter di Genzo, del resto!
- Ken, fermalo o lo ridurrà in poltiglia! - Stava dicendo Sawada
allarmato tirando per la manica lil compagno che guardava la scena con
un certo interesse come gli altri, ma senza la minima intenzione di
intervenire.
- Chi ridurrà in poltiglia chi? - Chiese con ironia senza distogliere
lo sguardo attento che sembrava esperto nel settore dei corpo a corpo.
- Come? - Sawada però non capiva.
- Takeshi, non vedi che se la cavano benissimo entrambi? Chi riesce a
fermarli? - Eppure non sembrava per nulla preoccupato.
Il piccoletto allora lo fissò strabiliato:
- Ma tu hai fatto karate, potresti fermarli in un attimo! - Era vero,
ma c'era anche da dire che per farlo ci voleva la volontà e Ken al
momento, per quanto valido fosse, non aveva la minima voglia di alzare
un dito e prendersi probabilmente un pugno in faccia.
- Vero, ma si stanno divertendo! - Di chi parlasse non era ben chiaro,
ma in effetti si stavano divertendo tutti, a parte Karl che nemmeno
assisteva e Sawada che sembrava un anima in pena.
Anche Kojiro che Genzo sembravano animati più che da un fuoco di odio o
rabbia come all inizio, da quello dell'interesse. I primi a cui
piaceva picchiarsi a quel modo erano proprio loro due!
No, nessuno sarebbe intervenuto.
Nessuno ad eccezione di uno che invece in mezzo ci si mise.
Uno che non fu nemmeno sfiorato, funse da calmante, come se avesse
staccato loro la spina.
Pietrificati in pose d'attacco, i due animali feroci non mossero più
nemmeno un muscolo guardando il ragazzo che si era messo in mezzo con
una tale tranquillità da farlo sembrare irreale.
Lui, elegante, aggraziato, dritto, le mani ai fianchi, la testa alta,
lo sguardo fisso e superiore, quasi di sfida. I suoi occhi castano
caldo sembravano dire 'colpiscimi se ne hai il coraggio' ed erano
fissi proprio in Genzo, colui che era famoso per non aver paura di
nessuno e per accettare tutte le sfide del mondo.
Quel ragazzo non disse nulla, ma rimase immobile fra Genzo e Kojiro con
uno strano sorriso enigmatico, senza battere ciglio, fra due pugni che
lo sfioravano pronti a colpirlo.
Il primo ad abbassare il braccio fu il più grande che incupendosi
divenne tenebroso in un batter d occhio.
- Cazzo, Jun, è pericoloso! Potevamo colpirti! - Grugnì seccato mentre
si sistemava i vestiti, si ravvivava i capelli mossi e si puliva il
rivoletto di sangue all'angolo della bocca. Anche se non l'avesse
chiamato per nome, Kojiro l'avrebbe riconosciuto lo stesso nonostante
lo vedesse da dietro. Inconfondibili capelli ordinati e posa
aristocratica.
Sgranando gli occhi incredulo per il suo arrivo e per la scena in sé,
capì di avere davanti il ragazzo del pulmino, Jun Misugi.
Abbassando il pugno e lasciando perdere il sangue che gli usciva dal
sopracciglio, mormorò senza rendersene conto:
- ...tu?! - Fu allora che lo vide spostarsi con un movimento fluido,
apparve quasi come un passo di danza. Si voltò e allargando le braccia
verso entrambi, dopo averli accarezzati col suo sguardo adulto e
indecifrabile ma quasi saccente, disse estremamente calmo e pacato:
- Genzo Wakabayashi ti presento Kojiro Hyuga, Kojiro Hyuga ti presento
Genzo Wakabayashi. Immagino non avrete fatto una vera e propria
conoscenza. Penso che con un po di buona volontà possiate diventare
amici. -
- Amici? Puah! - Si lamentò scettico Genzo. - Non mi interessa un cazzo
chi diavolo è lui! Non mi deve rompere i coglioni! - Detto ciò si fece
largo fra la folla cercando Karl che trovò al tavolo a mangiare da solo
indifferente a tutto. Gli lanciò un'occhiata di fuoco e senza
aggiungere nulla uscì dalla mensa con le mani nelle tasche ed una
camminata seccata.
Una cosa Kojiro capì al volo a quel punto: quel Jun Misugi era davvero
qualcuno di importante per aver sedato con la sua sola presenza una
rissa di quel calibro e nella fattispecie, era uno di cui quel Genzo
strafottente aveva rispetto e anche qualcos altro. Come...
"Soggezione? Paura di
colpirlo? Possibile? Uno così che fa di chiunque ciò che vuole, da
quanto mi hanno raccontato, ha paura di colpire quel Jun?"
A quel punto sorse spontanea la domanda successiva: "Chi diavolo è, allora?"
Una domanda che presto avrebbe trovato risposta con suo grande
sgomento.
- Vorrei indirizzarti verso un corso di lotta libera. Qua se ne
svolgono molti di ogni tipologia, da quelli sportivi, a quelli
artistici, a quelli corporei. Notando il bisogno di sfogo fisico, credo
che fra quelli di lotta troverai ciò che ti aggrada. In segreteria
troverai tutte le informazioni ed eventualmente potrai iscriverti. Se
continui su questa linea passerai dei seri guai, il regolamento non
permette questo genere di comportamento violento. - Lo disse con la sua
solita diplomatica gentilezza, sorridendo pacato e con quell'aria da
principe spiazzandolo ulteriormente mentre si perdeva fra le sue
parole, i suoi modi, il suo linguaggio ed ogni altro dettaglio. Le
domande che continuavano a nascergli non avevano fine.
- Chi diavolo sei tu? Potevi dirmi che stavi anche tu qua! E che cazzo,
potevi anche aspettarmi ed entrare con me visto che ti piace tanto fare
il buon samaritano! - Sbottò sgarbato sul piede di guerra avvicinandosi
e sovrastandolo di qualche centimetro in statura. - E poi anche quello
stronzo ha fatto la sua parte, perché dici queste cazzate del
regolamento solo a me? -
Jun non parve turbarsi:
- Lui le conosce già ma probabilmente pensa di essere superiore a tutte
le norme vigenti in questo loco. - Kojiro fece una smorfia per la
fatica a capire quelle parole così elaborate e poco da quattordicenne.
- Come diavolo parli? - Disse infatti spontaneo. Jun sorrise ma non
rispose. Non rispose né a questo né all'interrogazione di prima, si
limitò a fargli un cenno di saluto e ad uscire anch'egli dalla mensa,
fra gli occhi sbigottiti e ammirati di tutti i presenti, che non erano
pochi. Karl se n era già andato. Appurato che lo spettacolo ormai era
concluso, anche gli altri studenti smisero di assistere e si
dileguarono. Rimasero solo Hikaru, Ken e Takeshi che avvicinati gli
diedero delle pacche (due di complimenti, uno di preoccupazione).
- Che coraggio! - Dissero ammirati, il moro non li ascoltava.
- Perché non l'ha colpito? Aveva dei riguardi verso di lui, era
chiaro... chi diavolo è quel Misugi? - Era così misterioso, strano,
diverso da tutti, qualcosa non gli tornava, ma cosa?
- Sono fratelli! - A questa risposta l'altro per poco non si strozzò
con la saliva, fissò Hikaru come avesse bestemmiato e questi senza
bisogno di farlo parlare capì cosa intendeva: - Sì, non si somigliano
per niente né fisicamente né caratterialmente... forse solo nei modi da
ricchi, si somigliano! -
- Ma non hanno lo stesso cognome! E poi perché stanno qua? - Di norma
non era un tipo curioso ma con loro, non sapeva proprio come mai, non
riusciva a farne a meno e non era comunque abituato a riflettere.
- E' una storia un po complicata... - Iniziò Sawada con pazienza
dirigendosi al tavolo per iniziare il loro sacrosanto pranzo. Una volta
che furono tutti seduti, iniziò con loquacità e disponibilità a
spiegare: - Hanno la stessa madre, ma i padri sono diversi. Il padre di
Jun è morto quando lui non era ancora nato, lei poco dopo si è
risposata con Mikami Wakabayashi che aveva Genzo, un bambino di tre
anni più grande. Lei e il signor Wakabayashi, che da tutti si fa
chiamare Mikami per essere meno distante dagli alunni, erano stati
amanti e da quella relazione clandestina era nato Genzo che però era
rimasto col padre per insabbiare tutto. Si dice che al marito lei
avesse fatto credere di aver perso il figlio, pur di mantenere la
facciata di brava persona fedele. Ad ogni modo le circostanze in cui il
padre di Jun, il signor Misugi, morì, sono misteriose. C è chi ci
fantastica sopra dicendo che è stato Mikami per riprendersi l'amata,
chi che sia stata proprio lei per vivere con la persona che amava
davvero... mah, chi lo sa. Comunque poi è morta anche lei in un brutto
incidente e Jun è rimasto con Mikami e Genzo. Sono cresciuti insieme
come fossero fratelli dello stesso padre, oltre che della stessa madre,
ed anche se hanno cognomi diversi si sentono consanguinei al cento per
cento e non solo al cinquanta. Siccome Mikami ha questo istituto da un
sacco di tempo, una volta rimasto vedovo si è buttato nel lavoro anima
e corpo preferendo vivere qua durante l'anno accademico, per essere
più vicino ai suoi studenti. I figli pare non abbiano avuto scelta che
seguirlo, però è un buon posto tutto sommato e loro possono anche non
seguire le regole del Toho visto che non sono qua di loro volontà e che
sono i figli del direttore! - Più che una storia reale sembrava una
soap opera americana!
Kojiro si grattò il capo assimilando le informazioni, capendo che
nonostante tutto non avevano avuto una vita facilissima, specie quel
Jun. Certo nulla di paragonabile alla propria!
Poi gli tornò in mente il momento in cui Jun si era messo in mezzo e
Genzo gli aveva detto che era stato pericoloso. Fu allora che quel
qualcosa che ancora non gli tornava uscì prima che potesse rendersene
conto, come se fosse estremamente importante per lui sapere tutto
quello che c era da sapere su quel giovane misterioso con una specie
di maschera sempre piantata in faccia. Cosa nascondeva?
- Sono fratelli, io avrei colpito mio fratello se si fosse intromesso
in una mia rissa! - Sbottò infatti.
- Fortuna che non ne hai! - Scherzò ironico Hikaru mentre Ken stesso
ridacchiava all'uscita; Kojiro non lo calcolò, fissava intensamente e
caparbio Takeshi costringendolo a rispondergli e finalmente lo fece:
- Jun soffre di cuore da quando è nato, la malattia cardiaca si è
manifestata con un attacco quando sua madre è morta. Nessuno lo
colpirebbe, specie suo fratello! - La sensazione che Kojiro provò, fu
quella di essere stato pietrificato e non ne capì assolutamente il
motivo.