CAPITOLO
IX:
GUAI
PER I CORRIDOI
/
Lullaby - Editors /
Uscito
dal bagno per infilarsi a letto e andare a dormire, Kojiro si trovò ad
assistere ad un alquanto imbarazzante scenetta romantica che per poco
non gli fece venire il diabete.
Ci
era andato con una sorta di disperazione poiché i suoi due compagni di
stanza stavano ancora litigando e ne era uscito più disperato di prima
poiché stavano facendo pace.
Una
pace molto sdolcinata, a suon di baci e chiare intenzioni di andare
oltre.
Non
l’avrebbero certamente fatto davanti a lui, ma non volendo metterli
alla prova, senza pensarci un attimo, prese e si defilò fuori dalla
stanza così com’era, in versione notturna, ovvero con dei pantaloncini
corti neri ed una canottiera bianca intima.
Una
volta in corridoio si guardò intorno, era notte anche se non tarda, non
c’era anima viva in giro ed il silenzio regnava.
Cosa
fare, ora?
Andò
davanti alla camera accanto e bussò nella speranza che Hikaru non
dormisse. I suoi due compagni, tali Tsubasa Ozora e Taro Misaki, non
gli andavano molto a genio, si trattava di due che probabilmente, tanto
per cambiare, stavano insieme e spesso anche il suo amico aveva lo
stesso problema di fare il terzo incomodo, così era capitato che i due
andassero in piena notte a fare una passeggiata per la scuola a cercare
qualche guaio in cui cacciarsi.
Ne
avevano fatti un paio, ma nulla di serio.
Quando
non rispose nessuno pensò che probabilmente dormiva: quando era nel
mondo dei sogni nemmeno le cannonate lo svegliavano!
Sbuffò
non avendo idea di che ora fosse, si grattò il capo girandosi e
guardando il corridoio deserto si chiese seccato che diavolo potesse
fare e quanto tempo Ken e Takeshi ci avrebbero messo per fare le loro
porcate.
“Potrei andare ad esplorare le
cantine… “ Quella era stata una delle incursioni notturne
che aveva fatto con Hikaru, si era divertito a vedere tutte le cose che
avevano sequestrato agli studenti e che per regolamento non potevano
starci. Si erano sorpresi a ritrovarsi in mano oggetti sessuali di
molti generi. Quelli più normali erano stati i vibratori e scatole di
preservativi a mille gusti, però poi c’erano stati anche cose come
frustini e manette.
Possibile
mai che la gente si facesse beccare dagli assistenti con quelle cose?
Non
aveva mai riso tanto.
In
quell’occasione Kojiro se ne era candidamente uscito con: ‘bè, anche
senza frusta si può fare lo stesso con la cintura!’. Hikaru lo aveva
guardato strano, come avesse intuito che si trattasse di esperienza
personale, ma non aveva detto nulla e l’altro era stato attento a non
fare più accenni simili.
Scese
le scale diretto ai sotterranei e giunto al piano terra si fermò
sentendo dei rumori di passi strascicati.
Si
nascose istintivamente nella rampa superiore in cui si trovava,
accucciandosi, quindi si sporse per vedere chi fosse e quando lo mise a
fuoco nella poca luce che c’era, rimase interdetto credendo di avere le
visioni.
Ad
esibirsi in buffi passi di un qualcosa che non poteva certo definirsi
danza, c’era niente meno che un Genzo irriconoscibile entrato dalla
porta d’ingresso come niente fosse.
Guardò
l’orologio appeso sopra il banco di accoglienza e vide che era
mezzanotte, il coprifuoco era passato da un pezzo ma poi si ricordò che
lui era il figlio del direttore e che sicuramente poteva rientrare
quando voleva.
Tornò
a guardarlo e notò che aveva una bottiglia di qualche alcolico in mano
e da come si muoveva pesante, goffo e barcollante, capì che doveva
essere ubriaco fradicio.
“E
adesso che diavolo dovrei fare? Quello è uno stronzo, se mi becca in
giro a quest’ora potrebbe anche dirlo al suo paparino e farmi dare
un’altra punizione… ma se lo lascio così sveglierà tutta la scuola e mi
beccheranno in giro lo stesso!”
Ci
pensò un po’, poi nonostante gli pesasse non poco ammise che l’unica
cosa logica sarebbe stato afferrarlo, tappargli la bocca e portarlo di
peso da suo fratello.
Jun
Misugi.
Vederlo
di notte sarebbe stato di nuovo sconvolgente, forse, ma non poteva
negare che anche se non era convinto, dall’altra era contento di avere
una scusa per irrompere in camera sua.
Sospirando
si alzò e scese le scale rivelandosi.
Quando
Genzo lo vide per poco non gridò il suo nome ai quattro venti: Kojiro
fu un fulmine ad arrivare per primo alla sua bocca e a impedirgli di
farlo, quindi tappandogliela deciso gli afferrò il braccio e iniziò a
trascinarlo con forza verso il primo piano.
Sapeva
perfettamente dove stava Jun.
Genzo
provò debolmente a divincolarsi, ma senza successo visto che non aveva
forze fra l’allenamento estenuante di quel pomeriggio e l’alcool che
circolava a litri nel suo corpo.
Mugolò
mentre lo trascinava, quindi affaticato per dover usare una sola mano
per reggerlo visto che l’altra doveva chiudergli la ciabatta che aveva
al posto della bocca, disse guardingo:
-
Se non emetti nemmeno una stupidissima sillaba, ti tolgo la mano, ma se
urli, parli, fai casino o mi aliti in faccia ti tolgo da questo mondo
staccandoti la testa a morsi! - Una minaccia efficace e simpatica che
fece la sua figura.
Genzo
lo guardò con un velo annebbiato davanti agli occhi oscuri, gli parve
di essere fra le braccia di una tigre feroce quindi decise di non
ribattere e annuì come un cucciolo innocente.
Liberatagli
la bocca, la prima cosa che sentì fu la puzza di alcool e si accorse
che stringeva ancora la bottiglia di vodka bianca mezza vuota solo
quando continuò a scolarsela.
-
Pezzo d’idiota! Smettila o chi ti regge più? - Effettivamente era quasi
a peso morto fra le sue braccia, non era molto leggero.
Con
una certa fatica pregò di arrivare presto nella camera di Jun, prima di
uccidere Genzo, ma proprio mentre lo faceva sentì le sue mani infilarsi
sotto i suoi pantaloncini e i boxer, giungendo direttamente al
fondoschiena sodo, modellato anche dagli allenamenti severi a cui si
sottoponeva a boxe.
-
Mmm… è migliorato da quella sera… - Biascicò con un tono non molto
basso. C’era del comico in quella situazione, specie nell’espressione
di pietra di Kojiro.
Normalmente
non gli sarebbe dispiaciuto essere preda del lato maniaco del bel
tenebroso stronzo, dopo tutto aveva un corpo da favola e ci sapeva fare
con quelli degli altri, ma lì era decisamente tutt’altra cosa.
-
Non sono un baby sitter, chi cazzo me lo fa fare di trascinare questo
imbecille per i corridoi? Dovrei piazzarlo davanti alla porta di suo
padre, cazzo! - Borbottò fra sé e sé mentre l’altro continuava ad
esplorarlo cercando di infilarsi con le dita più in profondità.
Camminare
in quelle condizioni non era facile ma ringraziò il Cielo quando
raggiunse la camera di Jun e bussando pregò di essere sentito.
Quando
la bocca libera e puzzolente di vodka di Genzo si chiuse sul collo
sotto sforzo di Kojiro che cercava di reggerlo e al contempo di non
urlare, e in contemporanea anche l’altra mano del suddetto, quella non
impegnata col suo didietro, si infilava nei pantaloni per avanti a
raggiungere le sensibili parti basse del giovane, la porta si aprì
rivelando uno che pareva più un fantasma che altro.
A
Kojiro prese provvisoriamente un colpo pensando di avere effettivamente
davanti un morto, mentre a Jun venne un principio d’infarto a trovarsi
due ragazzi che pomiciavano in maniera spinta davanti alla sua porta -e
che l’avevano addirittura chiamato per assistere alle loro maialate!-
-
Ma che… - Mormorò non capendo, poi Kojiro implorò spontaneo senza
pensarci, dimenticandosi che quello che aveva ad un metro era Jun, JUN,
e non uno qualunque:
-
Ti prego, aiutami… - Fu allora che li riconobbe e interdetto si riprese
senza comunque capire che succedesse.
Guardò
calmo l’ora:
-
Ma è mezzanotte passata… -
-
Me ne sono accorto! Prendilo, è tuo fratello! - Sbottò brusco
muovendosi per entrare anche se non era ancora stato invitato a farlo.
-
Me ne sono accorto… - Rispose alla stessa maniera ironico, quindi lo
prese per le spalle da dietro e lo tirò verso di sé.
Genzo
a quello si sciolse da Kojiro e come se col solo tocco delle sue mani
delicate capisse che si trattava di suo fratello, si girò aggrappandosi
a peso morto al suo collo non molto forte.
Jun
si piegò non aspettandosi tutto il suo dolce peso e non cadde solo
grazie a Kojiro che prontamente lo afferrò raddrizzandolo con forza.
-
A-aiutami… - Gli disse a fatica.
Fu
un contatto breve e scomodo che però gli diede mille scariche
elettriche e gli fece brutalmente rendere conto in che cosa si stava
ficcando!
Imprecò
volgarmente e Jun credette lo facesse per Genzo. Uno per braccio, lo
trascinarono dentro nel letto del fratello che aveva una bella camera
tutta per sé.
Tirarono
un sospiro di sollievo una volta che si furono liberati di lui e il
proprietario della stanza una volta di nuovo in possesso di sé stesso,
chiuse la porta con un Kojiro dentro che sgranava gli occhi scuri,
fissandolo come se fosse impazzito.
Rimasero
entrambi in piedi a guardarsi in imbarazzo ed in silenzio, per lo meno
il moro pensò che anche Jun lo fosse quanto lui ma a vederlo uno non
poteva esserne sicuro visto che non faceva mezza piega.
-
Ehm… ti va di spiegarmi? -
Gli
chiese titubante. Il ragazzo chiamato in causa si scosse e spostò
l’attenzione su un Genzo ancora sveglio che cercava di scolarsi il
resto della bottiglia, quando Jun se ne accorse si fiondò a
strappargliela di mano, quindi una volta che l’ebbe consegnata
all’altro in piedi dietro di lui si sentì afferrare dal fratello che lo
tirò giù nel letto. In un attimo si ritrovò steso con l’esperto boxista
ubriaco che lo abbracciava con braccia e gambe, proprio come un koala.
-
G-Genzo, che hai? - Certo non si riferiva all’evidente fatto che fosse
completamente bevuto, ma al motivo.
Teneva
il viso nascosto sul suo petto avvolto dalla maglia sottile, morbida e
liscia di colore nero che Kojiro gli aveva visto addosso quella sera.
“Ma
in che situazione di merda mi sono cacciato?”
Pensò
rendendosi conto che quello stupido poteva anche sbandierare ai quattro
venti che avevano avuto un’avventura sessuale negli spogliatoi.
-
Scusami… - Biascicò allora sulla sua maglia, Jun gli mise una mano
sulla fronte e lo staccò dal suo petto per guardarlo in viso e
ascoltarlo. Era stralunato.
-
Cosa? -
Chiese
dolcemente mentre lo circondava fraterno a sua volta, carezzandolo
appoggiato di lato sul gomito.
Gli
scostava le ciocche nere sudate dalla fronte, gli asciugava le
goccioline che cadevano furtive sul viso incupito, sembrava quello di
un bambino imbronciato.
Kojiro
rimase colpito da quell’atteggiamento e da quella scena, erano fratelli
solo da parte di madre ma lo sembravano anche da parte di padre. Non li
aveva mai visti particolarmente legati eppure lì erano un tutt’uno e
non solo… erano davvero belli, nonostante uno fosse ubriaco e l’altro
sembrasse un fantasma.
Era
quella una famiglia?
Se
lo chiese shockato mentre immobile in piedi davanti a loro li fissava
sbalordito.
-
Scusa… per averti trascurato per quel pezzo di merda… non te lo
meritavi… tu mi sei sempre stato vicino, mi hai coperto con papà in
tutte le mie cazzate. Nell’unica cosa a cui tenevi, io ti ho voltato le
spalle. So che la mamma voleva che la ricordassimo con te che suonavi
la sua canzone ed io che ti ascoltavo, ma quella notte ho preferito
cercare di entrare nelle gambe di Karl, senza poi riuscirci. Ti ho
deluso. E anche dopo, ho preferito cercare di far ingelosire il
gelatino con quella tigre del cazzo piuttosto che ascoltarti. Tu mi hai
sempre dato buoni consigli, mi hai sempre ascoltato, mi hai sempre
detto di non fare il coglione, ma io ho sempre fatto di testa mia ed
ora mi vergognavo a venire di nuovo da te a chiederti ancora aiuto, a
dirti che non sapevo come venirne fuori, dove sbattere la testa, come
dimenticarlo. Però eccomi qua e non so andarmene perché ho ancora
bisogno di te, anche se so che non ti merito e che sono uno stronzo
egoista. Non ti sono mai stato vicino anche se tu c’eri e ci sei
ancora. Sono un peso per te. Ma io ti voglio bene. Sei la mia parte
pulita. Non lasciarmi mai perdere. Potrai mai perdonarmi? -
Il
lungo monologo confuso e biascicato penetrò Kojiro come un pugno allo
stomaco mentre Jun si limitò a sorridere dolcemente. Non l’aveva mai
visto così comprensivo, protettivo, così… fratello…
Più
lo conosceva, più gli piaceva e più questo accadeva, più si sentiva
male.
Lui
stava con un’altra, non lo ricambiava.
Ma
non poteva proprio staccargli gli occhi di dosso o evitare di
ascoltarli.
Erano
belli in un certo senso.
Ricordava
quando suo padre adottivo tornava ubriaco e picchiava tutti. Non
chiedeva mica scusa per le sue mancanze e la moglie non l’accarezzava
dolcemente, ma gli gridava dietro.
Invidiava
questi due.
-
Non devi scusarti, fra fratelli non serve. Lo so che ne sei innamorato
e che non è facile accettare di non essere ricambiati, so anche che
prima di arrendersi le si prova tutte. Mi piaci per questo, perché non
sai darti per vinto mai. So che ci sarai sempre e la mamma è più
contenta quando vede che vieni ogni volta da me a chiedere aiuto,
piuttosto che quando l’accontenti nei suoi desideri del passato. Stai
tranquillo, dormi e vedrai che supererai anche questo. Ti aiuterò io. -
Quelle
parole dolci e calde funsero da ninna nanna e cullarono Genzo verso un
tormentato e doloroso sonno.
Quando
fu addormentato, Jun scivolò giù dal letto silenzioso e sospirando
rimase ad osservarlo un po’ dispiaciuto immaginando cosa dovesse essere
successo, dopo si sistemò con le mani i capelli e il pigiama leggero
che indossava e si girò ritrovandosi davanti un Kojiro più cupo che mai
di cui si era totalmente dimenticato la presenza!
Saltò
per la sorpresa, quindi si ricompose e sorprendendo tutti, sé stesso
per primo, lo invitò a sedersi e a spiegargli tutto.
Per
un momento il giovane dai capelli neri e selvaggi pensò che intendesse
di quel che provava, solo in un secondo momento si ricordò che Genzo
gli aveva, come temeva, spiattellato di aver ‘fatto ingelosire il
gelatino con quella tigre del cazzo’.
Ingoiò
il macigno che gli si era formato in gola e diventando di mille colori
che concludevano col rosso intenso, si rese conto di essere in una gran
brutta situazione.
Specie
perché al posto di parlare di cose imbarazzanti, avrebbe voluto
saltargli addosso!