15. SEMPLICEMENTE POTEVA FIDARSI
"Fai attenzione a ciò che desideri,
e un giorno arverrà,
come il giorno in cui ti ho visto e il mio passato non c'era più."
/Ruu Campbell - The Call/
Lag andò in missione a cercare
tracce su Gauche Suede, accompagnato da Connor. Per strada, parlando
con lui, lo ringraziò d’averlo accompagnato perché così si sentiva più
sicuro, ma non poté fare a meno di pensare anche a Zazie, infatti disse
che sarebbe stato meglio avere anche lui.
Non era tanto una questione di
sicurezza personale, quanto che, semplicemente, gli piaceva stare con
lui tutte le volte che poteva.
Ed anzi ogni volta che sapeva qualcosa su di lui, la curiosità saliva, il cuore batteva fortissimo.
Fu così che approfittò e senza
usare alcuna astuzia o malizia, chiese a Connor di lui il quale fu ben
lieto di parlare del suo amico e della sua particolare capacità di
battere i gaichu e il suo poco rendimento nel consegnare le lettere.
- I genitori di Zazie vennero
attaccati da un gaichu quando lui era piccolo e persero la vita. Dice
che è diventato Bee per vendicarsi dei gaichu. Perciò a volte sembra
che la sua priorità sia uccidere gaichu e non consegnare la posta. -
Quel discorso sconvolse Lag in qualche modo.
Lo sconvolse nel profondo, turbandolo e macchiando in qualche modo quel sentimento che stava nascendo nel suo cuore.
Come poteva uno forte e gentile
sotto la dura corazza, essere anche così insensibile? I Bee
consegnavano i cuori delle persone, era un lavoro importante. Come
poteva essere più interessato ad uccidere gaichu?
Poi pensò al suo tipo di proiettile, che sparava malevolenza poiché evidentemente carico di odio.
“Lui è vivo grazie all’odio che
prova per quei gaichu. Non posso sapere cosa ha passato, da solo, dopo
aver perso i genitori. E se è qua, se è vivo grazie all’odio per i
gaichu… beh, non posso colpevolizzarlo. Però come… come si può
fregarsene delle lettere? Il cuore è la cosa che conta di più! Zazie
non può essere così!”
Lag ne sarebbe rimasto turbato fino al momento del confronto con lui, fino a quando non l’avrebbe rivisto e avrebbe capito.
- La persona che ha perso tutto il
cuore per colpa del gaichu smette di parlare e di mangiare e alla fine
s’indebolisce e muore. Sono privi di cuore, come delle marionette. Io
non l’ho mai visto di persona ma… - Per lui concluse Lag, realizzando
che davvero non si poteva giudicare qualcuno senza aver vissuto le sue
stesse cose.
- Chissà se Zazie l’ha visto
accadere con i suoi occhi… - La tristezza lo invase pensando a cosa
poteva aver vissuto, con cosa poteva essere cresciuto.
Non poteva immaginare di vedere le persone che amava senza cuore, completamente senza cuore.
Il dolore per Zazie fu grande,
nonostante la delusione nell’apprendere che non gli importava molto
delle lettere, ma solo dei gaichu.
Comprensibile, ma triste nel suo complesso. Enormemente triste.
Arrabbiato col dottore, arrabbiato
col direttore, arrabbiato col vicedirettore, arrabbiato con Gauche
Suede, arrabbiato con Connor e arrabbiato con Lag.
Ma, peggio di tutto, fortemente arrabbiato con sé stesso.
Perché, nonostante fosse contrario
con le false speranze che tutti continuavano a dare a quel ragazzino,
Zazie era andato da Lag e Connor a controllare che stessero bene.
Che Lag stesse bene.
Perché false speranze o meno,
sofferenze inutili o meno, non poteva permettere che quel tipo morisse
per la stupidità di qualcuno e perché amava troppo uno disperso che
probabilmente aveva perso il cuore.
“Perché io so come si sta quando
chi ami perde il cuore. E non so se è il caso del signor Suede, ma per
aver lasciato la sorella ed un lavoro che amava tanto, può essere solo
morto o aver perso il cuore. Ed in entrambi i casi io so come si sta.
Perciò se c’è qualcuno che può aiutare Lag, dopo questo disastro di
missione suicida, quello sono io. Non lo merita nessuno, il mio aiuto.
Però Lag è stato messo in mezzo in un modo crudele da un Bee che prima
l’ha conquistato e poi l’ha abbandonato.
Quel Suede non risponderà mai per
questa ossessione malata di Lag e per tutti i pericoli che gli farà
correre per causa sua. Però non gli permetterò di fare ulteriori danni
a quel ragazzino.”
Se qualcuno gli avesse chiesto il motivo per cui lo faceva, non avrebbe saputo rispondere. Anzi, non avrebbe detto nulla.
Ma il suo arrivo alla città di
consegna-missione-ricerca, fu a dir poco provvidenziale e, come spesso
era successo nel caso di Zazie e Lag, arrivò a salvarlo col suo solito
tempismo eccezionale.
E lo fece con un ghigno orgoglioso di esserci riuscito e fiero di sé stesso.
Lag era ormai salvo, lui era arrivato.
Appena lo vide, gli vennero le lacrime agli occhi.
Zazie era arrivato, sarebbe andato tutto bene.
Il sollievo, la gioia, la sicurezza di farcela.
La gratitudine perché, qualunque
fosse il suo obiettivo principale, comunque di base rimaneva quel bravo
ragazzo che a modo suo l’aiutava nei momenti giusti.
Sempre.
Zazie attaccò i malintenzionati che
stavano facendo del male a Lag e Connor ed in un attimo li annientò con
una precisione, forza e sicurezza ammirevoli.
- Non fate i furbi, voi. Io non
sono caro e buono come i Bee dietro di me. - Disse seccato e minaccioso
puntando la pistola ai due uomini che avevano reso la vita di Lag e
Connor a dir poco complicata.
Calmate momentaneamente le acqua,
Zazie fece il gradasso denigrando i due in difficoltà, per alleggerire
la situazione e non dover fare la parte del bravo ragazzo che arrivava
a salvare gli amici. Cosa che per qualche motivo lo faceva sentire un
debole.
Lag era felice di vederlo, ma si sentiva infastidito dall’essere denigrato da lui.
Tuttavia rimase colpito dagli occhi
concentrati e seri di Zazie quando venne a sapere la storia toccante
della ragazza che stavano aiutando, con cui si erano imbattuti per
quella missione che era di gran lunga degenerata.
La ragazza si chiamava Ann ed aveva perso il padre per colpa di un gaichu.
Lag fissò immediatamente Zazie e lo
vide diventare cupo e serio, mettere da parte le proprie manie di
grandezza e buttarsi in quella missione nuova, come se fosse un ordine
del direttore, come se fosse così importante aiutare quella ragazza,
che non poteva farne a meno.
Lag lo guardò confuso. Dava come sempre mille segnali contrastanti.
Passava dal fare la parte di quello
che non gli importava di niente e nessuno se non dei gaichu, a quello
che invece aveva a cuore tutto e tutti.
Da girare la testa.
Anzi. Da perderla proprio.
Suo malgrado sentì gli ordini del piano di Zazie e si concentrò sui propri doveri, decidendo di chiarire a missione conclusa.
La missione si concluse con un
doloroso combattimento con un gaichu che tirò fuori un po’ di ricordi
di Zazie, il piccolo in attesa del risveglio dei suoi genitori. Un
piccolo che non aveva mai pianto, mai più nemmeno una volta.
Lag in quel momento non era
presente, ma sentì le voci dal tunnel e capì che dovevano essere quelli
di Zazie, capì che doveva essere stato preso dal gaichu, capì che
doveva essere sul punto di non farcela.
Con la paura di perderlo, con la
paura di perdere anche lui, Lag pregò di fare in tempo e arrivò
all’ultimo a salvare lui il principe che solitamente lo salvava in
extremis.
Lag arrivò da sotto, come il piano
di Zazie voleva, colpì il gaichu che aveva avvolto lui, la ragazza Ann
ed altri accorsi ad aiutare. I ricordi esplosero insieme al proiettile
che uccise il gaichu, tutti furono liberati e dalle memorie di una di
quelle persone, poterono vedere Gauche che, anni addietro, dopo aver
salvato le stesse persone uccidendo un gaichu, incontrava un membro di
Reverse, l’organizzazione che puntava a rivoluzionare il governo di
Amberground.
‘Colui che non poteva essere
diventato spirito’, una creatura umana solo per metà, in questi ricordi
fluttuanti nell’aria, aveva proposto a Gauche di far parte della loro
organizzazione perché il governo nascondeva molte verità, fra cui il
motivo per cui Silvet non poteva camminare e quello che l’aveva privato
del ricordo della madre.
Ma in questi ricordi Gauche rifiutò la sua proposta tornando per la sua strada.
Un rifiuto che lasciò dell’amaro
per l’espressione sicura di questo individuo rivoluzionario misterioso
che, chiaramente, non aveva avuto l’aria di arrendersi al suo ‘no’.
Fu lì che in Lag si insinuò l’idea
che fosse stato preso da lui, successivamente. Che Gauche non se ne
fosse andato, ma fosse stato rapito da loro.
Fu lì che, come predetto da Zazie,
la luce di una speranza si accese seriamente in modo che, un giorno,
sarebbe stata anche troppo dolorosa.
Zazie si avvicinò a Lag, dopo aver concluso le ultime cose nella città e tornare al lavoro, prendendolo in parte.
- Stai bene? Sei sicuro? - Chiese
Zazie col broncio e brusco. Lag lo guardò spaesato. - Hai usato troppo
cuore? Quando torni all’Alveare fatti visitare. - Grugnì ancora serio
senza l’ombra di un sorriso, chiaramente impacciato, ma non per questo
dimentico delle cose davvero importanti: la salute di Lag.
Questi rimase perso a guardarlo
preoccupato, così come si era inebetito ad ascoltarlo mentre
rassicurava Ann, la ragazza del posto che avevano aiutato, che d’ora in
poi sarebbe venuto lui a ritirare le lettere dei cittadini.
Ed in un attimo decise che poteva
anche rinunciare a capire quel ragazzo così complicato e difficile,
così contraddittorio e pieno di aspetti spigolosi e spesso proprio
misteriosi.
Non perché non potesse fare luce, ma perché non serviva.
Semplicemente poteva fidarsi.
Lag sorrise dolcemente ed annuì.
- Sto bene. Adesso torniamo a fare rapporto. Tu non vieni? - Zazie si grattò la testa arrossendo.
- Ah, ho ancora molte consegne, vado per conto mio! - Lag ci sarebbe rimasto male prima.
Lì, invece, sorrise ancora di più e gli sfiorò il braccio.
- Grazie per essere venuto, senza
di te non so cosa avremmo fatto. - Zazie a quel calore nel cuore
arrossì e si sentì leggero. Stupido.
Così scosse il capo e imbarazzato salutò e se ne andò.
Lag stava bene, il pericolo era passato. Il resto non contava.
Sebbene quelle cose sapute sul
conto di Suede potevano avere certe ripercussioni che sperava non
avrebbero turbato troppo Lag. Perché, ormai sempre più, era lui quello
che contava.
Lag e Niche stavano tornando
indietro dalla cittadina della missione a piedi, separato da Zazie e
Connor. Stava guardando la lettera che il dottore gli aveva chiesto di
consegnare a ‘Colui che non è diventato spirito’, nella speranza che le
ultime parole che gli aveva detto Gauche prima di non vederlo più, più
di cinque anni prima, avessero un senso o li aiutassero a capire se
questa creatura potesse sapere qualcosa di Gauche.
Non aveva potuto consegnare la
lettera al vero destinatario, ma avevano salvato delle persone
innocenti e scoperto nuovi indizi, per cui era contento. Stava
maturando in lui l’idea che potesse essere stato rapito da Reverse,
quando la sua mano venne presa da qualcuno che fermò il suo cammino.
Niche, in quel momento, si era separata da lui per seguire qualcosa che aveva sentito, una potenziale minaccia.
Lag, in quel momento, in quel posto
buio, davanti a quella persona vestita con lunghi abiti neri ed un
copricapo scuro dello stesso colore, era solo.
Il sangue si gelò quando mise a
fuoco il suo viso. Il suo indimenticabile viso, la cicatrice sotto
l’occhio destro che gli aveva provocato lui nel primo e unico viaggio
insieme, identica a come la ricordava nonostante gli anni passati.
Il ricordo del dolce Gauche che
l’abbracciava affettuoso si sovrappose a quello di questo ragazzo
vestito di nero, con un mantello che lo ricopriva.
I suoi occhi erano bui, spenti, vuoti, privi di una qualunque luce, di un qualunque tipo.
- Gau…che? - Mormorò Lag senza realizzare, senza riflettere, senza capire.
- Per ordine di una data persona,
io prederò la presente lettera indirizzata a ‘colui che non è potuto
diventare spirito’. La prego di collaborare. - Disse freddamente quello
che sembrava Gauche, prendendogli la lettera.
Lag rimase fermo senza parole, senza ancora la capacità di capire e ragionare.
Il giovane, fatto quel che doveva,
si girò e fece per andarsene. Solo a quel punto Lag si riattivò e lo
inseguì chiamandolo a gran voce, dicendogli che era vivo e che era
felice di vederlo, convinto che fosse lui, perché nonostante i vestiti
lunghi e neri, i capelli nascosti e l’aria seria e fredda, il viso era
il suo, la cicatrice anche.
- Sono io! Sono Lag Seeng! Cinque
anni fa mi hai consegnato come lettera! - Per un momento, nella fretta
e nello shock, senza saper cosa pensare, credette che potesse averlo
dimenticato. Non si chiese perché gli prendesse la lettera e se ne
andasse, non aveva nemmeno capito cosa aveva detto.
Perché il suo Gauche non poteva averlo dimenticato.
L’aveva salvato, l’aveva protetto e portato sano e salvo dalla zia, poi l’aveva abbracciato e gli aveva detto che erano amici.
Aveva dato una luce, una speranza, una ragione di vita, qualcosa da inseguire, uno scopo da raggiungere.
Lag era diventato un Letter Bee
solo per poter essere come lui, lui che aveva sempre consegnato le
lettere perché erano i cuori preziosi delle persone, lui che le
consegnava a costo della sua stessa vita, nonostante amasse la
sorellina sola al mondo senza di lui.
Lag non poteva concepire una sola valida spiegazione a quel suo comportamento.
Con le lacrime agli occhi gli
chiese se si ricordava di lui, gli disse che era diventato Bee solo per
emulare lui. A quel punto, Gauche si fermò e si girò, lo guardò vuoto,
freddo, scostante, privo di una qualunque inclinazione.
Il viso magro, sciupato, i capelli
lunghi sotto il cappello nero, il viso mezzo nascosto dalla stoffa
scura del mantello che scendeva lungo il corpo, coprendolo,
svolazzando.
- Questa è la prima volta che la
incontro, piccolo letter Bee. A quanto pare mi ha scambiato per qualcun
altro. E addirittura per un letter Bee. - Era davvero completamente
diverso dal suo Gauche, nei modi, negli sguardi. Però era lui, Lag lo
vedeva, quel segno sul viso, i suoi tratti distintivi, il colore dei
suoi capelli bianchi e dei suoi occhi viola.
- NON È POSSIBILE! - Gridò Lag incapace di accettare che non fosse lui.
- Io sono un marauder, un predone.
Se il mestiere di voi Bee è consegnare, il mio è sottrarre. - Rispose
calmo e gelido, fissando senza inclinazioni.
- Marauder? Allora hai davvero
perso il cuore?! - Per la prima volta cominciò a crederci, a
concepirlo, a lasciare spazio nella propria mente l’idea che fosse
così, che non ci potesse essere altra spiegazione che quella che aveva
sempre rifiutato. Poi gli chiese se si ricordava di Silvet, sua
sorella, testardamente convinto che comunque se era vivo dovesse
esserci qualcosa da fare.
Gauche tornò a voltarsi per andarsene, con un silenzio come risposta.
Ma si fermò, rimase di spalle.
- Io non ho intenzione di farle del male, quindi arrivederci piccolo Letter Bee. - Disse calmo avviandosi.
Quella era l’indifferenza. Non l’odio. Non una qualche intenzione negativa.
Quello era perdere il cuore, si
disse Lag per un istante, prima di rincorrerlo ancora, incapace di
lasciarlo andare in ogni caso, in qualunque stato lui fosse.
Incapace di mollare.
Lo raggiunse di nuovo, gli afferrò
i vestiti e gridandogli, lo scosse piangendo con la sua tipica
esplosione di sentimenti e di emozioni.
Tante Gauche non ne aveva, tante lui ne era pieno per tutti.
Gli disse di Silvet che continuava
ad aspettarlo sola, gli chiese di tornare con lui, gli disse di Aria e
del dottore, gli disse che tutti stavano aspettando il suo ritorno,
senza sapere che quello che l’aspettava più di tutti era Jiggy Pepper.
Gauche aspettò che si calmasse e lo
lasciasse andare, ma non vedendo altra scelta alzò la pistola con
l’ambra spirituale nera, la puntò al piccolo Bee di cui non ricordava
nulla e che insisteva con una storia che per lui non aveva senso. Poi
disse:
- Io sono un marauder, il mio nome è Noir. - Dopo di che sparò stordendolo e tramortendolo col potere della sparacuore.
Non gli fece effettivo male fisico,
lo paralizzò mentre le lacrime si cristallizzavano nei suoi occhi, a
terra, impossibilitato a muoversi.
La sua schiena che si allontanava
ed infine un ultimo flash, un ricordo flebile trasmesso direttamente
dal colpo del cuore di Gauche.
Nero, buio. Un risveglio difficile.
‘Dove sono? Io chi sono?’ E nel
buio un’altra ombra, la stessa che aveva visto nei ricordi della
missione appena conclusa, il famoso essere chiamato ‘colui che non
poteva essere diventato spirito’.
‘Lo sceglierò io, il tuo nome sarà Noir…’
Un momento troppo breve per fargli
capire come dal suo Gauche dolce e determinato, era arrivato ad essere
lui, indifferente, vuoto, freddo. Nero.