*Ecco
il nuovo capitolo. Si riferisce in modo piuttosto preciso e dettagliato
agli eventi del manga, quando Noir si sveglia e nel frattempo Largo
Lloyd chiede a Jiggy si aiutare Zazie a far fuori il Cabernet, il
grande gaichu, che vola verso la capitale. Le cose che descrivo sono le
stesse dal manga, ma approfondisco il loro punto di vista e come si
sono sentiti. In due parole, qua abbiamo Lag e Gauche all'inizio
e Zazie e Jiggy alla fine! Buona lettura. Baci Akane*
23. LO SEGUIREI LO STESSO
"Posso dirti perchè la gente muore sola Posso dirti perché La
gente impazzisce Posso mostrarti come Puoi fare lo stesso Posso dirti
perché La fine non arriverà mai Posso dirti che sono Un'ombra sul sole
Forme di ogni grandezza Si muovono dietro i miei occhi Porte nella mia
testa Sigillate dall'interno Ogni goccia di fiamma Illumina una candela
Ricordi di colui Che vive nella mia pelle."
/Shadow on the sun - Audioslave/
Dopo l’esplosione, la luce si quietò improvvisa, come un boato che devasta e poi lascia la pace ed il silenzio più assordanti.
Il misuratore di cuore tornò a dei livelli accettabili, l’occhio si spense e Lag smise di vibrare.
- Si è stabilizzato… - Disse il dottore sorpreso guardando il bambino.
Silvet si avvicinò agitata chiamandolo ed in quello lui si voltò e la vide, era sveglio, cosciente, la vedeva. Era di nuovo lì.
Sudato, ansimante, arrossato per la fatica e la febbre, ma lì.
Lag la guardò con aria sconvolta, poi faticosamente parlò:
- Ho appena fatto un sogno molto lungo… ho visto il paesaggio nostalgico di questo mondo così bello… tanto… tanto tempo fa… -
- Dottore… - Chiamò alle loro spalle una voce flebile ed incerta.
Il dottore si voltò e spalancò
l’unico occhio che gli era rimasto, poiché l’altro era stato strappato
via nel giorno del balenio.
Incredulo. Shockato.
Anche Silvet e Lag si voltarono a guardare e quel che videro li lasciò sconvolti al suo pari.
Gauche era seduto sul letto, sveglio, e li guardava.
I piedi appoggiati a terra, il
lenzuolo scostato, la biancheria intima addosso, i capelli bianchi
lunghi fino al collo tutti spettinati, l’aria provata, un po’ spenta.
Ma lui lì, sveglio.
I suoi occhi viola si posarono sulla sorella e la riconobbero.
- Silvet. - La chiamò calmo.
Il tempo si fermò, nessuno fiatava, nessuno osava nemmeno pensare.
Fu lei la prima a reagire, sebbene fosse sotto shock come gli altri.
Cinque lunghi anni ad aspettare
quel momento, il momento di poterlo riabbracciare, ed ora era lì,
sveglio, la guardava e la riconosceva.
Corse con la carrozzina da lui, si
precipitò oltre e si aggrappò a lui che la prese e la strinse con
dolcezza, sorridendo dolcemente e, dolcemente, carezzandola.
- Sei diventata grande, Silvet. -
Mormorò con la sua tipica delicatezza. qualcosa che Noir non aveva mai
avuto in nessuna occasione.
Solo in un breve momento, quando
l’aveva aiutato a ferire il Cabernet per potersi liberare. Quando in
quel momento Gauche aveva chiamato Lag per nome, l’aveva fatto col suo
tono. Quello lì.
Il tono gentile.
Il dottore era stordito quanto gli
altri, convinto che anche se si fosse svegliato sarebbe sempre stato
nei panni di Noir, ovvero senza memoria.
- Gauche… - Mormorò Lag nel letto,
incredulo, incapace di capire, di reagire. I sentimenti, le emozioni
bloccate per un lunghissimo proverbiale momento.
Poi Gauche lo guardò, sorrise dolcemente e lo chiamò per nome.
Di nuovo.
- Sei Lag Seeing vero? Volevo tanto
incontrarti… - Con quel sorriso, con quella gentilezza, con quell’aria
un po’ nostalgica e sempre un po’ stanca, ma dolce, così dolce…
Era esattamente come Lag lo
ricordava, come l’aveva conquistato, come gli aveva dato la forza di
voler essere. Era esattamente lui. E si ricordava. Lo ricordava.
Il suo Gauche era tornato.
Le lacrime, il tuffo, l’abbraccio.
Le sue braccia ad accoglierlo insieme a Silvet, i tre caduti a terra.
Loro stretti insieme, i piccoli a piangere, Gauche a consolarli.
Dolcemente. Gentilmente.
Gauche era tornato.
Colui che gli aveva dato uno scopo,
un obiettivo, un motivo, che l’aveva salvato, il primo amico, la
persona migliore che avesse mai incontrato. Lui, il suo Gauche, era
tornato.
Quando Jiggy aveva ricevuto
l’incarico dal direttore Lloyd di recarsi in un luogo specifico, era in
osteria a bere e a farsi bello davanti ad altri Bee o impiegati
dell’Alveare. Era molto apprezzato nell’ambiente, lo idolatravano, lo
mettevano su un piedistallo come se fosse un VIP e qualunque cosa
dicesse o facesse, lo ammiravano. Questa cosa gli piaceva, così ci
marciava su. Era uno dei pochi vizi che si concedeva.
Ne stavano parlando in quel momento.
- Un incarico del direttore Lloyd?! -
- Ex direttore vorrai dire!-
- Cosa?! -
- Ma sì, non sai che è stato licenziato? -
- Il direttore Lloyd?! Ma da chi? -
- Un incaricato del governo! - Esclamò. - Un tale Garrard che ora è momentaneamente direttore. -
Jiggy riconobbe il suo nome,
Garrard era un famoso Bee che era andato alla capitale per diventare
Head Bee, poi non si era sentito più nulla di lui e si era vociferato
che ce l’avesse fatta.
“Ma che succede?”
Si chiese Jiggy alzandosi dal tavolo seccato.
- Andrai dal direttore Lloyd lo stesso? - Chiese qualcuno ad un silenzioso Jiggy che non aveva proferito parola.
Jiggy non rispose ed uscì.
“Me lo deve dire in faccia che non
fa più questo lavoro.” Poi si incupì ulteriormente e mentre si metteva
gli occhiali da corsa e saliva sul cavallo di ferro, aggiunse: “E
comunque decido io a chi obbedire!”
Largo Lloyd era stato molto
importante per Jiggy, l’aveva salvato da piccolo da un gaichu e l’aveva
chiaramente invitato a diventare forte e Bee per imparare a difendersi
e proteggere chi amava. Perché solo così si poteva vivere alla pari di
chi cercava di schiacciare i poveracci.
Quelle sue parole rimbombavano ora nelle orecchie.
Non si era mai interessato a lui, era stato lui ad interessarsi a Jiggy. E l’aveva aiutato anche una volta diventato Bee.
Largo aveva fatto il Bee per un
po’, il tempo di fare carriera a Yusari e raggiungere la carica di
direttore. Non aveva mai avuto un dingo, ma aveva sempre portato a
termine le sue missioni.
L’aveva aiutato con Gauche come se
fosse una missione sua, anche quando era sparito gli aveva promesso che
avrebbe fatto luce sulla faccenda. Ora glielo aveva riportato.
“Volevo rivederlo prima del prossimo incarico, ma è più importante vedere che diavolo ha in mente Largo!”
Pensò Jiggy aumentando l’andatura.
Non era mai stato bravo ad
esprimere i propri sentimenti, ma in qualche modo era legato a Largo, a
modo suo gli voleva bene e se aveva un amico, poteva dire che era lui.
L’aveva un po’ plasmato, in un certo senso. Mentore?
Non aveva mai voluto dimostrargli i
propri sentimenti, la gratitudine l’aveva espressa seguendo il suo
consiglio di diventare Bee. Per lui quello era stato il momento in cui
lo ringraziava.
Eppure ora che stava per andarsene
chissà dove a fare chissà cosa… ora era lì a correre per dirgli che non
gli importava da che parte stava, cosa faceva, che piani aveva e perché
faceva quel che faceva.
Contavano le azioni e le sue non avevano mai portato al male di qualcuno. Anzi.
Jiggy lo raggiunse mentre Largo diceva stupito che aveva fatto presto.
Una volta che si fermò e si tolse gli occhiali spegnendo il motore, lo rimbeccò acido:
- Con chi credi di parlare? - Lo
sguardo si sollevò al cielo dove il grande gaichu Cabernet volava via
verso Yusari. - Sono arrivato tardi, quello è il cabernet di cui
parlava l’incarico… - Disse poi facendo finta di nulla, non intendeva
nemmeno accennare agli ordini a cui non doveva tecnicamente obbedire.
- Già… quel cabernet si sta
dirigendo verso la Capitale, inseguilo in fretta ed intercettalo. -
Disse Largo facendo finta anche lui di nulla, come se tutto fosse
normale.
- Ricevuto. - Rispose serafico Jiggy accendendo il motore assordante.
- Aspetta! - Lo fermò un momento Largo e a quel punto sollevò da terra Zazie.
- Ti affido anche questo, è Zazie, portalo sul tuo cavallo di ferro! -
Jiggy si fermò e lo guardò con stupore.
- Zazie… - Mormorò come se lo conoscesse, ma non direttamente. Ed infatti era così.
Eccolo lì il piccolo Zazie che aveva salvato da piccolo da quell’orribile gaichu Laphairogh. Un insetto scorpione enorme.
Zazie era cresciuto, aveva
quattordici anni, si era fatto un nome, cominciava ad essere noto.
L’aveva sentito spesso, ma non l’aveva mai incrociato di persona.
Lo osservò svenuto appeso alla mano
di Largo che lo teneva per la collottola della divisa. Del sangue
scendeva dalla sua fronte, era stato colpito duramente.
- Un ragazzino che tra i Bee gode
di capacità di combattimento particolarmente alte. - Disse Largo che
l’aveva salvato dal gaichu.
Zazie, su ordine di Garrard, aveva
cercato e trovato il cabernet, aveva tentato di farlo fuori ma
purtroppo era stato ridotto male ed era stato salvato da Largo,
arrivato lì giusto in tempo proprio alla ricerca di tracce di Reverse.
- Ti sarà certamente d’aiuto e sarà una buona esperienza per lui. -
Jiggy non accennava a prenderlo, al contrario, dopo averlo guardato
seriamente, disse:
- Direttore… è vero che è stato
destituito? - Chiese infine, colpito da questo fatto di cui non poteva
davvero far finta di nulla.
Ritrovava Gauche, ammesso che poi si sarebbe svegliato, e se ne andava Largo?
- Sì… ormai non sono più un tuo
superiore né altro… quindi ero anche preparato a ricevere un rifiuto
quando ti ho inviato l’avviso di incarico.. Garrard ha dato ordine di
rientro alla sede, no? -
- La smetta! - Jiggy gli dava del
lei da quando era diventato direttore, era nel suo stile eseguire
ordini e sottostare a regole alla lettera, facendo finta di nulla.
Largo lo guardò senza capire e lui proseguì questa volta seccato: - È
stato lei a fare di me un Bee. Mi ha donato qualcosa di cui andare
orgoglioso. E questo non lo dimenticherò mai per tutta la vita. Sono io
che decido da chi prendere ordini! -
Largo ne rimase estremamente
colpito e ovviamente ci scherzò su per sdrammatizzare e alleggerire un
momento che gli stava pesando dentro. Non sapeva cosa sarebbe successo,
aveva dei piani, ma erano azzardati e non certo perseguibili da tutti.
Per cui per lui quello era un addio. Aveva provato a farlo nel suo
stile, scherzando con tutti. Aveva scherzato con Aria per la quale
provava qualcosa da molto tempo.
Ed ora provava a scherzare con
Jiggy, a cui si era legato in qualche modo, forse rivedendosi, forse
provando a sperare per lui quello che non aveva mai potuto avere per
sé.
- Gwaaa! Mi fai venire i brividi,
Jiggy Pepper! - Disse con una smorfia divertita. Jiggy non si scompose,
sapendo che era il suo modo per ringraziarlo. Non voleva mai niente in
cambio se non fedeltà.
Quello era il suo modo per ringraziarlo di ciò che aveva fatto per lui.
Eseguendo i suoi ordini anche ora che non aveva l’autorità per darglieli.
- Tieni prendi questo! - Disse ancora alzando Zazie svenuto.
- Ha preso una bella botta, sarà in grado di lavorare? - Chiese prendendolo a sua volta per la collottola.
- A-ha… quando si sveglierà dietro
al suo idolo diventerà vispo e arzillo in un baleno! - Disse semi
scherzando e semi serio, come sempre.
Jiggy caricò Zazie dietro, a cavallo come lui, Largo glielo sistemò e gli legò un laccio intorno ai loro corpi.
- E lei direttore? - chiese Jiggy
pronto per ripartire, il motore acceso, uno sguardo a quello che era
stato il suo unico amico per cinque lunghi anni di assenza di Gauche.
- Vi raggiungerò subito… - disse sorridendo.
Jiggy lo guardò bene e capì che
dietro quel sorriso gentile, c’erano dei piani di cui non voleva
renderlo partecipe. Probabilmente per proteggerlo.
- Ok. - Disse capendo che era un addio.
“Spero di rivederlo comunque.”
Dopo di questo, aumentò il motore e partì all’inseguimento del cabernet.
Il mondo poteva sprofondare nelle
tenebre, ma quel che contava era rimanere fedeli a sé stessi. E questo
lo si poteva fare solo in un modo.
Non tradendo chi l’aveva sempre aiutato.
Il vento in faccia, un senso di libertà. Ecco che la calma tornava a scorrere dentro di lui, in contrasto con l’inquietudine.
“E se Gauche dovesse rimanere Noir
per sempre, lo seguirei lo stesso. Perché anche se lui ha perso tutto
il suo cuore e non può recuperarlo, una sua parte è sempre in me.
Perciò lo seguirò ovunque. Non posso tradire me stesso. Chi amo. Non
importa se lui non se lo ricorda. Lo ricordo io.”
Con questa decisione, aumentò la velocità.
L’aria sul viso fu la prima sensazione fisica. Poi il rumore, un rumore assordante a disturbare il suo sonno.
Una posizione non proprio comoda,
seduto appoggiato con la faccia a qualcosa. Qualcosa di abbastanza
comodo, ma nel complesso non certo meglio di un letto.
E le mani erano legate intorno a quel qualcosa.
Piano piano Zazie riprese possesso di sé.
Il vento, un rumore assordante, un qualcosa a cui era aggrappato. Un senso di movimento.
Non era fermo.
Il paesaggio scorreva via e vibrava
tutto. Era una sensazione confortante nel complesso. A Zazie piaceva. A
Zazie piaceva davvero molto.
Aprì gli occhi e cominciò a
muoversi, le prime fitte lo colpirono, si lamentò, poi si guardò
intorno e cercò di fare mente locale e mettere a fuoco.
- È vero, sono stato messo KO da un
marauder… - Disse ricordandosi la lotta col marauder di Reverse a
guardia del Cabernet. Poi aveva combattuto anche con lui. Infine il
buio. - Ma questa? - Disse riferendosi al mezzo che lo stava
trasportando.
Poi capì guardando meglio.
- Un cavallo… di ferro?! -
- Ti sei svegliato? - La voce lo raggiunse da davanti, placido, calmo.
Zazie lo guardò e solo lì, solo allora, la sua nuca, il suo profilo, gli fecero davvero realizzare.
Il suo cuore si fermò di colpo.
- J-JIGGY PEPPER?! - Strillò come una ragazzina isterica, assordando Jiggy che se lo teneva dietro la schiena.
- Zazie. - Si girò brevemente per
guardarlo, i loro occhi si incontrarono. Zazie stava per svenire, ma
era troppo felice ed eccitato e aveva di nuovo improvvisamente una
grande energia in corpo. Stava per scoppiare, gli venivano le lacrime.
Cominciò a bofonchiare e gorgheggiare dimenticandosi l’uso corretto delle parole. Ci infilò a caso un ‘sto sognando?’.
- A dopo le chiacchiere Zazie. - Lo
redarguì frettoloso Jiggy, trovandolo particolarmente ed insolitamente
divertente quel suo idolatrarlo in una situazione tanto critica.
“Che priorità ha?!”
Ma Zazie era istinto e cuore. Non ragionava di certo.
- Ora stiamo inseguendo il gaichu
Cabernet diretto verso la capitale, guarda… - Lo aggiornò brevemente
mentre passavano in mezzo ad una città deserta e distrutta. Non più
un’anima viva.
Il gaichu era passato di lì e si era ‘rifornito’.
- Lo prenderemo nella prossima città, tieniti forte! - Concluse Jiggy pragmatico senza troppi giri di parole.
Zazie arrossì e annuì stringendo meglio le braccia intorno alla sua vita.
L’emozione era alle stelle e
sebbene fossero in stato d’allarme e stessero andando a rischiare la
vita, Zazie era felice di avere le braccia intorno al suo adorato Jiggy
Pepper.
Per Zazie si stava realizzando un sogno e le cose andavano di gran lunga oltre i suoi massimi desideri.
Jiggy era stato il suo modello da seguire, diventare forte come lui per ottenere i propri scopi.
In qualche modo gli era entrato dentro ed ora l’incarnazione dei suoi desideri era lì con lui, era reale, era effettiva.
Il suo cuore scoppiava di gioia.
Pochi chilometri e il cabernet era
di nuovo visibile all’orizzonte color indaco tempestato di stelle, un
orizzonte che sfociava in un sole luminoso, un puntino per ora lontano.
- Eccolo. - Disse Jiggy. Zazie si
affacciò alla sua spalla e vide quel che vedeva lui. Una scena
rivoltante. Il cabernet era giunto alla città successiva e si stava
abbuffando di cuore.
I due si precipitarono lì e con una coordinazione perfetta, senza bisogno di parlarsi e darsi ordini, agirono nell’immediato.
Avvicinati notarono che il gaichu
aveva preso un neonato. Zazie si sganciò dai lacci che lo tenevano a
lui al sicuro, poi si piegò di lato insieme a Jiggy che girava il mezzo
intorno al Cabernet, aiutando le manovre curve. Infine raggiunto il
punto più vicino ai suoi tentacoli, Zazie saltò dal cavallo in corsa e
afferrò al volo il neonato, strappandolo al gaichu.
Cadde a terra con lui, proteggendo il piccolo che consegnò felice alla madre accorsa.
- Lo inseguiamo, sali Zazie! - Disse Jiggy aspettando Zazie prima di ripartire.
Zazie con un sorriso inspiegabile sulle labbra, saltò dietro di lui e tornò ad abbracciare la sua vita.
- Andiamo! - Gridò con un entusiasmo che lasciava perplesso Jiggy.
Era come se fosse felice di andare a caccia di un gaichu così forte.
“Ma era moribondo, dove ha trovato le forze? Quando Largo ha detto che sono il suo idolo pensavo scherzasse…”
Evidentemente il potere dei
sentimenti non era da sottovalutare, si disse tornando all’inseguimento
del cabernet che non distava molto.
- Di qui in avanti il gioco si farà
pericoloso. Vuoi scendere? - Disse Jiggy per puro scrupolo. In un certo
senso gli dispiaceva perdere Zazie perché inadeguato al combattimento,
o spaventato dalla dura lotta.
- NEMMENO PER SCHERZO! - Strillò Zazie stringendosi di più alla sua schiena. Jiggy ridacchiò.
Da quanto non lo faceva?
Le ultime volte erano state con Gauche.
Stava sentendo qualcosa, ora con
Zazie così eccitato. Forse era la sua incoscienza, ma qualcosa di quel
ragazzino gli stava piacendo, lo stava trovando divertente.
“Andare a caccia di gaichu sul cavallo di ferro col signor Jiggy Pepper? Non scenderei neanche morto!”
Pensò felice, senza la minima
esitazione. In quel momento c’erano solo lui, Jiggy, il cavallo di
ferro ed il cabernet. Non poteva chiedere di meglio.
Lag, magari. Ma non lì in quel
disastro apocalittico a vederlo rischiare la sua vita troppo preziosa.
Lag era meglio al sicuro a casa. L’avrebbe protetto lui, poi gli
avrebbe raccontato di quell’incredibile avventura meravigliosa.
Jiggy aumentò l’andatura prendendo
una piccola salita ed eccolo lì il mostro, sopra le loro testa, che
volava a pochi metri dal terreno.
Zazie lo guardò e non se ne spaventò nemmeno un istante.
- Signor Jiggy! Si dice che il punto debole del Cabernet sia alla base delle sue quattro ali! -
- Si dice? Non è un dato certo? -
Chiese perplesso dei modi di fare e affrontare le cose di Zazie. Poteva
essere un disastro avere un informazione sbagliata, ma per lui non
sembrava un problema. Si andava e si provava, se poi andava male
pazienza. Si riprovava in un altro modo. Certo l’opzione ‘resa’ non era
contemplata.
E se nel frattempo si moriva o si perdeva il cuore?
Pazienza, era successo facendo il
massimo, lottando con unghie e con denti, senza darla vinta a dei
bastardi mostri giganteschi.
- È un mostro che non si fa vivo
dall’antichità, quindi non ci sono testimonianze dirette! Sai che
soddisfazione sconfiggere quel bastardo… Stavolta lo abbatto di brutto!
- Gridò Zazie sempre da dietro la sua schiena, alzando la pistola con
una mano, mentre con l’altra si teneva a Jiggy.
Questi rise davvero.
- Sei divertente Zazie. - Disse
sorprendendo il ragazzino dietro che lo guardò con gli occhi fuori
dalle orbite. - Guardando te mi torna alla mente Dead End, il mio paese
natio. - Gli ricordava la propria infanzia, sé stesso nei primi anni di
vita, quando le cose erano anche belle, quando si giocava alla lotta,
quando i pericoli erano divertenti, quando i cambiamenti erano
eccitanti. Nonostante la povertà, i rischi, le cose brutte e tristi.
Zazie era quello. Erano in un enorme pericolo, rischiavano la vita, ma
lui era eccitato dall’idea di combattere ed era sicuro di farcela. Non
aveva un solo pensiero negativo o pessimista.
Lui era certo che ci sarebbero riusciti.
Non c’erano dubbi. Quel Zazie gli piaceva proprio.