*Ecco
un altro capitolo, è tutto ambientato nel manga, ovvero sono scene ed
eventi inseriti nel manga, però siccome erano importanti per la trama
li ho messi anche io, non è facile descrivere quel che succede in un
fumetto, specie lì che sono scene piuttosto movimentate e succedono
moltissime cose. La prima parte è su Lag e Gauche, si scopre chi è
davvero lui dopo il suo risveglio. Nella seconda si torna con Zazie e
Jiggy che arrivano a Central inseguendo il grande gaichu cabernet.
Perciò ci giostriamo fra rivelazioni, considerazioni ed azioni. Buona
lettura. Baci Akane*
25. SOPITI NEL PROFONDO
"Tu nei miei ricordi
stai ancora splendendo nel mio cuore
Il cuore che mi passa accanto
si bagna di lacrime copiose"
/Kurenai - X Japan/
Zazie era molto felice, anche se
era stato quello più di tutti a scontrarsi con il cabernet e quindi
quello che si era fatto più male rispetto agli altri.
Era felice perché le cose con il
suo idolo, Jiggy Pepper, andavano bene. E lo era perché era a caccia
del gaichu con lui, sul suo cavallo di ferro.
Nonostante stesse compiendo una missione rischiosissima ormai da giorni, lui era felice e niente l’avrebbe abbattuto.
Non avrebbe mai immaginato che
rincorrendo un mostro, si sarebbe ritrovato poi così al settimo cielo.
Questo era chiaramente grazie a Jiggy.
Non era la stessa cosa per il
piccolo Lag, il quale dopo aver svegliato Gauche in un modo che non era
chiaro nemmeno a lui, si era ritrovato ad affrontare la verità più
dolorosa di tutte.
Gauche in qualche modo era riuscito
ad andare a casa con Lag e Silvet, però dovendo andare a fare delle
consegne, li aveva lasciati cercando di sbrigarsi.
Sembrava proprio il loro Gauche. Aveva gli stessi atteggiamenti, modi di fare, gusti. Era lui. Non lasciava dubbi.
Sembrava che il proiettile lettera l’avesse riportato alla sua vita, non poteva crederci nemmeno lui.
Stava cercando di sbrigarsi, quando
si ritrovò nei guai fino al collo. L’intervento di Gauche gli salvò la
vita, come quel giorno di molti anni prima, quando l’aveva consegnato
come lettera alla zia e gli aveva salvato la vita.
Tornarono insieme a casa dopo aver
completato la missione, Gauche si caricò in spalle il piccolo Lag
stremato, anche questo come quel giorno, quando si erano conosciuti.
Lag non ci poteva credere. Era la cosa più bella che avesse mai osato sperare.
Il suo Gauche era lì con lui,
l’aveva aiutato, l’aveva salvato, lo trasportava come quel giorno.
Sembrava che il tempo non fosse mai andato avanti, che le cose brutte
non fossero mai capitate. Gauche era esattamente come l’aveva lasciato,
come lo ricordava. Proprio uguale.
Eppure.
Eppure?
Solo dopo a casa il flash ritardato di un frammento del cuore di Gauche, gli aprì gli occhi.
Per salvarlo, Gauche l’aveva colpito con la sua sparacuore poiché aveva anche la capacità rigenerante.
Solo seduti tutti insieme con Silvet a mangiare la cena, a tavola, Lag venne colpito dal frammento del suo ricordo.
Il suo cuore gli mostrò quel che
aveva dentro attualmente Gauche. Vide quello che aveva vissuto lui fin
lì, vide chi aveva dentro.
E il dolore che provò nel constatare che erano solo ricordi di Noir, non ebbe paragoni.
Lag pianse incapace di trattenere
le lacrime, ma non disse nulla. Non gli chiesero nulla. Anche Silvet
aveva le lacrime facili specie ora che il suo fratello era lì.
Lag ingoiò la verità che aveva
scoperto, poi dopo cena, una volta che Silvet si fu addormentata, lo
raggiunse fuori, affacciato al tetto della casa. Lo spettacolo notturno
della città di Central li avvolse, una brezza soffiava, mentre il
silenzio li cullava.
Un silenzio innaturale. Come la bellezza che si apriva davanti ai loro occhi.
Tetti illuminati dalle luci delle
case, più avanti, verso la capitale, il sole artificiale portava loro
parte della luce tanto agognata da tutti.
Una bellezza ed un silenzio momentanei, come quella pace.
Come la felicità che Lag aveva provato nell’essere lì con il suo Gauche.
Era in piedi a guardare il paesaggio che invece non gli era mancato.
Il vento gli portò il profumo di bagno fresco di Lag. I capelli e la camicia si scostavano all’indietro.
Gauche non si voltò verso Lag che rimase indietro.
- Te l’ho detto. Che tutto il tuo
cuore è passato attraverso me. - Iniziò calmo, con voce che tradiva
un’emozione sofferente enorme. - E con il trascorrere del tempo riesco
a percepirlo sempre più. - Disse ancora Lag, stingendo il pugno come
faceva anche Gauche, rigido, fermo sul bordo della terrazza sul tetto,
fatto di pietra.
Continuò a dire quel che aveva visto, la sua vita nei panni di Noir, quel che gli aveva fatto capire che non era Gauche.
Poi l’emozione fu incontenibile e
Lag iniziò ad alterarsi, alzando la voce, mentre le lacrime ormai
impossibili da trattenere scesero senza pietà:
- Io ho visto la persona che c’è
nel profondo del tuo cuore… colui che ha ricevuto la mia lettera. Da
quando ti sei svegliato tu ci hai ingannato per tutto il tempo? - Il
dolore esplodeva attraverso la sua voce rotta dal pianto, ma Gauche
continuava a dargli le spalle e a stare zitto.
- I MIEI RICORDI E I TUOI CON
SILVET, TUTTO… HAI SAPUTO OGNI COSA TRAMITE IL PROIETTILE LETTERA CHE
TI HO SPARATO IO?! - Sperava lo smentisse, che gli desse una prova
contraria, perché Lag avrebbe sempre sperato, nonostante le evidenze,
il dolore, la crudeltà di una verità che non aveva cuore di vivere, ma
che non poteva nascondere.
- Io ci credevo, credevo che fosse
tornato il vero Gauche… Silvet lo crede ancora e invece… tu non sei
Gauche… sei Noir, vero? - Solo a quel punto Gauche finalmente si voltò,
lo sguardo non più dolce e gentile, non più il suo sorriso. Solo
un’aria fredda, vuota, indifferente.
Ed eccola lì la verità, davanti ai suoi occhi.
- Se potessi avrei voluto diventare
Gauche Suede. - Mormorò tristemente Gauche, abbassando lo sguardo
mentre un sorriso nostalgico e dispiaciuto aleggiava sul suo viso,
bello come lo era sempre stato. - È come dici tu, Lag Seeing. Io sono
Noir il marauder di Reverse. - Dall’alto di un tetto vicino, il suo
mantello nero cadde verso di lui che lo prese con una mano, il fruscio
fu accompagnato da un salto silenzioso di un’altra figura agile e
sottile.
Lode, la ragazza che non era potuta
diventare spirito, saltò davanti a Noir col coltello in mano per
attaccare Lag nel caso avesse posto resistenza.
- Lode, sei ancora viva! - Disse Lag sorpreso, senza nascondere la sua gioia nel saperlo.
Noir fermò Lode dall’attaccarlo, non intendeva fare nemmeno un graffio a Lag.
- Mi spiace di averti ingannato ma
c’è qualcosa che devo fare assolutamente fino al punto da spingermi a
tanto. - Disse consapevole che aveva ferito enormemente Lag.
Eppure c’era qualcosa che gli
impediva di affondare il colpo definitivo. Poteva semplicemente
tramortirlo e andarsene senza spiegazioni, senza una sola parola.
Invece era rimasto lì facendo la
parte di Gauche, coccolandosi Silvet e Lag. Uno privo di emozioni, uno
vuoto come Noir non avrebbe mai finto. Per quale motivo farlo?
Lag non capiva, così come non capiva cosa dovesse fare a tutti i costi.
- Devi spegnere il sole
artificiale? Perché? Perché devi depredare le persone della luce?
Perché continui a rubare le lettere e il cuore degli altri? Non ti
ricordi niente della capitale, no? Eppure perché? - Lag non capiva e
piangeva e gridava, addolorato per questo. Incapace di farsene una
ragione. Senza capire nemmeno perché avesse finto fino a quel momento.
Per lui, quel Noir ora era un mistero insoluto.
Noir non era tenuto, non avrebbe dovuto.
Eppure gli spiegò della povertà e
sofferenza vista a Yodaka, la fascia sociale più povera di Amberground.
Gli spiegò delle persone soggette agli esperimenti, buttate via in una
discarica dal governo. Gli spiegò del dolore per cui combatteva al
fianco di Reverse. Ma aggiunse anche un’altra verità, come se non fosse
capace di nasconderla, di evitarla, di non parlarne. Seguendo questo
richiamo di gentilezza ed onestà verso Lag.
- Hai detto di aver visto il mio
cuore, allora anche tu li conosci il terrore e il disgusto nei
confronti del sole artificiale che giacciono sopiti nel profondo del
mio cuore. Nei ricordi di Gauche non c’è nulla di ciò che gli è
accaduto nella capitale, però faccio sogni spaventosi, sono frammenti
ma quando mi sveglio capisco che sono scene reali vissute strettamente
legate al sole artificiale e non ne capisco il significato ma so che è
rimasta incisa nel mio cuore una sola volontà. Devo assolutamente
spegnere il sole artificiale. Lo devo al me stesso che è rimasto qua
dentro. Se l’hai visto anche tu dovresti capirlo. Se mi fermerai dovrò
spararti. Ti chiedo di lasciarmi andare. - Gauche tirò fuori la
pistola, ma tutti sapevano che non l’avrebbe usata per fargli del male,
solo eventualmente per fermarlo.
In Lag rimaneva quell’incertezza.
Perché aveva fatto finta di essere Gauche. Perché, perché?
Non poteva darsi pace. Per quanto
fosse sconvolto, addolorato, arrabbiato per l’inganno, non capiva
perché fare finta? Per sfuggire a Garrard?
Eppure no, eppure doveva esserci
qualcosa, come c’era quando parlava delle memorie rimaste di Gauche.
Qualcosa di lui c’era ancora. Qualcosa ci sarebbe sempre stato.
E a rispondergli le sue lacrime.
- Niente, non percepisco niente… volevo solo incontrare di nuovo Gauche Suede… -
Fu così che Gauche abbassò l’arma capendo che non l’avrebbe fermato, consapevole di quello che aveva percepito dall’inizio.
Che quel Lag Seeing non sarebbe mai stato una minaccia.
Noir non sentiva molto di Gauche.
Ma quel poco, per lui, era impossibile non seguirlo. Era un istinto
così forte e nostalgico che gli impediva di andare contro di esso.
Avrebbe potuto evitare di fingersi
Gauche, ma quando si era svegliato con Lag e Silvet aveva percepito il
forte desiderio di Gauche di stare ancora una volta con loro. Non era
riuscito a contrastarlo.
E con esso, altri desideri, altre persone, altri volti da vedere.
Era come se dentro di sé sentisse scalpitare Gauche per uscire, ma non avesse la forza di farlo definitivamente.
Ricordi, memorie incise in lui, in
fondo al suo cuore. Memorie così radicate grazie ai sentimenti provati
per quelle persone che niente, nemmeno il sole artificiale, avrebbe mai
potuto cancellare.
- Potresti dire a Silvet che Gauche
è dovuto partire prima per la capitale con il signor Garrard? Non
vorrei ferirla più di così. - Disse piano, con un sussurro gentile.
Lag, sconvolto, scattò verso di lui
per gridargli che non doveva fare Gauche se non lo era. Perché quello
era il suo sguardo gentile, la sua voce gentile, il suo Gauche gentile.
Ma lì c’era Noir!
Stava per colpirlo per farlo smettere, quando la campana delle emergenze suonò in tutta Central.
Lag si fermò e si girò a guardare,
nel mentre Noir si mise il mantello nero e si avviò con Lode, poi si
fermò e con un’aria triste, lo salutò.
- Non posso andare contro il mio
cuore. Però i sentimenti che nutro per te e Silvet appartengono a
Gauche, sono autentici, vengono da dentro di me. - Lag lo guardò, le
lacrime agli occhi nel riconoscerlo ancora una volta. - Grazie della
lettera Lag Seeing. - Dopo di questo, con una folata di vento lui e
Lode se ne andarono per i tetti, verso quella che era la loro missione
di spegnere il sole artificiale e vendicare il Gauche Suede sopito
dentro di sé.
Era vero, si disse Noir correndo
insieme a Lode dopo averle detto che non dovevano depredare i Bee. Loro
facevano ciò in cui credevano e non era niente di male nei confronti
delle persone. Anche loro cercavano di proteggere le persone che
avevano sofferto. Non aveva senso combattere i Bee, per abbattere il
governo.
Il Noir prima del proiettile
lettera avrebbe sparato a Lag per assicurarsi di poter portare a
termine i propri scopi, ma lui non se l’era sentita.
In lui, ormai, non c’era solo Noir.
In lui, ormai, c’erano dei sentimenti ingovernabili, sentimenti di un Gauche Suede, forse, non del tutto perduto.
Per quanto si erano organizzati,
per quanti avessero dato la loro disponibilità, per quanti piani
avessero usato, il Cabernet arrivò nei pressi dell’Alveare, pochi
chilometri e sarebbe arrivato lì a riempirsi di cuore prendendo tutte
le lettere nell’archivio e continuando a divorare i cuori delle persone
di Central radunate dall’altra parte, sulla collina.
Persino Garrard si buttò nella mischia nel disperato tentativo di rallentarlo.
Per tutti la priorità era fermarlo
in attesa dell’arrivo di Jiggy e Zazie, gli unici che avevano avuto
risultati concreti contro il mostro, staccandogli ben due ali.
Il fatto che l’altra l’avesse staccata Lag e Gauche era emblematico, poi era ricresciuta, ma l’avevano fatto.
All’orizzonte si poteva sentire il rumore del motore del cavallo di ferro. Dovevano resistere poco.
Dopo la botta emotiva presa con
Noir, Lag aveva avuto problemi a sparare il proiettile che non era
uscito, così era rimasto anche gravemente ferito.
Connor era arrivato e l’aveva tratto in salvo ed insieme avevano proseguito l’inseguimento del Cabernet.
In uno stato d’animo di totale
incertezza, Lag si fece portare dall’amico in carrozza nel disperato
tentativo di riprendersi e di riuscire a sparare ancora. Nel dubbio più
totale, uno di quei dubbi neri da cui non sapeva sa si sarebbe
risollevato, veniva portato nella lotta all’ultimo sangue.
Jiggy e Zazie arrivarono
nell’esatto istante in cui Garrard era preso dai tentacoli del
Cabernet. I suoi dolorosi ricordi di un’anticamera della capitale dove
aveva vissuto per gli ultimi anni a lavorare, si liberarono nell’aria,
mentre lui pareva sempre più perdere le proprie forze insieme al suo
cuore.
Ricordi di un dialogo con Largo
Lloyd che gli diceva che era libero di agire perché quello era il
momento di rivoluzionare il governo e di vendicarsi.
Jiggy e Zazie frenarono ai limiti
del luogo del combattimento e con una sincronia ormai assodata, anche
se del tutto naturale per loro, mirarono e spararono insieme.
Il proiettile liberò l’attuale direttore che cadde e venne raccolto dal suo possente dingo.
Zazie venne distratto dai restanti
frammenti del cuore di Garrard che rivelavano dei segreti ben nascosti,
ma Jiggy lo richiamò portandolo all’ordine.
Zazie scese per combattere con più
libertà, ma Jiggy lo fece rimanere con sé. Si trovava bene a combattere
insieme a quel ragazzino, capiva perfettamente la strategia in
qualunque situazione, era come se gli leggesse nel pensiero. Non doveva
dirgli cosa fare, lo faceva.
Zazie si concentrò e tornò al
Cabernet che cominciava ad assumere sempre più delle grottesche ed
enormi sembianze umane. Rideva inquietante. Aveva mangiato così tanto
cuore, che cominciava ad assumere caratteristiche umane.
Il primo degli ultimi rinforzi ad arrivare fu Connor.
Appena lo vide, Zazie si esaltò
come un matto, come sapesse che con lui doveva esserci per forza il suo
Lag. Lo sentiva nell’aria, sentiva che era vicino. L’avrebbe rivisto
dopo tanto, avrebbero ancora combattuto insieme. Lui, Lag e Jiggy. Cosa
chiedere di più?
Senza bisogno di mettersi
d’accordo, Connor e Zazie cominciarono a sparare proiettili e Jiggy si
avvicinò con il cavallo di ferro al bordo del precipizio su cui il
Cabernet stava in precario equilibrio.
Sparò con loro, nella simbiosi già comprovata.
Uno dei migliori attacchi combinati mai ricordati.
Il gaichu incassava ed incassava e
non era chiaro quanto subisse e quanto si nutrisse. La forza raggiunta
era mostruosa, ma non si sarebbero mai dati per vinti e fu allora, fu
proprio allora, mentre il Cabernet perdeva il poco equilibrio che
aveva, mentre stava per cadere, che Lag si precipitò dalla collina
ripida, si tuffò come non avesse gravità. Per un momento parve volasse.
E mentre era lì in volo, con la
pistola in mano caricata, lo sguardo fisso sul Cabernet in procinto di
cadere, pensò solo alle persone che aveva ferito, quelle che aveva
perso, quelle senza il loro prezioso cuore. A quelle che voleva
proteggere. Tutte. Non ne dimenticò una.
In quel modo, sparò al centro del
gaichu, trapassando i suoi orribili tentacoli a forma di bocca. Sparò
il suo proiettile del cuore color rosso intenso e lo passò da parte a
parte, entrando nella corazza.
Finalmente il cabernet cadde nel precipizio che si era aperto sotto di lui.
Niche afferrò Lag al volo
impedendogli di cadere a sua volta e si puntò a sua volta nella parete
rocciosa a lato. Teneva sospeso Lag nel vuoto, proprio al centro di
quel buco nero profondo.
Sopra, ai bordi e tutt’intorno, si affacciarono tutti gli altri che avevano contribuito in quella lotta all’ultimo sangue.
Il primo a strillare felice ed
entusiasta fu ovviamente Zazie, troppo felice di rivederlo. Il cuore
carico come se non avesse sparato da giorni e giorni all’inseguimento
più faticoso della storia dei Bee.
Il suo Lag era lì e stava bene, il resto non contava.
- LAG SEI SANO E SALVO! -
- ZAZIE! - Esclamò felicissimo Lag nel vedere Zazie. Quanto gli mancava?
- Te la cavi bene bella gattina!
Miao! - Fece il verso Zazie in quello che era diventato un loro codice
segreto. Ormai Lag aveva rinunciato a redarguirlo, sebbene l’avesse
chiamato così davanti a tutti.
Jiggy infatti aumentò il motore richiamando la sua attenzione, capendo che quei due dovevano essere la coppia di turno.
Lag lo notò e lo salutò, Jiggy ricambiò col gesto delle dita.
“Come me e Gauche… “ Pensò mentre
Lag salutava anche Connor, Garrard e Valentine, il suo dingo rumoroso.
“spero che a loro vada meglio di come è andata a me…”
Ma di tempo per i convenevoli non sembrava essercene molto.
Il cabernet era caduto colpito duramente, ma era morto? Il suo corpo non era esploso, nessuna luce si era dispersa nel cielo.
Poteva essere ancora vivo.
Garrard riportò tutti alla realtà e
Lag rimase lì sospeso da Niche, completamente esposto al possibile
ritorno del gaichu. La pistola puntata nel vuoto, concentrato a sparare
ancora. Era al limite, sanguinava ed era ferito. Non sapeva nemmeno se
poteva sparare ancora, ma lì cerano tutti quelli che contavano, che
amava. Silvet poco più lontano con gli altri del villaggio, il suo
Zazie, l’Alveare, i suoi amici.
Non avrebbe più vacillato. Con o senza Gauche. Con o senza obiettivi raggiunti. La vita di chi amava era troppo importante.
Non avrebbe mai più dubitato di sé.
Zazie, Jiggy, Garrard e Connor si
sporsero a loro volta nel burrone mirando nel vuoto per coprire Lag nel
caso in cui il Cabernet sarebbe spuntato, ma nel silenzio apparente di
quell’istante infinito, fu Jiggy a notarlo.
Appena lo vide, chiamò Zazie, il
primo nome, l’unico che riteneva alla sua altezza, così utile da
affiancarlo nelle battaglia peggiori e più rognose e pericolose.
Le battaglie che si facevano con strategia, senza bisogno di mettersi d’accordo.
- Zazie… - Disse solamente. Zazie
alzò lo sguardo all’orizzonte buio, dove guardava anche lui.
Assottigliò lo sguardo e vide quel che vedeva lui.
Uno stuolo infinito di gaichu strisciava veloce verso di loro, attirato dal cuore sparato per colpa del Cabernet.
E a Zazie fu chiaro cosa voleva da lui Jiggy.
Chiaramente non si sarebbe tirato
indietro, anche se quella era davvero una di quelle missioni
impossibili. Affrontare un enorme gaichu, ma uno, era un conto. Tanti,
una marea infinita, tutti insieme… beh, quello equivaleva a scavarsi la
fossa.
Eppure Jiggy l’aveva chiamato per
farlo e lui non si sarebbe tirato indietro. Oltretutto lì c’era il suo
Lag. Doveva proteggerlo a tutti i costi.