*Ecco
un altro capitolo, qua le cose si fanno particolari. Da un lato c'è Lag
e la scoperta della sua vera identità e di chi sia sua madre. Era una
parte molto importante, perciò l'ho messa, solo in una versione più
'narrata' che 'mostrata', visto che effettivamente è già tutto nel
manga. Nell'altra parte c'è Noir e quel suo essere sempre più un 'due
in uno'. Piano piano che vive le persone del suo passato, gli istinti
di Gauche riemergono spontanei e lui invece di combatterli, si lascia
sempre più andare. Perciò vediamo con Jiggy fin dove si spinge, cosa
prova, cosa vuole. Buona lettura. Baci Akane*
30. LE COSE IMPORTANTI
Le luci si erano spente e Silvet si era addormentata con Niche e Wasiolka.
Connor era andato a casa sua e Zazie, in camera con Lag, se lo studiava attento a capire cosa pensava e come si sentiva.
- Stai pensando al sole, all’ex
direttore Lloyd, a tua madre e a Noir? - In breve riassunse piuttosto
precisamente quello che albergava in lui. Lag, sovra pensiero, lo
guardò meravigliato sentendosi in colpa per non essere lì presente con
lui.
- Scusa… - Zazie rise e si sfilò la
camicia dando per scontato che avrebbe dormito con lui. Lag non se ne
turbò, anzi. Notando che si metteva comodo nel suo letto sorrise
sollevato: non avrebbe potuto passare la notte da solo. Aveva bisogno
del calore di qualcuno che lo amava così com’era senza sapere nulla di
lui.
- E di cosa? È il minimo che tu sia
pensieroso e preoccupato, con tutto quello che è successo in poco
tempo. - La sensazione era quella di avere una spada di Damocle sulla
testa. Poteva essere un disastro, oppure andare avanti con un po’ di
fortuna.
Ma era ora di sapere. Lag ormai era risoluto ad andare in fondo a tutto.
Zazie lo vedeva e lo capiva, non intendeva fermarlo.
Si stese e scostò le coperte
facendogli posto. Lag arrossendo dolcemente, si stese con lui,
accoccolandosi sul suo braccio, contro il suo collo. Zazie se lo tenne
a sé e lo avvolse con le braccia rimanendo sul fianco, rivolto verso di
lui.
- Finchè non avrò la mia vendetta
non riesco a pensare al mio futuro, lo sai? Vivo il presente come se
non avessi un domani. Finché non avrò ammazzato il gaichu dei miei
genitori io… non riesco a pensare ad altro. È tutto in secondo piano… -
Disse un po’ per fargli sapere che anche lui aveva pensieri, un po’ per
dirgli che lo capiva.
Lag lo guardò stupito, da vicino.
- Davvero? Tutto questo non ti turba? - Zazie alzò le spalle.
- Mi turbano molte cose, ma la mia
priorità è quel gaichu. Quando l’avrò abbattuto inizierò forse a
preoccuparmi delle cose come fai tu, come fate tutti. - Il pensiero
andò a Jiggy, persino lui era interessato alle vere intenzioni di Largo
Lloyd, anche lui era toccato da quella faccenda e ci teneva a capire
perché e cosa stesse facendo. Tutti avevano qualcosa: lui semplicemente
annuiva e andava oltre, alla prossima consegna, sperando di incontrare
quel maledetto Laphairog.
- E… e lui è più importante anche
di me? - Zazie sorrise mentre Lag arrossiva timidamente. Così gli
scostò i capelli dal viso e glieli sistemò meglio, poi avvicinò le
labbra all’angolo della sua bocca e lo baciò piano, gustando quel
momento.
- Nessuno è più importante di te.
Però questo non toglie che ho il mio obiettivo. - Lag capì cosa aveva
voluto dirgli e girandosi a guardarlo negli occhi, sorrise grato
perché, ancora una volta, l’aveva rimesso in piedi togliendogli ogni
esitazione e dubbio. Come faceva sempre.
- L’obiettivo è una cosa, le cose
importanti sono un’altra. - Zazie sorrise e lo baciò sulla bocca,
delicatamente. La mano sul petto esitò. Ripensò ai discorsi fatti col
dottore e con Jiggy sullo sporcare Lag e ai loro consigli di non
sprecare il presente perché era l’unica certezza.
Però la mano rimase ferma, non tornò ad esplorare come quella volta, quando era quasi esploso per le emozioni forti provate.
Non sapeva cosa c’era in Lag, ma
c’era qualcosa di diverso e se sperimentare certe cose prima di saperne
di più lo poteva portare in qualche modo a ferirlo, era meglio
trattenersi e aspettare, anche se gli faceva male l’idea di non sfogare
i propri ormoni sparati al massimo.
Lag si rilassò nel sentire che non sarebbe andato oltre, così si accoccolò contro di lui e si lasciò andare.
- Ti voglio bene, Zazie. Come non
ne voglio a nessuno. - Poi si corresse. - Voglio bene a tutti, ma a te
in modo diverso. Se non ci fossi tu io… - Ma il sonno prese il
sopravvento e non finì la frase. Zazie sorrise e lo guardò soddisfatto
e dolcemente.
Voleva fare quello che avevano
detto loro: non sprecare le occasioni, potevano essere le uniche. Non
vivevano in un mondo sicuro, e le cose che stavano scoprendo davano
esattamente quella conferma. Ma non poteva, non ci riusciva proprio.
Forse un giorno sarebbe successo
qualcosa che li avrebbe sbloccati, ma fino ad allora, più di quello non
sarebbe riuscito a fare.
“Spero solo che la verità che cerchi non ti ferisca.”
Pensò ascoltando un istinto dei suoi, una delle sensazioni che poche volte sbagliavano.
Eppure sapeva che dal proprio
destino non si scappava e se lo si faceva, poi le conseguenze erano
devastanti. Lui, i suoi genitori, lo sapevano.
Lag partì e lasciò il magone a Zazie.
Era una missione a tempo
indeterminato, Lag tornava da sua zia Sabrina alla ricerca della verità
sul suo conto, sulla sua nascita. Avevano tutti la sensazione che su
Lag ci fosse qualcosa di grosso da sapere, ma Zazie meglio di chiunque
altro, più ancora di Lag stesso. Perché l’aveva visto tutte le volte
esplodere di luce od essere sul punto di farlo. Sentiva, percepiva,
toccava la sua purezza, quella che lo bloccava dal stare con lui
ed andare fino in fondo.
Aveva una sensazione, ma non la espresse a nessuno.
“Quando tornerà tutto sarà diverso, tutto cambierà. Ed ho paura del modo in cui cambierà!”
Suo malgrado lo incoraggiò a cercare la verità e a non fermarsi a nessun costo.
Lui prese le consegne di Lag delle
Cold Letter e vedendo alcune destinate a dei luoghi risaputi
pericolosi, Aria chiese a Connor di andare da lui.
Quei luoghi sarebbero stati fatali,
ma forse dopotutto destinati a lui. Forse, in effetti, se Lag era a
cercare la verità su di sé, era giusto che anche lui mettesse un punto
sul proprio passato che lo tormentava impedendogli di andare oltre.
Il dottore propose a Noir un esperimento.
Quando Lag era entrato nei suoi
ricordi grazie ad un proiettile sparato da lui, aveva avuto accesso ad
un ricordo sigillato, Lag l’aveva aperto ed aveva visto qualcosa di
Gauche. Perciò pensò che valesse la pena controllare.
Fece sparare a Noir tanti
proiettili a seconda di quanto poteva resistere e mano a mano che
sparava, controllava i ricordi che emergevano.
Erano tutti o di Noir o i ricordi
immessi da Lag, però ce n’erano molti bianchi, ovvero sigillati. Il
dottore sperava di poterli sbloccare in qualche modo come aveva fatto
Lag, così i due lavorarono a lungo su quello.
Fra tutti, un solo ricordo fu visibile. Appena lo vide, Noir si rese conto di non conoscerlo coscientemente.
Rimasero di stucco nel constatare che quella era l’imperatrice.
Una bellissima donna dai capelli
dorati incastonata in un macchinario enorme simile ad un organo, alla
cui base stava seduto un individuo, da dietro sembrava un Bee.
- Quello deve essere l’Head Bee. E
quel macchinario su cui sta l’Imperatrice… cosa sarà? - A Noir venne
una fitta, vedendolo si rese conto di saperlo, dentro di sé c’erano
quelle informazioni, scalpitavano per uscire. Lui lo sapeva. E quel
viso così familiare, quel viso… di chi era?
Lo stesso viso lo stava vedendo Lag
dopo aver aperto e ‘rivelato’ la lettera che la madre di Lag, Anne,
aveva lasciato alla zia Sabrina.
Raccontò della nascita di Lag come di un miracolo, generato e non creato.
Anne era arrivata dalla signora
Sabrina una notte di dodici anni fa, aveva vissuto un po’ lì con lei
cercando di rendersi utile, aveva modi aristocratici e non era per
nulla pratica della vita comune che si faceva a Yodaka. Sbrina aveva
capito che aveva un segreto ed un’identità ingombrante, ma non le aveva
mai chiesto nulla.
La notte del balenio, lei era fuori a guardare il sole accendersi e spegnersi.
Poi improvvisamente la luce del
sole l’aveva trovata e colpita in pieno ventre, si era gonfiato e
Sabrina l’aveva aiutata a partorire. Non un bambino, ma luce pura.
Incontaminata.
Anne diede a Sabrina un’ambra
spirituale rossa da mettergli nel corpo per non farlo sparire, appena
lo fece lui aveva preso forma umana, un bellissimo neonato piangente
con l’occhio sinistro di ambra.
Il bambino fu chiamato Lag Seeing e
visse con loro per un po’ di tempo, fino a che la madre venne portata
via da degli uomini dalla capitale e lui abbandonato.
La verità non si fermò a quello.
Sabrina la quale si era separata da
loro dopo la nascita, si era vista recapitare Lag come pacco da Gauche
Suede. Anne l’aveva affidato a lei, la sola che avrebbe potuto
crescerlo.
Anne era una bellissima donna dai lunghi capelli color del grano.
La stessa donna apparsa nei ricordi di Noir.
La stessa impressa nelle medaglie che la gente idolatrava.
L’imperatrice.
La sua voce salutò Lag attraverso
la lettera che stava rivelando col suo proiettile speciale, parlò al
suo prezioso figlio, ringraziò Sabrina per essersi presa cura di lui e
aver mantenuto il segreto.
Spiegò che nonostante la sua nascita anomala, lui rimaneva il suo figlio prezioso.
Lag era il frutto della luce del
sole, il sole creato dai cuori delle persone per uno scopo importante,
lo stesso scopo che la stirpe della sua famiglia adempiva da
generazioni nel posto antecedente alla capitale, Kagerou.
Lo faceva usando ‘imperatrice’, un
macchinario enorme posto al centro della Capitale Akatsuki, a forma di
organo suonato dall’Head Bee.
Non gli spiegò nel dettaglio di che compito si trattava, ma era in relazione al sole artificiale ed era molto importante.
Gli disse che l’attuale imperatrice stava morendo e che presto sarebbero venuti a prenderla per sostituirla.
Lag scoprì così che sua madre era
stata presa per sostituire a sua volta la sua, di madre, per un compito
misterioso ma importante legato al sole, un sole composto dai cuori
delle persone. Lo stesso sole che poi dodici anni fa aveva creato lui.
Realizzò così anche che la loro
stirpe generava donne, le uniche in grado di portare avanti il compito
in questione. Ma Lag essendo nato maschio, era stato scartato. Il
problema sorto, che loro non potevano ancora immaginare, era che nel
non avere un’erede della stirpe, una volta che Anne sarebbe morta, quel
compito sarebbe rimasto in sospeso. Un compito che, in sospeso, non
poteva rimanere.
Lag, accompagnato da Niche e Lode,
rimase basito nel realizzare quella verità, ma le parole dolci e
amorevoli della madre l’aiutarono a non crollare sotto un peso
schiacciante.
Era luce, non carne ed ossa, però era una persona lo stesso ed aveva un compito importante.
Anne gli disse di cercare le
persone nate nel giorno del balenio e di guardare attraverso di loro i
segreti celati dal sole in quella notte. I segreti primordiali del loro
mondo.
Una verità nascosta doveva essere svelata e lentamente cominciava a rivelarsi a loro.
Lag se ne andò con l’incertezza di
come sentirsi. Non era arrabbiato con sua madre, aveva fatto quello che
doveva, sentiva attraverso quei ricordi tutto l’amore che nutriva per
lui.
Era una stirpe speciale e lui era
fatto di luce, ma perché era nato uomo? Perché se tutti nascevano donne
per far brillare il sole, lui era nato uomo?
“Forse lo devo spegnere, quel sole.
Rubano i cuori delle persone per tenerlo acceso, perché? Perché? Come
possono? Come può mia madre sacrificare tante persone per farlo
brillare?”
Tale verità non gli si sarebbe rivelata ancora, non prima del ritorno di Largo Lloyd, l’unico a conoscere tale verità.
Mentre Noir scendeva dalle scale
dell’infermeria per raggiungere il salone principale dell’Alveare,
Jiggy arrivava coi rapporti della giornata conclusi.
Lo vide e si fermò aggrottandosi, si indurì e alzò lo sguardo verso il dottore affacciato al balcone.
“Quel maniaco ha esagerato, come al solito!”
Noir aveva effettivamente una brutta cera, era pallido e stremato. Saltava subito all’occhio che aveva esagerato.
- Sto bene. - Disse Noir con
gentilezza. - Abbiamo fatto un esperimento. Ci sono ricordi di Gauche
in me, li stiamo sbloccando. - Jiggy si fermò, aveva capito che era
contrariato e così gli stava spiegando cosa era successo. Jiggy sentì
un paio di occhi addosso, stupiti nella loro conversazione.
- Vai a riposare? - Noir annuì. -
Casa mia è aperta. - L’altra volta, prima della sua scomparsa, Jiggy
aveva sempre fatto tutto di nascosto per non sembrare debole ed
esporsi. Adesso sembrava intenzionato a lasciarsi un po’ più andare.
Aria li vide, stupita, e si ricordò
dei vaneggiamenti di Lloyd di quegli anni, quando le diceva che fra
quei due c’era una strana amicizia.
Il fatto era che Jiggy, a parte che
con Lloyd stesso, non aveva mai avuto rapporti e vedere che ne aveva
era sorprendente, con Noir era anche shockante.
“Forse si prendono perché entrambi hanno i cuori nascosti dietro dei muri di cemento armato!” Si disse divertita.
Noir chinò il capo gentilmente.
- Grazie, pensavo di andare da
Silvet. È stata così gentile da portarmi la zuppa e chiedermi di venire
da lei. Anche Lode è via, con Lag. Forse si sente sola. Ti va di venire
a cena con noi? - Jiggy si irrigidì, si guardò subito intorno e scosse
velocemente il capo. Era andato ben oltre.
- No, grazie. Comunque non esagerare con quell’idiota! -
‘Quell’idiota’ era il dottore. Noir sorrise divertito quasi come una volta, pensò Jiggy leggero.
C’erano buoni segni di speranza, in
Noir c’era sempre più Gauche ed i ricordi ne testimoniavano il suo
ritorno. Forse non sarebbe mai tornato del tutto, ma anche un solo vago
soffio andava bene.
Quei sorrisi gentili, quei modi
pacati dicevano che era lui comunque. Non importava come voleva farsi
chiamare. Era il suo Gauche. Il resto non contava.
Con questo Jiggy andò via
obbligandosi ad andarci piano, per quel giorno ne aveva avuto
abbastanza di esperimenti. Doveva proteggerlo.
Ovviamente, le intenzioni erano
buone, ma rimasero tali perché dopo aver mangiato da solo a casa, si
era alzato seccato ed era andato a farsi un giro. Un giro che,
casualmente, era terminato davanti casa di Silvet e di Gauche.
“Come una volta. Quando Silvet è
diventata grande, io rimanevo qua e lui usciva, passavamo il tempo
insieme fuori o da me. Mi sentivo a disagio persino con lei. Ero
maniacale nel nascondere la nostra relazione. Ed ora, se tornassi
indietro, la mostrerei al mondo. Ora non sono capace di stare zitto
davanti a cinquanta persone che ci guardano. Non sono capace di non
mostrare la mia preoccupazione. Mi sono rammollito! Che incapace! Lloyd
riderebbe di me!” Pensando a lui si fermò alzando gli occhi verso
Yodaka, dove sapeva era rintanato con Reverse ad architettare qualcosa.
“Lloyd… sarebbe felice di vederci
di nuovo insieme. Direbbe di non darmi per vinto e proporrebbe qualche
assurdo esperimento. “ Poi ci pensò meglio. “O forse ci spierebbe
mentre ci baciamo!”
Jiggy scosse il capo, poi gli occhi si stesero in uno sguardo sereno nel vederlo uscire.
- Silvet dorme, vuoi entrare? -
Noir non ricordava veramente, aveva quelle memorie recondite, quegli istinti inarrestabili. Ed in tale modo, ormai, viveva.
Jiggy annuì e si fece avanti
passando l’uscio dove lui era fermo per farlo entrare, rallentò, lo
guardò intensamente, mise la mano sulla sua sullo stipite e si chinò a
sfiorargli le labbra seguendo il suo indomabile desiderio di toccarlo
ogni volta che poteva, di non negarsi mai quella gioia.
- Mi sei mancato. - E di dirglielo senza paura di sembrare debole.
Era stato forte abbastanza, adesso poteva anche essere debole, se in quello poi era felice.
“Adesso è ora di essere felice.”
Jiggy l’aveva baciato poi gli aveva
tolto lentamente i vestiti, stessa cosa aveva fatto con sé, erano
rimasti con la biancheria intima e l’eccitazione visibile. Noir lo notò
e si sentì presto allo stesso modo.
Lo desiderava molto, non era difficile capirlo.
Però era ancora incerto su quanto giusto fosse.
- Mi sento un intruso fra voi. - Ammise con le sue mani sui fianchi. Jiggy sorrise sul suo collo, facendolo rabbrividire.
- Ed io mi sento felice per la
prima volta dopo cinque lunghi dolorosi anni. - Noir gli mise le mani
fra i capelli spettinati e con dolcezza lo abbracciò nascondendogli il
viso contro il collo.
La voce di Jiggy aveva tremato d’emozione.
Si lasciò stringere e lo strinse a sua volta, mentre il calore lo avvolgeva.
- Non sei un intruso, sei il mio amore. - Sdolcinato oltre ogni dire, debole, fragile, osceno quasi. Eppure così felice.
- Ma non sono né Noir né Gauche…
sono un po’ l’uno ed un po’ l’altro… - Jiggy lo spinse fino a stenderlo
sul letto, con lui si stese e se lo coricò sopra tirandosi su le
coperte. Non avrebbero fatto nulla finché Gauche non si sarebbe sentito
meno incerto ed ‘intruso’.
- Sei il mio compagno, sei l’uomo
che amo. Non importa come vuoi chiamarti. Sei tu. E sei mio. - Disse
deciso carezzandogli i capelli sottili e bianchi.
- Giorno dopo giorno mi abituo
sempre più, sto trovando una sorta di equilibrio, ma penso che ci
voglia un po’… - Jiggy sorrise ed annuì.
- Ed io testerò il tuo livello.
Giorno dopo giorno. - Noir sorrise e mise la mano sul suo petto. Non
importava nei panni di chi lo abbracciava o a chi Jiggy riservava tutto
quell’amore. Stava bene ed entrambi erano consapevoli di tutto.
“Oltretutto pur volendo fermarmi,
non ci riesco. Sono riuscito a tenere le distanze con tutti, ma con lui
non riesco. Non posso respingerlo. Il modo in cui lo vuole Gauche è
sconvolgente. Il modo in cui lo voglio io. Ma è giusto lasciarmi andare
anche se non mi sento del tutto LUI?”