*Ecco
un altro capitolo. Da un lato Zazie a le vicende col suo gaichu, quello
che aveva ucciso i suoi genitori. E' una vicenda Zazie-centrica che nel
manga è descritta molto bene, per cui non ho preso tutto per
riportarlo, ho cercato di descriverla dal punto di vista di Lag.
Dall'altro sbirciamo come se la cavano Jiggy e Noir, se la loro
confusione si dipana o se hanno un piano. Buona lettura. Baci Akane*
31. REDENZIONE
"Quando ti trovavi nella veglia della devastazione quando aspettavi sul
bordo dell'ignoto E con il cataclisma che pioveva giù piangendo dentro,
"salvami adesso" eri lì impossibilmente da solo Ti senti freddo e perso
nella disperazione ? Fai crescere la speranza ma il fallimento è tutto
quello che hai conosciuto Ricorda tutta la tristezza e frustrazione E
lasciala andare lasciala andare Ed in uno squarcio di luce che ha
accecato ogni Angelo Come se il cielo avesse esploso i Paradisi nelle
stelle Hai sentito la solennità della grazia temprata Cadendo nello
spazio vuoto Nessuno lì ad afferrarti tra le sua braccia"
/Iridescent - Linkin Park/
In un momento per Zazie si cancellò ogni cosa.
Appena vide la sagoma nelle rocce,
realizzò che era quello il momento. O ora, o mai più, era arrivato il
momento di chiudere i conti col passato, chiuderli definitivamente e
saldare il suo debito, ammesso che ne avesse mai avuto uno.
- Laphairog... - mormorò guardando la sagoma dell'enorme scorpione.
Un gaichu antico e per lo più sconosciuto.
In pochi l'avevano visto in azione, in pochi erano sopravvissuti.
Non si sapeva quale fosse il suo punto debole.
Vedendo la faccia di Zazie, ma
ancor prima sapendo che quella era l'alcova del gaichu a cui aveva dato
la caccia da una vita, Connor corse verso l'Alveare a chiamare
rinforzi, conscio che ne avrebbero avuto bisogno e che Zazie non
avrebbe ragionato nel migliore dei modi.
Zazie rimase solo a far fronte a
quella minaccia, inizialmente doveva solo localizzarlo, poi aspettare
Connor coi rinforzi per attaccarlo, ma tutti sapevano che non avrebbe
aspettato nessuno.
Connor ne era cosciente, per questo quando incontrò per strada Lag, pensò che fosse un segno del cielo e che dovevano sbrigarsi.
Connor spiegò a Lag la situazione e questi non si fece dire nulla.
Tempo due secondi e stava correndo verso il villaggio in cui aveva lasciato Zazie.
Lo conosceva, sapeva che quando si
fissava su una cosa non lo smuovevi. Era per giunta selvatico, non
usava mai il cervello, specie per combattere.
Mentre si dirigeva a rotta di collo da lui, nella mente le parole di quando si erano salutati.
"Sono importante, ma il suo
obiettivo è un'altra cosa." Quella volta gli era sembrato rassicurante,
ora non gli sembrava così tanto bello.
"Ti prego, ti prego fa che arrivi
in tempo, ti prego..." Ogni falcata una preghiera, consapevole che era
quasi una lotta disperata.
Sicuramente Zazie aveva trovato il gaichu e ci stava combattendo, ne era certo.
Il cuore gli stava scoppiando nel
petto e non si rese conto subito che non stava più pensando alla
questione della sua nascita e di sua madre.
Che fosse un essere e non una persona, ormai era in un piccolo angolo di sé.
Adesso contava solo Zazie.
Il suo Zazie. Il resto era in secondo piano.
Quando arrivarono, il mostro aveva
già colpito, lo potevano vedere, ma la scheggia che cadeva verso un
precipizio al momento fu giudicata molto più importante del gaichu e di
qualunque cosa stesse per succedere.
Zazie era caduto, Zazie non stava cercando di rimanere su, di afferrarsi a qualcosa. Zazie stava cadendo.
- NICHE! - gridò Lag disperato
verso la sua dingo. Niche non se lo fece ripetere, si buttò e lo prese
al volo, prima dell'impatto col suolo di sterpaglie, terra e roccia.
Appena in tempo.
Lag e Connor, accompagnati da Lode, accorsero in fretta da lui passando dalla strada che portava lì sotto.
Si precipitò su di lui e iniziò a scuoterlo, Zazie era messo male, non reagiva, era svenuto e ferito.
- Ha combattuto da solo! Questo scemo! - stava dicendo Connor arrabbiato,
- Ti prego, ti prego Zazie, Zazie sveglia! -
Lag iniziò a scuoterlo forte e a
gridare, Lode sbuffò pensando che se era in fin di vita, così poteva
solo morire, Niche invece cominciò a dire a Lag di leccarlo che se
stava male lo curava la saliva, come faceva solitamente lei quando Lag
era ferito.
Questi arrossì fra le lacrime. Era
in confusione, non capiva cosa avesse senso e cosa no, lo stava per
fare quando si sostituì a lui Wasiolka che si mise a leccarlo in faccia
come aveva suggerito Niche.
A quel punto si svegliò, Zazie
riprese i sensi e la prima cosa che mise a fuoco dopo la lingua ruvida
e familiare di Wasiolka, fu la mano di Lag che stritolava la sua fin
quasi a rompergliela.
- Zazie stai bene? Mi hai fatto
morire! - strillò Lag con ventimila decibel che perforarono il cranio
dolorante di Zazie. Si mise a sedere e scostò Lag, non doveva
deconcentrarsi, lui lo deconcentrava sempre.
Il Laphroaig era troppo importante, ora.
- Si sto bene, ora vado a finire il
lavoro, il bastardo si sta dirigendo in città! Quella maledetta ha un
anello che lo controlla! Controlla il gaichu! Vuole fare una strage! -
Zazie si stava riferendo ad una ragazza cieca che inizialmente l'aveva
aiutato, fino a che non aveva scoperto che voleva uccidere il gaichu;
l’aveva avvelenato poco per giorno, a sua insaputa.
Questo aveva reso impossibile a
Zazie il combattimento, il gaichu l'aveva sopraffatto in poco che ora
era alla volta della città. La ragazza aveva sofferto, l'aveva visto
nei suoi ricordi, però quello che era diventata, una guida per un
gaichu malefico, non era la risposta alle sue sofferenze.
Zazie si rialzò e traballando si diresse all'uscita di quel posto.
- Che fai?!- chiese allarmato Lag.
- Vado a rincorrerlo, devo farlo fuori io! - Ringhiò seccato Zazie testardo. Non avrebbe mollato, a nessun costo.
- Ma non puoi, hai preso un duro colpo! -
- Non importa, devo andare! - Zazie non avrebbe mollato, così Lag gli diede un calcio che lo fece finire a terra in un attimo!
- Lo vedi? Sei così debole che ti
atterro perfino io! - esclamò Lag planando su di lui. Zazie rimase giù
stringendo i denti furioso.
Le lacrime di rabbia si
affacciavano proprio ora, non aveva mai pianto, mai. Era stato forte,
ed ora doveva fare quelle scenate? Ma dai!
Lag capì che per lui era davvero molto importante, così sospirando gli prese le mani e con dolcezza lo fece ragionare.
- Zazie, tu non sei solo... - Zazie
a quel punto spostò gli occhi sui suoi d'ambra. Le lacrime si
fermarono. Non scesero. - Usa noi! -
Zazie lo guardò e poi guardò gli altri, persino Lode era lì in attesa della loro decisione.
- Lo faremo insieme! Useremo una strategia! -
- Non sappiamo nemmeno quale sia il suo punto debole! - Asserì Connor.
Zazie annuì arrendendosi, non era
solo. Aveva sempre pensato a quella lotta come la sua, ma aveva
sbagliato. Non la doveva fare solo, lui non era solo.
Fu così che si convinse, sia pure riluttante, a farsi momentaneamente da parte per poter abbattere quel maledetto Laphroaig.
La strategia consisteva
nell'aspettare il gaichu nella cattedrale dove la gente si era radunata
per scappare. Il gaichu dopo aver setacciato la città sarebbe andato in
cattedrale e avrebbe trovato Zazie ad aspettarlo. Dopo essere stato
attaccato da Lag, Connor, Niche e Lode.
Fra tutti l'avrebbero stancato e
trovato il punto debole, poi Zazie l'avrebbe ricevuto e dopo essersi
ripreso dal veleno, l'avrebbe fatto fuori.
Fu una strategia abbastanza vincente, anche se poi abbatterlo del tutto non fu facile.
Tutti diedero un prezioso contributo e Niche e Lode dimostrarono, sia pure riluttanti, di essere una squadra formidabile.
Il Laphroaig guidato da Emille, che
si era fatta prendere da lui per fornirgli cuore di continuo, stava
andando verso Zazie in attesa proprio del gaichu, ma più indebolito di
quanto non arrivò.
Un istante intercorse fra la loro resa dei conti.
Zazie in quel momento ripensò al
proprio tuffo nei ricordi, alla difficoltà avuta da piccolo come
randagio, al rifiuto per gli altri, alle cose che rubava perché non
aveva scelta. Alla rabbia provata nel rivedere i suoi genitori che
l'avevano abbandonato. Il suo rifiuto.
Se non li avesse rifiutati, se solo non li avesse rifiutati...
Se l'era ripetuto per molto tempo, per sempre. Ora poteva fare una cosa per loro.
Uccidere quella bestia.
Lag e Niche dietro il gaichu gridarono quale era secondo Steak il suo punto debole.
Zazie così gli andò incontro, i propri genitori nel cuore, curati fino alla fine senza risultato se non la morte.
Ciò che era perduto non lo si recuperava.
In quel colpo Zazie mise tutto il suo dolore, il suo rimpianto, la sua tristezza, i suoi sensi di colpa.
Avrebbe potuto avere una vita felice se non li avesse odiati, quando li aveva rivisti.
Invece li aveva odiati ed aveva avuto una vita triste.
Solo Lag, solo il suo Lag gli aveva ridato la gioia di vivere, un'altra prospettiva.
Solo lui.
E a lui pensò mentre si lasciava cadere dal ponte, stremato, senza forze, dopo aver esaurito il cuore, o per lo meno pensandolo.
A lui e al dispiacere di averli lasciati.
Lui, i suoi amici.
Aveva ucciso il gaichu, aveva vendicato i suoi genitori, poteva abbracciare un po' di pace. Un po’.
Eppure quanto avrebbe voluto abbracciare Lag, invece.
Si abbandonò al destino, senza averne più.
E il destino lo baciò.
A volte ciò che si perdeva, non era andato per sempre.
Riaprire gli occhi e rivedere Lag che aveva saputo prenderlo al volo grazie a Niche, fu trovare il paradiso.
Quel benessere, quello stare bene, quel calore. E quelle lacrime.
Il suo amore era lì ed insieme avevano fatto giustizia al suo cuore.
Leggerezza.
Si tolse il braccio dalla vita con
delicatezza, poi scivolò giù dal letto e andò fuori dalla camera
cercando di fare il più silenziosamente possibile.
Jiggy era molto insistente, ma nella sua insistenza, non lo forzava troppo.
Insomma, l’aveva fatto rimanere a dormire da lui, ma non gli era saltato addosso.
Non capiva cosa aspettava, eppure era chiaro che lo voleva ed anche molto.
A Noir andava meglio così, non
riusciva a respingerlo e a stargli lontano, aveva come una frenesia
innata. Però era anche vero che era agitato, dentro di sé. A disagio.
“Mi sembra di essere un ladro, un intruso…”
Pensò andando fuori in terrazzo a guardare la città addormentata.
Alzò lo sguardo sulle stelle e sorrise mentre si sentiva meglio.
Inconfondibilmente meglio.
Era una visione che lo metteva a suo agio.
Il vento, da lì, soffiava un po’
più fresco. Noir rabbrividì stringendosi nelle braccia, non si era
messo nemmeno una giacchetta, era uscito con la canottiera.
Come faceva Jiggy a desiderarlo e a non saltargli addosso?
Per quanto era incerto sul da farsi
per una questione etica e morale nei confronti di Gauche, lo voleva.
Sapeva di volerlo. E se Jiggy l’avesse fatto, aveva deciso di non
respingerlo.
Ma Jiggy sembrava intenzionato ad aspettare che fosse lui a farlo per primo, proprio per evitare di forzarlo, in qualche modo.
Insomma, un giro un po’ contorto di
attese vicendevoli. Il risultato era che dormivano insieme anche
abbracciati, si baciavano, ma non facevano altro.
Il sesso era tabù.
“Eppure se era una cosa che facevano, forse stimolerebbe qualcosa in Gauche…”
Una folata di vento più forte
scompigliò i capelli in avanti, si strinse di più le mani sulle braccia
e proprio in quell’istante una coperta l’avvolse da dietro e con essa
due mani e due braccia.
Noir si rilassò subito contro di lui e lo guardò con gratitudine sentendosi meglio.
- Grazie. - Mormorò tornando alle stelle che lo calmavano.
- Non riuscivi a dormire? - Chiese Jiggy.
Noir annuì.
- Mi sento un intruso. - Ogni tanto glielo ricordava e Jiggy diceva che erano solo sciocchezze.
- Quando la smetterai? - Noir non fece una piega e appoggiò solo la testa alla sua che lo teneva fra le braccia possessivo.
- Pensi che ricorderò mai? -
- Gli esperimenti col dottore stanno portando a galla qualcosa, no? - Noir annuì.
- Dice che fare le cose che facevo
prima mi aiuta a tornare sempre più me stesso. - Jiggy girò il capo per
guardarlo meglio in viso.
- Ed è così? Come ti senti? -
- Ho dei flash ogni tanto.
Sovrapposizioni di ricordi. Confondo qualcosa del passato con qualcosa
di ora. Ma solo se faccio le stesse cose di prima. Per questo sto da
Silvet. Il dottore vuole convincere il direttore a farmi rifare il Bee.
- Jiggy lo guardò con un sopracciglio alzato.
- E tu vorresti? - Noir si strinse
nelle spalle, lo guardò con un’aria che non gli dispiaceva e carezzando
l’idea sorrise senza staccargli gli occhi dai suoi, così vicini.
- Perché no, dopotutto mi piace
riavvicinarmi al vero me stesso. È come se trovassi la strada di casa
dopo essermi perso per molto. Sono belle sensazioni. - Jiggy capì che
Noir voleva tornare Gauche, però non voleva essere già confuso con lui
perché non lo era ancora.
- E cosa pensi di noi? - Chiese poi
Jiggy. Tendeva a non mettergli pressione, però non mollava mai. Stava
sempre con lui appena poteva. Era come se volesse che succedesse in
modo naturale, ma al tempo stesso tentasse di farlo accadere.
Noir non si opponeva.
- Forse sto rubando la vita di Gauche, il ragazzo di Gauche, la casa di Gauche… - Jiggy si aggrottò.
- Sono le tue… -
- Sì, infatti. Però sono ancora
nella fase… beh, è proprio tutto mio? - Per Noir non era facile e Jiggy
lo capiva, per questo non voleva esagerare e violarlo troppo.
Rimase a guardarlo intensamente,
con un desiderio molto forte. Lo guardò e lo strinse, poi fu Noir ad
annullare la distanza delle loro labbra.
Jiggy aprì le proprie e accolse le sue, succhiò la sua lingua e lo accolse con la propria.
Calore, dolcezza, sollievo.
- Però non riesci a trattenerti quasi più… - Gli fece notare Jiggy con un sorrisino malizioso, vicino alla sua bocca.
Noir si colorò leggermente di rosso
sulle guance candide e nascose il viso contro il suo collo, girandosi
un pochino verso di lui anche col corpo.
- Certe cose sono più forti di me. Perché è lui. -
Rimasero in silenzio così, stretti uno all’altro, ad ascoltare il vento e guardare le stelle.
- Sai cosa rende tale una persona? - Chiese Jiggy dopo un po’. Noir voleva proprio saperlo, era la grande domanda.
- Cosa? -
- Ognuno ha un’essenza. Una
caratteristica che lo distingue, che lo fa essere sé stesso se c’è. Tu
sei tu perché sei gentile. - Noir si sentì caldo ed in pace nel
sentirlo. Forse non era davvero perso, a volte lo credeva, a volte ci
si sentiva. Altre arrivava Jiggy e gli dava tutte le sue certezze. La
sua forza. Specie quella interiore. Così Noir lo disse senza saperlo
davvero, senza ricordarlo. Lo disse perché lo sentiva.
- E tu sei tu perché sei forte. -
Jiggy si ritrovò con gli occhi che gli pungevano. Era quello che
cercava di essere da una vita, sentirselo dire da lui era una bella
conferma.
“È Noir, non è Gauche. Però sono sicuro che ad averlo detto era il mio Gauche…”
E con questo lo baciò lui, carezzandogli il viso.
Non sapeva quanto giusto fosse
quello che faceva. Però non intendeva cedere, non intendeva mollare.
Noir era l’unica possibilità di riavere il suo Gauche. Doveva
insistere, tenere duro, non mollare.
Doveva.
Doveva proprio.
Se non ci sarebbe riuscito, sarebbe successo dopo ogni suo possibile tentativo.