*Ecco
un altro capitolo, in questo c'è un pezzettino di Noir e Jiggy
parecchio importante perchè Noir comincia ad avere dei vaghi flash
della sua vita precedente, in quanto in lui, in un piccolo angolino di
sé, c'è ancora un pochino di Gauche ed emerge nei sentimenti e negli
istinti. Poi passiamo a Lag e Zazie: tornano a casa dalle loro missioni
ed è tempo di raccogliere impressioni e motivazioni: per Lag non è
facile affrontare la verità su di sé, specie perchè ancora non sa bene
tutto. Ma per fortuna Zazie non ha dubbi su ci sia il suo ragazzo. La
scena (capirete quale leggendola) non è stata facile, fino all'ultimo
ero indecisa se farla (in assoluto nella fic) o no, ma alla fine ho
deciso di scriverla. Spero sia venuta decente: considerando che sono
dei ragazzini per me non è stato facile.E dunque buona lettura. Baci Akane*
32. TU SEI TU PERCHÉ…
- Cosa?! Un giorno intero per ripararlo?! - Esclamò Jiggy seccato. Il povero meccanico lo guardò mortificato.
- Mi dispiace però non posso
metterci di meno… - Jiggy grugnì qualcosa, poi se ne andò altezzoso e
teatrale, gelando il meccanico con uno sguardo di lame affilate.
Noir sorrise, si chinò e si scusò con lui al suo posto.
All’uomo che li aveva visti insieme
il giorno in cui Jiggy aveva preso il cavallo di ferro, sembrò di
tornare indietro nel tempo.
Fu una bella sensazione.
Anche Noir ebbe un flash, di quell’uomo sorridente che consegnava la moto per la prima volta a Jiggy.
- Gauche, ho molte consegne da fare
e sono senza mezzo, ti va di accompagnarmi e mi aiuti? - Disse Jiggy
improvviso appena fu fuori. Noir era uscito con Jiggy e l’aveva
accompagnato all’Alveare: il dottore aveva detto che per ora avevano
finito con gli esperimenti e che voleva convincere il direttore a
fargli fare di nuovo il Bee.
Lode era ancora con Lag in
missione, tardavano a tornare, ma si supponeva che si fossero
incontrati con Zazie e Connor e che avessero avuto dei contrattempi.
Poi Jiggy era uscito con le
consegne, si erano salutati facendo attenzione a non essere visti ed
infine aveva cercato di mettere in modo i suo cavallo di ferro. Senza
successo.
Così l’aveva accompagnato dal meccanico.
- Ma… dici che posso senza il permesso? - Jiggy alzò le spalle.
- E chi mai dovrà saperlo? - Noir fece un sorrisino, poi annuì e mentre una strana frenesia lo inebriava, accettò.
- Ma come ci muoviamo? Senza il tuo mezzo faremmo molto tardi… -
- Lo so. Dovremmo usare una
carrozza. - Noir annuì seguendolo, trovò strano il suo tono freddo e
teso. Era sempre un po’ così, ma ora lo era davvero tanto.
Poi una sensazione, un flashback o
qualcosa di simile. Non disse nulla, si limitò a seguirlo verso la zona
delle carrozze, ne pagarono una dicendo il percorso che dovevano
prendere.
Infine, silenziosamente, salirono.
Il mezzo partì e Noir non ci mise molto ad assumere un curioso colorito verdastro.
Noir così completò il suo flash con una sorta di ricordo vero e proprio e lo fece ridendo.
Ridendo davvero.
Se Jiggy non fosse stato troppo
male, l’avrebbe abbracciato felice di vederlo così. Se appunto la
voglia di vomitare non fosse più grande in lui.
- Tu soffri il mal di trasporto! -
Esclamò ricordandolo. Jiggy ne era felice, ma si sentiva male lo
stesso. Si mise una mano davanti alla bocca e fece per vomitare, così
Noir lo prese per le spalle e lo accompagnò a stendersi sul pavimento
della carrozza.
Si mise con lui, supino, a guardare il soffitto. I movimenti si sentivano di meno.
Jiggy stava male, ma decise di concentrarsi su quel momento magico.
- L’hai fatto identico anche la prima volta che ci siamo incontrati. Prima missione insieme. Non avevo il cavallo di ferro. -
Noir rimase con un sorriso nostalgico che gli aleggiava nel bel viso marmoreo.
- Ti ho fatto stendere e ti ho
toccato i capelli. E tu non hai detto nulla. - Jiggy voleva piangere,
ma a quello si contrapponeva l’istinto di vomitare.
- Lo ricordi? - Noir allungò la
mano girando la testa verso di lui, sorrise appena, dolcemente gli
toccò i capelli alla stessa maniera.
- Non proprio. È quello che ho
fatto e che volevo fare ora. E se è vero quello che dite, cioè che la
mia essenza è invariata… - Jiggy gli prese la mano e intrecciò le dita.
- Sei proprio tu. Sei tu e basta.
Accettalo. - Noir non disse nulla, si sentiva euforico anche se non
voleva osare esserlo. Si soffocava, si tratteneva. Non era proprio
tornato Gauche, non aveva i suoi ricordi, semplicemente aveva i suoi
sentimenti, i suoi modi, il suo carattere. Era lui, come diceva Jiggy,
e ne era sempre più consapevole. Ma il fatto di non avere i suoi
ricordi, lo frenava dal lasciarsi troppo andare.
Eppure quella mano non riusciva a staccarla dalla sua. Non poteva proprio.
- Per quanto sia un maniaco, è
bravo, lo devo ammettere… - Disse Zazie tornando a casa dopo essere
stato spogliato e curato dal dottor Thunderland Jr.
Lag rise mentre diceva a Niche e Lode che potevano andare perché lui accompagnava Zazie a casa.
- Voglio assicurarmi che stia davvero bene… - Disse cercando di convincere Niche a lasciarlo solo.
- Niche è il dingo di Lag ed in quanto dingo di Lag deve stare con Lag! -
Lode sbuffò alzando gli occhi al cielo seccata.
- Stupidona, devono stare soli! -
Ormai Lode aveva capito quel sistema. Anche Noir e Jiggy lo usavano.
Una scusa qualunque per poter stare soli.
Adesso Lode cominciava a
recuperare, sia pure in pochi istanti, i ricordi del lupo di Gauche, a
conferma che era stata incrociata proprio con lei. Forse per questo
aveva trovato Gauche dopo che era scappato senza memoria dalla
capitale.
Comunque voleva solo che lui fosse felice, il resto non contava, non come, non perché.
Quindi lo lasciava solo con quel
Jiggy, anche se non capiva perché dovessero fare quel che facevano
prima, quando Noir era Gauche. Ora non lo era davvero, non del tutto.
Lode non capiva, ma non le
importava. Era più importante aiutarlo ad essere felice e quando era
con quel ragazzo, per qualche strana ragione, lo era.
- Perché devono stare soli? E poi
Wasiolka va con loro! - Niche insisteva per stare con Lag il quale
rosso ed imbarazzato per la schiettezza di Lode, rimaneva rigido per la
strada, con Zazie che invece rideva ed avanzava senza problemi.
- Wasiolka non gli crea imbarazzo.
- Niche così cominciò chiedendo cosa era ‘imbarazzo’ sbagliando
ovviamente la parola. Lode l’afferrò per i capelli e la tirò verso casa
di Silvet, dove Noir le aveva detto che voleva alloggiare.
Le loro voci si persero per le vie in breve tempo.
- Quelle due fanno una bella
coppia, non credi, bella gattina? - Chiese Zazie tutto allegro,
ostentando una gioia un po’ sospetta.
Lag si lasciò prendere per mano da lui e tirare verso casa.
- Bella coppia in che senso? -
Ovviamente Lag non ci poteva arrivare e Zazie rise divertito, aprendo
la porta di casa. Venne investito subito dai suoi gatti affamati, ben
cresciuti rispetto a quando erano appena arrivati.
Lag si ricordò i nomi che gli avevano dato e si perse a sorridere.
- Hanno portato fortuna, secondo te? - Zazie non capendo a cosa si riferiva, lo guardò e solo dopo capì.
- Perché li abbiamo chiamati come loro ed adesso Gauche è tornato? -
Lag si strinse nelle spalle.
- Dire che è tornato è una cosa grossa. - Asserì togliendosi la giacca logora e le scarpe piene di polvere.
- Però è quanto di più vicino a
Gauche, dici che ha i suoi modi, il suo carattere è invariato. - Lag
annuì. Era un modo di vedere le cose.
Zazie era notoriamente negativo e
pessimista, ma solo con lui diventava ottimista e positivo. Perché Lag
era sempre pieno di dubbi ed incertezze, così si preoccupava di tirarlo
su.
I due diedero da mangiare ai gatti, poi lavarono velocemente le divise e le misero a stendere.
La cena l’avevano fatta all’Alveare, il dottore non li aveva mandati a casa senza.
- Sei sicuro di stare bene? - Chiese Lag guardando Zazie mentre si sedeva piano sul letto.
Zazie lo guardò.
- Certo, te l’ho detto. Il dottore
fa magie. Per quanto per farle mi debba palpare… beh, insomma, sto
bene. Ma tu non te ne vai mica anche se io sto bene, no? - Lag lo
guardò senza capire a cosa si riferiva. Zazie si stese e gli fece
spazio. - Passi la notte qua? - Lag capì e arrossì.
Suo malgrado annuì meccanico e rimanendo in biancheria intima come lui, si stese accanto a Zazie nel suo letto.
Si vergognava un po’, ma quella notte più che mai aveva bisogno di lui.
Dopo la scoperta sconvolgente, non
aveva avuto tempo di assimilare nulla. Era subito stato sbalzato nella
realtà di Zazie, nel suo problema. L’aveva aiutato a non pensarci, ma
doveva farlo, si sentiva in un limbo ed ora che tutto era fatto e
finito, aveva bisogno di qualcuno che lo capisse e sapesse come
gestirlo, come raddrizzarlo, come rimetterlo in carreggiata.
Chi era? Cos’era? Una stirpe, non davvero umano. Che cosa doveva fare? Che compito aveva sua madre?
Tante domande, poche risposte ed una sensazione.
Quella di doversi sbrigare.
- Io intendevo… come stai dopo aver
ucciso il gaichu dei tuoi genitori… - Disse piano con un tono intimo.
Non ne aveva parlato. Aveva solo pianto appeso al suo collo.
Zazie che piangeva, che impressione.
Poi si era asciugato subito le lacrime ed aveva fatto lo scorbutico dicendo che stava bene.
Le bende intorno al petto dicevano che aveva altri segni sul corpo, forse non gli facevano male, ma li aveva.
Zazie si sistemò sulla schiena
mentre Lag si mise sul fianco per guardarlo, curioso di quel che si
teneva dentro, conscio che qualcosa c’era.
Inizialmente non aveva pensato di
dover dire nulla, di non volerlo fare. Ma lì con Lag accanto a lui che
glielo chiedeva, come non rispondere?
Così ci pensò per la prima volta da quando era successo.
Come stava?
Sospirò.
- Leggero, credo. Sai… io ho
vissuto sentendomi fortemente in colpa… i miei sono stati attaccati da
quel gaichu perché io li ho respinti quando eran venuti a riprendermi.
Ho vissuto nel rimpianto e nel senso di colpa, riversando in questa
vendetta la mia liberazione. - Lag lo guardò attento trattenendo il
fiato.
- E ti senti libero? - Chiese piano.
Zazie si girò e lo guardò con uno
sguardo diverso dal solito sempre un po’ scorbutico e selvatico, uno
sguardo adulto, consapevole.
Sereno.
- Sì. Forse non è vero che
uccidendo quel gaichu ho saldato il mio debito. O forse un debito non
l’avevo perché loro mi avevano abbandonato… -
- Ma… - Lag stava per partire ma Zazie lo fermò alzando un po’ la voce.
- Lo so che l’hanno fatto perché
altrimenti mi avrebbero venduto come schiavo per dei debiti che
avevano. - Lag gli aveva mostrato la lettera col suo proiettile
speciale che i genitori avevano lasciato a Zazie prima di abbandonarlo.
Zazie non aveva mai avuto il coraggio di aprirla e leggerla. Lag
gliel’aveva ‘mostrata’.
La loro storia era molto triste e
giustificava di gran lunga il loro doloroso gesto, però quel che aveva
passato Zazie da piccolo, dopo il loro abbandono, non era stato facile.
- Non so. - Fece Zazie dopo un po’
di pausa. - Avevo un debito? L’ho saldato? Chi lo sa. Però io ho fatto
il mio, ho fatto quello che potevo, quello che dovevo. E mi sento
leggero. Punto. - Poi si voltò verso di lui e lo guardò risoluto e
sorridente. - E felice. - Lag capendo che era riferito a lui, sorrise e
appoggiò la fronte alla sua tempia chiudendo gli occhi. Zazie si
rilassò e chiuse anche lui i propri. Quel momento era perfetto.
- Redenzione. - Disse. - Penso si
chiami redenzione. La trovi da solo facendo qualcosa che ti fa sentire
riscattato. - A Zazie piaceva la redenzione e annullò la poca distanza
che c’era, baciandolo dolcemente sulle labbra.
Lag l’accolse sentendosi meglio e
sollevato lui stesso. Quella notte aveva bisogno di lui, una specie di
bomba atomica era in procinto di esplodere e più evitava di pensarci,
peggio stava.
Zazie sollevò il braccio e lo mise
intorno a lui avvicinandolo a sé, se lo sistemò addosso e Lag adagiò la
testa contro il suo petto.
Dopo quella volta Zazie non aveva
più esagerato coi contatti che lui stesso definiva da maniaco. Gli era
piaciuto molto, non capiva perché non avesse più voluto. Forse si era
pentito? Eppure lo cercava sempre lo stesso, era così dolce.
- E tu invece? - Chiese Zazie dopo aver finito la propria confessione.
Lag sospirò. Ora toccava a lui. Era lì per quello, l’aveva cercato apposta.
Si morse il labbro e Zazie iniziò a giocare coi suoi capelli, cosa che lo rilassò, mentre lo ricopriva di brividi.
- Io… beh, ti ho già raccontato
tutto… - Disse incerto non sapendo nemmeno cosa dire, non ne aveva
idea. Come si sentiva? Cosa ne pensava?
- Credi di essere diverso da prima?
Ti senti inumano? Credi di non dover fare le cose che fanno gli altri
per qualche ragione? - Zazie iniziò con le domande a raffica,
probabilmente quelle che sapeva doveva avere per la testa perché lo
conosceva.
Il peso era così grande, ora. Un
macigno che lo schiacciava a terra, non riusciva a risalire, a
respirare. Non ce la faceva proprio.
Zazie sentendo che non rispondeva, alzò la testa e lo guardò.
Quando vide le sue lacrime silenziose scendere dagli occhi, la sorpresa lo colse.
- Lag! - Esclamò meravigliato. Lag
però si coprì il viso con le mani non avendo il coraggio di mostrarsi
così debole per un motivo che nemmeno sapeva. Perché aveva voglia di
piangere? Perché?
Zazie lo spinse stendendolo sulla
schiena e gli si mise sopra, appoggiato su un gomito, l’altra mano a
prendergli un polso per scostare la mano dal viso. Lo guardò mentre
piangeva copiosamente, senza fare il solito chiasso.
- Lag… ehi, dai… - Lì per lì non
sapeva cosa dire, Lag piangeva e basta così lo abbracciò si appoggiò a
lui ricoprendolo col proprio corpo, come per nasconderlo. - Va tutto
bene, non vede nessuno. Puoi piangere. - Mormorò capendo che invece ne
aveva bisogno.
Lag abbracciò Zazie e aumentò le
lacrime. I singhiozzi sempre più forti scuotevano il suo corpo e quando
un po’ si calmò, Zazie con le labbra al suo orecchio iniziò a
mormorare.
- Sei sempre il mio Lag. La mia bella gattina. - Lag strinse gli occhi che gli bruciavano.
- Non lo so. -
- Lo so io. Sei sempre tu. -
- Ma non sono fatto di carne e
sangue, sono fatto di luce. Sono diverso. Non so cosa sono, cosa devo
fare, perché… - Iniziò con la raffica di domande che lo tormentavano da
quando era uscito da casa di zia Sabrina.
Zazie allora si alzò sui gomiti e lo guardò torvo.
- Sei concreto come me! Sarai anche
nato dalla luce, ma ora sei umano! - Lag però era completamente confuso
su questo, non sapeva cosa dire, cosa pensare e Zazie glielo lesse
negli occhi d’ambra pieni di lacrime.
- Cosa mi rende umano? La mia
essenza è diversa dalla tua! - Non sapeva cosa e come pensare.
Mentre lo diceva, realizzava cosa aveva dentro di sé, cosa macinava.
- Questo ti rende umano! - E partì
con la mano fra le sue gambe, prese la sua erezione e iniziò a muovere.
- Il piacere. Le sensazioni. - Lo baciò sulle labbra, scese sul collo.
- I sentimenti. - Zazie era un treno e Lag preso in contro piede iniziò
a sentire mille sensazioni insieme, brividi di piacere, eccitazione,
desiderio inaspettato.
- Quello che provi, è la stessa
cosa che provo io! - La bocca di Zazie scese sul suo petto, dove gli
aveva alzato la canottiera. Corse con la lingua sui suoi capezzoli,
stava andando molto oltre e nemmeno ci stava pensando. Era troppo
lanciato, l’idea che Lag non si sentisse umano era assurda, era molto
più umano di molti altri.
Lag ormai era confuso nel piacere, riusciva a pensare sempre meno.
- Ti tocco e sei reale. - Aggiunse
scendendo con la bocca sul suo ventre. Lag trattenne il fiato
sentendolo che sostituiva la lingua alla mano nella sua stessa prima
volta. L’aveva desiderato ed immaginato a lungo ed ora era lì. Stava
succedendo. Lo stava facendo. Gli stava piacendo.
Lag spinse automaticamente il
bacino contro la sua bocca alzando le mani ai lati del viso, si prese
al cuscino e strinse. Le emozioni traboccavano in lui, così vivide e
sconvolgenti, così forti. Di nuovo il suo cuore iniziò a caricarsi
tramite l’ambra all’occhio e Zazie si fermò, la pietra tornò a
spegnersi, ma lui era eccitato e lo guardò in attesa, sperando che non
si fermasse.
Si stava sentendo così meravigliosamente umano, per la prima volta da quando sua madre gli aveva detto la verità.
Ed era la sola cosa che aveva cercato.
- Quello che provi tu, è quello che provo io. Ed è estremamente umano e reale. -
Zazie finì di togliere gli
indumenti che rimanevano, andò fra le sue gambe, lo preparò alla meglio
ed infine pensando che doveva provare tutto nel modo più umano
possibile, entrò in lui.
Lag si sentì lacerare e le lacrime tornarono agli occhi.
Gli fece male, ma Zazie ebbe la
delicatezza di fermarsi e permettergli di abituarsi, gli carezzò il
viso e gli baciò le lacrime, infine riprese a muoversi.
- È quello che provo io… così bello… così doloroso… così umano… - Una spinta, dolore. Un’altra, sempre più in dentro.
- Lo senti? - Chiese ansimando mentre l’eccitazione saliva sconvolgente.
Lag stringeva gli occhi, annuì.
- Fa male? - Lag annuì.
- Ma è anche bello. È strano… è
così caotico… - Rispose fra i respiri affannati. Zazie gli prese il
labbro e succhiò continuando a muoversi.
- Sei così umano, Lag. Sei così
vivo. Sei vivo. Sei vivo. - Iniziò a ripeterlo ad ogni spinta che
cresceva in lui l’eccitazione e il piacere. Fino a che i gemiti si
unirono e le braccia di Lag lo circondarono. Zazie così rallentò e andò
a stuzzicarlo con la mano per completare l’orgasmo, quando vide il suo
occhio brillare capì cosa gli stava succedendo e non si spaventò.
Non stava per esplodere. Erano i suoi sentimenti di luce che traboccavano in lui.
Non c’erano gaichu da eliminare,
Zazie riprese a muoversi insieme alla sua mano, seguendo la reazione
della sua ambra e l’orgasmo li avvolse in una luce meravigliosa che li
cullò e li scaldò portandoli in un universo ben diverso da quello in
cui vivevano. Un paesaggio di luce, verde e azzurro. Una posto
meraviglioso.
Si ritrovarono poi ansimanti, sudati, sconvolti e pieni di una frenesia nuova.
I corpi caldi, allacciati insieme. Le lacrime agli occhi cristallizzate.
Un istante. Un istante quasi eterno. I loro occhi si incontrarono e lì videro l’amore. Così umano anche quello.
- È il fatto che ami, che ti rende
te, Lag. Così come Gauche è Gauche perché è sempre gentile e premuroso.
Tu sei tu perché ami. Non importa come sei nato e cos’altro hai dentro.
Ti amo lo stesso. - Non glielo aveva mai detto.
Lag strinse gli occhi e nascose il viso contro il suo collo. Lo abbracciò e rimase così contro di lui.
- Ti amo anche io. Qualunque cosa
succederà ed io debba fare ti amerò sempre. Ricordalo. - Non aveva idea
del motivo per cui glielo aveva detto in quel modo, a Zazie fece
impressione, si alzò aggrottato ma lui lo baciò subito.
Quel momento, quell’istante non
sarebbe andato perduto. Quello era il loro presente e al momento era
tutto ciò che contava. A prescindere da quanto sarebbe stato inciso
nelle loro memorie.
Comunque era lì, ormai era loro.